Sui requisiti di partecipazione alle procedure valutative di cui all’art. 24, commi 5 e 6 della legge n. 240/2010

06 Aprile 2023

Con sentenza del 5 aprile 2023, n. 3519, il Consiglio di Stato, Sez. VII, riformando la sentenza di primo grado (TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, n. 234/2022), ha chiarito i requisiti di partecipazione alle procedure valutative previste dall’art. 24, commi 5 e 6 della legge n. 240/2010.

Nel caso di specie, in particolare, l’Università aveva indetto una procedura valutativa per la chiamata di un posto di professore di prima fascia, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (secondo cui ”nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo, la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’Universita’ medesima, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16”), stabilendo, quali requisiti di ammissione: a) l’essere professore di seconda fascia in servizio presso l’Ateneo; b) l’essere in possesso di ASN ”per il settore concorsuale ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macro-settore e per le funzioni oggetto del procedimento”.

Espletata la procedura, il secondo classificato impugnava l’esito concorsuale, ritenendo che il primo classificato non avrebbe potuto partecipare difettando del requisito – ulteriore rispetto ai due citati –  consistente nell’inquadramento in ruolo, nella pianta organica dell’Ateneo, nel medesimo SSD della procedura di concorso.

Il TAR adito accoglieva il ricorso, ritenendo che l’Università avesse illegittimamente ammesso il vincitore del concorso, che non era in possesso del terzo requisito sopracitato.

Il Consiglio di Stato ha invece riformato la sentenza di primo grado, rilevando che ”dirimente, ai fini della decisione, risulta l’interpretazione della relazione tra i commi 5 e 6 della citata legge n. 240/2010. Al riguardo, va premesso che il tenore letterale della disposizione normativa richiamata, il comma 6 dell’art. 24, non depone per la necessità del possesso di un ulteriore requisito, oltre a quelli espressamente previsti, di appartenenza alla medesima Università e di essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale”. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, ”il richiamo contenuto nello stesso comma 6 del citato art. 24 (secondo cui “la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima e che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16”) non appare di per sé sufficiente a motivare la presunta assimilazione, per ciò che concerne la valutazione dei requisiti, tra le differenti situazioni disciplinate nei due commi  5 e 6 dell’articolo 24”.

Richiamando una propria precedente sentenza (n. 7155/2018), lo stesso giudice di secondo grado ha affermato che le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 ”consentono alla singola Università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professori ordinari (se professori associati). In particolare, il comma 5, riguarda la procedura di valutazione del ricercatore con contratto a termine, ai fini della sua chiamata nel ruolo di professore associato; il comma 6, per il periodo transitorio […] prevede che la medesima procedura di cui al comma 5 possa essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima». Tuttavia, esiste una centrale differenza ”tra la procedura di cui al comma 5, strumento di stabilizzazione per i ricercatori a tempo determinato che possono avvalersi di un percorso ad hoc per acquisire la qualifica di professore associato, ove nell’ambito di una progressione di tipo verticale emerge come ragionevolmente fondato considerare l’elemento di appartenenza, nella medesima Università, al medesimo settore scientifico-disciplinare del posto da ricoprire, e quella del comma 6, dove una tale condizione, oltre a non trovare riscontro nella previsione di legge, riguardando la mera progressione di carriera di posizioni professionali già strutturate nell’ateneo, sarebbe nel contempo irragionevole e foriera di avanzamenti ad personam, secondo le disponibilità di ciascun Dipartimento, in contraddizione con il principio del favor partecipationis che deve assistere procedure di tipo comparativo quale quella in esame, per la selezione della migliore professionalità in relazione al posto di docenza da assegnare”. Di conseguenza, l’Università aveva legittimamente ammesso il vincitore della procedura, controinteressato nel giudizio di primo grado e appellante in secondo grado.

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