Con sentenza del 23 marzo 2023, n. 5084, il TAR Lazio, Sez. III-ter ha chiarito che gli Atenei non possono apporre un limite temporale ai contratti di insegnamento di cui all’art. 23, comma 2 della legge n. 240/2010 (secondo cui ”fermo restando l’affidamento a titolo oneroso o gratuito di incarichi di insegnamento al personale docente e ricercatore universitario, le universita’ possono, altresi’, stipulare contratti a titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilita’ di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali”).
Infatti, in un giudizio relativo alla legittimità della previsione, contenuta in un regolamento universitario, che stabiliva il limite quinquennale nell’attribuzione degli incarichi di insegnamento conferiti ai sensi dell’art. 23, comma 2, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il Giudice amministrativo, riprendendo un proprio precedente giurisprudenziale (cfr. TAR Lazio, Sez. III-ter, n. 11874/2022), ha chiarito che tale limitazione non è prevista dalla legge e, pertanto, «il Regolamento, e il bando che di esso ha fatto applicazione, si pongono in contrasto con la […] fonte primaria, introducendo una limitazione alla partecipazione alle procedure selettive finalizzate alla stipulazione di contratti di insegnamento dalla stessa non prevista, la quale risulta, altresì, irragionevole ed ingiustificata”.
Di contro, al Giudice non è apparsa persuasiva la tesi dell’amministrazione secondo cui ”l’art. 23, comma 2, della legge n. 240/2010, nel prevedere che le docenze in questione vengano affidate previo espletamento di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo non escluderebbe affatto che la normativa di dettaglio, in linea con la potestà ordinamentale riconosciuta alle Università dall’art. 33 Cost., possa contenere disposizioni più stringenti, a maggior ragione ove queste rispondano, come nella specie, a finalità pienamente rispondenti al buon andamento dell’amministrazione, fra le quali il principio di rotazione, maggiormente idoneo, peraltro, a garantire quel ricambio di idee che caratterizza l’ambiente universitario”. Infatti, le pure apprezzabili esigenze rappresentate dall’amministrazione di garantire il principio di rotazione e il buon andamento ”in realtà – per il Giudice – sono assicurate a monte dal legislatore, attraverso la previsione del preventivo espletamento di una procedura selettiva, così differenziando tale ipotesi dai contratti di insegnamento di cui al comma 1 (secondo cui ”le universita’ […] possono stipulare contratti della durata di un anno accademico e rinnovabili annualmente per un periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso di importo non inferiore a quello fissato con il decreto di cui al comma 2, per attivita’ di insegnamento di alta qualificazione al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale”). Questi ultimi contratti, infatti, a differenza di quelli di cui al comma 2, sono ”stipulati intuitu personaen e per essi appare evidente l’esigenza di evitarne il consolidamento, mediante la fissazione di un limite quinquennale” .