Sulla possibilità del Rettore di essere rieletto per un nuovo mandato

09 Ottobre 2023

Con sentenza del 5 ottobre 2023, n. 604, il TAR Marche, Ancona, Sez. I, si è pronunciato sull’impugnazione dell’atto con cui un Ateneo aveva escluso un professore ordinario, e Rettore uscente, alle elezioni per il ruolo di Rettore, sul presupposto che lo stesso non potesse essere rieletto.

A fronte della tesi del ricorrente, secondo cui lo Statuto dell’Ateneo sarebbe risultato contrastante con la legge (dato che lo stesso prevede la non ”rieleggibilità” del Rettore, mentre l’art. 2 della legge n. 240/2010 dispone la non “rinnovabilità”) e con la Costituzione (artt. 3, 33, 51 e 97 Cost.), il Collegio – che è giunto a rigettare il ricorso – ha invece affermato:

  • rispetto al contrasto con la legge, che ”può anche ammettersi che il concetto di rinnovabilità dell’incarico (previsto dalla legge Gelmini) non coincide esattamente con quello di rieleggibilità (previsto dallo statuto di Ateneo), ma questo non è dirimente, visto che l’art. 2 della legge n. 240/2010, oltre a prevedere la non “rinnovabilità” dell’incarico di rettore, ne prevede anche la “unicità”. Ciò vuol dire che il legislatore statale ha voluto prevedere che un professore universitario possa ricoprire l’incarico apicale presso l’Ateneo di appartenenza per una sola volta nella propria carriera (incarico, per l’appunto, “unico”)”. Di contro, non persuade la tesi avanzata dal ricorrente secondo la quale la rielezione sarebbe possibile trascorso un sessennio di “raffreddamento”, trattandosi di una ”ardita operazione esegetica […] influenzata da una circostanza episodica e – che – non tiene quindi conto di due elementi. La circostanza episodica è legata al fatto che – il docente Rettore uscente – è stato eletto alla carica rettorale in giovane (per un docente universitario, è bene precisare) età, ma questa è una situazione che non necessariamente riguarda tutti gli ex Rettori, la gran parte dei quali, al contrario, assurge alla funzione apicale a coronamento della carriera accademica. I due elementi di cui non tiene conto la difesa del ricorrente consistono invece nel fatto che non è dato comprendere il motivo per cui il sessennio di “raffreddamento” dovrebbe essere uno solo (e non due o tre) e nel fatto che la necessità di almeno un sessennio di “raffreddamento” escluderebbe dalla possibilità di ricandidarsi gli ex Rettori che cessano dalla carica in prossimità del collocamento in quiescenza (i quali avrebbero la sola “colpa” di essere stati eletti in età avanzata)”.
  • quanto alla presunta violazione delle norme costituzionali:
    • che non vi è violazione dell’art. 3 Cost., dato che, attraverso una rapida lettura di numerosi Statuti universitari, solo tre Atenei prevedono la rieleggibilità, sia pure non immediata, degli ex Rettori;
    • che non vi è violazione dell’art. 51 Cost.,  posto che l’elettorato passivo non è un diritto assoluto;
    • che non vi è violazione neppure degli artt. 33 e 97 Cost.. Infatti, il ricorrente prende spunto dalla propria vicenda personale al fine di accreditare l’idea che un professore eletto alla carica apicale in età giovane abbia dimostrato di essere una risorsa preziosa per l’Ateneo e che, dunque, non risponde al principio costituzionale di buon andamento la rinuncia definitiva a tale elevata professionalità: questo argomento, però, per il giudice amministrativo, ”prova troppo, perché esso potrebbe essere fatto valere in tutti i casi in cui l’ordinamento prevede legittimi limiti alla rieleggibilità o ricandidabilità di un soggetto a determinate cariche pubbliche”.

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