TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 2 febbraio 2017, n. 1721

Abilitazione scientifica nazionale-Commissione esaminatrice-Composizione

Data Documento: 2017-02-02
Area: Giurisprudenza
Massima

Il giudicato di annullamento discendente dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 febbraio 2016, n. 470, con la quale è stata considerata illegittima la previsione di cui all’art. 8, comma 5, del d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222-la quale prevede che l’abilitazione potesse essere conseguita in presenza di una maggioranza qualificata di quattro commissari sui cinque che compongono la commissione valutatrice-non può essere esteso ai giudizi di non abilitazione- fondati sul voto favorevole di tre commissari e su quello negativo dei restanti due commissari- divenuti inoppugnabili per mancata impugnazione nei termini decadenziali brevi di legge, non potendo interferire sulle situazioni oramai definite con sentenza passata in giudicato; diversamente operando, si andrebbe incontro a un grave sovvertimento dell’operato dell’amministrazione che si vedrebbe costretta a riprendere in esame una lunga serie di atti e provvedimenti alcune volte già da anni pacificamente eseguiti.
 
In assenza di una tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo, compete esclusivamente all’amministrazione la determinazione di procedere al riesame delle posizioni di tutti i candidati che hanno partecipato alla relativa procedura di abilitazione oppure delle sole posizioni relative agli aspiranti che abbiano tempestivamente proposto ricorso giurisdizionale.

Contenuto sentenza

N. 01721/2017 REG.PROV.COLL.
N. 05486/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5486 del 2016, proposto da: 
[#OMISSIS#] Di Lascio, rappresentata e difesa dall’avvocato Guido Corso C.F. CRSGDU40S08D969C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bisagno n. 14; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l’annullamento
parziale della nota del direttore generale del dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca inviata l’11 febbraio 2016 prot. 0001844 alle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale nominate in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente deduce:
– di essere avere partecipato alla tornata 2012 della Abilitazione Scientifica Nazionale per il conseguimento delle funzioni di professore universitario di seconda fascia, e di essere stata giudicata inidonea – sebbene fosse stata giudicata positivamente da tre commissari su cinque e quindi dalla maggioranza dei commissari – ai sensi dell’art. 8 co. 5 d.P.R. 14 novembre 2011, n. 222, che approva il regolamento di attuazione della L. 240/2010 di riforma dell’Università;
– che altri candidati hanno impugnato la predetta norma regolamentare e che i relativi ricorsi sono stati accolti dal TAR Lazio, Sez. III bis, con le sentenze n. 12407/2015 e n. 1321/2015 e che la sentenza n. 1321/2015 è stata confermata dalla VI Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 470/2016 ed è pertanto passata in giudicato;
– che, la stessa, preso atto dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’art. 8, comma 5, D.P.R. n. 222/2011, ha invitato il Ministero a dichiararla abilitata, dal momento che la prescrizione regolamentare che esigeva che il giudizio di abilitazione fosse espresso dai 4/5 la Commissione era stata definitivamente caducata in quanto illegittima e gli effetti e la portata di tale annullamento, trascendendo per loro natura l’ambito del singolo giudizio, hanno efficacia erga omnes avendo a oggetto un criterio generale di giudizio di universale, strutturale ed automatica applicazione;
– che l’efficacia erga omnes è comprovato dal fatto che le commissioni ancora operanti per le procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale – tornata 2012 (la stessa nel cui ambito è stata valutata la ricorrente) stanno svolgendo i propri lavori sulla base del legittimo criterio della maggioranza assoluta dei 3/5 i componenti la Commissione stessa;
– che, a seguito del deposito della sentenza del C.d.S. n. 470/2016, avvenuto il 5 febbraio 2016, il Direttore Generale del Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR, con nota dell’ 11 febbraio 2016, ha diramato alle Commissioni per l’Abilitazione Scientifica Nazionale nominate in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali – ossia di ordinanze di sospensione e di sentenza di annullamento di giudizi di inidoneità – indicazioni al riguardo, escludendo dall’applicazione del criterio dei tre quinti “i provvedimenti emessi antecedentemente all’annullamento de quo nei confronti dei candidati che non abbiano tempestivamente proposto ricorso”;
– che la ricorrente si trova nella posizione di cui da ultimo e che, quindi, la stessa è esclusa dall’autotutela.
La ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’impugnata nota in quanto:
– in casi non di esecuzione del giudicato formatosi fra le parti, ma di estensione del giudicato a parti diverse, l’amministrazione è tenuta ad osservare la regola della parità di trattamento e, pertanto, a estendere il giudicato a tutti coloro che si trovano nella stessa situazione presa in considerazione dalla sentenza di cui trattasi;
– l’esclusione dei candidati “che non abbiano tempestivamente proposto ricorso” è ingiustificata anche perché nessuno dei candidati ancora sub iudice ha impugnato le operazioni del giudizio idoneativo contestando la regola sancita dall’art. 8 co. 5 del d.P.R. 222/2011;
– la discriminazione è ancor più ingiustificata con riferimento ai c.d. “interventi già chiusi”.
Il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto sulla base delle seguenti considerazioni.
La Sezione ha, infatti, già avuto modo di pronunciarsi sulla tematica degli effetti dell’annullamento della norma regolamentare in discorso e non ha motivo di discostarsi da tale orientamento (si leggano in proposito le sentenze nn. 10278/2016, 11362/2016).
La tematica ha riguardo ai limiti oggettivi del giudicato.
Il problema principale è quello di verificare quale sia la sorte dei provvedimenti attuativi del regolamento annullato, dovendosi, al riguardo, distinguersi l’ipotesi dei provvedimenti attuativi, impugnati contestualmente al regolamento, c.d. doppia impugnativa, i quali sono sicuramente travolti dalla caducazione di quest’ultimo, per invalidità derivata, atteso che l’annullamento dell’atto presupposto, ossia il regolamento, si riflette sull’atto successivo a valle, che ne assimila il vizio, dall’ipotesi dei provvedimenti applicativi medio tempore adottati e non impugnati tuttavia tempestivamente da parte del diretto interessato.
Con specifico riferimento a questa ultima fattispecie, le soluzioni prospettate sono sostanzialmente due, atteso che, secondo un primo orientamento, più radicale, opera l’invalidità derivata a effetto caducante, prodotta dall’annullamento del regolamento nei confronti degli atti applicativi medio tempore adottati, e quindi l’effetto retroattivo dell’annullamento del regolamento procura la caducazione retroattiva automatica dei provvedimenti attuativi senza che sia necessaria l’apposita impugnazione degli stessi, mentre, invece, secondo un opposto e prevalente indirizzo, dall’annullamento giurisdizionale del regolamento consegue un’invalidità derivata a effetto soltanto viziante dell’atto applicativo, cosicché all’annullamento del regolamento non consegue la caducazione automatica dei provvedimenti applicativi medio tempore adottati, attesa la loro definitività per effetto della decorrenza del termine decadenziale, sebbene resti salva, comunque, la possibilità, per l’amministrazione, di procedere alla loro rimozione agendo in via di autotutela, qualora ricorrano ragioni di pubblico interesse che sollecitino la rimozione del provvedimento attuativo divenuto oramai inoppugnabile.
Il Collegio ritiene di dovere aderire, attesa la sua maggiore persuasività, proprio al suddetto secondo orientamento, con la conseguenza che, dall’annullamento del regolamento di cui trattasi nella parte interessata, non consegue che debba ritenersi che i giudizi collegiali resi con tre giudizi individuali positivi e solo due giudizi individuali negativi siano di per sé nulli e/o annullabili e/o inefficaci, quando sia oramai decorso il termine per la loro impugnazione e gli stessi siano, pertanto, divenuti definitivi.
Un limite all’estensione del giudicato di annullamento di un regolamento deve, pertanto, rinvenirsi nei rapporti già esauriti e, quindi, il principio dell’efficacia erga omnes dell’annullamento di atti normativi e di cui sopra incontra proprio il suddetto “limite delle situazioni esaurite”; ne consegue che, appunto, il provvedimento demolitorio non travolge gli atti, attuativi del regolamento, che siano divenuti inoppugnabili per mancata impugnazione nei termini decadenziali brevi di legge e non può nemmeno interferire sulle situazioni oramai definite con sentenza passata in giudicato anche perché, altrimenti, si andrebbe incontro a un grave sovvertimento dell’operato dell’amministrazione che si vedrebbe costretta a riprendere in esame una lunga serie di atti e provvedimenti alcune volte già da anni pacificamente eseguiti, con tutte le relative conseguenze.
Ne deriva che l’annullamento di cui trattasi non è in grado di travolgere retroattivamente tutti i giudizi collegiali di non abilitazione, adottati prima della pubblicazione della sentenza e fondati sul voto contrario di soli due commissari.
In sintesi, a meno di una tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo, compete esclusivamente all’amministrazione la determinazione di procedere al riesame delle posizioni di tutti i candidati che avevano partecipato alla relativa procedura di abilitazione oppure esclusivamente nei confronti degli aspiranti che avessero tempestivamente proposto ricorso giurisdizionale. Nel caso del ricorrente, invero, non vi è stata l’originaria impugnazione, per cui il provvedimento che gli ha rifiutato l’abilitazione scientifica nazionale, essendo divenuto inoppugnabile, non può essere travolto se non in sede di revoca o di annullamento da parte dell’amministrazione sulla base di una valutazione nel merito dei contrapposti interessi.
Conclusivamente il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto sulla base di tutte le considerazioni che precedono.
Attesa la novità e la peculiarietà delle questioni trattate si ritiene, tuttavia, che sussistano giusti motivi per disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti costituite le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Savoia, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 02/02/2017