Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 giugno 2016, n. 2711

Requisiti collocazione degli insegnanti nelle graduatorie nazionali-Contratti di collaborazione coordinata e continuativa-Nozione di anno accademico

Data Documento: 2016-06-20
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 19, comma 2, del D.L. 12 settembre 2013, n. 104, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie nazionali utili per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato, fissa quale requisito il possesso di “almeno tre anni accademici di insegnamento”. La corretta interpretazione di tale previsione esclude qualsivoglia limitazione a particolari tipologie di corsi – accademici o pre-accademici, che risultano così equiparati – anche qualora il rapporto di lavoro del docente sia regolato da contratto di co.co.co. o similari, così da rendere illegittime le contrastanti previsioni contenute nell’art. 2, comma 3, d.m. 30 giugno 2014, n. 526.

Contenuto sentenza

N. 02711/2016REG.PROV.COLL.
N. 05567/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5567 del 2015, proposto da: 
[#OMISSIS#] Colombo, rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] in Roma, Via Cola di [#OMISSIS#] 212; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 06279/2015, resa tra le parti, concernente esclusione dalla procedura di formazione delle graduatorie nazionali per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni afam
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016 il Cons. [#OMISSIS#] Mele e uditi per le parti gli avvocati De [#OMISSIS#], e dello Stato Russo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n.6279/2015 del 30-4-2015 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) rigettava il ricorso proposto dal maestro [#OMISSIS#] Colombo, inteso ad ottenere l’annullamento del d.m. n. 526 del 2014, laddove, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie nazionali utili per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato, considerava anno accademico, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e per le altre tipologie contrattuali, l’aver svolto almeno 125 ore di insegnamento nei corsi accademici di primo e di secondo livello.
La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“ …..impugnava il D.M. n. 526 del 2014, laddove, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie nazionali utili per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato, considerava anno accademico, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e per altre tipologie contrattuali, l’aver svolto almeno 125 ore di insegnamento nei corsi accademici di primo e di secondo livello. Parte ricorrente, premesso l’interesse all’impugnativa, avendo svolto uno dei tre anni di insegnamento necessari per l’ingresso in graduatoria , con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in un corso preaccademico, deduceva la violazione dell’articolo 19, comma 2, del d.l. n. 104 del 2013 (conv. In legge n. 128 del 2013) nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria , irragionevolezza e disparità di trattamento. …..in particolare ha fatto presente che il predetto decreto aveva disatteso le previsioni legislative nel contemplare, in relazione al requisito dei tre anni accademici di insegnamento, con riferimento specifico ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il considerare anno accademico l’aver svolto almeno 125 ore di insegnamento nei corsi accademici di primo e di secondo livello; che inoltre i requisiti per l’accesso alla docenza ed i programmi non si differenziavano per i corsi accademici e preaccademici; che, infine, senza la differenziazione operata a svantaggio dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, rispetto ai contratti a tempo determinato o di collaborazione, ex art. 273 del d.lgs. n. 297 del 1994, per i quali veniva considerato anno accademico l’aver svolto 180 giorni di servizio, indipendentemente dalla tipologia dei corsi, avrebbe maturato il requisito in esame per l’inserimento in graduatoria……”.
Avverso la prefata sentenza il docente in epigrafe indicato ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone la riforma e/o l’annullamento, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Con articolata prospettazione, ha dedotto: 1) Error in iudicando – errata e travisata interpretazione dell’art. 19, comma 2, d.l. n. 104/2013- violazione del principio di ragionevolezza – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; 2) Error in iudicando- erroneità ed insufficienza della motivazione della sentenza appellata; 3)Erroneità ed irragionevolezza della condanna alle spese.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, rilevando l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 19-5-2016.
DIRITTO
Con un primo motivo l’appellante deduce: Error in iudicando: errata e travisata interpretazione dell’art. 19, comma 2, d.l. n. 104/2013- violazione del principio di ragionevolezza – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
Lamenta in primo luogo che-contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado – le previsioni del d.l. 104/2013 e quelle del d.m. 526/2014 non sono sovrapponibili.
Invero, la norma di legge, riferendosi al possesso di “almeno tre anni accademici di insegnamento…” non pone alcuna limitazione a particolari tipologie di corsi (accademici o preaccademici). Il d.m., invece, per il caso di insegnamenti regolati da contratti di co.co.co. o similari, ha ritenuto utilizzabili solo i periodi svolti “nei corsi accademici di primo e di secondo livello”.
Il Tribunale Amministrativo avrebbe, inoltre, confuso la nozione di “anno accademico” prevista dalla legge, basata sul fattore tempo e quale risultante dal Regolamento Generale Universitario di cui all’art. 1 R.D. n. 674/1924 ( secondo cui l’anno accademico è l’arco temporale che comincia il 16 ottobre e termina il 31 luglio) con quella di “corso accademico”.
Deduce ancora che il d.m. avrebbe illegittimamente introdotto due diverse nozioni di anno accademico: la prima, relativamente ai contratti a tempo determinato e ai contratti di collaborazione di cui all’art. 273 del d.lgs. n. 297/1994, la quale darebbe luogo ad una anzianità spendibile indifferentemente sia se maturata nei corsi accademici di primo o di secondo livello sia nei corsi pre accademici; una seconda, riferita invece ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa e ad altre tipologie contrattuali, utilizzabile solo se svolta in corsi accademici di primo e di secondo livello.
In tal modo, uno stesso periodo di docenza potrebbe essere valorizzato, ai fini dell’inclusione in graduatoria, esclusivamente sulla base del contratto di lavoro che lo ha regolato, elemento questo che dipende esclusivamente da una scelta delle istituzioni AFAM.
Con il secondo motivo parte appellante lamenta: error in iudicando – erroneità ed insufficienza della motivazione della sentenza appellata.
Il giudice di primo grado, infatti, non avrebbe esaminato l’ulteriore censura, proposta nel ricorso introduttivo, con la quale si era dedotta la macroscopica disparità di trattamento perpetrata dal d.m. n. 526/2014 tra i docenti che avevano prestato anni di insegnamento in corsi preaccademici con co.co.co (non valutabili) e i docenti che li avessero prestati, negli stessi corsi, con un contratto a tempo determinato.
Con il terzo motivo lamenta l’erroneità della condanna alle spese; ciò in primo luogo in relazione alla fondatezza del ricorso; in secondo luogo evidenziando che la novità della questione e l’assenza di precedenti giurisprudenziali sul punto avrebbero dovuto indurre, anche in caso di rigetto, ad una pronuncia di compensazione delle spese.
L’appello è fondato.
La sentenza gravata così motiva il rigetto del ricorso.
Invero, è necessario evidenziare al riguardo in diritto che, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie nazionali utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato, è richiesto, ex art. 19, comma 2 del d.l. n. 104 del 2013, oltre alla non titolarità di un contratto a tempo indeterminato ed al superamento di un concorso selettivo per l’inclusione nelle graduatorie di istituto, anche l’aver maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica; che del pari nel cennato d.m. n. 526 del 2014, all’art. 2, comma 1, è previsto la non titolarità di un contratto a tempo indeterminato, il superamento di un concorso selettivo per l’inclusione nelle graduatorie di istituto e l’aver maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica; in fatto che il ricorrente………….Ne discende da un lato che il d.m. n. 526 del 2014 risulta perfettamente aderente sul punto alla sopraordinata previsione legislativa; dall’altro che parte ricorrente non poteva essere inserita nelle graduatorie nazionali in argomento per difetto del terzo requisito ovvero per non aver maturato i tre anni di insegnamento in corsi accademici – a nulla rilevando i requisiti di accesso alla docenza ed i programmi da svolgere – e non per il criterio di computo dell’anno accademico di insegnamento, differente a seconda delle diverse tipologie contrattuali, ex art. 2, commi 2 e 3 del predetto decreto”.
Le censure proposte sono meritevoli di favorevole considerazione.
L’articolo 19, comma 2, del d.l. 12-9-2013, n. 104 dispone che “Il personale docente che non sia già titolare di contratto a tempo indeterminato nelle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, che abbia superato un concorso selettivo ai fini dell’inclusione nelle graduatorie di istituto e abbia maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le suddette istituzioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, è inserito ….in apposite graduatorie nazionali utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato in subordine alle graduatorie di cui al comma 1 del presente articolo, nei limiti dei posti vacanti disponibili. L’inserimento è disposto con modalità definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.
Osserva la Sezione che dalla lettura della disposizione legislativa emerge che in primo luogo che l’inclusione nelle graduatorie è consentita al “personale docente”.
La generica ed ampia dizione utilizzata dalla norma rende, pertanto, legittima la disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 1, dell’impugnato decreto ministeriale, laddove indica, quale requisito di ammissione, che si tratti di “personale docente…e che, alla data del presente decreto, abbia maturato, a decorrere dall’anno accademico 2001-2002, almeno tre anni accademici di insegnamento, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o con contratto di collaborazione, ai sensi dell’art. 273 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ovvero con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o altra tipologia contrattuale nelle medesime istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”.
Invero, l’indicazione legislativa di “personale docente” consente di esplicitare le diverse categorie contrattuali rilevanti attraverso le quali l’attività di insegnamento è stata prestata.
Ciò posto e venendo a questo punto alla questione che costituisce il nodo centrale della presente controversia, va rilevato che l’articolo 19, comma 2 citato (come del resto il primo comma dell’articolo 2 del d.m. n. 526 del 2014) richiede la maturazione di “almeno tre anni accademici di insegnamento presso le suddette istituzioni”.
Come è ben chiaro dalla lettera della disposizione, vi è un requisito esclusivamente temporale, tale intendendosi “tre anni accademici di insegnamento”.
L’aggettivo “accademico” è riferito all’anno, mentre il termine “insegnamento” è indicato in termini generici, senza riferimento alcuno alla tipologia di “corso” cui esso si riferisce.
E’ ragionevole, pertanto, ritenere che, in presenza di un dato meramente temporale (anno accademico), riferentesi alla istituzione presso la quale l’attività di “insegnamento” è svolta, il requisito non sconti di una distinzione rilevante in relazione alla tipologia di corsi comunque organizzati da e tenuti presso l’Istituzione (accademico o pre-accademico) e per i quali l’insegnamento sia stato comunque esercitato.
Deve, pertanto, ritenersi non condivisibile l’affermazione del giudice di primo grado che ha interpretato la dizione legislativa “tre anni accademici di insegnamento” come “tre anni di insegnamento in corsi accademici”, trattandosi di conclusione che non trova supporto nella lettera della legge.
Né può ricondursi per altra via il termine “accademico” al tipo di insegnamento, affermandosi che l’insegnamento svolto nell’anno accademico è necessariamente di tipo “accademico”.
Invero, la disposizione non ha utilizzato l’inciso “tre anni di insegnamento accademico”, che ben avrebbe potuto utilizzare ove avesse voluto indiscutibilmente attribuire [#OMISSIS#] alla sola attività prestata su corsi accademici.
Riferendo l’aggettivo “accademico” all’anno ha inteso unicamente operare un’indicazione dell’anno di riferimento in relazione alla Istituzione interessata, la quale è di tipo universitario e, dunque, “accademica”. Con ciò, peraltro, non ha escluso certamente che dalla attività di insegnamento rilevante presso la stessa espletata andassero esclusi i cd. corsi “pre-accademici”, rientrando comunque gli stessi nell’offerta formativa del Conservatorio e costituendo, pertanto, a pieno titolo, attività di insegnamento svolta presso l’Istituzione.
Né può trovare favorevole considerazione l’argomentazione in base alla quale la norma di legge (articolo 19 cit.) non contiene una espressa indicazione dei co.co.co. e di altre tipologie contrattuali, con la conseguenza che la loro inclusione è stata il frutto di una scelta discrezionale dell’Amministrazione la quale, al fine di ampliare la platea degli aspiranti, ha voluto ammettere alla partecipazione anche i co.co.co. e le altre tipologie contrattuali, limitando, peraltro, il periodo utile solo a quello svolto in corsi accademici di primo e di secondo livello.
Va, invero, considerato che, quand’anche si fosse trattato di scelta discrezionale, non obbligatoria per legge, la limitazione imposta non troverebbe ragionevole giustificazione – anche sotto il profilo della parità di trattamento con le altre categorie di docenti – considerandosi che il futuro assetto delle Istituzioni (destinato, a dire dell’Amministrazione, a prevedere l’utilizzo dei co.co.co. solo per i corsi di primo e di secondo livello, mentre i corsi pre-accademici risulterebbero svolti presso la scuola secondaria) non giustificherebbero comunque, una volta ammessa la categoria alla selezione, una limitazione relativa ad una attività di insegnamento che comunque è stata prestata presso di essa e ciò operando, altresì, un diverso trattamento rispetto ad altra categoria ammessa.
La norma di legge, invero, si riferisce al “personale docente”, opera un riferimento alla attività di insegnamento e non contiene una espressa specificazione delle tipologie contrattuali con cui si instaura il rapporto di lavoro.
Ammesse, pertanto, alcune categorie, non può applicarsi alle stesse un trattamento differenziato relativamente ai corsi nei quali è stata prestata l’attività di insegnamento
Sulla base delle considerazioni sopra svolte – e con assorbimento delle residue doglianze – deve, pertanto, ritenersi la fondatezza del proposto appello, con conseguente riforma della sentenza di primo grado, accoglimento del ricorso introduttivo ed annullamento dell’articolo 2, comma 3 del d.m. n. 526/2014 nella parte in cui, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e per altre tipologie contrattuali limita la nozione di anno accademico alle sole ore di insegnamento prestate nei corsi accademici di primo e secondo livello e non anche nei corsi pre accademici.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza [#OMISSIS#], ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, avuto riguardo alla novità della questione trattata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della appellata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla l’articolo 2, comma 3, del D.M. n. 526 del 2014, nella parte in cui limita la nozione di anno accademico alle sole ore prestate nei corsi accademici di primo e di secondo livello.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Barra [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)