TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 23 marzo 2016, n. 344

Partecipazione scuole di formazione dipendenti pubblici-Riconoscimento CFU

Data Documento: 2016-03-23
Area: Giurisprudenza
Massima

In ragione del quadro normativo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 14 l. 30 dicembre 2010, n. 240 la giurisprudenza ha rilevato come gli atti convenzionali tra amministrazioni e atenei costituiscano l’unico strumento che regoli il riconoscimento dei «crediti formativi universitari» in favore dei dipendenti pubblici in possesso di conoscenze specialistiche acquisite con la partecipazione alle relative scuole di formazione.

Per il periodo successivo all’introduzione dell’art. 14 l. 30 dicembre 2010, n. 240, le convenzioni tra amministrazioni e atenei già stipulate devono essere coordinate con il sopraggiunto principio secondo cui le conoscenze degli studenti vanno caso per caso verificate e pertanto sottratte a riconoscimenti di tipo collettivo e automatico. Ove, poi, manchi un simile atto convenzionale, soccorre la regola generale ex art. 5, comma 7, D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, nel senso che per l’attività formativa svolta in ambito estraneo a quello di pertinenza o influenza universitaria rilevano i “criteri predeterminati” dall’ateneo, e a questi quindi occorre attenersi – anche ove recepiti nel regolamento didattico –, ferma restando naturalmente la necessità di un concreto accertamento per ogni singolo studente.

Contenuto sentenza

N. 00344/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00436/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 436 del 2015 proposto da [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Esposito e dall’avv. [#OMISSIS#] Bragagni, e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Bologna, Strada Maggiore n. 31;
contro
l’Università degli Studi di Bologna, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
per l’annullamento
del verbale dell’adunanza in data 16 marzo 2015 del Consiglio del Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione presso l’Università degli Studi di Bologna, nella parte relativa al rigetto della richiesta di riconoscimento al ricorrente di «crediti formativi universitari», in relazione all’insegnamento di Diritto tributario dell’impresa, per effetto della frequenza del “Master annuale in Diritto Tributario “[#OMISSIS#] Vanoni” – III Edizione, indetto dalla Scuola Superiore di Economia e Finanza”;
di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, ancorché ignoto al ricorrente, incluso – ove occorrer possa e non ritenuto sostituito dall’attuale – il precedente pronunciamento negativo dell’Amministrazione Universitaria (seduta del 12 settembre 2014);
…………..………per l’accertamento……
del diritto del ricorrente ad ottenere il beneficio negato con i provvedimenti impugnati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bologna;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi l’avv. [#OMISSIS#] Bragagni e l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per le parti, alla pubblica udienza del 9 marzo 2016;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Iscritto al Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione presso l’Università degli Studi di Bologna, il ricorrente – in ragione del propriocurriculum studiorum – proponeva istanza di riconoscimento di «crediti formativi universitari»; tra essi, tuttavia, venivano negati quelli relativi alla frequenza del Master in Diritto Tributario “[#OMISSIS#] Vanoni” indetto dalla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze (decisione assunta nella seduta del 12 settembre 2014 dal Consiglio del Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione). Reiterata l’istanza in relazione all’insegnamento di Diritto tributario dell’impresa, veniva opposto al ricorrente un nuovo diniego (v. verbale dell’adunanza in data 16 marzo 2015).
Avverso i suindicati atti ha proposto impugnativa l’interessato.
Assume che, a fronte delle “linee guida” a suo tempo elaborate dal Senato Accademico, l’Amministrazione universitaria non si sarebbe potuta genericamente sottrarre al riconoscimento di «crediti formativi universitari» per le conoscenze specialistiche acquisite dal ricorrente in una delle scuole di formazione previste per il personale delle Amministrazioni pubbliche, sicché il diniego si presenterebbe contraddittorio e incongruo rispetto alle regole generali che l’Ateneo si era dato. Denuncia, ancora, l’insufficienza della motivazione, per non essere state puntualmente chiarite le ragioni sottese al diniego. Lamenta, infine, l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e la sua conseguente mancata partecipazione al procedimento.
Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di accertamento del diritto ad ottenere il beneficio illegittimamente negato.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Bologna, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare del ricorrente è stata respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 9 luglio 2015 (v. ord. n. 217/2015).
All’udienza del 9 marzo 2016, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato.
Dispone l’art. 5, comma 7, del d.m. n. 270 del 2004 che le “università possono riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso”. Prevede, inoltre, l’art. 22, comma 13, della legge n. 448 del 2001 che al “personale delle amministrazioni pubbliche che abbia superato il previsto ciclo di studi presso le rispettive scuole di formazione, ivi compresi (…) la Scuola superiore dell’economia e delle finanze, può essere riconosciuto un credito formativo per il conseguimento dei titoli di studio di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica. Le modalità di riconoscimento dei crediti formativi sono individuate con apposite convenzioni stipulate tra le amministrazioni interessate e le università”. Stabilisce, infine, l’art. 2, comma 147, della legge n. 286 del 2006 (come modificata nel 2010) che le “università disciplinano nel proprio regolamento didattico le conoscenze e le abilità professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi (…) Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente …”.
In ragione del quadro normativo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 14 della legge n. 240 del 2010 (che ha introdotto i periodi “…Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente…”), la giurisprudenza ha rilevato come gli atti convenzionali tra amministrazioni e atenei costituiscano l’unico strumento che regoli il riconoscimento dei «crediti formativi universitari» in favore dei dipendenti pubblici in possesso di conoscenze specialistiche acquisite con la partecipazione alle relative scuole di formazione (v. TAR Lazio, Sez. III, 15 gennaio 2015 n. 575). Per il periodo successivo alla novella del 2010, però, le convenzioni già stipulate devono essere a questo punto coordinate con il sopraggiunto principio secondo cui le conoscenze degli studenti vanno caso per caso verificate e pertanto sottratte a riconoscimenti di tipo collettivo e automatico; ove, poi, manchi un simile atto convenzionale – e nella fattispecie le parti non ne hanno addotto la sussistenza –, il Collegio ritiene che soccorra a tale fine la regola generale del richiamato art. 5, comma 7, del d.m. n. 270 del 2004, nel senso che per l’attività formativa svolta in àmbito estraneo a quello di pertinenza o influenza universitaria rilevano i “criteri predeterminati” dall’ateneo, e a questi quindi occorre attenersi – anche ove recepiti nel regolamento didattico richiamato dall’art. 2, comma 147, della legge n. 286 del 2006 –, ferma restando naturalmente la necessità di un concreto accertamento per ogni singolo studente.
Orbene, nel caso dell’Università degli Studi di Bologna, il ricorrente ha invocato le “linee guida” approvate dal Senato Accademico nella seduta del 18 dicembre 2007 e riferite ai “riconoscimenti di attività extrauniversitarie da parte dei Consigli di Corso di Studio”. In questa sede, però, dopo essersi stabilita in via generale la “esclusione del riconoscimento delle attività di base, caratterizzanti e affini o integrative”, viene previsto che le convenzioni stipulate dall’Ateneo con le competenti Amministrazioni in relazione agli studi affrontati dai dipendenti pubblici presso le rispettive scuole di formazione “…potranno prevedere riconoscimenti anche in attività formative di base, caratterizzanti e affini …” (v. all. 1 alla delibera dal Senato Accademico), a voler dire – insomma – che una simile ipotesi derogatoria presuppone che la autorizzi di volta in volta la convenzione tra l’Ateneo e l’Amministrazione di riferimento dello “studente – dipendente pubblico”, in assenza della quale resta evidentemente fermo il divieto generale di assegnazione di «crediti formativi universitari» per quelle che i criteri operativi definiti dall’Università degli Studi di Bologna qualificano come “attività formative di base, caratterizzanti e affini”. La circostanza, allora, dell’assenza di un atto convenzionale che disciplini il riconoscimento dei «crediti formativi universitari» reclamati dal ricorrente per la positiva frequenza del Master in Diritto Tributario “[#OMISSIS#] Vanoni” indetto dalla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze, come è evidente, lascia applicabile al caso di specie il divieto imposto dai “criteri predeterminati” dell’Ateneo e rende comprensibile la decisione di opporre il diniego all’attribuzione del beneficio per l’insegnamento di Diritto tributario dell’impresa “…in ragione del ruolo fondamentale e centrale che detto insegnamento svolge nel percorso formativo degli studenti del corso di studio, alla luce degli obiettivi formativi specifici e dei risultati di apprendimento che il Corso di Studio intende realizzare …” (così il verbale dell’adunanza in data 16 marzo 2015 del Consiglio del Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione). Se anche, invero, non è stata utilizzata la locuzione “attività formative di base, caratterizzanti e affini”, appare inequivocabile che a tale categoria di studi abbia inteso l’organo collegiale ricondurre l’insegnamento in questione e quindi, in mancanza di deroga ammessa da un atto convenzionale, escluderne la surrogabilità con le conoscenze specialistiche acquisite dal richiedente presso la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze; il che, peraltro, ha anche precluso il passaggio alla successiva fase della concreta verifica delle competenze dell’interessato.
Ne deriva l’insussistenza della denunciata contraddittorietà e incongruità del diniego rispetto alle “linee guida” deliberate dall’Amministrazione universitaria, per evincersene al contrario una coerente applicazione delle regole generali ivi contenute, una volta ascritta la tipologia di insegnamento interessato dalla vicenda all’àmbito di quelli insuscettibili del beneficio in esame. Né v’è difetto di motivazione, essendosi già rilevato come la qualificazione dell’attività formativa coinvolta emergesse in termini univoci dalle argomentazioni espresse dal Consiglio del Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione, sicché ne scaturiva a quel punto l’automatico divieto posto in termini chiari dalle “linee guida” dell’Ateneo, senza necessità di un esplicito richiamo alle stesse; naturalmente, tale ragione ostativa assorbe ogni ulteriore considerazione formulata dall’Università (anche quanto addotto nella seduta del 12 settembre 2014) e quindi di per sé sorregge il diniego. Né, infine, rileva l’omessa comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, giacché nessun concreto elemento avrebbe potuto introdurre il ricorrente per incidere diversamente sull’esito del procedimento – come si rileva dal fatto che anche nel presente giudizio non sono emerse circostanze in tal senso significative –, sì che in una simile situazione opera la regola generale di cui al successivo art. 21-octies, comma 2.
Per le esposte considerazioni, il ricorso va respinto.
La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 9 marzo 2016, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)