N. 00312/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00355/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 355 del 2010, proposto da:
[#OMISSIS#] Russo, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Russo, con domicilio eletto presso avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in L’Aquila, Via G.[#OMISSIS#], 30;
contro
Università degli Studi di Teramo, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L’Aquila, Complesso Monumentale S. [#OMISSIS#];
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L’Aquila, Complesso Monumentale S. [#OMISSIS#];
per l’annullamento
del provvedimento dell’1.4.2010 con il quale l’Università rigettava la richiesta di riconoscimento di servizi pre-ruolo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Teramo e del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, in servizio dal 6.3.2006 quale ricercatore confermato e professore aggregato di diritto privato presso l’Università degli studi di Teramo, ha chiesto, in data 6 marzo 2010, la ricostruzione della carriera con il riconoscimento, a fini economici e di carriera, dell’attività prestata nei periodi 1.7.2001-30-6-2002; 30.6.2002 – 1.11.2002; 1.11.2002-5.3.2006 quale assegnista di ricerca rispettivamente presso le Università degli studi di Chieti – Pescara, Teramo e L.U.I.S.S. di Roma; il provvedimento impugnato comunicava che i periodi di assegnista di ricerca non sarebbero riconoscibili per i fini economici e di carriera in quanto non previsti dall’art. 103 DPR. 382/1980.
Da qui il ricorso che deduce:
1) Violazione dell’art. 8 e dell’art. 9 L. 241/90: l’Amministrazione non ha comunicato l’avvio del procedimento;
2) Violazione dell’art. 3, comma 4, della L.241/90: il provvedimento non indica il termine e l’Autorità a cui ricorrere;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 103 D.P.R. 382/1980. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza ed incongruità della motivazione: l’Amministrazione erra nel considerare l’assegno di ricerca di cui all’art. 51 della legge 449/1997 non computabile ai fini di carriera in quanto non previsto nell’art. 103 D.P.R. 382/1980 attraverso il richiamo all’art. 7 lettera e) della legge 28/80; l’assegno di ricerca, invero, è perfettamente riconducibile ai periodi indicati nella citata lettera e) dell’art. 7 della legge 28/80, in quanto conferito, a seguito di concorso, per finalità di formazione e ricerca, come del resto riconosciuto da molte Università, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal MIUR, dall’Avvocatura dello Stato e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri; il provvedimento è comunque viziato da difetto di istruttoria e di motivazione;
4) Violazione dell’art. 1 L. 241/90, dell’art. 97 comma 1 Cost., eccesso di potere, ingiustizia manifesta. Violazione l. 168/89: il provvedimento impugnato ha l’unico scopo di perseguire un risparmio di spesa, ma comporta disparità di trattamento e ingiustizia manifesta tenuto conto dell’orientamento assunto dalle altre Università.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso.
Si costituiva l’Università di Teramo che chiedeva rigettarsi il ricorso in quanto infondato.
All’esito della pubblica udienza dell’11 maggio 2016, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il ricorrente, ricercatore confermato, ha impugnato il provvedimento dell’Università di Teramo che ha negato il riconoscimento, ai fini di carriera, dei servizi svolti in precedenza quale assegnista di ricerca; ha pure chiesto accertarsi il suo diritto al chiesto riconoscimento.
Il ricorso è fondato.
Va premesso che, ai sensi del d.P.R. 15 dicembre 2011, n.232, i professori e i ricercatori universitari che alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n.240 non abbiano ancora effettuato o completato il periodo di straordinariato, alla scadenza di tale periodo accedono alle procedure preordinate alla nomina a professore ordinario o alla conferma in ruolo ai sensi del d.P.R. n.382/1980, ivi compresa la ricostruzione della carriera si sensi dell’art. 103 del medesimo decreto.
L’art. 103 cit. stabilisce che “ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuto per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l’attività effettivamente prestata nella università in una delle figure previste dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n.28, nonché, a domanda, il periodo corrispondente alla frequenza dei corsi di dottorato di ricerca ai soli fini del trattamento di quiescenza e previdenza con onere a carico del richiedente”.
La citata disposizione, dunque, prevede il riconoscimento ai fini della carriera di servizi pre-ruolo antecedenti l’entrata in vigore della stessa e tassativamente elencati all’art. 7 della l. n.28/1980. A tal fine, è comunque espressamente esclusa dallo stesso art. 103 la possibilità di riconoscimento del periodo corrispondente alla frequenza dei corsi di dottorato di ricerca.
La sentenza del Consiglio di Stato, sez.VI, 11 gennaio 2012, n.102, intervenendo in subiecta materia e sul rilievo di una oggettiva disparità di trattamento tra servizi pre-ruolo di natura accademica e scientifica prestati in Italia prima del 1980 e in epoca successiva, stabiliva, con espresso riferimento agli assegni di ricerca attribuiti ai sensi dell’art. 51, comma 6 della L. n.449/1997, il diritto al riconoscimento di servizi pre-ruolo, successivi all’entrata in vigore del d.P.R. n.382/1980, che tuttavia costituiscano un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con leUniversità e con le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del medesimo d.P.R. n.382/1980.
La più recente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato, Parere 22 ottobre 2015, n.2851) ha confermato detto orientamento affermando che “la figura dell’assegnista di ricerca ai sensi dell’art. 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n.449, è del tutto equiparabile a quella dei titolari di borsa di studio menzionati nell’articolo 7 della legge 31 febbraio 1980, n.28, in quanto la categoria degli assegnisti di ricerca presenta un’evoluzione delle categorie di collocazione precaria con le università e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del DPR. 25 novembre 1980, dovendosi pertanto ritenere sussistente in capo al ricercatore confermato il diritto al riconoscimento, ad ogni effetto di legge, di carattere giuridico ed economico, del servizio pregresso svolto come assegnista di ricerca, nonché il diritto alle differenze retributive tra quanto dovuto a seguito del predetto riconoscimento e quanto effettivamente percepito, con decorrenza dal momento della conferma nel ruolo dei ricercatori (in termini, TAR Trentino – Alto Adige, n.77/2013).
In particolare, è stato osservato che l’art. 7, comma 8 lett.e) della legge 28/80 equipara, ai fini considerati, borse ed assegni di ricerca, consentendo l’inquadramento nella qualità di ricercatore di titolari di borse o assegni di formazione comunque denominati, sempre che le borse e gli assegni siano istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, e che siano assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso.
Il riferimento “a qualsiasi borsa o assegno di formazione” consente, quindi, di estendere, ai fini ivi indicati, l’applicabilità delle richiamate disposizioni anche a figure non espressamente individuate dal D.P.R.. n.382/1980, e, in particolare, agli assegnisti di ricerca ex art. 51, comma 7, della legge 449/1997 perché chiaramente riconducibili alla fattispecie esaminata (cfr. TAR Marche, n.234/2016).
L’esame delle categorie elencate nell’art. 7 della l. n.28/1980 permette, invero, di individuare quali elementi comuni e caratterizzanti tutte le tipologie: a) la finalità di formazione o “addestramento scientifico e didattico”; b) l’attribuzione della borsa, assegno o contratto a seguito di selezione pubblica mediante procedura comparativa (con la sola esplicita eccezione degli assistenti incaricati o supplenti, dei lettori di scambio e dei medici interni assunti con delibera motivata del Consiglio d’Amministrazione dell’Università o delle figure assimilabili a questi ultimi”).
Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, si appalesa illegittimo l’impugnato diniego di riconoscimento dei periodi svolti nella qualità di assegnista di ricerca, come opposto nella nota 1.4.2010 prot. 2502; pertanto, il ricorso va accolto con l’annullamento della nota impugnata, relativamente alla questione attinente il riconoscimento dei servizio prestato come assegnista di ricerca, e il positivo accertamento del diritto al chiesto riconoscimento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Abbruzzese, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Gizzi, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)