La ratio dell’articolo 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è quella di evitare l’ingresso nelle strutture universitarie (al cui governo concorrono sia i professori che i ricercatori) di soggetti legati da vincoli parentali cosi stretti con coloro che già vi appartengono da far presumere che la loro “cooptazione” (chiamata/contratto) sia stata influenzata in maniera determinante dalle relazioni che legano il “parente” con gli altri componenti della struttura di appartenenza. Tuttavia, sarebbe eccessivo immaginare una preclusione legislativa tout court dell’accesso alle carriere universitarie in un determinato ateneo dei ricercatori (e dunque della partecipazione alle relative procedure selettive) di tutti coloro che fossero legati dai vincoli parentali presi in considerazione dal legislatore con persone già appartenenti (come professori) ad una qualunque struttura universitaria dipartimentale di quell’ateneo: la potenziale varietà (autonomia statutaria e regolamentare) delle situazioni disciplinari relative per le procedure selettive rivolte alla “contrattualizzazione” impedisce infatti di conoscere in astratto-prima cioè della concreta disciplina dei relativi bandi-se le incompatibilità previste si manifesteranno o meno.
Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 21 novembre 2016, n. 417
Procedura di valutazione comparativa copertura posto di ricercatore-Incompatibilità-Rapporti di parentela
N. 00417/2016REG.PROV.COLL.
N. 00742/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 742 del 2015, proposto da:
[#OMISSIS#] Ferrara, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Comande’ C.F. CMNCRL73B25G273O, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, V. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] N. 40;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Universita’ degli Studi di Palermo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, N. 81;
Universita’ di Palermo-Area Risorse Umane-Settore Reclutamento e Selezioni, Dipartimento Energia-Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici dell’Universita’ di Palermo non costituiti in giudizio;
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore [#OMISSIS#] C.F. RMNSVT41D05H792Z, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. RMNLGU77P08G273B, con domicilio eletto presso Salvatore [#OMISSIS#] in Palermo, via [#OMISSIS#] , N. 10;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO: SEZIONE II n. 00986/2015, resa tra le parti, concernente procedura selettiva per l’assunzione di n.1 posto di ricercatore a tempo determinato
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Universita’ degli Studi di Palermo e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 il Cons. [#OMISSIS#] Corbino e uditi per le parti gli avvocati C. [#OMISSIS#], l’avv. dello Stato Tutino e S. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appello è proposto contro la decisione n. 986/2015 del TAR per la Sicilia di Palermo, con la quale sono stati respinti il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti rivolti, rispettivamente, all’annullamento quanto al ricorso introduttivo: a) del Decreto Rettorale del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo n. 2518/2014, avente ad oggetto l’approvazione degli atti relativi alla «procedura selettiva per titoli e colloquio, finalizzata all’assunzione di n. 1 ricercatore a tempo determinato della tipologia contrattuale A (art. 24 comma 3, lettera a) della legge 240/2010), con contratto di diritto privato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizi agli studenti, presso il Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici dell’Università degli Studi di Palermo, Settore concorsuale 09/C2 “Fisica Tecnica e Ingegneria Nucleare” (SSD ING-IND/10) “Fisica Tecnica Industriale” e con il regime di impegno a tempo pieno», nonché la dichiarazione del soggetto vincitore della procedura stessa, coincidente con l’odierno appellato; b) ove occorra, della nota prot. n. 46556/2014; c) ove occorra, dell’art. 11 del DR n. 4246/2013 con cui è stata indetta la procedura selettiva, ove interpretato nel senso di stabilire che l’incompatibilità rileverebbe solo per la stipulazione dei contratti, e non anche per la partecipazione alla procedura selettiva presupposta; d) di tutti gli atti relativi alla procedura finalizzata all’assunzione di n. 1 ricercatore a tempo determinato; e) del provvedimento con cui la Commissione giudicatrice ha considerato legittima l’ammissione alla procedura selettiva de qua del controinteressato odierno appellato; f) ove occorra, dell’art. 12 (in realtà 13) del DR n. 4197/2013, ove interpretato nel senso di stabilire che l’incompatibilità rileverebbe solo per la stipulazione dei contratti, e non anche per la partecipazione alla procedura selettiva presupposta; g) di ogni atto presupposto, consequenziale e/o connesso, con l’ulteriore effetto di disporre che l’Amministrazione adotti un nuovo provvedimento di nomina dell’appellante quale vincitore del concorso e di approvazione della relativa graduatoria; quanto al ricorso per motivi aggiunti: a) della nota prot. n. 2220/2014 avente ad oggetto la comunicazione di presa di servizio presso il Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici dell’Università degli Studi di Palermo, dei ricercatori a tempo determinato, tra i quali rientra il Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; b) di ogni atto presupposto, consequenziale e/o connesso.
Il ricorso introduttivo contestava la legittimità della procedura selettiva, impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art.18, comma 1, lett. b) e c) della legge 240/2010, nonché per eccesso di potere sotto diversi profili (irragionevolezza manifesta, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria). Ciò in ragione della natura asseritamente solo apparente del trasferimento del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dal Dipartimento di originaria appartenenza (Dipartimento di Energia) ad altro Dipartimento della stessa Università (Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali), che avrebbe perciò continuato in fatto ad appartenere alla struttura (per via della successiva confluenza dell’originario Dipartimento di Energia nel Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici) anche al momento di espletamento della procedura selettiva (attivata appunto dal secondo Dipartimento), che ha avuto come vincitore il di lui figlio [#OMISSIS#].
Il ricorso per motivi aggiunti assumeva l’illegittimità derivata dell’avvenuta presa di servizio del controinteressato Dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] presso il Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici.
In forza delle ragioni dedotte, il ricorrente (oggi appellante) chiedeva l’annullamento degli atti della procedura e chiedeva anche che il Giudice ordinasse all’Amministrazione di adottare, in conseguenza, un nuovo provvedimento di nomina del dr. Ferrara “quale vincitore del concorso e di approvazione della relativa graduatoria”.
Con la decisione ora impugnata, il TAR ha respinto i ricorsi (introduttivo e per motivi aggiunti) del ricorrente, avendo ritenuto non provato l’assunto di sostanziale appartenenza del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] alla struttura che ha bandito la procedura selettiva, della quale è stato poi dichiarato vincitore il proprio figlio, dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], odierno appellato.
Con ordinanza n. 486/15 questo Consiglio ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante disponendo la “sospensione di ogni attività delle parti private presso il suddetto Dipartimento” (il richiamo, per svista, è al Dipartimento dell’Energia, ormai inesistente), anche “ai fini del [#OMISSIS#] esito dell’attività istruttoria espletanda”.
Con successiva ordinanza n. 648/15, questo Consiglio ha precisato gli incombenti istruttori espletandi. Con nuova ordinanza n. 142/16, sono stati disposti ulteriori incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione intimata.
Ad entrambi gli incombenti è stata data esecuzione.
La causa giunge all’odierna udienza pubblica per la decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato nel senso e nei limiti dei quali ora si dirà.
1) Ai fini della decisione appare necessaria una preliminare ricostruzione della successione dei fatti oggetto di causa.
Con deliberazione del 15 Novembre 2013 (alla quale figurava presente, come da verbale in atti, il Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]), il Consiglio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo approvava la programmazione per il reclutamento dei ricercatori universitari di interesse, definendo la relativa graduatoria di priorità, nella quale figurava al primo posto il settore-disciplinare ING-IND/10 (Fisica tecnica industriale).
Con decreto n. 4216 del 23 Dicembre 2013, il Rettore dell’Università di Palermo ha bandito (premessa, tra le altre, la richiamata deliberazione della Facoltà di Ingeneria) di una procedura selettiva finalizzata, tra l’altro, all’assunzione di n. 1 ricercatore a tempo determinato della tipologia contrattuale A (art. 24 comma 3, lettera a) della legge 240/2010), con contratto di diritto privato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizi agli studenti, Settore concorsuale 09/C2 “Fisica Tecnica e Ingegneria Nucleare” (SSD ING-IND/10) “Fisica Tecnica Industriale” e con il regime di impegno a tempo pieno.
Per la procedura selettiva in oggetto, la designazione del membro interno della Commissione Giudicatrice è stata adottata con deliberazione del Consiglio di Dipartimento di Energia, ingegneria dell’Informazione e modelli Matematici (DEIM) del 18 Febbraio 2014.
La Commissione è stata poi costituita con decreto rettorale n. 1057 del 24 Marzo 2014.
La procedura selettiva in questione si è conclusa con la proposta di chiamata del vincitore, avvenuta con deliberazione del DEIM del 19 Settembre 2014 (cui ha poi fatto seguito, in data 3 Novembre 2014, la presa di servizio del dr. [#OMISSIS#]).
Ai fini delle valutazioni qui necessarie, deve rilevarsi che il DEIM (Dipartimento che ha cioè collaborato, per la parte di competenza, all’espletamento della procedura selettiva in questione) si era costituito il precedente 12 Dicembre 2012, a seguito della confluenza in esso di alcuni preesistenti Dipartimenti, tra i quali anche il Dipartimento dell’Energia, al quale era appartenuto, fino al 14 Marzo 2012, il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], transitato da quella data al Dipartimento SAgA, poi confluito a sua volta – ancora successivamente, in data 1 Gennaio 2013 – nel SAF (Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali).
Da un punto di vista giuridico-formale, il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (appartenente in origine al Dipartimento di Energia) non è mai dunque appartenuto al DEIM, avendo cessato di appartenere al Dipartimento di Energia in data antecedente (14 Marzo 2012) alla confluenza di tale Dipartimento nel DEIM (Decreto Rettorale n. 4820 del 12 Dicembre 2012). Sicché – sempre in punto di valutazioni giuridico-formali – tanto al momento del bando della procedura selettiva in oggetto (Dicembre 2013), quanto in quello della proposta di designazione del membro interno (Febbraio 2014), quanto in quello della proposta di chiamata del relativo vincitore (Settembre 2014), il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] non apparteneva alla struttura che adottava le deliberazioni necessarie (il DEIM appunto).
Il prof. [#OMISSIS#] era appartente invece alla Facoltà di Ingegneria, che aveva approvato (essendo egli anche presente) la graduatoria alla quale aveva poi fatto riferimento il bando di concorso del Dicembre 2013.
2) Ciò chiarito, possono ora essere prese in considerazione le doglianze dell’appellante, il quale ha assunto, con il proprio ricorso introduttivo, che la procedura – alla quale egli aveva partecipato e che aveva visto, all’esito delle prove (valutazione dei titoli e colloquio di discussione di essi), vincitore il dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (con il punteggio totale attribuito ai titoli di punti 78.4/100, a fronte di punti 18.74/100 attribuiti a quelli del controinteressato) – sarebbe stata viziata da violazione e falsa applicazione dell’art.18, comma 1, lett. b) e c) della legge 240/2010, nonché da eccesso di potere per irragionevolezza manifesta e travisamento dei fatti, oltreché difetto di istruttoria. Ed ha chiesto pertanto che – annullati i provvedimenti viziati – si ordinasse all’Amministrazione di dichiararlo vincitore, a seguito di approvazione della graduatoria del concorso. Ha poi impugnato conseguentemente, con il ricorso per motivi aggiunti, l’illegittimità derivata dell’avvenuta presa di servizio del controinteressato presso il DEIM dell’Università degli Studi di Palermo.
Gli assunti del ricorrente si fondano su un duplice rilievo.
Da un lato, la “situazione di incompatibilità” delineata dall’ art.18, comma 1, lett. b) e c) della legge 240/2010 si sarebbe applicata anche alle procedure relative al reclutamento dei ricercatori a tempo determinato. E ciò, alla luce del dettato della lettera c) del medesimo art.18 che estende appunto “l’applicazione dei criteri di cui alla lettera b), ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all’articolo 22 e alla stipulazione dei contratti di cui all’articolo 24 e di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’ateneo”.
Dall’altro, la situazione di incompatibilità denunciata riguarderebbe già la possibilità di “partecipazione” alle procedure selettive (e non soltanto le “chiamate” e le “contrattualizzazioni” che avvengano all’esito delle procedure medesime) e il suo ricorrere, nelle circostanze, sarebbe reso palese dalla asserita natura meramente apparente della mutata appartenenza al Dipartimento di afferenza del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ordinario di Fisica Tecnica Industriale (e padre del controinteressato dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]), che avrebbe in fatto continuato a svolgere la propria attività di ricerca e di insegnamento presso la struttura originaria e dunque, dopo la intervenuta confluenza di essa nel DEIM, presso quella stessa che aveva collaborato alla procedura selettiva e poi chiamato il relativo vincitore.
Quanto al primo rilievo (applicabilità anche ai contratti ex art. 24 legge 240/2010 delle incompatibilità previste dall’art. 18 della medesima legge), esso è certamente fondato. Del che, per altro, il Giudice di primo grado ha già dato atto.
Ma anche il secondo – ed essenziale – rilievo si rivela, ad un’attenta considerazione delle cose, meritevole di condivisione.
Valgano al riguardo le considerazioni che seguono.
3) Il punto di partenza non può che essere il disposto dell’invocato art. 18 della legge n. 240/2010, nella parte qui di interesse: “1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri: a) pubblicità del procedimento di chiamata sulla Gazzetta Ufficiale, sul sito dell’ateneo e su quelli del Ministero e dell’Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale; b) ammissione al procedimento, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 29, comma 8, di studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macrosettore e per le funzioni oggetto del procedimento, ovvero per funzioni superiori purché non già titolari delle medesime funzioni superiori. Ai procedimenti per la chiamata di professori di prima e di seconda fascia possono partecipare altresì i professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio, nonché gli studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza, aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN. In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo; c) applicazione dei criteri di cui alla lettera b), ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all’articolo 22 e alla stipulazione dei contratti di cui all’articolo 24 e di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’ateneo…”.
Come si vede, le incompatabilità previste riguardano i “procedimenti per la chiamata” (per quanto riguarda i professori) e la “stipulazione dei contratti” (per quanto riguarda assegni di ricerca e soggetti contemplati dall’art. 24, dunque “ricercatori a tempo determinato”, come nella fattispecie).
Per comprendere le ragioni della distinta formulazione letterale è necessario muovere dalla non uniforme disciplina delle due fattispecie.
4) I “procedimenti per la chiamata” sono attivati a valle di una complessa procedura di determinazione degli “idonei” alla stessa, che ne costituisce il presupposto e che è nelle competenze di organi diversi (esterni all’ateneo) da quelli ai quali spetta attivare appunto il “procedimento di chiamata”.
La “stipulazione dei contratti” interviene invece a conclusione di una procedura (anch’essa complessa) alla quale dà impulso iniziale – e ne governa i sub-procedimenti interni – il medesimo organo al quale spetta proporre la “stipulazione dei contratti”.
Se entrambe le procedure selettive hanno in comune un’articolazione in fasi, non può dirsi tuttavia che queste siano disciplinate in modo identico per entrambe.
La prima di tali fasi è quella di “indizione” della procedura. Ma mentre per i “professori” essa è di competenza ministeriale, per i “ricercatori” (e per le altre figure con essi contemplate) essa è invece di competenza (fatti salvi eventuali passaggi preliminari ad essa preordinati) della stuttura universitaria che manifesta l’esigenza di copertura di quella “posizione”.
La seconda è costituita dalla fase di “valutazione” degli aspiranti ammessi alla procedura. Tale seconda fase è di competenza di una commissione nominata allo scopo (secondo modalità distinte) dall’organismo che la indice (Ministero perciò o Ateneo) e alla quale è rimessa la individuazione, rispettivamente, dei soggetti “idonei” (tra i quali potrà intervenire, a seguito di una successiva apposita – e anche non uniforme – procedura indetta allo scopo dall’ateneo, la “chiamata”) ovvero del “vincitore” della procedura (nei confronti del quale seguirà la conclusiva “proposta di contratto”).
La terza e conclusiva fase è quella nella quale la struttura che ha manifestato l’esigenza e chiesto il bando (tuttavia: per i professori, della “procedura per la chiamata”; per i ricercatori: della “procedura selettiva”) provvede, rispettivamente, alla “chiamata” o alla “contrattualizzazione”, avvalendosi dei risultati del lavoro della commissione nominata, con atti sui quali si esprime poi anche il Senato Accademico.
Nella situazione di causa (relativa ad una procedura selettiva per la copertura di un posto di ricercatore) il bando e la successiva gestione della procedura hanno richiesto – in considerazione dei mutamenti legislativi e statutari maturati in itinere – il concorso della Facoltà, per l’atto di impulso, e del Dipartimento per quelli conseguenti successivi.
5) Cio ricordato, va osservato che il fatto che gli impedimenti/preclusioni previsti dall’art.18 della legge 240/2010 si riferiscano letteralmente alla fase conclusiva dell’iter necessario ai fini della immissione nelle carriere (di professore) o di assunzione in servizio (ricercatore) per entrambi i casi non è senza ragione.
La ratio della disposizione appare con evidenza infatti quella di evitare l’ingresso nelle strutture universitarie (al cui governo concorrono sia i professori che i ricercatori) di soggetti legati da vincoli parentali così stretti con coloro che già vi appartengono da far presumere che la loro “cooptazione” (chiamata/contratto) sia stata influenzata in maniera determinante dalle relazioni che legano il “parente” con gli altri componenti della struttura di appartenenza. La norma ha voluto insomma “rafforzare” in termini formali assoluti e preclusivi il sospetto di non imparzialità della decisione, a dissipare il quale era valso, fino a quel momento (introduzione cioè della norma in discussione), il mero dovere del “parente” di “astenersi” dalla decisione in questione, adempimento ritenuto ora invece dal legislatore – in reazione al ripetersi di fenomeni di cd. “familismo universitario” – insufficiente a prevenire il rischio di non imparzialità della decisione.
Ora, il rischio temuto (la non imparzialità dell’organo che provvede a concludere la procedura e la cooptazione nelle strutture di soggetti già legati da relazioni di parentela con chi già vi appartiene) si manifesta, con certezza, in entrambi i casi, solo nel momento finale delle due procedure (rispettivamente, “chiamata” e “proposta di contratto”). Nelle fasi precedenti esso è assente (o comunque prevenuto attraverso ulteriori meccanismi) per i “professori”, mentre per i ricercatori è legato alle modalità di svolgimento delle procedure, che non sono uniformi e generali (come quelle relative ai professori), ma legate alle disposizioni statutarie dei singoli atenei e al conseguente concreto atteggiarsi degli stessi in sede di bando delle medesime (circostanza che rende perciò di specie le decisioni che le riguardano, come deve dirsi anche dell’invocata decisione n. 1270/2013 del CdS, adottata sul presupposto di una disciplina regolamentare peculiare, che nel nostro caso invece manca).
In ragione di tale situazione normativa, non può escludersi, in particolare, in astratto che la procedura in questione adottata (quella che precede appunto la “contrattualizzazione”) preveda la preventiva determinazione di una “pluralità” di vincitori, destinati inoltre (in ipotesi) ad assumere servizio in una pluralità di Dipartimenti. Essa potrebbe essere prevista anche infatti nelle forme di una procedura “unica” (attivata con riferimento al medesimo settore scientifico-disciplinare), i cui “vincitori” potranno poi manifestare interesse ad essere cooptati (e divenire destinatari della proposta di contrattualizzazione) in un dipartimento per il quale non sussistono (nei termini almeno legislativamente configurati) le ragioni di incompatibilità previste.
Sarebbe stato dunque eccessivo – e anche incomprensibile (oltreché probabilmente incostituzionale) – immaginare una preclusione legislativa tout court dell’accesso alle carriere universitarie in un determinato ateneo dei ricercatori (e dunque della partecipazione alle relative procedure selettive) di tutti coloro che fossero legati dai vincoli parentali presi in considerazione dal legislatore con persone già appartenenti (come professori) ad una qualunque struttura universitaria dipartimentale di quell’ateneo. La potenziale varietà (autonomia statutaria e regolamentare) delle situazioni disciplinari relative per le procedure selettive rivolte alla “contrattualizzazione” impedisce infatti di conoscere in astratto – prima cioè della concreta disciplina dei relativi bandi – se le incompatibilità previste si manifestaranno o meno.
Il che dunque, mentre spiega la circoscritta previsione legislativa espressa e il suo esclusivo riferirsi alla fase finale delle procedure selettive considerate (“chiamata”/ “contrattualizzazione”), costringe – allo stesso tempo – a ritenere che, nel caso di procedure selettive destinate a concludersi con una proposta di contratto del “vincitore” possibile unicamente presso lo stesso Dipartimento che promuove la procedura in questione, l’incompatibilità di legge debba essere valutata alla luce di tale presupposto. Tutta la procedura muove infatti in tal caso dallo stesso dipartimento presso il quale è destinata a concludersi, sicché – dovendo l’interprete attribuire alla norma un senso sempre coerente con la ratio che la giustifica – non può non valere per essa una diretta preclusione ipso iure dell’esposto a partecipare alla stessa
Se dunque è ben compensibile che il tenore letterale della disposizione prenda in considerazione anche per i ricercatori il solo momento finale della “proposta di contratto”, sarebbe privo invece di senso trarre da tale tenore letterale una rilevanza della incompatibilità riferita sempre ed in ogni caso a tale momento soltanto (che, oltretutto, sarebbe coincidente con un atto dovuto, quando la proposta di contrattualizzazione non potesse – come per altro nel caso ora in questione – che avere un unico possibile destinatario: il “vincitore” della selezione). Una tale interpretazione vanificherebbe la funzione della norma.
In definitiva, deve dunque concludersi che per i ricercatori varrà la situazione regolamentare che fattualmente riguarda la relativa procedura selettiva. Se di essa esiste una disciplina statutaria atipica, dovrà valutarsi se la sua configurazione sia tale da sottrarre i partecipanti alla incompatibilità fissata. In mancanza, tale incompatibilità non potrà che investire l’intera procedura.
6) Ciò chiarito, va ora considerato l’ulteriore profilo specifico al quale si espone la procedura oggetto del presente giudizio.
Per essa è accaduto infatti che la preclusione di legge è stata prevenuta dagli interessati attraverso comportamenti adottati con chiaro intento elusivo del suo possibile concretizzarsi all’esito delle procedura.
Nella specie, è accaduto invero che – intervenuta una normativa (la legge 240/2010) che precludeva la possibilità ad uno studioso (il dr. [#OMISSIS#] figlio) di potere essere “chiamato” nella struttura alla quale la procedura selettiva in via di attivazione lo avrebbe (in caso di successo concorsuale) destinato, in considerazione della appartenenza alla stessa del proprio padre – sono stati posti in essere (nella piena consapevolezza generale) comportamenti formalmente consentiti, ma tutti con evidenza sostanzialmente “colorati” dal proposito “elusivo” di sottrarsi ai vincoli di legge.
È accaduto così che il prof. [#OMISSIS#] (padre) – addirittura dichiarando di procedere in tal senso proprio per conformarsi agli obblighi statutari (codice etico) e di legge (vedi richiesta di nulla-osta al traferimento del 15 Gennaio 2012, alla quale il Dipartimento di Energia ha aderito il successivo 24 Gennaio, ribadendo l’essenzialità nella vicenda di quella motivazione) – mutava di appartenenza dipartimentale (onde far venir meno appunto la prevista incompatibilità di legge alla successiva eventuale chiamata del figlio).
Ma non basta.
Tutta la procedura è stata colorata dalla presenza – in ogni momento della stessa – da comportamenti che non si sottraggono ad un dubbio di non imparzialità (quello che la legge ha voluto fugare introducendo la nuova più restrittiva normativa: incompatibilità in luogo di obbligo di astensione).
Il prof. [#OMISSIS#] (padre) ha partecipato alla deliberazione di Facoltà che, definendo la graduatoria, poneva le premesse del successivo bando (vedi verbale in atti del 15 Novembre 2013).
È certamente vero che egli – quale ordinario della disciplina – perseguiva anche l’interesse di questa. Ma è non meno vero che a quell’interesse si sommava (dichiaratamente, non avendo altrimenti senso la motivazione ostentata in precedenza per il mutamento di appartenenza dipartimentale) quello di vedere così offerta anche una importante chance al proprio figlio (che infatti a quella procedura selettiva ha poi partecipato).
Così come è certamente vero che tutte le deliberazioni dipartimentali che hanno fatto seguito a quella iniziale (ma decisiva) attività di impulso sono state assunte da organismi distinti da quello di (nuova) appartenenza del prof. [#OMISSIS#] (padre), che dunque ad esse non ha in alcuna misura partecipato. Ma è non meno vero che gli appartenenti al Dipartimento competente (DEIM) erano anche tutti professori ancora “appartenenti” (in considerazione dell’assetto normativo in via di trasformazione) alla Facoltà di Ingegneria, estinta solo, come da relazione in atti del 9 Novembre 2015 del prof. Dusonchet, dall’a.a. 2014-2015 (in epoca dunque successiva alla costituzione del DEIM, intervenuta già il precedente 12 Dicembre 2012) i quali pertanto, da un lato, avevano preso parte (quelli che vi avevano almeno presenziato: vedi ricordato verbale del 15 Novembre 2013) alla deliberazione in questione, essendo anche verisimilmente a conoscenza (considerata la pubblicità data alla circostanza: motivazione della mutata appartenenza dipartimentale) del concorrente interesse personale del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] alla procedura selettiva ed essendo perciò, altrettanto verisimilmente, esposti alla sua anche solo tacita sollecitazione. Senza l’intervenuto trasferimento, il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] si sarebbe trovato in conflitto di interessi già al momento della delibera di Facoltà (della quale egli approvava un atto prodromico ad una successiva valutatazione del Dipartimento competente e rispetto al quale il conflitto non si determinava solo in ragione della intervenuta sua trasmigrazione ad altro Dipartimento non coinvolto) ed il dr. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] non avrebbe, a sua volta, potuto essere proposto (per la preclusione di legge) per la “chiamata” nel Dipartimento competente per l’atto finale (proposta di contrattualizzazione) della procedura della quale egli era risultato vincitore. Quel trasferimento ha avuto come “obbiettivo” (persino dichiarato) quello di definire un assetto formale delle cose che facesse venir meno la preclusione ultima di legge e deve ritenersi pertanto in contrasto con la normativa vigente, in quanto appunto manifestamente rivolto ad eluderne l’applicazione. Ne consegue l’inefficacia dello stesso ai fini della normativa sulle incompatibilità e la conseguente incompatibilità ex art. 18 della legge 240/2010 del figlio a partecipare alla procedura selettiva oggetto del presente giudizio.
7) Gli atti impugnati si espongono del resto a censura anche sotto il concorrente profilo dello sviamento di potere che si è realizzato nelle circostanze e anche dal quale deve ritenersi pertanto viziata ab imis la procedura impugnata. Sviamento alla cui configurazione non è, d’altra parte, nemmeno necessaria una “dolosa” preordinazione dei fatti allo scopo, essendo sufficiente la circostanza che i comportamenti adottati possano esporsi anche solo ad un difetto di non trasparente imparzialità. La partecipazione del dr. [#OMISSIS#] figlio alla procedura selettiva che non avrebbe potuto concludersi (senza l’intervenuto trasferimento del prof. [#OMISSIS#] padre ad altro dipartimento) con una proposta di contratto a lui relativa non si sottrae dunque alle censure del ricorrente odierno appellante, anche per tale concorrente profilo di illegittimità.
Il trasferimento è intervenuto a scopo elusivo, in tempi prossimi alle deliberazioni necessarie – e dunque inidonei ad interrompere, per l’estesa precedente appartenenza degli afferenti al nuovo Dipartimento già al vecchio Dipartimento e alla Facoltà che aveva dato il primo impulso alla procedura (circostanze alle quali si aggiunge per altro anche la continuità dei luoghi di esercizio delle attività di ricerca e didattiche espletate dal prof. [#OMISSIS#] anche dopo il trasferimento in discussione, come è risultato confermato dall’istruttoria disposta), le relazioni di influenza esistenti, in vista delle quali l’incompatibilità è stata voluta dalla legge – e ha dunque determinato un esercizio successivo dei poteri pubblici orientato ad un risultato diverso da quello per il quale essi sono attribuiti.
8) Occore domandarsi ancora tuttavia se possa ritenersi sussistente un interesse in concreto alle censure avanzate da parte del ricorrente.
Al riguardo, non vi è dubbio che non possa imputarsi allo stesso di non avere impugnato direttamente il bando. Ancorché eventualmente orientato dall’interesse del prof. [#OMISSIS#] padre, quel bando era anche sostenuto dal proprio interesse. Anch’egli – quale studioso della disciplina – era interessato ad un bando che offrisse apertura alle sue legittime aspettative. L’intervenuta richiesta da parte della Facoltà, la successiva attribuzione della risorsa al Dipartimento ed il conseguente bando di concorso in quel settore scientifico-disciplinare erano di interesse del ricorrente non meno di quanto lo fossero per il controinteressato.
E deve, d’altra parte, osservarsi anche che la stessa presentazione della domanda di partecipazione alla procedura selettiva da parte del dr. [#OMISSIS#] figlio non può dirsi avere concretato il comportamento lesivo dell’interesse del ricorrente, che si è mantenuto “in pendenti” sino alla conclusione della procedura selettiva impugnata (dal momento che il dr. [#OMISSIS#] figlio avrebbe pur sempre potuto non essere dichiarato vincitore). Sicché è solo con la intervenuta conclusione della procedura ch