Dall’esame del combinato disposto degli artt. 1 e 4, della legge 2 agosto 1999, n. 264, in relazione all’art. 6 dm 22 ottobre 2004, n. 270 (recante la disciplina dell’autonomia didattica delle università), non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso per l’accesso alle facoltà a numero chiuso operi unicamente nelle ipotesi in cui (peraltro, secondo l’id quod plerumque accidit) l’accesso avvenga al primo anno di corso, dovendosi invece ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che il medesimo obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno direttamente ad anni di corso successivi al primo.
Sono legittimi il bando e il regolamento di ateneo di determinazione delle condizioni per il trasferimento ad anni successivi al primo, nella parte in cui riservano ai soli studenti provenienti da atenei italiani, iscritti ad anni successivi al primo e che abbiano superato la prova preselettiva, il trasferimento ad altra università italiana.
TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 17 settembre 2014, n. 881
Diniego nulla osta trasferimento da universita’ straniera-Legittimità
N. 00881/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00849/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 849 del 2013, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Vasile, [#OMISSIS#] Pistritto, [#OMISSIS#] Latino, rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore, 53;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del ministro in carica; Universita’ degli Studi di Bologna, in persona del rettore in carica. rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni, 4;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Di Vio, [#OMISSIS#] Boarato;
per l’annullamento
– del bando per il trasferimento da stesso corso di altro Ateneo per il corso di studi a ciclo unico a numero programmato a livello nazionale in Medicina e Chirurgia, pubblicato il 04.07.2013;
– del bando per l’ammissione ai Corsi di Laurea Magistrale a ciclo unico e a numero programmato a livello nazionale in medicina e chirurgia, per l’anno 2013-2014;
– di tutti gli atti connessi, presupposti e o consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Universita’ degli Studi di Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2014 il dott. [#OMISSIS#] Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Ai ricorrenti è stata negata l’ammissione alla procedura di trasferimento al secondo anno del Corso di laurea in medicina e chirurgia della Università degli Studi di Bologna, non avendo gli stessi superato i test di ingresso di cui all’art. 4 della Legge 264/99. Ciò, nonostante la disponibilità di 14 posti per i trasferimenti da altre Università e benché essi avessero conseguito l’idoneità e, non risultando collocati in posizione utile, si fossero poi iscritti ed avessero regolarmente frequentato il primo anno presso Atenei comunitari.
Contestualmente ai dinieghi impugnano il bando di trasferimento, i regolamenti di Ateneo e di Facoltà e la circolare MIUR 602/11 nelle parti preclusive, nonché la graduatoria degli ammessi.
Lamentano che in base all’art. 1.2 del bando (“Devono sostenere la prova di ammissione…gli studenti che provengono da Università estere e richiedono il trasferimento presso questa sede”) sia sufficiente la conseguita idoneità ove vi sia capienza di posti per trasferimento, in conformità al principio del “favor partecipationis” ove si ritenga ambiguo l’inciso “sostenere”, la illogicità di sottoporre prove di cultura generale parametrate a programmi della scuola secondaria superiore anziché a valutazione del percorso formativo all’estero chi lo ha già effettuato (TAR Napoli 1326/12, 107/13 e 957/13, TAR l’Aquila 122/13 e 840/12, C.G.A.R.S. 689/13), la illegittimità del bando, nella parte in cui riserva il trasferimento diretto agli iscritti a corsi attivati ex DM 509/99, 270/04 o secondo ordinamenti previgenti (quindi alle sole Università italiane), per illogicità della duplicazione della prova d’ingresso nel caso di studenti che già l’abbiano superata all’estero e debbano reiterarla in Italia per ottenere il trasferimento, la violazione del principio comunitario di non discriminazione in base alla nazionalità, che implica parità di trattamento anche quanto alle condizioni di accesso alla formazione, la violazione dell’art. 149, par. 2, del trattato CE e del D.Lgs. 206/07, art. 31, sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio (TAR Cagliari 507/12, 866/12 e 939, 940, 941/12 e TAR Lazio 255/13) e del Trattato di Lisbona (ratificato con l’art. 2 della legge 148/02) quanto alla totale omessa valutazione del percorso formativo compiuto all’estero (ordinanze TAR Napoli 1338/13 e 1478/13 e TAR L’Aquila 364/12).
Resiste l’amministrazione.
La causa passa in decisione alla odierna pubblica udienza.
Dall’esame del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della Legge 2 agosto 1999, n. 264, in relazione all’art. 6 DM 22 ottobre 2004, n. 270 (recante la disciplina dell’autonomia didattica delle università), non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso per l’accesso alle facoltà a numero chiuso operi unicamente nelle ipotesi in cui (peraltro, secondo l’id quod plerumque accidit) l’accesso avvenga al primo anno di corso, dovendosi invece ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che il medesimo obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno direttamente ad anni di corso successivi al primo.
In tal senso depone, in modo chiaro ed univoco, la previsione di cui al comma 1 dell’art. 4 L. n. 264 del 1999 che, nel prevedere che <<l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli Atenei previo superamento di apposite prove>>, non fa alcuna distinzione fra l’accesso al primo anno di corso e l’ammissione agli anni di corso successivi.
Nel caso di specie, non emergendo dagli atti di causa alcuna condizione esimente in capo ai ricorrenti, risulta legittima l’azione amministrativa della Università di Bologna, che ha negato ai predetti il trasferimento al secondo anno del corso di laurea della Facoltà di medicina e chirurgia presso l’Università medesima, in assenza del preliminare superamento del test d’ingresso, con collocamento utile in graduatoria, previsto dalla L. n. 264 del 1999.
Lo svolgimento del test d’ammissione di cui alla L. n. 264 del 1999 costituisce un adempimento preliminare al fine di poter accedere alla procedura selettiva volta al trasferimento presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università italiana, mentre costituiscono adempimenti logicamente succedanei la valutazione del curriculum studiorum e l’eventuale riconoscimento degli esami sostenuti, delle frequenze e dei crediti didattici acquisiti.
Devono, dunque, ritenersi legittimi il bando e il regolamento di ateneo ex D.R. 3.5.2013, n. 350, di determinazione delle condizioni per il trasferimento ad anni successivi al primo, nella parte in cui riservano ai soli studenti provenienti da atenei italiani, iscritti ad anni successivi al primo e che avessero superato la prova preselettiva, il trasferimento alla Facoltà di medicina e chirurgia.
Come più volte statuito dal Consiglio di Stato in casi analoghi (v., per tutte, sentenze n. 2866 del 24 maggio 2013 e n. 2063 del 10 aprile 2012), la soluzione qui accolta non si pone in contrasto con i principi comunitari in tema di libera circolazione e di soggiorno di cui all’art. 165 del TFUE (già art. 149 TCE).
Tale ordinamento, infatti, garantisce, a talune condizioni, il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali e non anche delle mere procedure di ammissione, né dispone la libera iscrizione a facoltà universitarie, dopo l’iscrizione in una università di uno degli Stati membri.
Lo stesso art. 149 TCE (oggi, art. 165 del Trattato di Lisbona) esclude qualunque forma di armonizzazione delle disposizioni nazionali, demandando alla Unione il solo compito di promuovere azioni di incentivazione e di esprimere raccomandazioni.
Emerge da una ricognizione del diritto dell’Unione Europea, sia primario che derivato, l’indubbia compatibilità con il diritto dell’Unione della previsione di limitazioni all’accesso, da parte degli Stati membri, anche agli anni di corso successivi al primo della Facoltà di medicina e chirurgia.
Gli Stati possono, quindi, prevedere la necessità del superamento, ai fini dell’accesso, di una prova selettiva nazionale anche ulteriore rispetto a quella eventualmente superata presso un ateneo di un altro Stato membro.
La stessa Corte di Giustizia ha confortato con le sentenze Grzelczyk del 20 settembre 2001, Morgan del 23 maggio 2007 e D’Hoop dell’11 luglio 2002, l’orientamento sopra ricordato.
Posto dunque – conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia – che la materia dell’ingresso agli istituti universitari rientra nell’ambito del dominio riservato dei singoli Stati membri, si osserva che non potrebbe giungersi a conclusioni diverse rispetto a quelle appena delineate neppure in base all’orientamento giurisprudenziale volto a scrutinare la legittimità dei vincoli all’accesso in base al giudizio di “estrema gravosità” o di “ragionevolezza”.
Al riguardo ci si limita ad osservare che le modalità delineate dall’ordinamento italiano al fine di regolare l’accesso alle Facoltà c.d. “a numero chiuso” (attraverso prove di cultura generale impostate sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore e sulla base dell’accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi) non risultano eccessivamente gravose per uno studente proveniente da un Paese terzo e non presentano un grado di selettività eccessivo rispetto a quanto necessario al fine di approntare “misure adeguate a garantire le previste qualità, teoriche e pratiche, dell’apprendimento” (v., in tal senso, Corte Cost., sent. N. 383 del 1998).
Giova, da ultimo, aggiungere che la ricostruzione della disciplina normativa in materia di “numero chiuso”, proposta dai ricorrenti nel senso di consentire il trasferimento senza test di ingresso ai corsi di laurea delle Facoltà di medicina successivi al primo, vanificherebbe i criteri predisposti in sede nazionale per l’accesso a tali Facoltà, consentendo, a chi non sia riuscito ad accedere ai corsi italiani e a collocarsi in posizione utile o neppure si sia sottoposto alle relative prove, di iscriversi per trasferimento durante il corso di laurea: se in tal caso si consentisse l’iscrizione di studenti provenienti da università straniere, chiunque non abbia superato l’esame di ammissione potrebbe immatricolarsi presso una università straniera e chiedere, l’anno successivo, il trasferimento presso un’università italiana.
Gli effetti elusivi di sistema sarebbero evidenti, mettendo a rischio la stessa effettività della funzione selettiva e di programmazione di cui si è detto (in senso conforme cfr. Cons. Stato, VI, 1722/14, 5561/13, 5562/13, 5015/13).
Per quanto esposto, il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese di causa sono compensate in via equitativa, avuto riguardo alla esistenza di giurisprudenza non univoca in materia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] d'[#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Pasi, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Di Benedetto, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)