Dall’esame degli artt. 1, lett. a), e 4, della legge 2 agosto 1999, n. 264, non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere-stante l’inequivoco disposto normativo- che detto obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo.
E’ legittimo il diniego, opposto da ateneo italiano, nonostante la disponibilità di posti riservati agli studenti extracomunitari e da questi non utilizzati, alla domanda di trasferimento presentata da studente proveniente da ateneo comunitario. La possibilità, per gli studenti comunitari, di accedere alle graduatorie riservate agli studenti extracomunitari deve essere, infatti, esclusa, in quanto queste ultime sono finalizzate alla formazione di personale che, dopo il conseguimento del titolo di studio, è destinato a rientrare al proprio paese d’origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4556; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 11 novembre 2013, n. 9597).
TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 23 luglio 2014, n. 4103
Diniego nulla osta trasferimento da università straniera-Legittimità test preselettivo
N. 04103/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04881/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4881 del 2013, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], domiciliata ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm. presso la Segreteria del T.A.R. Campania, Napoli, piazza Municipio;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l’annullamento
provvedimento del 30 agosto 2013 prot. n. 76312/UNINA FEDII recante diniego alla domanda di trasferimento presso l’Università [#OMISSIS#] II di Napoli, del bando D.R. n. 2684 del 26 luglio 2013 e, ove occorra, dell’art. 3 del vigente Regolamento didattico di Ateneo ove interpretato nel senso di non consentire il trasferimento ad anno successivo al primo di studenti provenienti da Atenei comunitari e che ivi abbiano sostenuto la prova di ammissione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 il dott. [#OMISSIS#] Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 23 ottobre 2013 e depositato il 6 novembre 2013 la Sig.ra [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] espone in fatto che:
– è iscritta al primo anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Universitè Catholique de Louvain (Bruxelles) per l’anno accademico 2012/2013, al quale ha avuto accesso dopo aver superato il relativo test di ammissione;
– nel mese di agosto 2013 presentava istanza di partecipazione alla procedura selettiva per il rilascio del nulla osta ai trasferimenti “esterni” (da parte di studenti già iscritti ad altri Atenei) presso l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli per l’anno accademico 2013/2014 indetta con Decreto del Rettore del 26 luglio 2013 n. 2684;
– la predetta domanda veniva tuttavia respinta con provvedimento del 30 agosto 2013, prot. n. 76312/UNINA FEDII con la seguente motivazione: “…il D.R. n. 2684 del 26.07.2013, che ha indetto la procedura selettiva di rilascio del nulla osta al trasferimento per l’anno accademico 2013/2014, dispone espressamente – all’art. 3 – che ‘possono partecipare alla procedura selettiva (…) tutti coloro che siano regolarmente iscritti presso una università italiana ubicata sul territorio nazionale (…) ed abbiano superato un regolare concorso. Non possono partecipare (…) coloro i quali siano iscritti e frequentino un corso di laurea presso atenei diversi da quelli statali e non statali della Repubblica Italiana, anche qualora abbiano per ipotesi superato un concorso per l’accesso al corso medesimo’”.
La ricorrente insorge avverso tale provvedimento ed il citato D.R. 2684 del 26 luglio 2013, nella parte in cui, per l’a.a. 2013/14, riconoscono la facoltà di trasferimento al corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università [#OMISSIS#] II di Napoli unicamente agli studenti provenienti da altre Università Italiane che abbiano superato le relative prove di ammissione, escludendo viceversa coloro che, come la deducente, frequentano analogo corso di laurea presso un altro Ateneo dell’Unione Europea, pur avendo sostenuto le relative prove di ingresso.
Affida il gravame ai profili di illegittimità di seguito rubricati: violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis e dell’art. 21 octies della L. 7 agosto 1990 n. 241, violazione degli artt. 34 e 97 della Costituzione, eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di motivazione, violazione degli artt. 2, 4, 33, 34 e 97 della Costituzione e della L. 2 agosto 1999 n. 264 in materia di accesso ai corsi universitari, violazione dell’art. 2 della L. 11 luglio 2002 n. 148 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lisbona dell’11 aprile 1997 sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea, violazione del D.Lgs. 9 novembre 2007 n. 206 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, eccesso di potere, difetto di istruttoria e sviamento, violazione degli artt. 10 e 12 del R.D. 4 giugno 1938 n. 1269, del D.M. 22 ottobre 2004 n. 270, violazione del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), eccesso di potere, difetto di istruttoria e sviamento.
La deducente conclude con la richiesta di annullamento degli atti impugnati, di risarcimento in forma specifica mediante ammissione al corso di laurea per cui è causa e, in subordine, per equivalente monetario per perdita di chance.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli che oppongono l’infondatezza del ricorso del quale chiedono la reiezione.
Il T.A.R. ha respinto la domanda cautelare con ordinanza n. 13 del 9 gennaio 2014 con la seguente traiettoria argomentativa: “Ritenuto che, ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare, il ricorso non appare assistito da fumus, alla luce del consolidato orientamento espresso dal Consiglio di Stato e recentemente ribadito con sentenze n. 4657 e 4658 del 18 settembre 2013, n. 5015 del 15 ottobre 2013 e n. 5561 del 22 novembre 2013”.
Alla pubblica udienza del 18 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato alla luce del consolidato indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 22 aprile 2014 n. 2028; 22 novembre 2013 n. 5561; 15 ottobre 2013 n. 5015; 18 settembre 2013 n. 4657 e n. 4658; 24 maggio 2013 n. 2866; 10 aprile 2012 n. 2063) recepito da questa Sezione con il precedente conforme del 23 aprile 2014 n. 2279.
Come noto, la L. n. 264/1999 impone un test di accesso per alcuni corsi di laurea, tra i quali quello di Medicina e Chiurgia, allo scopo di garantire standard formativi adeguati nonché una reale possibilità di sbocco lavorativo, dovendo la fissazione del numero dei posti disponibili tener conto non soltanto dell’offerta potenziale del sistema universitario ma anche del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo, agli studenti più meritevoli che andranno ad occupare i posti disponibili per ciascun anno accademico.
L’articolo 4 individua, ai fini dell’accesso ai corsi ad accesso programmato, una prova selettiva composta da prove di cultura generale e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto del corso. E, per i corsi di cui all’articolo 1, lettere a) e b), tra i quali rientra la laurea in Medicina e Chirurgia, demanda al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di determinare con D.M. modalità e contenuti della prova di ammissione.
Orbene, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, dall’esame dell’art. 1, lett. a), e dell’art. 4 della L. n. 264/1999 non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che detto obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo.
In questo senso milita il chiaro e univoco tenore dell’art. 4, primo comma, della L. n. 264/1999, il quale, nel prevedere che “l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove”, non fa alcuna distinzione fra l’accesso al primo anno di corso e l’ammissione agli anni di corso successivi.
Altrettanto correttamente la complessiva disciplina normativa di rango primario e secondario è da reputarsi applicata dall’amministrazione resistente.
Da una lettura sistematica della disciplina in parola emerge, infatti, che il superamento del test di ammissione di cui all’art. 4 della L. n. 264/1999 costituisce un prerequisito per accedere alla procedura selettiva volta al rilascio del nulla osta al trasferimento presso il corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università interessata, mentre la valutazione del curriculum studiorum e l’eventuale riconoscimento degli esami sostenuti, delle frequenze e dei crediti didattici acquisiti costituiscono adempimenti logicamente succedanei.
Non è condivisibile la presunta violazione dell’art. 4 della L. n. 264/1999 che subordina l’ammissione ai corsi a numero programmato al superamento di apposite prove di cultura generale e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi, asseritamente inestensibili alle procedure di trasferimento degli studenti né è sostenibile che l’approccio interpretativo sopra accreditato comporterebbe una illogica e discriminatoria duplicazione della prova di accesso a discapito degli studenti che abbiano già superato il test preselettivo richiesto dall’Ateneo comunitario di provenienza.
Al riguardo, osserva il Collegio, in ciò confortato anche dalle citate pronunce del Consiglio di Stato, che una interpretazione “a compasso allargato” della norma, nel senso di ammettere una facoltà di trasferimento senza limiti e verifiche vanificherebbe i criteri predisposti in sede nazionale per l’accesso, in particolare, alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, consentendo, in estrema sintesi, a chi non è riuscito ad accedere ai corsi italiani, o neppure si è sottoposto alle relative prove, di iscriversi per trasferimento durante il corso di laurea.
Ed invero, la censurata duplicazione di test preselettivi risponde alla plausibile esigenza di impedire a chi non sia riuscito ad accedere ai corsi di laurea italiani, o neppure si sia sottoposto alle relative prove di ammissione, di iscriversi per trasferimento durante il corso di laurea, e, quindi, di impedire l’aggiramento dei criteri predisposti in sede nazionale per l’ingresso nelle facoltà a numero chiuso.
Una simile ‘modalità elusiva’, ove non scongiurata, determinerebbe, anzi, proprio la discriminazione denunciata da parte ricorrente, a discapito, però, non già degli studenti provenienti da altri Atenei comunitari, bensì degli studenti italiani che abbiano regolarmente superato il test preselettivo o che non l’abbiano superato ed abbiano dovuto rinunciare al corso di laurea a numero programmato (cfr. T.A.R. Umbria, Perugia, 6 marzo 2012 n. 71; 28 ottobre 2011 n. 336).
Ancora, non ha pregio l’argomento secondo cui la resistente amministrazione universitaria avrebbe illegittimamente declinato la domanda di trasferimento dei ricorrenti, nonostante la disponibilità di posti riservati agli studenti extracomunitari e da questi non utilizzati.
La possibilità, per gli studenti comunitari, di accedere alle graduatorie riservate agli studenti extracomunitari deve essere, infatti, esclusa, in quanto queste ultime sono finalizzate alla formazione di personale che, dopo il conseguimento del titolo di studio, è destinato a rientrare al proprio paese di origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010 n. 4556; T.A.R. Lazio, Roma, 11 novembre 2013 n. 9597; 30 dicembre 2005 n. 7622).
Si è inoltre osservato (cfr. Consiglio di Stato, 7622/2005) che, sebbene – ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), della l. 2 agosto 1999 n. 264 – rilevi la “valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario”, deve tuttavia tenersi conto anche del “fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo”, fabbisogno che, mentre tendenzialmente non è inciso dagli studenti extracomunitari non residenti in Italia, lo è, invece, da parte dei cittadini italiani e comunitari, nonché degli extracomunitari residenti in Italia.
A conferma di tale opzione ermeneutica (che esclude, pertanto, la possibilità per gli studenti comunitari di occupare i posti riservati agli studenti extracomunitari ed ancora disponibili), si rammenta ancora che tale facoltà è stata riconosciuta solo in via eccezionale (solo per l’a.a. 1999/2000) e solo in forza di legge (art. 1, comma 2, della l. 27 marzo 2001, n. 133 secondo cui “Per l’anno accademico 1999-2000, è autorizzato l’utilizzo dei posti riservati ai cittadini non comunitari residenti all’estero, rimasti non utilizzati in varie sedi e per i quali non è pervenuta alcuna richiesta, per gli studenti italiani esclusi per mancanza di posti utilizzando lo scivolo delle graduatorie di merito”).
Più in generale, si è condivisibilmente affermato in giurisprudenza (T.A.R. Umbria, 28 ottobre 2011 n. 336) che la disponibilità di posti nei corsi di laurea non costituisce di per sé obbligo per le Università di coprirli, se del caso mediante trasferimento di studenti dall’estero. Qualora non vi siano le condizioni per attribuire ad uno studente uno dei posti disponibili, l’Università si deve ritenere libera di negare il trasferimento (il nulla osta al proseguimento degli studi) presso di essa. Il mancato utilizzo di posti disponibili non comporta necessariamente una perdita di opportunità, in quanto le risorse riferibili ai posti non coperti possono essere accantonate e sfruttate in futuro per ulteriori destinazioni formative.
I superiori approdi neppure si pongono in contrasto con gli invocati principi comunitari in tema libertà di circolazione di soggiorno e di stabilimento, nonché di mutuo riconoscimento dei percorsi formativi e dei titoli di studio.
L’ordinamento europeo garantisce, infatti, a talune condizioni, il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali, e non anche delle mere procedure di ammissione, né dispone la libera iscrizione a facoltà universitarie, dopo l’iscrizione in una Università di uno degli Stati membri.
Lo stesso art. 165 del TFUE esclude qualunque forma di armonizzazione delle disposizioni nazionali, demandando alla Unione Europea il solo compito di promuovere azioni di incentivazione e di esprimere raccomandazioni.
Come rilevato dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 24 maggio 2013 n. 2866):
– altra cosa è il riconoscimento delle qualifiche professionali, disciplinato a livello comunitario dalla direttiva 2005/36/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 206), mentre;
– ben altra cosa è il c.d. “riconoscimento accademico”, il quale consente al possessore di un diploma di continuare gli studi o di avvalersi di un titolo accademico in un altro Stato membro. Questo secondo tipo di riconoscimento non conosce, allo stato attuale dell’evoluzione del diritto comunitario, misure di armonizzazione o di ravvicinamento delle legislazioni e resta interamente rimesso alle scelte normative dei singoli Stati membri;
– se ciò è vero per il c.d. “riconoscimento accademico” in senso proprio, a fortiori è vero in relazione alle previsioni (che qui vengono in rilievo) di cui alla L. n. 264 del 1999 circa l’accesso ai corsi di laurea e l’individuazione dei presupposti e delle condizioni per l’accesso agli anni dei corsi di laurea successivi al primo;
– l’art. 165 del TFUE si limita a fissare quale obiettivo meramente tendenziale dell’operato della Comunità quello di favorire la mobilità degli studenti e di promuovere il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio: tuttavia, lo stesso articolo, al comma 4, chiarisce che l’azione della Comunità si limita all’adozione di mere “azioni di incentivazione”, “ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” e, al secondo trattino, stabilisce che, in subiecta materia, gli Organi comunitari possano, altresì adottare raccomandazioni (che, come è noto, sono annoverate fra gli atti non vincolanti degli Organi comunitari).
Emerge, quindi, da una ricognizione del diritto europeo, sia primario che derivato, l’indubbia compatibilità con quest’ultimo della previsione di limitazione all’accesso, da parte degli Stati membri, anche agli anni di corso successivi al primo del corso di laurea in Medicina e Chirurgia.
Gli Stati membri possono, quindi, prevedere la necessità del superamento, ai fini dell’accesso, di una prova selettiva nazionale ulteriore rispetto a quella eventualmente superata presso un Ateneo di un altro Stato membro.
La stessa Corte di Giustizia ha corroborato l’orientamento sopra delineato con le sentenze del 20 settembre 2001, C-184/99 (Grzelczyk), dell’11 luglio 2002, C-224/98 (D’Hoop) e del 23 ottobre 2007, C-11/06 (Morgan).
Non è, infine, predicabile, nella specie, alcuna illegittimità degli impugnati provvedimenti per omessa comunicazione del c.d. preavviso di rigetto ex art. 10 bis della L. n. 241/90. Difatti, il mancato espletamento della formalità procedimentale invocata non giustifica l’annullamento giurisdizionale degli atti gravati ostandovi, secondo quanto previsto dall’art. 21 octies, secondo comma, della L. 241/90, la correttezza sostanziale degli stessi in relazione ai quali si rinvia a quanto in precedenza evidenziato.
Conclusivamente, stante la ravvisata infondatezza delle censure proposte, così come dianzi scrutinate, il ricorso in epigrafe deve essere, nel complesso, respinto.
Considerata la peculiarità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Minichini, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ianigro, Consigliere
[#OMISSIS#] Di Vita, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)