TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 luglio 2014, n. 7570

Abilitazione scientifica nazionale-Presupposti peocedura

Data Documento: 2014-07-15
Area: Giurisprudenza
Massima

La riforma introdotta dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel prevedere a regime un sistema di reclutamento basato su due distinte procedure di selezione (la prima, ai sensi dell’art. 16, finalizzata all’acquisizione della c.d. “abilitazione scientifica nazionale” di durata quadriennale e la seconda, prevista dal successivo art. 18, di natura concorsuale basata, previa adeguata pubblicità dell’avvio della procedura, su una valutazione comparativa tra candidati abilitati o idonei), ha introdotto altresì due regimi alternativi in cui gli Atenei possono ancora procedere alla chiamata diretta (fuori cioè dall’avvio di una procedura comparativa) di soggetti abilitati ai sensi dell’art. 16, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ovvero di coloro che hanno conseguito l’idoneità con il sistema previgente (ad esempio, ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210. A fronte di dette modalità di reclutamento, è rimessa alle singole università la scelta in ordine al sistema da utilizzare, una volta verificata la sussistenza dei presupposti previsti dalle norme della legge 30 dicembre 2010, n. 240, di cui l’Ateneo intende fare applicazione.

Contenuto sentenza

N. 07570/2014 REG.PROV.COLL.
N. 09317/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9317 del 2012, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Bartoletti [#OMISSIS#], Bergantino [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Bertolino [#OMISSIS#], Bertolotti [#OMISSIS#], Bonacchi [#OMISSIS#], Bottoni [#OMISSIS#], Brunese [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Salvatore, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Chessa [#OMISSIS#], Cotrone [#OMISSIS#], De Franco [#OMISSIS#], Farinola [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Fazzini [#OMISSIS#], Fiore [#OMISSIS#], Frigeri [#OMISSIS#], Gentile [#OMISSIS#], Gerunda [#OMISSIS#], Grano [#OMISSIS#], Gresele [#OMISSIS#], Impagnatiello [#OMISSIS#], Iorizzi [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Lemme [#OMISSIS#], Lupi [#OMISSIS#], Manfredini [#OMISSIS#], Mazzeschi [#OMISSIS#], Mecucci [#OMISSIS#], Mezzasoma [#OMISSIS#], Micheli [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Moro [#OMISSIS#], Nuovo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Portincasa [#OMISSIS#], Pozzi [#OMISSIS#], Quaglino [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Tonelli [#OMISSIS#], Tucci [#OMISSIS#], Turillazzi [#OMISSIS#], Cirilli [#OMISSIS#], Compagna [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Esposito [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Macchioni [#OMISSIS#], tutti rappresentati e difesi dagli avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via A. Gramsci, 24; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l’annullamento
– del decreto direttoriale del 20 luglio 2012 n. 222 avente ad oggetto l’indizione della procedura per il conseguimento della abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima e seconda fascia per 175 settori concorsuali – risarcimento danni;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2014 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed uditi l’avv. [#OMISSIS#] per i ricorrenti ed, ai preliminari, l’avv. dello Stato [#OMISSIS#] per il Ministero resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Si richiama, anzitutto, la ricostruzione in fatto contenuta nella sentenza non definitiva 2 gennaio 2014, n. 28.
Con predetta pronuncia, oltre a dichiarare la cessata materia del contendere con riferimento a 18 ricorrenti, sono stati disposti incombenti istruttori a carico di entrambe le parti, correttamente adempiuti.
In particolare, è emerso che l’idoneità dei restanti ricorrenti non è scaduta, anche perché l’art. 6, comma 6-bis, del decreto legge n. 150 del 2013 ha prorogato di due anni il termine quinquennale di validità del titolo conseguito dagli interessati tra il 2010 ed il 2011.
Altresì, il Ministero resistente ha inviato una serie di dichiarazioni provenienti dagli Atenei italiani da cui risulta che una percentuale molto bassa dei predetti ha in programma di avviare le iniziative di reclutamento previste dall’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 (ovvero la chiamata diretta di ricercatori e professori di seconda fascia in servizio nella medesima università che abbiano conseguito l’abilitazione ai sensi dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010).
In prossimità della trattazione del merito, la difesa di parte ricorrente ha depositato memorie con cui ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere con riferimento ad altri 5 ricorrenti (ovvero, Bertolotti, Impagnatiello, Lemme, Pozzi e Tucci, essendo stati immessi servizio presso le rispettive Università in qualità di professori di prima fascia) mentre, con rifermento ai restanti interessati, ha ribadito la richiesta di accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2014, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. Va, anzitutto, dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento ad altri n. 5 ricorrenti (Bertolotti, Impagnatiello, Lemme, Pozzi e Tucci) in quanto, nelle more della definizione della presente controversia, sono stati nominati professori di prima fascia ed immessi nei ruoli delle rispettive Università.
2. Passando al merito delle censure dedotte nel ricorso in esame, seppure con riferimento ai restanti 26 ricorrenti, va in via preliminare precisato che i singoli motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto intimamente connessi.
2.1 Ciò premesso, al fine di rispondere alle doglianze proposte, è necessario svolgere una sintetica ricostruzione normativa della riforma del sistema universitario operata con la legge n. 240 del 2010, con particolare riferimento alle modalità di selezione del personale docente:
– anzitutto, la nuova disciplina prevede, a regime, che gli interessati acquisiscano la c.d. “abilitazione scientifica” all’esito di una procedura che, ai sensi dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010, è gestita a livello nazionale ed è basata su una selezione di titoli e pubblicazioni, la cui positiva valutazione attesta la qualificazione scientifica necessaria per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori (in particolare, l’art. 16, comma 1, prevede che “È istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata «abilitazione». L’abilitazione ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori”);
– sempre a regime, con riferimento alla successiva fase di chiamata dei professori, l’art. 18 della citata legge n. 240 del 2010 ha altresì introdotto, innovando rispetto al passato, una procedura comparativa “aperta” (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale) tra coloro che, con riferimento ad uno specifico settore concorsuale, sono in possesso della predetta abilitazione nazionale;
– a tale procedura comparativa disciplinata dal citato art. 18 della legge n. 240 del 2010, sono ammessi a partecipare anche coloro che hanno conseguito l’idoneità ai sensi della normativa precedente alla riforma del 2010. L’art. 29, comma 8, della legge n. 240 prevede, invero, che “ai fini dei procedimenti di chiamata dei professori di cui all’articolo 18 della presente legge l’idoneità conseguita ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, è equiparata all’abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), della medesima legge, nonché all’articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni”;
– la stessa legge del 2010 ha, poi, introdotto un regime alternativo di reclutamento dei professori universitari che prescinde dall’avvio della procedura comparativa prevista dal citato art. 18 della legge n. 240 del 2010. In particolare, l’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 prevede che i candidati in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale conseguita ai sensi del precedente art. 16, seppure nell’ambito di una percentuale delle risorse disponibili ivi indicata, possono essere destinatari di chiamata diretta da parte delle Università presso la quale prestano servizio (così l’art. 24, comma 6: “Nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16. A tal fine le università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo. A decorrere dal settimo anno l’università può utilizzare le risorse corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate di cui al comma 5”);
– altra modalità alternativa di reclutamento di natura transitoria è disciplinata dall’art. 29, comma 4, della legge n. 240 del 2010 che, nel prevedere un meccanismo di assorbimento di coloro che avevano conseguito l’idoneità ai sensi della normativa antecedente, consente, fino alla scadenza del termine di validità del titolo, di essere destinatari di chiamata diretta da parte delle università interessate (la norma da ultimo citata prevede invero che “Coloro che hanno conseguito l’idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell’idoneità stessa previsto dall’articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230. In tale ipotesi…., nei novanta giorni successivi alla deliberazione, da parte dell’università che ha indetto il bando, di voler effettuare la chiamata, devono seguire il decreto di nomina e la presa di servizio dell’idoneo, in mancanza dei quali quest’ultimo può essere chiamato da altre università, ferma restando per l’università che ha indetto il bando la possibilità di ripetere la chiamata”).
In estrema sintesi – per concludere sul punto -, la riforma introdotta dalla legge n. 240 del 2010, nel prevedere a regime un sistema di reclutamento basato su due distinte procedure di selezione (la prima, ai sensi dell’art. 16, finalizzata all’acquisizione della c.d. “abilitazione scientifica nazionale” di durata quadriennale e la seconda, prevista dal successivo art. 18, di natura concorsuale basata, previa adeguata pubblicità dell’avvio della procedura, su una valutazione comparativa tra candidati abilitati o idonei), ha introdotto altresì due regimi alternativi in cui gli Atenei possono ancora procedere alla chiamata diretta (fuori cioè dall’avvio di una procedura comparativa) di soggetti abilitati ai sensi dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010 ovvero di coloro che hanno conseguito l’idoneità con il sistema previgente (ad esempio, ai sensi della legge n. 210 del 1998, come nel caso dei ricorrenti).
2.2 Ciò posto, quello che conta rilevare, ai fini della presente controversia, è che i tre sistemi di reclutamento sono comunque alternativi tra loro nel senso che il legislatore della riforma del 2010 non ha indicato preferenze nella scelta delle modalità da utilizzare per la chiamata dei professori universitari.
Ciò che si vuole dire è che, a fronte delle predette modalità di reclutamento, è rimessa alle singole università la scelta in ordine al sistema da utilizzare, una volta verificata la sussistenza dei presupposti previsti dalle norme della legge n. 240 del 2010 di cui l’Ateneo intende fare applicazione.
Del resto, non è un caso che circa la metà degli originari ricorrenti siano stati destinatari, nelle more della trattazione del ricorso, di chiamata diretta da parte delle Università e siano stati poi nominati professori di prima fascia nell’ambito delle rispettive discipline.
Va pertanto respinta, sulla base della predetta ricostruzione normativa, la censura avanzata dai ricorrenti secondo cui il Ministero resistente avrebbe dovuto attendere, prima di bandire la procedura di abilitazione nazionale ai sensi dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010 (di cui al decreto direttoriale n. 222/2012 impugnato), l’immissione nei ruoli di professori di prima fascia di tutti coloro che avevano conseguito l’idoneità ai sensi della normativa previgente.
Né alla fattispecie in esame possono essere applicati i principi espressi nella sentenza n. 14/2011 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con riferimento alla preferenza dello scorrimento della graduatoria degli idonei ad un concorso pubblico rispetto all’indizione di una nuova procedura concorsuale.
Ora, in disparte il fatto che la procedura di acquisizione dell’abilitazione nazionale non è assimilabile ad una procedura concorsuale non essendo invero previsto un numero predeterminato di posti messi a concorso, la predetta sentenza del Consiglio di Stato prevede tuttavia una serie di eccezioni alla predetta regola tra cui anche la sussistenza di speciali disposizioni legislative che prevedano, nel caso di determinati settori del personale pubblico, peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere.
Ora, il passaggio da un sistema ad un altro di reclutamento della docenza universitaria può costituire un fattore che giustifica l’indizione di una procedura selettiva che, nel caso di specie, è peraltro ispirata alla ricerca di una maggiore trasparenza e selettività nelle procedure della specie.
2.3 Né la normativa sopra sintetizzata risulta affetta da profili di incostituzionalità, neanche sotto il profilo della irragionevolezza.
Del resto, come dimostrato dal fatto che metà degli originari istanti sono stati, nelle more della trattazione del ricorso, nominati professori di prima fascia, non è invero precluso che i restanti ricorrenti, fino al termine di validità dell’idoneità a suo tempo conseguita (tra il 2017 ed il 2018), possano essere destinatari di chiamata diretta ai sensi dell’art. 29, comma 4, della legge n. 240 del 2010.
A ciò si aggiunga che gli stessi possono anche partecipare alla procedura comparativa di cui all’art. 18 della legge n. 240 del 2010, ciò in ragione dell’equiparazione dell’idoneità conseguita ai sensi della legge n. 210 del 1998 all’abilitazione conseguita ex art. 16 della recente riforma (cfr cit. art. 29, comma 8, della legge n. 240 del 2010).
Ciò consente di escludere la sussistenza di un eventuale profilo di irragionevolezza nella normativa ora in vigore proprio perché ha introdotto, comunque, un punto di equilibrio tra le esigenze di coloro che avevano conseguito l’idoneità ai sensi della legislazione previgente e quelle pubbliche di avviare comunque il processo di trasformazione delle modalità di reclutamento dei docenti universitari.
Né può costituire indice di incostituzionalità il fatto che la nuova riforma non rispetta i principi di economicità che invece – seguendo la prospettazione di parte ricorrente – sarebbero stati rispettati nominando professori di prima fascia coloro che erano già in possesso della idoneità acquisita ai sensi della normativa previgente.
È sufficiente osservare, al riguardo, che il principio di economicità non è certo il parametro principale che può ispirare una riforma legislativa che, invece, può anche perseguire obiettivi che vanno ben al di là della logica del risparmio di spesa, ovvero interessi di ben più elevato valore anche di rilievo costituzionale.
Allo stesso modo, non vi sono risultanze che possano far affermare che la legge n. 240 del 2010 violi il principio della copertura finanziaria di cui all’art. 81 della Cost..
La riforma del 2010 mira a disciplinare aspetti ben più ampi delle modalità di reclutamento della docenza universitaria tanto che non ci si può limitare a sindacare il presunto costo ingente derivante dall’organizzazione della nuova procedura di abilitazione di cui all’art. 16 della legge n. 240 del 2010.
Si tratta, invero, di questione non rilevante nel caso di specie e che fa ritenere insussistenti i presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa di che trattasi.
In ogni caso, non risulta che l’amministrazione resistente abbia avviato la procedura di selezione di cui al provvedimento impugnato senza la necessaria copertura finanziaria né può affermarsi che la stessa avrebbe dovuto essere condotta a costo “zero” in quanto il riferimento alla mancanza di “nuovi e maggiori costi per le finanze pubbliche” contenuta nel d.P.R. n. 222/2011 va inquadrato nel contesto più ampio delle risorse comunque a disposizione del Ministero per l’attuazione della riforma di che trattasi.
3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Ciò consente altresì di respingere la domanda risarcitoria, pure proposta dai ricorrenti, essendo risultato insussistente, sulla base di quanto sopra esposto (che ha portato al rigetto delle censure di illegittimità dedotte dagli istanti), il presupposto dell’ingiustizia del danno, necessario per il riconoscimento di un profilo di responsabilità in capo all’amministrazione.
4. Le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, con riferimento ai 26 ricorrenti che hanno ancora interesse alla decisione, mentre possono essere compensate con riferimento a coloro per i quali è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere (sia con la sentenza parziale n. 28/2014 sia con la presente pronuncia).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i restanti 26 ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero resistente che si liquidano in euro 1.000,00 (mille/00), oltre IVA e CPA.
Spese compensate con riferimento a coloro per i quali è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)