N. 00989/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02294/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2294 del 2004, proposto da Marcocci [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv. [#OMISSIS#]’ [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Mari, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#]’ [#OMISSIS#] in Roma, via B. Tortolini, 34;
contro
Universita’ degli Studi di Roma La Sapienza, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento:
a) del decreto del Rettore dell’Università degli Studi La Sapienza n. 223/03 del 22.12.2003, di nomina della ricorrente a Professore di Ruolo di II^ Fascia per il settore s/d BIO/10 Biochimica, nella parte in cui, in violazione della sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III, n. 9139/2003 del 29.10.2003, la decorrenza giuridica della nomina è stata fissata al 29.12.2003 anziché al 1.11.2002 come stabilito nella delibera del Consiglio della Facoltà di Farmacia del 22.2.2002 di chiamata della ricorrente;
b) del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza n. 2537 del 28.01.2004, con il quale la ricorrente è stata collocata nel regime di impegno a tempo pieno per il biennio accademico 2003/2005 e con il quale è stato determinato il trattamento economico della ricorrente, nella parte in cui, in violazione della sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III, n. 9139/2003 del 29.10.2003, è stata stabilita la decorrenza dal 29.12.2003 anziché dall’1.11.2002 come stabilito nella delibera del Consiglio della Facoltà di Farmacia del 22.2.2002 di chiamata della ricorrente;
3) di tutti gli atti connessi precedenti e conseguenti, ivi compresa, la delibera del Senato Accademico del 23.10.2003, con la quale sono stati stabiliti i criteri di priorità nella utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili, nella parte in cui ha stabilito che le assunzioni decorressero dall’1.1.2004
Per il riconoscimento:
del diritto della ricorrente alla nomina a Professore di II^ fascia nella Facoltà di Farmacia dell’Università di Roma La Sapienza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria di questa Sezione n. 6256/13 del 21.6.2013;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 20 novembre 2013 il dott. [#OMISSIS#] Grazia [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 20 febbraio 2004 e depositato il successivo 5 marzo, la Prof.ssa [#OMISSIS#] Marcocci chiedeva l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe indicati con i quali era stata fissata al 29 dicembre 2003, e non al 1 novembre 2002, la decorrenza giuridica della sua nomina a Professore di Ruolo di seconda fascia presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” nonché la decorrenza del trattamento economico, insistendo anche per il riconoscimento del relativo diritto, in conformità a delibere del Consiglio di Facoltà di Farmacia del 22 febbraio 2002, del 29 aprile 2002 e del 28 giugno 2002.
La ricorrente ripercorre le vicende che avevano contraddistinto la sua “chiamata” – in seguito alla dichiarazione di idoneità nella relativa valutazione comparativa presso l’Università di Lecce – da parte della Facoltà di Farmacia nell’adunanza del 22 febbraio 2002.
In sostanza, ribadita la chiamata stessa con altra deliberazione del Consiglio di Facoltà del 29 aprile 2002 riguardante la decorrenza della presa di servizio al 1 novembre 2002 o comunque appena le condizioni del “budget” lo avessero reso possibile, risultava che lo stesso Consiglio, in data 28 giugno 2002, prendeva atto dell’intervenuto accreditamento delle risorse necessarie. Nelle more, risultava però che il Consiglio di Amministrazione dell’Università, in data 23 luglio 2002, deliberava di congelare la situazione del personale docente non dando luogo ad alcuna operazione di reclutamento, in attesa di chiarimenti dal MIUR in ordine alla richiesta di ulteriori finanziamenti, in quanto il quadro programmatorio triennale di fabbisogno risultava elaborato sulla base del solo organico docente e non docente già in servizio o di quello che sarebbe entrato in servizio a seguito dei soli concorsi banditi dalla stessa Università. Tale decisone era poi formalizzata dal Rettore con note avverso le quali la Prof.ssa Marcocci proponeva ricorso a questo Tribunale unitamente alle delibere su ricordate del Consiglio di Amministrazione.
Questa Sezione, con sentenza n. 9139/03 poi passata in giudicato, annullava gli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Università. Entrata in vigore la l.n. 289/2002, il Senato Accademico, in data 23 ottobre 2003, deliberava di dare corso alle assunzioni con decorrenza 1 gennaio 2004 utilizzando le risorse finanziarie disponibili e già assegnate alle Facoltà con delibera del 10 luglio 2003. Era quindi disposta la nomina della Prof. Marcocci con decreto rettorale del 22 dicembre 2003 ma le relative decorrenze, giuridica ed economica, erano fissate da tale data e non da quella precedente, del 1 novembre 2002, come auspicato dal ricorrente in relazione a quanto a suo tempo deliberato dal Consiglio di Facoltà di Farmacia che aveva dato luogo alla sua “chiamata”.
Sulla base di tali presupposti, quindi, la ricorrente lamenta, in sintesi, quanto segue: violazione dell’art. 33 l. n. 1034/1971, dei principi generali in materia di annullamento degli atti amministrativi, di efficacia delle sentenze del g.a. e di restituito in integrum del dipendente illegittimamente non nominato, e degli articoli 3, 24, 113, 111 e 97 della Costituzione – Violazione della sentenza del T.A.R. Lazio n. 9140/2003 e del relativo giudicato – Eccesso di potere per errata valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di istruttoria, contraddittorietà – mancanza di motivazione.
La ricorrente richiama principi giurisprudenziali in materia di esecuzione del giudicato ritenendo che l’Amministrazione li avesse violati, in relazione alla su ricordata sentenza di questo TAR, nell’adottare i provvedimenti impugnati e nel non riconoscere il suo diritto alla piena “restituito in integrum” ai fini giuridici ed anche economici, partendo dalla situazione di fatto e di diritto esistente all’epoca dell’emanazione del primo degli atti annullati dalla sentenza richiamata, non potendo avere alcuna rilevanza le deliberazioni del C.d.A. e del Senato Accademico del luglio e dell’ottobre 2003 né la l.n. 289/2002, nel frattempo entrata in vigore ed i cui principi non erano applicabili né alla data del 22 febbraio 2002 di “chiamata” da parte della Facoltà nè alla data di inizio della controversia. Infatti, il relativo divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l’anno 2003 di cui al relativo art. 34 non poteva applicarsi a coloro che non avevano potuto prendere servizio a causa di attività illegittima dell’Amministrazione riconosciuta tale da una pronuncia giurisdizionale, ostando altrimenti una violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 Cost..
Si costituiva in giudizio l’Università intimata, insistendo per la reiezione del ricorso.
Dopo la revoca della dichiarata perenzione a seguito di atto di manifestazione di interesse, la causa era trattenuta in decisione una prima volta alla pubblica udienza del 5 giugno 2013, all’esito della quale questa Sezione, accogliendo anche una richiesta in tal senso di parte ricorrente, disponeva incombenti istruttori mediante acquisizione di documentazione e di una relazione sui fatti.
L’Amministrazione ottemperava e parte ricorrente, in prossimità della nuova pubblica udienza di discussione, depositava una memoria ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi.
Alla pubblica udienza del 20 novembre 2013 la causa era quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deduce il ricorrente violazione dell’art. 33 l. n. 1034/1971, dei principi generali in materia di annullamento degli atti amministrativi, di efficacia delle sentenze del g.a. e di restituito in integrum del dipendente illegittimamente non nominato, e degli articoli 3, 24, 113, 111 e 97 della Costituzione – Violazione della sentenza del T.A.R. Lazio n. 9140/2003 e del relativo giudicato – Eccesso di potere per errata valutazione e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di istruttoria, contraddittorietà – mancanza di motivazione.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
In primo luogo, in ordine alla domanda di accertamento del diritto della ricorrente ad essere nominata Professore di II Fascia con decorrenza, ad ogni effetto di legge, dal 1 novembre 2002, in conformità alle su richiamate delibere del Consiglio di Facoltà e sentenza di questo Tribunale, il Collegio rileva che proprio la sentenza in questione ha escluso la sussistenza del diritto come reclamato pure in quella sede dal ricorrente.
In essa è precisato – con argomentazioni che, oltre ad essere passate in giudicato al fine del principio del “ne bis in idem”, il Collegio condivide – in materia di assunzione all’impiego gli interessati non vantano un diritto soggettivo alla nomina, ma solo un interesse legittimo. In tale campo opera la potestà organizzatoria della P.A. con la conseguenza per la quale, se nelle more del completamento della procedura concorsuale, vengono in essere circostanze preclusive all’assunzione stessa, di natura normativa – come sarà specificato in prosieguo – ovvero organizzativa o anche solo finanziaria, la stessa p.a. ben può paralizzare l’assunzione o anche annullare la procedura di reclutamento, appartenendo alla più ampia discrezionalità amministrativa la determinazione del momento più opportuno per l’inserimento di un vincitore di pubblico concorso tra il personale in attività di servizio.
La sentenza n. 9139/03 cit., quindi, precisava di ritenere ammissibile la sola azione di impugnazione e, nell’escludere profili di danno, rilevava unicamente una carenza motivazionale e istruttoria della determinazione gravata, facendo però salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Università, sulla base – evidentemente – di quanto nella medesima sentenza riconosciuto in ordine alla circostanza per la quale il bilancio dell’Università aveva superato il previsto rapporto del 90% tra spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo e i trasferimenti statali a valere sul F.F.O. (art. 51, comma 4, l.n. 449/97) ed in ordine alla riconosciuta competenza del C.d.A. dell’Università sui criteri per applicare il “blocco” delle assunzioni dal C.d.A. stesso disposte, per vincolo di legge.
Deve quindi escludersi che dalla sua statuizione potesse derivare il fondamento di alcuna posizione di “diritto” alla nomina dalla data del 1 novembre 2002, come ancora la ricorrente nella presente sede insiste invece a prospettare.
Passando all’esame della domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, il ricorrente richiama l’art. 34 l. n. 289/02.
Tale norma prevedeva, al comma 4, che “per l’anno 2003 alle amministrazioni di cui al comma 1, ivi comprese le Forze armate, i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, fatte salve le assunzioni di personale relative a figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore all’unità, nonché quelle relative alle categorie protette. Per le Forze armate, i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono fatte salve le assunzioni autorizzate per l’anno 2002 sulla base dei piani annuali e non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge nonché quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, nel limite degli oneri indicati dalla legge 14 novembre 2000, n. 331”.
Nel caso di specie, in assenza di un “diritto” di parte ricorrente alla nomina secondo le sue aspettative – per quanto sopra illustrato e precisato nella precedente sentenza di questo TAR – e riespandendosi il potere di adottare un provvedimento amministrativo discrezionale, che “intercettava” una posizione di interesse legittimo, sempre secondo quando precisato nella su ricordata sentenza di questo TAR che faceva salvi, nella parte dispositiva, gli ulteriori provvedimenti dell’Università, non vi era un giudicato che vincolava la futura attività amministrativa, limitandosi il precedente Giudice a richiamare la necessità di evitare di prescindere da ogni priorità didattica e scientifica e di coinvolgere la singola Facoltà.
Nel caso de quo, con i provvedimenti in questa sede impugnati, è stato ripristinato un ordine di utilizzo delle risorse secondo le decorrenze concesse dalla normativa vigente al momento della “riespansione” del potere.
L’entrata in vigore successiva ai fatti di una norma generale che limitava le assunzioni di personale a tempo indeterminato, così, non andava ad incidere su situazioni “cristallizzate” da giudicato, dato che la sentenza precedente non riconosceva un “diritto”alla nomina con la specifica decorrenza indicata da parte ricorrente ma imponeva solo la ripetizione del procedimento, con conseguente residuo di discrezionalità amministrativa nell’esercizio del potere, a quel punto inciso dall’art. 34, comma 4, l. cit..
E’ noto infatti, in argomento, il principio giurisprudenziale secondo il quale la normativa sopravvenuta può occupare gli spazi liberi lasciati dal giudicato – e nella fattispecie concreta, come richiamato, ciò è configurabile – laddove questo consenta all’Amministrazione di riesercitare il potere mediante riavvio del procedimento al quale si applicherà la normativa esistente in “quel” determinato momento di riesercizio del potere, sebbene la stessa sia diversa da quella vigente quando era stata emanata la sentenza che annullava precedenti atti facendo però salvi gli ulteriori provvedimenti adottandi, come configurabile nel caso di specie (Cons. Stato, Sez. VI, 19.6.12, n. 3569; TAR Campania, NA, Sez. II, 7.3.13, n. 1283).
Non sussistendo, come detto, alcun giudicato nel senso invocato da parte ricorrente, poi, il Collegio non rileva alcuna violazione, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, delle norme costituzionali richiamate nella parte conclusiva del ricorso, in relazione agli artt. 24, 111 e 113 Cost..
La consistenza di norma generale a tutela della spesa pubblica, di cui al richiamato art. 34, non consente di individuare nemmeno i profili di incostituzionalità in relazione agli artt. 3 e 97 Cost..
Per quanto dedotto, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese di lite però possono essere eccezionalmente compensate, attesa la peculiarità e novità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, lo rigetta.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Grazia [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)