TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 23 febbraio 2016, n. 136

Equiparazione tecnico laureato e funzionario tecnico/collaboratore tecnico-Recupero somme corrisposte

Data Documento: 2016-02-23
Area: Giurisprudenza
Massima

L’omogeneità dei compiti di ricerca costituisce la ratio della continuità tra i servizi del funzionario tecnico e del ricercatore: è con ciò confermata la sostanziale non equiparabilità tra le figure del collaboratore, anche laureato, e del funzionario, pur accomunate dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimanendo distinte le caratteristiche dei compiti propri di ciascuna di esse, con specifico riguardo al campo della ricerca.

Il principio di correttezza e buona fede imposto a ciascuna parte del rapporto che insorge per effetto di “contatto sociale” è espressione del dovere di solidarietà è fondato sull’art. 2 cost. ed esula dallo stretto campo dei rapporti negoziali per ingerire in qualsiasi comportamento dal quale un soggetto possa ragionevolmente trarre una aspettativa di conservare immutata una determinata situazione giuridica o fattuale. Pertanto, non appare irragionevole né difforme al principio del buon andamento della p.a. di cui all’art. 97 Cost., che l’aspettativa, allorché non sia di mero fatto, ma basata sull’affidamento della certezza e possibilità di una adeguata e razionale condizione economica del soggetto, possa ricevere adeguata tutela, sia pure nei limiti del principio di legalità al quale deve essere sempre informata l’attività dell’amministrazione.

È sicuramente risarcibile la lesione, sia pure involontaria, del bene della vita consistente non già nel diritto quesito ad un maggiore trattamento retributivo, ma dell’aspettativa di un miglior tenore di vita ad esso corrispondente, considerato il divario economico fra la retribuzione percepita con o senza il ricalcolo dei servizi prestati quale collaboratore tecnico nel precedente sviluppo di carriera (nel caso di specie, l’ammontare del risarcimento è stato quantificato in misura corrispondete alle somme fatte oggetto di recupero).

Contenuto sentenza

N. 00136/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00856/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 856 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] Codini, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Riommi, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Riommi in Perugia, Via Baldo, 7; 
contro
Universita’ degli Studi di Perugia, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Stato, domiciliata in Perugia, Via degli Offici, 14; 
per l’annullamento
del provvedimento adottato con D.R. n. 1792 del 09.10.20 14, nota prot. n. 2014/0030467 del 09.10.2014 e contestualmente comunicato dall’Amministrazione centrale, con il quale l’Università degli Studi di Perugia, facendo seguito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 01776/2014, ha comunicato alla dott.ssa [#OMISSIS#] Codini l’annullamento del D.D. n. 311 del 22.04.2009 con il quale gli era stato riconosciuto il servizio svolto pre-ruolo quale “collaboratore tecnico” ai sensi e per gli effetti dell’art. 103 del D.P.R. 382/1980 con conseguente richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite a tale titolo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Perugia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La dott.ssa [#OMISSIS#] Codini è collaboratore tecnico di VII Qualifica funzionale nella facoltà Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche dell’Università di Perugia a decorrere dal 1° gennaio 1991, avendo acceduto ai ruoli dell’Università quale vincitrice del concorso, per titoli ed esami, ad un posto di collaboratore tecnico, indetto dall’Istituto di zoologia della facoltà di scienze riservato a coloro che fossero stati in possesso del diploma di laurea rilasciato dalla facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali o del diploma di istruzione secondaria di secondo grado di durata quinquennale con oltre quattro anni continuativi di attività lavorativa o di collaborazione tecnica corrispondente presso lo Stato, enti pubblici o aziende di importanza nazionale.
1.1. Durante l’intero periodo di lavoro, la dott.ssa Codini aveva svolto attività di ricerca, studio, insegnamento e partecipazione a convegni, in forza della quale era stata prevista dall’art. 1, co. 10, L. n. 4/1999 la possibilità di bandire nei cinque esercizi finanziari successivi, concorsi per i posti di ricercatore universitario riservati al personale delle stesse università in ruolo per lo svolgimento di funzioni tecniche o socio-sanitarie a seguito di pubblici concorsi che prevedevano come requisito di accesso il diploma di laurea e con almeno tre anni di attività di ricerca.
1.2. Era altresì previsto che l’attività di ricerca fosse attestata dai presidi delle facoltà, sentiti i direttori dei dipartimenti o degli istituti interessati, e comprovata da pubblicazioni, lavori originali e atti risalenti al periodo di svolgimento dell’attività medesima.
1.3. I vincitori dei concorsi riservati sarebbero stati inquadrati nel ruolo dei ricercatori confermati mantenendo come assegno ad personam l’eventuale migliore trattamento economico in godimento: per i tecnici laureati, in possesso dei requisiti dell’art. 50, D.P.R. n. 382/1980 anche successivamente maturati, era comunque fatta salva l’applicazione dell’art. 16, co. 1, L. n. 341/1990.
1.4. Con la comunicazione del 1° febbraio 1999, il rettore chiedeva di conoscere i nominativi dei collaboratori tecnici e dei funzionari che, secondo la legge n. 4/1999, potevano aspirare all’acquisizione della qualifica di ricercatore confermato: in detta sede venivano altresì specificati i requisiti da certificare a cura dei competenti uffici, fra i quali il superamento del concorso che richiedeva come requisito di accesso il diploma di laurea, l’espletamento del servizio da oltre tre anni alla data di entrata in vigore della legge n. 4/1199, lo svolgimento da almeno tre anni di attività di ricerca.
1.6. Nella stessa sede era altresì richiesto di attestare che l’eventuale passaggio al ruolo dei ricercatori con una contestuale soppressione del posto di tecnico laureato non avrebbe recato nocumento alle attività scientifiche e didattiche della struttura, che la facoltà era a conoscenza che la maggiore retribuzione media spettante al ricercatore confermato sarebbe stata coperta con il budget finanziario della facoltà e che, infine, le necessità didattiche e di ricerca della facoltà e della struttura avrebbero tratto vantaggio dal passaggio nel ruolo di ricercatore confermato.
1.7. In forza dell’attestazione del 18/3/1999 rilasciata dal direttore del Dipartimento di biologia cellulare e molecolare e dell’attestazione prot. n. 968 del 20/1/2003 del preside della facoltà di farmacia, veniva riconosciuto alla dott.ssa Codini il possesso del requisito della partecipazione ai concorsi riservati ex art. 1, co. 10, L. n. 4/1999: era, nel prosieguo, bandito il concorso a ricercatore universitario confermato, superato il quale la ricorrente conseguiva la qualifica dal 1° gennaio 2005 per il settore disciplinare BIO10 Biochimica presso la facoltà di Farmacia.
2. Con sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 6/6/2008 fu dichiarato illegittimo l’art. 103, co. 3, D.P.R. n. 382/1980 nella parte in cui non riconosceva ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia di ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di ricerca.
2.1. Con circolare prot. n. 0025522 del 22/7/2008, l’Università di Perugia invitava il personale docente interessato, nominato ricercatore confermato ai sensi della L. n. 41999, seppure inquadrato in altre qualifiche, a produrre richiesta di riconoscimento ai fini della progressione di carriera nel ruolo di ricercatore confermato del servizio prestato nelle figure che hanno dato il titolo alla partecipazione ai concorsi riservati di cui alla L. n. 4/1999.
2.2. Il dott. Goretti depositava presso l’Università l’apposito modulo per il riconoscimento del servizio di collaboratore tecnico.
2.3. Con decreto dirigenziale n. 311 del 22 febbraio 2009, l’Università riconosceva alla ricorrente, ai fini della progressione di carriera ex art. 103, D.P.R. n. 382/1980, i servizi prestati quali collaboratore tecnico dall’1/1/1991 all’8/8/2000 e quale dipendente di categoria “D” dell’area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dati dalla 9/8/2000 al 31 dicembre 2001 per complessivi anni 8.
2.4. I provvedimenti sono stati annullati con il decreto rettorale n. 1792 del 9 ottobre 2014, comunicato con nota prot. 0030467 in pari data che, in forza dell’annullamento del riconoscimento del servizio di collaboratore tecnico, richiedeva la restituzione dell’indebito.
3. Per l’annullamento della richiesta dell’Università, è adito l’intestato Tribunale per i seguenti motivi:
I – violazione dell’art. 1, co. 10, L. n. 4/1999 e dell’art. 103, co. 3, D.P.R. n 382/1980, come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 191/2008; travisamento ed erronea valutazione dei fatti; irragionevolezza e contraddittorietà: ai sensi dell’art. 103, co. 3 D.P.R. n. 382/1980, alla ricorrente doveva essere riconosciuto l’intero periodo di lavoro nel quale ha di fatto svolto in modo prevalente la mansione autonoma di ricercatore, pur essendo formalmente inquadrato nella qualifica di collaboratore tecnico di VII livello. L’amministrazione deve valutare il diritto dei ricercatori confermati a vedersi riconosciuto ai fini della ricostruzione della carriera le mansioni di fatto svolte nel grado di collaboratore tecnico e non equiparare le funzioni formali attribuite ai collaboratori tecnici a quelle previste per i tecnici laureati. Con la legge n. 4/1999 è stata riconosciuta la situazione di fatto costituita dall’utilizzo della figura del tecnico laureato come canale di accesso alla carriera universitaria e dallo svolgimento dell’attività di ricerca da parte dei tecnici laureati. L’espletamento in maniera continuativa e prevalente dell’attività di ricerca ha consentito alla ricorrente di partecipare alla procedura concorsuale e di essere nominato nella qualifica di ricercatore confermato secondo il criterio previsto dall’art. 7, L. n. 28/1980.
II – violazione del principio del legittimo affidamento: il convincimento della ricorrente circa la legittimità della propria posizione è scaturito dalla condotta dell’amministrazione.
III – violazione del principio della buona fede: l’amministrazione ha indotto l’interessata a produrre domanda di riconoscimento del servizio prestato nelle figure che hanno dato titolo alla partecipazione al concorso riservato ex lege n. 4/1999, per la progressione di carriera nel ruolo di ricercatore confermato. Ciò è avvenuto con la comunicazione prot. n. 2/1999 dell’1/2/99 e con la circolare prot. n. 25522 del 22 settembre 1008 ove si faceva espresso invito a richiedere che fosse riconosciuto il periodo di attività di ricerca nella qualifica di collaboratore tecnico onde consentire l’accesso ai concorsi e al computo del periodo ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.
IV – violazione della L. n. 241/1990: il decreto direttoriale n. 1819 del 10/10/2014 non ha espressamente specificato le nuove modalità di conteggio dell’anzianità di servizio maturate da parte ricorrente.
V – illegittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 103 D.P.R. n. 382/1980: la norma non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia di ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di collaboratori tecnici con almeno tre anni di attività di ricerca.
4. Si è costituita in giudizio l’Università di Perugia che ha riportato i provvedimenti emanati alla conferma da parte del Consiglio di Stato delle sentenze reiettive della riconoscimento, ai fini della carriera di ricercatore di professore associato, del servizio svolto nella qualità di collaboratore tecnico ancorché integrato dai tre anni di attività di ricerca.
4.1. L’Avvocatura ha chiarito come, per evidenti esigenze di parità di trattamento e per evitare il possibile danno erariale, il consiglio di amministrazione dell’Ateneo, con delibera n. 5 del 25/6/2014 aveva disposto il riesame dei provvedimenti di tutti i docenti che, dopo essere stati immessi nel ruolo dei ricercatori confermati attraverso le procedure di cui alla L. n. 4/1999, avevano conseguito ai fini della relativa carriera il riconoscimento del servizio di collaboratore tecnico.
4.2. Instaurato il contraddittorio con tutti gli interessati, l’Ateneo aveva annullato i decreti dirigenziali di riconoscimento del servizio del ruolo ai fini della carriera di ricercatore originariamente adottati, ricostruendo in termini conseguenziali la relativa progressione giuridico economica e adeguando i relativi trattamenti stipendiali con recupero delle somme in precedenza erogate.
5. Le parti hanno presentato memoria anteriormente all’udienza di discussione nel corso della quale la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il decreto in epigrafe n. 1792 del 9 ottobre 2014 il Rettore dell’Università di Perugia:
– ha annullato il provvedimenti n. 311 del 22 aprile 2009 con cui sono stati riconosciuti, ai fini della progressione di carriera ex art. 103, D.P.R. n. 382/1980, i servizi prestati dalla ricorrente quale collaboratore tecnico dall’1/1/1991 all’8/8/2000 e quale dipendente di categoria “D” dell’area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dati dal 9/8/2000 al 31 dicembre 2001 per complessivi anni 8;
– ha riconosciuto alla dott.ssa Codini per il servizio prestato anteriormente all’immissione nel ruolo ai sensi dell’art. 103, D.P.R. n. 382/1980 ai fini della progressione di carriera e con effetto dal 9.8.2000, unicamente anni 2 mesi 11 e giorni 5;
– ha rideterminato lo stipendio, l’assegno aggiuntivo nonché l’indennità integrativa speciale secondo la progressione giuridico-economica risultante dalla nuova gradazione delle classi e scatti;
– ha demandato all’Ufficio Stipendi l’adeguamento del trattamento economico futuro e all’Ufficio Recupero Crediti la restituzione delle somme indebitamente erogate per il passato, oltre interessi dal giorno della notifica.
1.1. Nel provvedimento è dato atto della delibera di cui al verbale n. 10 del 25 giugno 2014 con la quale il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato n. 1776/2014 e ha, conseguentemente, autorizzato il Rettore ad avviare il riesame dei provvedimenti di riconoscimento ai sensi dell’art. 103, D.P.R. n. 382/1980 del servizio pre-ruolo prestato in qualità di “collaboratore tecnico” per la ricostruzione della carriera in favore dei dipendenti con la qualifica di ricercatore universitario confermato.
1.2. Con la citata sentenza n. 1776/2014 del Consiglio di Stato ha trovato conferma la decisione n. 340/2012 di questo Tribunale amministrativo che aveva riconosciuto a fini giuridici e di carriera l’anzianità pari a due terzi del periodo di ricercatore universitario con esclusione dell’attività prestata in qualità di collaboratore tecnico.
1.3. Avendo la ricorrente svolto soltanto attività di ricercatore e/o di funzionario tecnico di VIII livello assimilabile a quella di tecnico laureato ai fini del riconoscimento per due terzi ai fini della carriera, all’amministrazione era preclusa la valutazione del servizio effettivamente prestato con la qualifica di collaboratore tecnico di VII livello.
1.4. E’ stato perciò ritenuta corretta l’autotutela nei confronti del riconoscimento alla ricorrente dell’anzianità di servizio maturata nel periodo anteriore all’immissione nel ruolo di ricercatore universitario confermato, in applicazione dell’art. 103, co. 3, D.P.R. n. 382/1980, come interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 191/2008.
1.5. Al proposito, la decisione d’appello n. 1776/2014 ha precisato come la stessa Corte Costituzionale – pur ammettendo la sostanziale omogeneità, riconosciuta dalla legge n. 4 del 1999, dei compiti di ricerca affidati ai tecnici laureati (con tre anni di ricerca) rispetto a quelli propri del ricercatore, tale da rendere costituzionalmente non giustificato il diverso trattamento riservato ai tecnici laureati diventati ricercatori, rispetto a quello di cui godevano i tecnici laureati diventati professori – ha però avvertito, nella medesima sentenza, che le funzioni dei tecnici laureati (di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori) sono diverse da quelle dei ricercatori e ha più volte affermato, anche in epoca recente, che, nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane l’essenziale differenziazione tra le due categorie (ordinanze n. 160 del 2003 e nn. 262 e 94 del 2002), e che la previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze.
2. Il coacervo delle suesposte argomentazioni, riportate nella parte motiva del provvedimento in esame è sufficiente, ad avviso del Collegio, a respingere il primo motivo di violazione dell’art. 1, co. 10, L. n. 4/1999 e dell’art. 103, co. 3, D.P.R. n 382/1980, laddove affermano l’obbligo dell’Università di valutare in favore dei ricercatori confermati le mansioni di fatto svolte nel grado di collaboratore tecnico ai fini della ricostruzione della carriera, essendo stata riconosciuta con l’art. 1, co. 10 della legge n. 4/1999 la situazione di fatto costituita dall’utilizzo della figura del tecnico laureato e dallo svolgimento dell’attività di ricerca da parte dei tecnici laureati come canale di accesso alla carriera universitaria.
2.1. Secondo la sentenza n. 1776/2014 del Consiglio di Stato, l’omogeneità dei compiti di ricerca costituisce la ratio della continuità tra i servizi (e la conseguente parità di trattamento economico) del funzionario tecnico e del ricercatore: è con ciò confermata la sostanziale non equiparabilità tra le figure del collaboratore, anche laureato, e del funzionario, pur accomunate dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimanendo distinte le caratteristiche dei compiti propri di ciascuna di esse, con specifico riguardo al campo della ricerca.
2.2. Anche se, la figura del funzionario tecnico ha sostituito quella del tecnico laureato nell’ordinamento previgente alla legge n. 312 del 1980 e, anche se il riconoscimento dei relativi servizi deriva dal diritto attribuito ai tecnici laureati dall’art. 103 D.P.R. n. 382 del 1980 nel testo risultante dalla nota sentenza della Corte Costituzionale, non altrettanto può dirsi per la figura professionale del collaboratore tecnico, per la quale il DPCM 24 settembre 1981 prevede la settima qualifica.
2.3. Dalle mansioni e compiti propri dei diversi profili enucleati nel DPCM è dato riscontrare la differenza di contenuto e di professionalità delle mansioni proprie, rispettivamente, del tecnico laureato (ora funzionario tecnico) e del collaboratore tecnico: al primo profilo, accessibile solo con laurea specifica, appartengono, tra l’altro, astronomi, tecnici laureati, conservatori di musei, curatori di orti botanici, agronomi, ricercatori degli osservatori e tecnici che siano addetti a programmi di ricerca di base o finalizzata in grado di utilizzare con autonomia strumenti, tecniche e procedure, compiti di addetto a programmi di ricerca di base o finalizzata, nonché compiti organizzativi in rapporto a programmi sperimentali o a programmi di produzioni con responsabilità su operatori di qualifiche inferiori, mentre è proprio del secondo profilo lo svolgimento di funzioni tecniche di collaborazione, in particolare nei programmi di didattica e di ricerca.
2.4. Per la relativa qualifica – la VII funzionale – era sufficiente, in luogo della laurea universitaria, il “diploma di istituto di istruzione secondaria di secondo grado più esperienza lavorativa corrispondente per almeno quattro anni”.
2.5. Nell’ambito del personale dipendente già inquadrato nella ex VII qualifica funzionale assunto a seguito di concorso pubblico con la qualifica di collaboratore tecnico per la partecipazione al quale era richiesto il diploma di laurea, il possesso della laurea ne consentì l’inquadramento nella nuova categoria D ai sensi dell’art. 74, co. 4, del C.C.N.L. comparto Università (per il biennio 1998/2001), trovando detta soluzione conferma negli accordi di interpretazione autentica, intervenuti in esito alla procedura prevista dall’art. 64 del d.lgs. n. 165/2001 che hanno riconosciuto solo l’anzidetto personale come beneficiario di una progressione verticale (Cass. civile, sez. lav., 10 marzo 2009, n. 5726).
2.6. Il possesso del titolo di studio non è però valso a tracciare una linea di demarcazione netta fra il personale inquadrato nella VII qualifica con il profilo professionale di collaboratore tecnico laureato e quello inquadrato nell’VIII con il profilo professionale di funzionario tecnico laureato, entrambe scaturite dalla unica figura professionale del tecnico laureato prevista in origine dall’art. 35, D.P.R. n. 382/1980 e fra loro differenziate in ragione della specificità del titolo di studio e della maggiore autonomia di gestione proprie della qualifica superiore.
3. La diversità di funzioni e di compiti caratterizzanti la figura del ricercatore rispetto a quelli propri del collaboratore tecnico anche laureato, e, viceversa, la sostanziale omogeneità delle funzioni inerenti i compiti di ricerca, che costituisce la ratio della continuità tra i servizi svolti dal funzionario tecnico e dal ricercatore evidenziata da questo Tribunale amministrativo nella sentenza n. 340/2012 e confermata dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1776/2014, giustifica oltre al rigetto del primo motivo, la manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità adombrata nella quinta censura, per irragionevolezza e/o per discriminazione di posizioni in tesi omogenee, dal momento che la riscontrata diversità non ne consente la parità di trattamento.
3.1. Analogamente al Giudice d’appello, si osserva come le mansioni effettivamente svolte dalla ricorrente nella veste di collaboratore tecnico, attinenti, in tesi, a compiti propri della figura professionale del funzionario tecnico laureato, da un lato confermano l’autonomia delle due figure professionali, dall’altro sono ininfluenti ad una diversa conclusione, configurando una ipotesi di svolgimento di mansioni superiori che, nel settore del pubblico impiego, non può condurre a conseguenze contrarie al formale inquadramento.
4. Dall’insieme delle suesposte considerazioni, il decreto rettorale in esame risulta immune da censure nella parte relativa al riconoscimento, ai fini della progressione di carriera ex art. 103, D.P.R. n. 382/1980, dei servizi prestati dalla ricorrente quali collaboratore tecnico.
4.1. Se è perciò legittima la rideterminazione della progressione giuridico-economica in base alla nuova gradazione delle classi stipendiali in relazione al trattamento economico con una diversa (e minore) anzianità di servizio, diverse conclusioni devono essere raggiunte con riferimento al recupero delle somme sino ad allora spontaneamente erogate benché indebite.
4.2. Con la circolare prot. n. 35522 del 22 settembre 2008 a firma del Rettore, il personale docente nominato ricercatore confermato ai sensi della L. 4/199, seppure attualmente inquadrato in diversa qualifica è stato invitato a produrre richiesta di riconoscimento, ai fini della progressione di carriera nel ruolo di ricercatore confermato, del servizio prestato nelle figure che hanno dato titolo alla partecipazione ai concorsi riservati di cui alla citata L 4/1999 (tecnico laureato, funzionario tecnico, collaboratore tecnico EP).
4.3. Successivamente alla circolare, ove era tra l’altro precisato che “detto riconoscimento verrà operato nella misura e nei limiti di cui all’art. 103 del DPR 382/1980 vale a dire rispettivamente per due terzi e per un massimo di otto anni” l’Amministrazione ha avviato una complessa procedura partecipata con gli interessati culminata nell’adeguamento stipendiale oltre che contributivo, dal quale la ricorrente ha tratto una legittima aspettativa consistente nel mantenimento di un corrispondente tenore di durante l’occupazione lavorativa.
5. Il principio di correttezza e buona fede imposto a ciascuna parte del rapporto che insorge per effetto di “contatto sociale” è espressione del dovere di solidarietà è fondato sull’art. 2 cost. ed esula dallo stretto campo dei rapporti negoziali per ingredire in qualsiasi comportamento dal quale un soggetto possa ragionevolmente trarre una aspettativa di conservare immutata una determinata situazione giuridica o fattuale.
5.1. Anche se al sistema vigente è rimesso unicamente al legislatore disciplinare i rapporti di durata con salvezza dei diritti quesiti (arg. Cons. St., sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3360) non appare irragionevole né difforme al principio del buon andamento della p.a. di cui all’art. 97 Cost., che l’aspettativa, allorché non sia di mero fatto ma basata sull’affidamento della certezza e possibilità di una adeguata e razionale condizione economica del soggetto possa ricevere adeguata tutela, sia pure nei limiti del principio di legalità al quale deve essere sempre informata l’attività dell’amministrazione.
5.2. Consegue che la pretesa della ricorrente alla reintegra del proprio trattamento retributivo nella misura anteriore al consolidarsi dell’esclusione dell’anzianità maturata quale collaboratore tecnico, se non può trovare giuridico soddisfacimento nella ricognizione del corrispondente diritto, a ciò ostando la sentenza n. 1776/2014 del Consiglio di Stato, deve tuttavia essere diversamente valutata sul piano risarcitorio del venire meno dell’aspettativa al diverso tenore di vita maturata a causa del comportamento dell’Università, che sia pure in situazione di conclamata buona fede, aveva avviato l’intera procedura per il riconoscimento, ai fini della progressione di carriera ex art. 103, D.P.R. n. 382/1980, dei servizi prestati dalla ricorrente quale collaboratore tecnico.
5.3. Una volta devoluta alla giurisdizione esclusiva l’azione risarcitoria per attività illecita e non conforme al precetto della buona fede, spetta al giudice amministrativo individuare i comportamenti dai quali trae origine il rapporto qualificato e differenziato fra pubblico e privato soggetto che espone l’amministrazione al risarcimento del danno cagionato per violazione dei canoni di correttezza e buona fede (ex plurimis (Cass. sez. un., 6 maggio 2009, n. 10362; 30 luglio 2008, n. 20596).
5.4. E’ sicuramente risarcibile, ad avviso del Collegio, la lesione, sia pure involontaria, del bene della vita consistente non già nel diritto quesito ad un maggiore trattamento retributivo ma dell’aspettativa di un [#OMISSIS#] tenore dii vita ad esso corrispondente, considerato il divario economico fra la retribuzione percepita con o senza il ricalcolo dei servizi prestati quale collaboratore tecnico nel precedente sviluppo di carriera.
5.5. Non essendo stati adeguatamente preservati gli interessi della ricorrente, in osservanza del dovere giuridico autonomo a carico del datore di lavoro, il Collegio ritiene che l’Università nella veste di parte datoriale non possa esimersi dall’indennizzare la ricorrente nella misura pari agli arretrati maturati iniure ma pagati e percepiti legittimamente.
5.6. D’altra parte, nella sentenza n. 340/2012, questo stesso Collegio aveva ammesso come “A fronte del riconoscimento da parte della stessa Corte costituzionale del fenomeno del cosiddetto “mansionismo” che ha caratterizzato il pubblico impiego dagli anni ’80 (…) alla metà degli anni ’90 di emanazione del d.lgs. n. 29/1993 (…), non appare del tutto coerente che la qualifica di collaboratore tecnico laureato non possa essere ritenuta “sostanzialmente corrispondente” a quella del tecnico laureato e che detta corrispondenza sia riservata soltanto a quella del funzionario tecnico laureato, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa d’appello …”.
5.7. Ne risulta rafforzata sotto l’aspetto della violazione dell’affidamento, il secondo motivo del ricorso in ragione del convincimento della ricorrente sulla legittimità della propria posizione, scaturito non solo dalla condotta dell’amministrazione ma dalla riconducibilità del diniego del diritto della ricorrente a una tesi giurisprudenziale solo in parte avallata dalla Corte costituzionale, come adombrato nel terzo motivo, anche da accogliere con assorbimento del quarto, di natura meramente formale sulla mancanza nel decreto direttoriale impugnato delle nuove modalità di conteggio dell’anzianità di servizio.
6. Sotto questo profilo, la domanda deve conclusivamente essere accolta, anche se nei suddetti limiti del diritto al risarcimento in favore della riicorrente da liquidare in via forfetaria nella misura pari alle somme oggetto di recupero.
6.1. Le spese della presente fase possono compensarsi per la delicatezza della questione.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria (Sezione Prima) definitivamente decidendo il ricorso in premessa, lo accoglie per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione. Compensa integralmente fra tutte le parti in causa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nelle camere di consiglio dei giorni 24 giugno 2015, 4 novembre 2015, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)