N. 01897/2016 REG.PROV.COLL.
N. 05979/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5979 del 2011, proposto da:
FRANCO QUARANTA, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Arcangelo D’[#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#], presso i quali è elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Cavallerizza a Chiaia n. 60;
contro
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “[#OMISSIS#] II”, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliata per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;
per l’annullamento
della nota rettorale dell’Università degli Studi di Napoli “[#OMISSIS#] II” (d’ora in seguito per brevità anche “Unina”) prot. n. 0087695 del 25 luglio 2011, con la quale è stata respinta l’istanza del ricorrente volta ad ottenere il riconoscimento ai fini economici e di carriera del periodo di frequenza del dottorato di ricerca, nonché per l’accertamento del diritto al riconoscimento del periodo di svolgimento del dottorato di ricerca ai fini economici e di carriera, con conseguente condanna alle differenze economiche, oltre rivalutazione ed interessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2016 il dott. [#OMISSIS#] Dell’Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto che il ricorso si presta ad essere definito con sentenza in forma semplificata, attesa la sua manifesta infondatezza;
Premesso che:
– il ricorrente, ricercatore universitario confermato in ruolo con decorrenza dal 2 ottobre 1994, presentava all’Unina, in data 30 novembre 1999, istanza di riconoscimento ai fini economici e di carriera del periodo di frequenza del dottorato di ricerca (dal 1985 al 1988) ai sensi dell’art. 8, comma 8, della legge n. 370/1999, a termini del quale “Il riconoscimento del periodo di frequenza del dottorato di ricerca ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e ai fini della carriera dei ricercatori universitari di cui all’articolo 103 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, come modificato dall’articolo 1, comma 24, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, deve essere richiesto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge ovvero, se successiva, entro un anno dalla conferma in ruolo”;
– il medesimo sollecitava il riscontro a tale istanza con successivo atto di diffida e messa in mora notificato all’Unina il 17 giugno 2011, nel quale richiamava alcune sentenze del Consiglio di Stato (Sez. VI, nn. 8759, 8760, 8761, 8762 e 8763 del 2009) con cui, in riforma di alcune decisioni sfavorevoli del giudice amministrativo di primo grado, sarebbe stata definitivamente accertata la spettanza del riconoscimento richiesto con riferimento a posizioni analoghe alla propria;
– l’amministrazione si pronunciava negativamente in ordine all’istanza in parola con nota rettorale prot. n. 0087695 del 25 luglio 2011, facendo leva sulla duplice motivazione che era già intervenuta la prescrizione decennale del diritto vantato e che, comunque, ostava al riconoscimento del periodo di dottorato il divieto di estensione dei giudicati ai soggetti estranei alla lite, divieto introdotto dall’art. 1, comma 132, della legge n. 311/2004 e prorogato anche per gli anni successivi al 2008 in forza dell’art. 41, comma 6, del decreto legge n. 207/2008;
Rilevato che:
– con il gravame in trattazione il ricorrente impugna la suddetta nota rettorale per violazione di legge ed eccesso di potere, chiedendo che sia accertato il suo diritto al riconoscimento del periodo di svolgimento del dottorato di ricerca ai fini economici e di carriera, con conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle differenze economiche, oltre rivalutazione ed interessi;
– quanto all’aspetto motivazionale dell’eccepita prescrizione, le critiche attoree mirano a contestarne l’avveramento essenzialmente sulla scorta delle seguenti doglianze: a) il termine prescrizionale non poteva decorrere prima del 28 dicembre 2009, ossia prima della data di pubblicazione delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno fatto definitivamente chiarezza sull’interpretazione delle norme succedutesi nel tempo in tema di riconoscimento del periodo di dottorato di ricerca; b) ad ogni modo, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008, che ha esteso i benefici in questione ai ricercatori confermati come il ricorrente, il termine prescrizionale doveva al limite decorrere dalla data di pubblicazione di tale sentenza, cioè dal 6 giugno 2008; c) inoltre, “alla fattispecie possono essere applicati i principi giurisprudenziali elaborati dalla giurisprudenza in relazione all’art. 37 c.p.a. sull’istituto dell’errore scusabile, dal momento che gli effetti connessi alla decadenza sono gli stessi in ordine al mancato esercizio di un diritto per prescrizione”;
– quanto, invece, all’aspetto motivazionale del divieto di estensione dei giudicati, le censure di parte ricorrente avversano il ragionamento dell’amministrazione sulla scorta dell’assunto che le pronunce del Consiglio di Stato del 2009 avrebbero stabilito “dei principi interpretativi, che per loro natura ed in relazione all’autorevolezza della fonte, non possono che avere una portata espansiva”, pena la violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e dei discendenti canoni di efficacia, efficienza ed economicità;
Considerato che:
– le tesi attoree, espresse con riferimento al profilo della prescrizione, non si presentano condivisibili per le seguenti dirimenti ragioni (si rispetta l’ordine di esposizione di cui sopra): aa) è principio consolidato che l’art. 103 del d.P.R. n. 382/1980 attribuisca un diritto soggettivo perfetto al riconoscimento dei servizi pre-ruolo per i ricercatori universitari. Pertanto, la domanda di riconoscimento dei servizi pre-ruolo avanzata ai sensi della citata disposizione, in difetto di espressa previsione contraria, è assoggettata al termine di prescrizione ordinario di dieci anni di cui all’art. 2946 c.c., mentre solo le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive derivanti dal riconoscimento della nuova qualifica si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall’art. 2948 n. 4) c.c. (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 27 agosto 2010 n. 17247 e 7 gennaio 2010 n. 10). Orbene, è evidente che tra l’istanza di riconoscimento del servizio pre-ruolo di dottorato di ricerca, presentata per la prima volta il 30 novembre 1999, ed il successivo atto di diffida e messa in mora, notificato il 17 giugno 2011 senza che fosse nel frattempo intervenuto alcun altro atto interruttivo, sono decorsi più di dieci anni, con la conseguenza che deve ritenersi correttamente formulata l’eccezione di prescrizione opposta nella nota rettorale di diniego. Né la decorrenza del termine poteva essere postergata al 28 dicembre 2009, data di pubblicazione delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno riformato i precedenti del giudice amministrativo di primo grado sfavorevoli al riconoscimento del periodo di frequenza del dottorato di ricerca, giacchè il diritto a tale riconoscimento trova titolo direttamente nella legge (articolo 103 del d.P.R. n. 382/1980, come modificato dall’articolo 1, comma 24, della legge n. 4/1999) e la norma erroneamente interpretata in sede giurisdizionale, al pari di quella costituzionalmente illegittima, non costituisce un impedimento all’esercizio del diritto, ma un ostacolo di mero fatto che non impedisce al titolare di agire per l’integrale soddisfazione della propria pretesa (cfr. in tal senso Cass. Civ., Sez. Lav., 14 dicembre 2006 n. 26755 e 27 gennaio 1998 n. 812); bb) stesso discorso può essere fatto per la sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 6 giugno 2008, dichiarativa della parziale illegittimità costituzionale dell’art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 382/1980, la quale è inidonea a spostare la decorrenza del termine prescrizionale anche per l’ulteriore (ed assorbente) motivo della sua inapplicabilità al caso di specie, essendo intervenuta a rendere possibile il riconoscimento del servizio pre-ruolo svolto dai ricercatori universitari in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca; cc) infine, è assolutamente improprio invocare l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto dell’errore scusabile di cui all’art. 37 c.p.a., poiché tale istituto, di evidente portata eccezionale, è destinato ad operare solo in ambito processuale al fine di inibire gli effetti delle decadenze e delle preclusioni maturatesi ai sensi del codice del processo amministrativo e, pertanto, non è assolutamente esportabile all’interno del quadro di diritto sostanziale delineato dal codice civile in materia di prescrizione;
– quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare le rimanenti censure, con cui parte ricorrente intende contestare la nota rettorale in ordine al profilo motivazionale del divieto di estensione dei giudicati, dal momento che comunque l’impianto complessivo di tale atto risulta validamente sorretto dall’intervenuta prescrizione del diritto. Soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2013 n. 1373 e 27 settembre 2004 n. 6301; Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243);
Ritenuto, in conclusione, che:
– essendosi maturata la prescrizione della pretesa vantata e resistendo l’atto impugnato a tutte le doglianze prospettate, il ricorso deve essere respinto per infondatezza;
– le spese di giudizio devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente a rifondere in favore dell’Università degli Studi di Napoli “[#OMISSIS#] II” le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi € 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Rovis, Presidente
[#OMISSIS#] Guarracino, Consigliere
[#OMISSIS#] Dell’Olio, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)