Il giudizio di idoneità a ricercatore universitario deve essere la risultante di una valutazione complessiva relativa ai titoli scientifici ed all’attività didattica del candidato e deve quindi essere sorretto da una motivazione che dia adeguatamente conto della valutazione effettuata dalla commissione giudicatrice in ordine a ciascuno di tali elementi; sicchè è illegittimo il giudizio di non idoneità formulato sulla base della valutazione della sola produzione scientifica, senza alcuna considerazione dell’attività didattica svolta dall’interessato (Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 1996, n. 1200).
TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1476
Procedura di valutazione comparativa copertura posto di ricercatore-Criteri commissioni-Valutazione
N. 01476/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00744/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 744 del 2012, proposto dal Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ARTENISIO, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Conti, presso il cui studio in Palermo, via Marchese di Villabianca n.4, è elettivamente domiciliato;
contro
Università degli Studi di Palermo, in persona del Rettore p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, via A. De Gasperi n.81, è ex lege domiciliato;
nei confronti di
Dott.ssa [#OMISSIS#] La Rocca, rappresentata e difeso dall’Avv. [#OMISSIS#] Lapone, presso il cui studio, in Palermo, Via Sciuti n.180, è elettivamente domiciliata;
per l’annullamento
– del Decreto rettorale n.387 del 6.2.2012, con cui il M.co Rettore dell’Università degli Studi di Palermo ha approvato gli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di Ricercatore Universitario presso la Facoltà di Giurisprudenza (settore disciplinare: IUS 04 – Diritto commerciale), espletata in base al bando pubblicato nella GURI n.101, IV^ Serie Speciale, del 21.12.2010, nella parte in cui è risultata vincitrice la Dott.ssa [#OMISSIS#] la Rocca;
– nonché di ogni atto presupposto, connesso o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Palermo e della Dott.ssa [#OMISSIS#] La Rocca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2014 il Cons. Avv. [#OMISSIS#] Modica de [#OMISSIS#] e uditi per le parti i Difensori indicati nell’apposito verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con D.R. n.3930 del 3.12.2010, pubblicato in G.U.R.I. n.101 del 21.12.2010, l’Università degli Studi di Palermo indiceva una procedura concorsuale per la copertura (mediante selezione per valutazione comparativa) di n.54 posti di Ricercatore Universitario presso varie Facoltà.
Il Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ARTENISIO presentava domanda di partecipazione al concorso per il Settore scientifico disciplinare IUS 04 (Diritto commerciale), per il quale era stato messo a concorso un posto di Ricercatore.
Ottemperati gli adempimenti ed effettuate le verifiche preliminari, nella seduta del 26.1.2012 la Commissione esaminatrice (incaricata di espletare le operazioni di selezione relative al predetto Settore Disciplinare), decideva che i candidati da ammettere a valutazione erano cinque, tra i quali il Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Artenisio e la Dott.ssa [#OMISSIS#] La Rocca.
Nella seduta del 27.1.2012 la Commissione procedeva alla formulazione dei giudizi individuali sui candidati.
Terminata la valutazione, la Commissione dichiarava vincitrice la Dott.ssa [#OMISSIS#] La Rocca, la quale veniva nominata tale con il decreto rettorale indicato in epigrafe.
Con il ricorso in esame il Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Artenisio lo ha impugnato, ritenendo che la valutazione nei suoi confronti sia stata ingiusta ed errata per difetto; e ciò in quanto, a suo avviso, i suoi titoli sono superiori per quantità e maggiormente meritevoli rispetto a quelli della vincitrice.
Nel chiedere l’annullamento del decreto rettorale e degli atti concorsuali mediante esso approvati, il ricorrente lamenta:
1) violazione e falsa applicazione dell’art.2 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009, nonché dell’art.8 del Bando di concorso e dell’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che la Commissione non ha valutato in pieno la sua attività didattica (formalmente svolta in forza di regolari incarichi), mentre ha valutato l’attività didattica svolta dalla controinteressata (attività che non poteva essere presa in considerazione, essendo stata svolta informalmente);
2) violazione e falsa applicazione dell’art.2 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009, nonché dell’art.8 del Bando di concorso e dell’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che la Commissione ha omesso di valutare ben due assegni di ricerca conferitigli dall’Università, e cioè due titoli preferenziali “ulteriori” rispetto al dottorato di ricerca (posseduto sia da lui che dalla controinteressata);
3) violazione e falsa applicazione dell’art.2 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009, nonché dell’art.8 del Bando di concorso e dell’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che la Commissione ha valutato come titolo (sussumibile nella categoria delle “attività di ricerca formalizzata da rapporti istituzionali presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri”) uno “stage” di otto mesi svolto dalla controinteressata presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, mentre non ha valutato un analogo titolo (sussumibile nella medesima categoria di attività) da lui vantato (consistente nell’aver svolto per circa un anno attività di ricerca presso l’Università degli Studi di Roma Tre sotto la supervisione del Prof. [#OMISSIS#] Terranova);
4) violazione e falsa applicazione dell’art.3 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che nel valutare la sua produzione scientifica (numero delle pubblicazioni e costanza nel pubblicare), la Commissione ha erroneamente ritenuto che la sua attività di ricerca si sia svolta “in un arco di circa quindici anni”, mentre quindici anni dal bando corrispondono al momento in cui egli frequentava il secondo anno di università.
Ritualmente costituitasi, l’Università ha eccepito l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Anche la controinteressata, ritualmente costituitasi, ha eccepito l’infondatezza della domanda giudiziale chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio le parti hanno insistito nelle rispettive domande, eccezioni e controdeduzioni.
Il ricorrente ha in ultimo rappresentato – e la circostanza appare incontroversa – che in pendenza di giudizio la controinteressata ha rinunciato alla nomina.
Infine, all’udienza pubblica del 21.2.2014, fissata per la discussione conclusiva sul merito del ricorso, la causa è stata posta in decisione e in camera di consiglio il Collegio si è riservato di definirne l’esito, adottato successivamente nella camera di consiglio del 9.5.2014.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Con il primo mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.2 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009, nonché dell’art.8 del Bando di concorso e dell’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che la Commissione esaminatrice non ha valutato in pieno la sua attività didattica (formalmente svolta in forza di regolari incarichi), mentre ha valutato l’attività didattica svolta dalla controinteressata (attività, quest’ultima, che non avrebbe potuto essere presa in considerazione, essendo stata svolta informalmente).
La doglianza merita accoglimento.
Dagli atti di causa emerge che, dopo aver conseguito il “dottorato di ricerca”, il ricorrente ha svolto attività didattica per un periodo di tre anni in qualità di “Docente a contratto” di “Diritto commerciale” presso l’Università Kore di Enna.
Ma la Commissione ha valutato esclusivamente l’attività didattica che il ricorrente ha svolto presso l’Università di Palermo, mentre ha ritenuto non valutabile e di fatto non ha valutato l’attività didattica in ultimo menzionata, non ostante gli artt.8 del Bando e 2, comma 1, del DM n.89/2009 prevedessero chiaramente che l’”attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero”, anche se svolta dal docente in base a semplice contratto (dunque in qualità di “contrattista”) costituisce “titolo preferenziale”.
La Commissione ha valutato in pieno, per contro, l’attività didattica svolta dalla controinteressata nel periodo in cui la medesima era ancora “dottoranda”(dunque l’attività didattica svolta dalla stessa facoltativamente ed in mancanza del titolo di “dottore di ricerca”); e ciò contrariamente a quanto è desumibile dall’art.4, comma 8, della L. n.210 del 1998, che prevede:
– che, negli anni dedicati all’acquisizione del “dottorato”, i “dottorandi” devono dedicarsi preminentemente alla ricerca ed allo studio, approfondendo le tematiche che costituiscono l’oggetto della tesi di dottorato e non possono assumere contratti di insegnamento;
– e, conseguentemente, che ai dottorandi può essere affidata una limitata attività didattica solamente in via sussidiaria ed integrativa; fermo restando che tale attività è facoltativa e non dà luogo a diritti (né, dunque, a prelazioni o preferenze) in ordine all’accesso ai ruoli delle Università.
Tali circostanze hanno certamente inciso – negativamente, nel caso del ricorrente; e positivamente, nel caso della controinteressata – nel giudizio complessivoformulato su ciascuno dei due candidati in questione e sulla comparazione finale fra gli stessi, in quanto si sono concretizzate in una ingiusta sottovalutazione di un segmento dell’attività del ricorrente ed in una, parimenti ingiusta, “sovrastima” (o supervalutazione) di un segmento dell’attività della controinteressata.
Il che ha evidentemente falsato il giudizio finale sintetico, che a seguito di tale evidente errore risulta basato su una motivazione claudicante.
1.2. Con il secondo mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art.2 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009, nonché dell’art.8 del Bando di concorso e dell’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che la Commissione ha omesso di valutare ben due “assegni di ricerca” conferitigli dall’Università, e cioè due titoli preferenziali “ulteriori” rispetto al “dottorato di ricerca” (titolo, quest’ultimo, posseduto paritariamente sia da lui che dalla controinteressata).
Anche tale doglianza merita condivisione.
1.2.1. Come già visto, l’art.8 del Bando prevede quale titolo preferenziale, l’attività di ricerca formalizzata da rapporti istituzionali; e richiama espressamente l’art.1, comma 7, della L. 4.11.2005 n.230, che stabilisce tassativamente che “costituiscono titoli preferenziali” – oltre al “dottorato di ricerca” (posseduto da entrambi i candidati contendenti) – anche le attività svolte in qualità di “assegnista” e “contrattista” (ai sensi dell’art.51, comma 6, della L. 27.12.1997 n.449 e dell’art.1, comma 14, della L. 4.11.2005 n.230) e di “borsista post-dottorato” (ai sensi della L. 30.11.1989 n.398).
E poiché le attività di ricerca svolte dal ricorrente nei periodi [#OMISSIS#], rispettivamente, dall’1.4.2003 al 31.3.2005 e dal 29.6.2009 al 28.6.2001, in forza di assegni di ricerca regolarmente conferitigli (e dunque costituenti “titolo preferenziale”) sono stati del tutto ignorati dalla Commissione, anche sotto questo ulteriore profilo la motivazione appare lacunosa, e dunque insufficiente al fine di integrare il giudizio complessivo; giudizio che conseguentemente si appalesa incompleto siccome mancante della valutazione in ordine ad un importante segmento di attività scientifica svolta dal candidato.
Così come, del resto, incongruo appare il giudizio complessivo sulla controinteressata che risulta inspiegabilmente migliore rispetto a quello del ricorrente, non ostante da esso emerga che la vincitrice non ha mai conseguito alcun “assegno di ricerca” (che come si è visto costituisce titolo preferenziale) né ha mai avuto alcun incarico di “professore a contratto” (rectius: né è stata mai invitata a sottoscrivere alcun “contratto di insegnamento”).
Circostanze, queste, che oltre a rendere poco plausibili le singole motivazioni poste a supporto dei relativi giudizi complessivi, introducono elementi di perplessità in ordine alla correttezza e congruità del criterio di base utilizzato; criterio in applicazione del quale nella comparazione fra i due candidati è risultata vincitrice la controinteressata.
Non è agevole comprendere, infatti, la ragione per la quale all’attività didattica (che dal punto di vista obiettivo è la più facilmente identificabile e valutabile), e comunque all’attività didattica svolta dalla ricorrente, sia stata attribuita un’importanza del tutto marginale. E così pure alla predetta attività di collaborazione scientifica alla ricerca.
1.2.2. Va al riguardo sottolineato che il fatto che il giudizio debba concretarsi in una “valutazione sintetica complessiva” non significa che esso possa essere “sommario” – quand’anche non addirittura lacunoso e contraddittorio – e disancorato da qualsiasi “parametro” obiettivo.
E’ vero, invece, proprio il contrario; e cioè che quanto più il giudizio è complessivo e sintetico, tanto più dev’essere preciso ed esaustivo il documento redazionale che lo incorpora; e tanto più dev’essere “analitica” l’attività istruttoria (dunque valutativa) che lo presuppone e sul quale si fonda.
E ciò a maggior ragione se la normativa concorsuale (tanto quella basata su disposizioni di legge, regolamentari e/o dello stesso bando, quanto quella ritualmente introdotta dalla Commissione mediante la specificazione di criteri più o meno dettagliati), preveda una “griglia” (più o meno analitica) di profili di valutazione.
Se, invece – e come nel caso di specie – una “griglia” di tal genere manchi del tutto (o si presenti con maglie talmente larghe da non assicurare alcuna trasparenza), occorre che in sede di introduzione dei criteri (dunque nella fase preliminare dell’espletamento della funzione giudicante) la Commissione stabilisca parametri obiettivi volti ad “ancorare” l’attività valutativa ad operazioni deduttive specifiche e costanti (dunque doverosamente ripetitive con riferimento a ciascun candidato), selezionando con rigore – a tal fine – le categorie omogenee di atti e/o di attività da sottoporre a giudizio e determinando il coefficiente di valore (o di peso) attribuibile a ciascuna di esse nell’ambito del giudizio complessivo.
Ma in ogni caso, ed al fine di evitare che la “discrezionalità tecnica” possa tramutarsi in mero arbitrio (o che si possa anche solamente pensare che ciò possa accadere), è comunque necessario che dalla motivazione del giudizio complessivo emerga – per quanto sinteticamente (eventualmente anche mediante il ricorso alla tecnica del rinvio agli atti procedimentali) – se in sede di esame analitico svolto prima della redazione del provvedimento finale, la Commissione esaminatrice:
a) abbia effettivamente vagliato ogni specifico profilo (ad esempio: attività didattica, attività scientifica, attività di tutoraggio, attività organizzativa etc.) che la normativa concorsuale impone di assoggettare a valutazione;
b) abbia sussunto ogni titolo (o accorpato i vari titoli) nella categoria generale da assoggettare allo specifico profilo di valutazione (attività didattica, attività scientifica, attività di tutoraggio, attività organizzativa etc.) predeterminato;
c) abbia escluso taluni titoli motivatamente (e non per mera dimenticanza);
d) abbia attribuito ad ogni profilo oggetto di valutazione (quantomeno ad ogni profilo di valutazione relativo ad una categoria omogenea, se non ad ogni specifico titolo) un punteggio numerico o un valore esprimibile in formule verbali inequivocabilmente rappresentative della posizione raggiunta nella scala gerarchica di riferimento (ex: sufficiente, buono, discreto, ottimo etc.)
e) abbia attribuito a ciascun profilo un punteggio conforme ai criteri predeterminati (id est: non eccedente per eccesso o per difetto i tetti massimi e minimi prestabiliti in termini assoluti o proporzionali).
E’ evidente, infatti, che al di sotto di tale “soglia minima” di rappresentatività degli elementi posti ad oggetto della valutazione, la motivazione che dovrebbe supportare il giudizio complessivo, rischia di divenire un inutile ed inestricabile groviglio verbale, poco comprensibile ed ingiustamente insindacabile; un mero flatus vocis.
E ciò in quanto – all’evidenza – una motivazione non è tale se non è ancorata ad un complesso, seppur minimo, di elementi obiettivamente riscontrabili.
L’ordine di idee sopra illustrato si conforma al risalente (ma sul punto immutato) orientamento della giurisprudenza amministrativa, che al riguardo ha affermato:
– che “il giudizio di idoneità a ricercatore universitario deve essere la risultante di una valutazione complessiva relativa ai titoli scientifici ed all’attività didattica del candidato e deve quindi essere sorretto da una motivazione che dia adeguatamente conto della valutazione effettuata dalla commissione giudicatrice in ordine a ciascuno di tali elementi; sicchè è illegittimo il giudizio di non idoneità formulato sulla base della valutazione della sola produzione scientifica, senza alcuna considerazione dell’attività didattica svolta dall’interessato” (C.S., VI^, 13.9.1996 n.1200);
– che “è illegittimo il provvedimento con il quale la Commissione giudicatrice, a conclusione della valutazione comparativa indetta per l’assegnazione di un posto di ricercatore universitario, dichiara a maggioranza vincitore un concorrente senza esplicare le ragioni che l’hanno indotta a non valutare parte dei titoli presentati dal ricorrente nonché a formulare, per taluno dei parametri di valutazione previsti dal bando un giudizio più favorevole nei confronti del vincitore, che si pone in contrasto con i dati obiettivi emergenti dagli atti del procedimento” (TAR Piemonte Torino, Sez.I^, 1.9.2011 n.966).
In definitiva, nella fattispecie dedotta in giudizio la Commissione ha omesso di valutare taluni titoli attestanti lo svolgimento di attività didattica e di attività di collaborazione scientifica posseduti dal ricorrente, avendo attribuito a tali attività una [#OMISSIS#] del tutto marginale, se non proprio insignificante.
E poiché dalla normativa citata emerge con sufficienza chiarezza che la valutazione di tali titoli, costituiva un’operazione deduttiva alla quale la Commissione non poteva sottrarsi, non resta che concludere che il giudizio esperito nei confronti del ricorrente – che lo ha impugnato – è viziato da incompletezza e da difetto di motivazione e va annullato (e con esso la parte del provvedimento rettorale che lo incorpora) al fine e per l’effetto di essere rinnovato.
1.2.3. Per mera completezza espositiva va sottolineato che a nulla varrebbe eccepire che la Commissione non ha indicato la percentuale massima di punteggio (o di valore percentuale) attribuibile ai differenti profili di valutazione (id est: attività scientifica, attività didattica etc.; o, ciò che esprime un analogo concetto, alle differenti categorie omogenee di titoli), per poi inferirne che tale circostanza renderebbe impossibile la rinnovazione del giudizio.
Ed invero, tale vizio – concretatosi nella mancata indicazione di specifici e puntuali criteri di giudizio atti a individuare l’effettiva incidenza della varie attività scientifiche (didattica, di collaborazione alla ricerca, di ricerca etc.) sul giudizio complessivo in ordine alla carriera svolta – non è stato dedotto da alcuno dei candidati, i quali non hanno ritenuto di impugnare il bando e/o gli atti ed i risultati della procedura concorsuale, né il decreto rettorale conclusivo.
Ne consegue che in base ai fondamentali principii che reggono la fattispecie – il principio di conservazione degli atti processuali; il principio del consolidamento (a seguito di acquiescenza) degli atti non impugnati ed il principio di divieto di ultrapetizione (c.d. “corrispondenza fra domanda e pronunzia) – non resta al Collegio che pronunciare l’annullamento del provvedimento impugnato avendo riguardo al solo profilo di doglianza, inerente il vizio di motivazione, lamentato dal ricorrente, il quale ha fatto esclusivo riferimento alla circostanza che la Commissione ha ignorato la sussistenza di taluni suoi titoli valutabili e certamente “valutandi” (titoli attestanti l’attività didattica e l’attività di collaborazione alla ricerca) e ne ha tratto argomenti, condivisibili, per concludere che ciò ha determinato una incongruenza di fondo nella motivazione sulla quale si basa il “giudizio sintetico finale”.
Giudizio che pertanto non è stato affatto esaustivamente “complessivo”.
1.3. Con il quarto mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.3 del Decreto Ministeriale n.89 del 28.7.2009 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto istruttorio, erronea valutazione, disparità di trattamento e difetto di motivazione, deducendo che nel valutare la sua produzione scientifica (numero delle pubblicazioni e costanza nel pubblicare), la Commissione ha erroneamente ritenuto che la sua attività di ricerca si sia svolta “in un arco di circa quindici anni”, mentre quindici anni dal bando corrispondono al momento in cui egli frequentava ancora il secondo anno di università.
La doglianza merita condivisione, nei sensi e nei limiti di seguito indicati.
Dall’esame dei giudizi individuali emerge che uno dei Commissari ha ritenuto che il periodo da prendere in considerazione ai fini della valutazione fosse quello immediatamente successivo al conseguimento della laurea.
In un giudizio individuale espresso nei confronti del ricorrente, si legge – infatti – che “la sua attività di ricerca si svolge in un arco temporale di circa quindici anni, essendosi egli laureato nel 1997”.
Senonchè, è evidente ed incontroverso che il periodo da prendere in considerazione ai fini della valutazione della carriera scientifica era (ed è) quello successivo al conseguimento del titolo di “Dottore di ricerca” (o, tutt’al più, all’inizio del corso di dottorato), e non certo il più vasto arco temporale che il Commissario in questione ha ritenuto di prendere in considerazione.
La questione non è irrilevante: la “densità” della produzione giuridica (e comunque il rapporto fra numero di pubblicazioni e costanza nella pubblicazione) muta – infatti – in relazione alla maggior o minor lunghezza del periodo preso in considerazione.
Inoltre, posto che al fine di redigere collettivamente il giudizio sintetico complessivo nel quale devono confluire i giudizi individuali, i Commissari discutono fra loro scambiandosi le reciproche impressioni e/o valutazioni, deve presumersi che tutti abbiano concordato con la erronea impostazione or ora segnalata; e che pertanto il giudizio complessivo sia stato erroneamente espresso avendo come riferimento un arco temporale maggiore di quello effettivamente valutabile.
Analoga osservazione vale, peraltro, per la diversa ipotesi – anch’essa parimenti plausibile – in cui il giudizio sintetico sia stato redatto da un solo Commissario, incaricato di sintetizzare (evidentemente dopo averli letti e compresi) i singoli giudizi.
In altri termini, il fatto che uno dei giudizi individuali contenga il macroscopico errore evidenziato e che lo stesso non sia stato corretto neanche in occasione della stesura del giudizio sintetico complessivo, rivela con sufficiente chiarezza che l’errore di prospettiva non è stato compreso dagli altri componenti della Commissione.
Il che conduce a ritenere, per approssimazioni logiche successive, che l’intera Commissione sia caduta, in definitiva, nell’errore evidenziato.
In conclusione, quanto fin qui osservato evidenzia un vizio che certamente inficia la motivazione, essendo emersa una imprecisione che sarebbe comunque molto grave anche se potesse essere riferita – ciò che non appare possibile per le ragioni d’ordine logico già esposte – ad un solo Commissario.
2. In considerazione delle superiori osservazioni il ricorso va accolto, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento rettorale impugnato e del giudizio che con esso è stato recepito ed approvato; giudizio che dovrà conseguentemente essere rinnovato ad opera di una Commissione giudicatrice da costituire – secondo un noto principio giurisprudenziale volto ad assicurare la serenità di giudizio ed imparzialità di giudizio (Cfr. TAR Lombardia, Milano, IV^, 3.5.2013 n.1149) – in diversa composizione.
Essendo ancora impregiudicata, allo stato, la questione di fondo (consistente nella idoneità del ricorrente a ricoprire il posto per i quale il concorso è stato bandito, posto ancora vacante in esito alla rinunzia della controinteresata), si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sez. II^, accoglie il ricorso; e, per gli effetti conformativi indicati in motivazione, annulla per quanto di ragione il decreto impugnato.
Compensa le spese fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2014 con l’intervento dei Signori Magistrati:
[#OMISSIS#] Giamportone, Presidente
[#OMISSIS#] Modica de [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)