Consiglio di Stato, Sez. III, 9 gennaio 2018, n. 85

Personale azienda ospedaliera universitaria-Attività assistenziale- Indennità di posizione spettante ex art. 6, d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517

Data Documento: 2018-01-09
Area: Giurisprudenza
Massima

Per quanto concerne il diritto a percepire i trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, si osserva che le indennità in questione, oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili, debbano essere “graduate”, in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di “parametri” previamente concordati. In altri termini, occorre quantificarle tenendo conto degli elementi organizzativi e funzionali che connotano le diverse posizioni ed attività dei medici universitari.
L’individuazione di detti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati, tra Regione ed Università, e tra Università ed Azienda sanitaria.

Dalla giurisprudenza si può trarre conferma della necessità che la corresponsione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 (e dall’art. 3 del d.p.c.m. 24 maggio 2001) avvenga dopo l’adozione di atti pattizi attuativi, anche se le pronunce in materia (cfr. – oltre a TAR Bari, Sez. II, n. 724/2012, Cons. Stato, Sez. VI, n. 7298/2010, n. 389/2010 e n. 6301/2009) si limitano ad affermazioni di principio, e non affrontano la questione dei contenuti specifici che detti atti debbano avere.

Contenuto sentenza

N. 00085/2018REG.PROV.COLL.
N. 03065/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3065 del 2015, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Boccardo, [#OMISSIS#] Cancedda, [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ferraris, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Mingari, [#OMISSIS#] Moresco, [#OMISSIS#] Parodi, [#OMISSIS#] Percivale, [#OMISSIS#] Rubagotti, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ugolini, Marina [#OMISSIS#] Vercelli, rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, 142; 
contro
– Università degli Studi di Genova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
– Regione Liguria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Barbara Baroli, [#OMISSIS#] Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Pafundi in Roma, viale [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], 14; 
– IRCCS – Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Pafundi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Pafundi in Roma, viale [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ,14a/4; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE I, n. 01398/2014, resa tra le parti, concernente accertamento diritto a percepire trattamenti aggiuntivi per attivita’ assistenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Genova, di Regione Liguria e di IRCCS – Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il Cons. [#OMISSIS#] Ungari e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Pafundi e l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Piracci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia riguarda la spettanza agli odierni appellanti, professori e ricercatori universitari presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova, in attività con funzioni assistenziali presso l’I.R.C.S.S. – Azienda Ospedaliera Universitaria S. Martino – IST (Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova), del diritto a percepire i trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999.
2. Si tratta del “trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico” (c.d. indennità di posizione) e del “trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca” (c.d. indennità di risultato), previsti dall’art. 6, comma 1, cit., rispettivamente alle lettere a) e b).
3. Il TAR Lazio, con la sentenza appellata (I, n. 1398/2017), ha respinto il ricorso volto ad ottenere l’accertamento del suddetto diritto, affermando che la concreta determinazione dei contributi aggiuntivi non s’è mai realizzata, posto che il protocollo d’intesa fra Regione e Università, cui è rimessa dall’art. 1 del d.lgs. 517/99 detta determinazione, non è stato concluso, sicché i ricorrenti non sono allo stato titolari di alcun diritto soggettivo alla corresponsione del contributo.
4. Ha aggiunto il TAR che l’atto con cui l’Università ha subordinato la determinazione dei contributi alla conclusione di un (ulteriore) protocollo d’intesa con la Regione, non è stato impugnato nei termini (si tratta della nota intervenuta in corso di causa, in data 28 ottobre 2008, con cui l’Università ha riscontrato negativamente la richiesta di pagamento, affermando di essere in attesa di risposta della Regione ad una proposta di ridefinizione del trattamento economico spettante al personale convenzionato con il SSN).
5. E’ opportuno precisare che tra Regione Liguria e IST risulta sottoscritto in data 17 marzo 2004 un protocollo d’intesa ai sensi dell’art. 1, del d.lgs. 517/1999 e del d.P.C.M. 24 maggio 2001, e che tra Università di Genova e IST risulta sottoscritto in data 19 settembre 2006 una convenzione attuativa finalizzata a disciplinare lo svolgimento dell’attività assistenziale da parte dei medici universitari convenzionati.
6. La tesi riproposta dagli appellanti è che, stanti le previsioni di protocollo e convenzione, ed il rinvio alle previsioni normative e del c.c.n.l. sul trattamento economico, non sia necessario nessun altro adempimento per rendere attuale ed esigibile il diritto ai trattamenti aggiuntivi.
Secondo gli appellanti, gli atti intervenuti, ed in particolare gli artt. 3, 4, 5 e 8 del protocollo del 2004, soddisfano i requisiti di applicabilità delle indennità in questione.
A ben vedere, infatti, il protocollo disciplinato dall’art. 1 del d.lgs. 517/1999 non ha affatto la funzione di procedere alla determinazione dei trattamenti aggiuntivi, ma soltanto quelle elencate dalla disposizione stessa. E la tesi del TAR non può trovare conforto nemmeno nell’art. 3, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. 24 maggio 2001 (Linee guida concernenti i protocolli d’intesa da stipulare ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 517/1999).
Del resto, le indennità di posizione e di risultato, sotto il profilo della quantificazione, trovano già disciplina nei c.c.n.l. di settore, applicabili anche ai medici universitari in forza del combinato disposto degli artt. 5, comma 3, 6, comma 2, del d.lgs. 517/1999 e 15 del d.lgs. 502/1992.
In ogni caso, a dare attuazione all’art. 3, del d.P.C.M. 24 maggio 2001, è intervenuta la convenzione tra IST ed Università di Genova del 2006.
7. Con un secondo ordine di censure, gli appellanti contestano che dalla nota dell’Università in data 28 ottobre 2008 nascesse un onere di impugnazione, in quanto non ha natura provvedimentale. In ogni caso, l’atto sarebbe illegittimo e, vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva, ex artt. 133, comma 1, lettera i), cod. proc. amm. e 3, del d.lgs. 165/2001, il giudice avrebbe dovuto, anche d’ufficio, disapplicarlo.
8. L’I.R.C.C.S. A.O.U. San Martino – IST e la Regione Liguria si sono costituite in appello ed hanno controdedotto puntualmente, anche eccependo il difetto di legittimazione passiva (in quanto l’unico soggetto obbligato al pagamento del trattamento economico è l’Università con la quale interviene il rapporto di lavoro).
9. Il Collegio precisa anzitutto che gli appellanti – contrariamente a quanto eccepito nelle difese delle Amministrazioni appellate – non hanno avanzato la pretesa alla corresponsione delle indennità in questione in aggiunta alla remunerazione già goduta (al riguardo, la giurisprudenza ha da tempo chiarito trattarsi di emolumenti sostitutivi della indennità perequativa, c.d. indennità De [#OMISSIS#], prevista dall’art. 31 del d.P.R. 761/1979, e non aggiuntivi – cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, n. 386/2010; n. 1001/2015).
Agiscono invece per ottenere il trattamento perequativo previsto dall’art. 6 del d.lgs. 517/1999, in luogo di quello fino ad ora percepito.
10. Non è poi dubbio che obbligato alla corresponsione del trattamento economico ai medici universitari convenzionati sia l’Università, ed infatti è nei confronti dell’Università di Genova che gli appellanti hanno chiesto e chiedono una sentenza di condanna.
Tuttavia, non può certo ritenersi che l’I.R.C.C.S. – Azienda Ospedaliera Universitaria presso la quale gli appellanti prestano servizio e la Regione Liguria, in quanto onerate, rispettivamente, della messa a disposizione dell’Università delle somme necessarie al pagamento delle indennità, e del trasferimento all’Azienda delle risorse finanziarie a tal fine necessarie, siano estranei all’esito del giudizio.
Non si comprende, peraltro, il senso dell’affermazione, contenuta nella memoria di replica depositata in data 17 ottobre 2017 dall’I.R.C.C.S., secondo cui la sentenza appellata sarebbe passata in giudicato “con riguardo al difetto di legittimazione dell’amministrazione concludente”, posto che l’IRCCS ha partecipato al giudizio di primo grado, e che nella sentenza il TAR non ha preso in considerazione la questione della legittimazione.
12. Ciò detto, va precisato che – pur non essendo condivisibile quanto prospettato dagli appellanti circa la possibilità di disapplicare d’ufficio atti amministrativi (come nel caso in esame, di natura non regolamentare) – dalla nota dell’Università di Genova in data 28 ottobre 2008 non deriva comunque una preclusione all’esame della pretesa patrimoniale degli appellanti, avendo essi, fin dall’inizio del giudizio, proposto una domanda nelle forme di un’azione di accertamento, che di per sé consente di prescindere dalla verifica della legittimità o meno di atti adottati medio tempore dall’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, VI, n. 738/2017, che ha riformato TAR Bari, n. 724/2012, invocata dal TAR Liguria nella sentenza appellata).
13. Secondo l’art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999, ai medici universitari in servizio presso le aziende sanitarie pubbliche spettano: “a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca”.
Il comma 2 precisa che detti trattamenti “sono erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate e sono definiti secondo criteri di congruità e proporzione rispetto a quelle previste al medesimo scopo dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni”.
D’altro canto, secondo l’art. 1 del medesimo d.lgs. 517/1999, “L’attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio” (comma 1), detti protocolli d’intesa “sono stipulati in conformità ad apposite linee guida contenute in atti di indirizzo e coordinamento” statali, emanati sulla base dei criteri e princìpi direttivi di seguito elencati (comma 2), tra i quali “d) indicare i parametri per l’individuazione delle attività e delle strutture assistenziali complesse, funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, delle aziende di cui all’articolo 2, nonché delle Aziende USL per quanto concerne le attività di prevenzione, secondo criteri di essenzialità ed efficacia assistenziale, di economicità nell’impiego delle risorse professionali e di funzionalità e coerenza con le esigenze di ricerca e di didattica dei predetti corsi …”.
Aggiunge il successivo comma 3 che “I protocolli d’intesa di cui al comma 1 stabiliscono altresì, anche sulla base della disciplina regionale di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, criteri generali per l’adozione, da parte del direttore generale delle aziende di cui all’articolo 2, degli atti normativi interni, ivi compreso l’atto aziendale previsto dall’articolo 3.” (disciplina dell’ “organizzazione interna delle aziende”).
Le linee guida previste dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 517/1999 sono state adottate con il d.P.C.M. 24 maggio 2001, il cui art. 3, comma 2, prevede che “Nel protocollo d’intesa deve essere inoltre previsto: … d) che il trattamento economico previsto dall’art. 6 del decreto legislativo n. 517 del 1999, quale riconoscimento dovuto ai professori ed ai ricercatori universitari per lo svolgimento dell’attività assistenziale, è composto da: 1) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; 2) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri, concordati fra il direttore generale e il rettore, di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché di efficacia nella realizzazione dell’integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.”.
14. Non sembra dubbio, alla luce delle previsioni normative, che le indennità in questione, oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili, debbano essere “graduate”, in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di “parametri” previamente concordati.
In altri termini, che occorra quantificarle, tenendo conto degli elementi organizzativi e funzionali (secondo un processo logico che, come prospettato dalla difesa delle Amministrazioni appellate, potrebbe svilupparsi attraverso l’individuazione delle strutture aziendali e dei parametri di misurazione del peso dei relativi incarichi, e la successiva quantificazione delle retribuzioni accessorie tra un minimo ed un massimo prefissati, con riferimento alle specifiche situazioni aziendali) che connotano le diverse posizioni ed attività dei medici universitari.
L’individuazione di detti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati, tra Regione ed Università, e tra Università ed Azienda sanitaria.
15. Dalla giurisprudenza si può trarre conferma della necessità che la corresponsione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999 (e dall’art. 3 del d.P.C.M. 24 maggio 2001) avvenga dopo l’adozione di atti pattizi attuativi, anche se le pronunce in materia (cfr. – oltre a TAR Bari, II, n. 724/2012, Cons. Stato, VI, n. 7298/2010, n. 389/2010 e n. 6301/2009) si limitano ad affermazioni di principio, e non affrontano la questione dei contenuti specifici che detti atti debbano avere.
16. Ad avviso del Collegio, non risulta che tali necessari presupposti si fossero realizzati nel caso in esame, così come affermato, seppure sinteticamente, nella sentenza appellata.
Infatti, in estrema sintesi, il protocollo d’intesa del 2004 si limita ad individuare il parametro dei posti letto messi a disposizione dalla Facoltà di medicina (art. 3), a definire le soglie operative per individuare le strutture funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca della Facoltà (art. 4), nonché la macro-organizzazione su base dipartimentale (art. 5), e ad indicare la provvista finanziaria dei fondi destinati all’erogazione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6 del d.lgs. 517/1999, e a riprodurre le previsioni dell’art. 3, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. 24 maggio 2001, senza tuttavia corredarle di alcun concreto criterio di graduazione e quantificazione delle indennità (art. 8).
Gli appellanti invocano in particolare, oltre a quanto previsto dall’art. 8 del protocollo del 2004, di cui si è detto, l’art. 5 della convenzione attuativa del 2006, secondo cui “l’IST si impegna a versare all’Università la somma necessaria per la corresponsione al personale medico avente titolo, indicato negli elenchi allegati, del trattamento economico aggiuntivo previsto dal D.Lgs. n. 517/1999 e dal DPCM 24/5/2001”, ma è evidente che tale disciplina pattizia riguarda la provvista finanziaria a monte della corresponsione. E nemmeno la successiva precisazione secondo cui, dal 24 agosto 2006 “le retribuzioni verranno calcolate secondo quanto previsto dalla legge, dai regolamenti e in base alle interpretazioni nel frattempo consolidate. Le parti convengono che i trattamenti di cui sopra sono attribuiti mensilmente all’Università in modo da garantire al personale universitario una erogazione del dovuto contestuale a quella del personale del s.s.n.”, ma anche detta disposizione non contribuisce alla determinazione dell’entità delle indennità in questione.
In memoria, gli appellanti invocano ulteriormente il c.c.n.l. della dirigenza medica e veterinaria 1998/2001, in quanto menziona (art. 39) l’indennità di posizione come collegata all’incarico conferito ai dirigenti medici, e indica (art. 27) le diverse tipologie di incarichi ad essi conferibili.
Va tuttavia osservato che, anche considerando tali indicazioni, continuerebbe a mancare un atto di ricognizione delle situazioni dei medici appellanti in relazione agi rispettivi incarichi ed all’importanza (graduazione) degli stessi, ai fini della quantificazione delle indennità.
Gli appellanti, in definitiva, pur postulando l’esistenza di criteri e parametri normativi e contrattuali in grado di integrare la previsione dell’art. 6 del d.lgs. 517/1999, non hanno saputo indicare, nemmeno a titolo esemplificativo, quale sarebbero i trattamenti loro spettanti attraverso l’applicazione di detti presupposti.
17. Resta da precisare che esula dalla valutazione del Collegio la rilevanza del sopravvenuto protocollo generale d’intesa sottoscritto tra Regione Liguria ed Università degli studi di Genova in data 4 aprile 2017 – che, secondo la difesa dell’IRCCS (cfr. memoria di replica), all’art. 13 conterrebbe, “innovativamente e per la prima volta”, una specifica disciplina convenzionale per la determinazione delle indennità in questione.
18. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
19. Le spese del grado di giudizio, considerata la relativa novità di alcuni aspetti delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Umberto [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Ungari, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 09/01/2018