Con sentenza 30 settembre 2010, in causa C-314/09, la Corte di Giustizia UE ha stabilito che, nella materia degli appalti pubblici, l’obbligo degli Stati membri di garantire ai soggetti interessati forme effettive di tutela impone strumenti di ricorso che consentano al concorrente più meritevole di conseguire l’aggiudicazione e di eseguire quindi il contratto. Solo se la reintegrazione in forma specifica non è possibile (ad esempio perché la pronuncia del giudice interviene quando il contratto è stato già eseguito), allora si fa luogo al risarcimento dei danni per equivalente monetario, ma in questo caso la condanna della stazione appaltante non è subordinata all’accertamento della c.d. colpa d’apparato, dovendo il risarcimento assicurare la medesima utilità sostanziale che è andata persa. E poiché tale principio è stato affermato con riguardo alla c.d. direttiva ricorsi n. 89/665/CEE, ne consegue che la sentenza è applicabile anche al caso di specie, vista la natura meramente dichiarativa (e quindi con effetto ex tunc) delle sentenze rese dalla CGUE in sede di decisione sul rinvio pregiudiziale.
TAR Marche, Ancona, Sez. I, 15 gennaio 2018, n. 38
Gara pubblica in materia di appalti-Risarcimento del danno-Non accertamento della c.d. colpa d'apparato
N. 00038/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00076/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 76 del 2006, proposto da:
M.C.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ascoli, con domicilio eletto presso lo studio Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ascoli, in Ancona, piazza Stamira, 10;
contro
Università degli Studi di Ancona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata presso la sede della stessa, in Ancona, piazza [#OMISSIS#], 29;
per la condanna
dell’Università di Ancona al risarcimento del danno derivante dall’illegittima esclusione da procedura di gara di appalto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ditta ricorrente agisce in questa sede per conseguire la condanna dell’intimata Università (la quale ha nelle more del giudizio mutato la sua denominazione in Università Politecnica delle Marche) al risarcimento dei danni da mancata aggiudicazione dell’appalto relativo al servizio di fotoriproduzione presso le sedi del Polo didattico di Monte Dago (durata dell’appalto 5 anni).
In particolare, M.C.S., che era risultata [#OMISSIS#] offerente, fu esclusa dalla gara per asserita carenza documentale della domanda di partecipazione, ma tale provvedimento è stato annullato da questo Tribunale con sentenza n. 379/1999, poi confermata dal Consiglio di Stato con diversa motivazione (decisione della Sez. VI n. 5348/2004).
Il danno da risarcire viene quantificato in € 433.148,82 (importo determinato sulla base del fatturato realizzato dalla ditta che ha poi svolto il servizio in luogo di M.C.S.) o nella diversa somma che il Tribunale riterrà equa.
2. Si è costituita in giudizio l’intimata Università, chiedendo il rigetto della domanda.
Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2018 la causa è passata in decisione.
3. Il ricorso va accolto, alla luce delle considerazioni che seguono.
3.1. Come è noto, con sentenza 30 settembre 2010, in causa C-314/09, la Corte di Giustizia UE ha stabilito che nella materia degli appalti pubblici l’obbligo degli Stati membri di garantire ai soggetti interessati forme effettive di tutela impone strumenti di ricorso che consentano al concorrente più meritevole di conseguire l’aggiudicazione e di eseguire quindi il contratto. Solo se la reintegrazione in forma specifica non è possibile (ad esempio perché la pronuncia del giudice interviene quando il contratto è stato già eseguito), allora si fa luogo al risarcimento dei danni per equivalente monetario, ma in questo caso la condanna della stazione appaltante non è subordinata all’accertamento della c.d. colpa d’apparato, dovendo il risarcimento assicurare la medesima utilità sostanziale che è andata persa. E poiché tale principio è stato affermato con riguardo alla c.d. direttiva ricorsi n. 89/665/CEE, ne consegue che la sentenza è applicabile anche al caso di specie, vista la natura meramente dichiarativa (e quindi con effetto ex tunc) delle sentenze rese dalla CGUE in sede di decisione sul rinvio pregiudiziale.
3.2. Peraltro, il Tribunale ritiene che nel caso di specie sussiste la colpa d’apparato, ai sensi e per gli effetti di cui alla sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite. Si deve infatti osservare che:
– l’esclusione della ricorrente era stata disposta per il fatto che M.C.S. non aveva compilato la domanda di partecipazione utilizzando il fac-simile predisposto dalla stazione appaltante;
– ma, come risulta dalle sentenze di questo TAR e del Consiglio di Stato, l’amministrazione aveva inviato alle ditte invitate due modelli, di cui uno precompilato con i dati relativi all’atto di indizione della gara ed alla data da cui decorreva il termine di 180 giorni di validità dell’offerta (allegato “A”) e l’altro, del tutto identico, ma in cui i predetti dati non risultavano precompilati (allegato 4 al capitolato d’appalto). La ditta ricorrente ha utilizzato il modello allegato n. 4 al capitolato e non l’allegato “A”;
– come ha statuito in particolare il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5348/2004, M.C.S. è dunque incorsa in una “…mera irregolarità, chiaramente percepibile e ininfluente…” e dunque tale da non meritare l’esclusione.
3.3. Quanto al nesso di causalità fra l’operato dell’amministrazione e la causazione del danno di cui si chiede il ristoro, è sufficiente ribadire che l’offerta di M.C.S. era risultata largamente la migliore e dunque non esistevano (e comunque non sono stati esposti nel presente giudizio) motivi ostativi all’aggiudicazione definitiva ed alla successiva stipula del contratto.
Nella specie, dunque, il risarcimento comprende anche il lucro cessante, essendo stato accertato il diritto pieno della ricorrente all’aggiudicazione.
Al riguardo va respinta l’eccezione sollevata dalla difesa erariale, in quanto la ditta ricorrente ha fornito comunque un principio di prova circa il quantum da risarcire, e chiedendo al TAR, in via subordinata, di applicare il criterio forfettario di cui all’art. 112 (rectius, 122) del DPR n. 554/1999.
3.4. Quanto al contenuto della presente pronuncia, il Tribunale ritiene di utilizzare lo strumento di cui all’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. e dunque di onerare l’intimata Università – in persona del Rettore e del direttore amministrativo pro tempore – di formulare la proposta risarcitoria attenendosi ai seguenti principi.
In generale, è corretto il criterio di calcolo utilizzato dalla ricorrente, consistente nel prendere a riferimento i dati relativi all’esecuzione del presente appalto da parte della ditta che all’epoca era risultata aggiudicataria. Va peraltro considerato che:
– l’utile che il concorrente risultato aggiudicatario ricava dall’esecuzione di un appalto pubblico dipende in primo luogo dal ribasso percentuale o dal prezzo che quel concorrente ha offerto in sede di gara, nonché dai costi che l’appaltatore dovrà sostenere per remunerare i fattori produttivi. Per cui andrà operata una scomposizione dell’offerta a suo tempo presentata da M.C.S., in modo da evidenziare da un lato i ricavi attesi, dall’altra i costi. La differenza rappresenterà l’utile atteso, da rapportare poi al quinquennio in cui l’appalto è stato eseguito da Copi Marche;
– si deve poi considerare l’aliunde perceptum. In effetti, se un’impresa è costretta a rinunciare all’esecuzione di una determinata commessa a causa di un provvedimento illegittimo di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica, ma è un’impresa ben inserita nel mercato (il che, peraltro, costituisce un requisito di ammissione alle procedure ad evidenza pubblica, sub specie di fatturato minimo in servizi analoghi), si deve presumere che la stessa abbia utilmente impiegato i fattori produttivi in altre analoghe commesse, non importa se affidate da soggetti pubblici o privati. Pertanto, con specifico riguardo al caso di specie, M.C.S. dovrà fornire all’amministrazione copia dei bilanci societari riferiti al periodo in cui l’appalto ha avuto esecuzione, in modo che si possa verificare con un certo grado di approssimazione quale è stata la percentuale di incidenza del mancato svolgimento del presente appalto sull’andamento complessivo della società.
La somma risultante dalle predette valutazioni andrà ovviamente rivalutata e maggiorata di interessi.
Considerato che la ditta ricorrente si trova attualmente in fase liquidatoria, il procedimento dovrà essere avviato entro 30 giorni dalla notifica o dalla comunicazione della presente sentenza e concludersi entro novanta giorni dal momento in cui M.C.S. avrà fornito all’Università la documentazione summenzionata. Le parti possono ovviamente concordare una diversa tempistica in presenza di giustificate ragioni o, in caso di disaccordo, adire il Tribunale ai sensi degli artt. 112 e ss. cod. proc. amm.
4. In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini dianzi precisati.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’intimata Università a formulare la proposta risarcitoria nei sensi e nei termini di cui in motivazione;
– condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore della società ricorrente delle spese del giudizio, che si liquidano in complessivi € 2.000,00 (comprensivi del rimborso forfettario di cui all’art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014), oltre a IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Giovanni [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 15/01/2018