In mancanza di una espressa statuizione riferita ad una rinnovazione estesa anche ai precedenti aspetti favorevoli di giudizio, i poteri valutativi della nuova Commissione restano circoscritti ai profili di illegittimità rilevati nel giudicato.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2018, n. 354
Abilitazione scientifica nazionale-Rinnovazione giudizio
N. 00354/2018REG.PROV.COLL.
N. 04871/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4871 del 2017, proposto dal signor [#OMISSIS#] Donno, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Pellegrino e [#OMISSIS#] Pellegrino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;
contro
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’Università degli Studi Roma Tre e l’Università degli Studi Macerata, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
La signora Canella [#OMISSIS#], non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. III, n. 6861/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Universita’ degli Studi Roma Tre e dell’Universita’ degli Studi di Macerata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2017 il Cons. [#OMISSIS#] Mele e uditi per le parti l’avvocato Giovanni Pellegrino e gli avvocati dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Vittoria [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza n. 6861 del 9 giugno 2017, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Terza), rigettava il ricorso proposto dal signor Donno [#OMISSIS#], inteso ad ottenere l’esatta ottemperanza delle sentenze nn. 956/17 e 11729/2015, con le quali lo stesso giudice aveva accolto i ricorsi dallo stesso proposti per l’annullamento del giudizio espresso dalla Commissione Giudicatrice chiamata ad esprimersi per esaminare la domanda volta al conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di II fascia per il settore concorsuale 11/A3- Storia Contemporanea (Bando 2012), nonché per declaratoria della nullità o, in subordine, per l’annullamento del giudizio espresso sul ricorrente dalla Commissione Giudicatrice chiamata nella sua nuova composizione a dare esecuzione alle prefate sentenze, riesaminandone la domanda.
Il giudice di primo grado ha motivato la determinazione reiettiva sulle seguenti considerazioni.
«In punto di fatto è incontestato che la competente Direzione Generale del MIUR, a seguito della citata sentenza di annullamento, ha provveduto a nominare una nuova Commissione, la quale ha effettuato una nuova valutazione del candidato [#OMISSIS#] Donno, pervenendo ad un nuovo diniego di abilitazione, questa volta basato su un negativo scrutinio della sua produzione scientifica. Tale modo di procedere risulta pienamente rispondente alla pronunzia che il ricorrente intende azionare con il presente giudizio e, in generale, ai poteri delle Commissioni di abilitazione scientifica nazionale in composizione interamente rinnovata.
Ed, invero, come ripetutamente e costantemente affermato dalla Sezione in materia di abilitazione scientifica nazionale (anche per le valutazioni svolte in ottemperanza a sentenza di annullamento: sentenza n. 11583/2016), il giudizio della Commissione costituisce tipica valutazione tecnico-discrezionale, sindacabile e dunque censurabile solo in ipotesi di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza.
Tanto comporta che, anche in sede di ottemperanza al giudicato, l’effetto conformativo della sentenza (che abbia pronunziato l’annullamento per una data omissione della precedente commissione) non possa espandersi al punto di elidere del tutto tale discrezionalità. Al contrario, il contenuto precettivo (ossia dotato di stringente effetto conformativo) delle pronunzie azionate deve ritenersi limitato all’ivi espresso ordine di riesame della posizione del candidato mediante una Commissione in composizione del tutto diversa da quella che ha operato: prescrizione quest’’ultima, che trova la propria ragion d’essere proprio nella necessità che il candidato sia sottoposto ad una valutazione realmente “nuova”, ovvero priva degli inevitabili condizionamenti che deriverebbero ai precedenti Commissari dall’avere già valutato in senso negativo il candidato.
Per raggiungere tale fine, pertanto, la nuova Commissione non solo può, ma, anzi, deve procedere ad un completo esercizio della propria discrezionalità, valutando ex novo il candidato; fermo restando che tale valutazione non può prescindere dalle risultanze di fatto (qui, il possesso dei titoli negati dal primo giudizio, poi annullato) su cui le sentenze azionate si fondano».
Avverso la citata sentenza. il dottor Donno ha proposto appello, chiedendone l’integrale riforma, con conseguente accoglimento del ricorso ex art. 112 c.p.a. prodotto in primo grado.
Egli ha, in primo luogo, richiamato la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV n. 2362/2010; Sez. VI n. 2657/2015) secondo cui , in materia di rinnovazione – conseguente ad annullamento giurisdizionale- di giudizi valutativi pur espressione di discrezionalità tecnica – il potere discrezionale che residua all’amministrazione va esercitato tenendo conto della motivazione della sentenza, da interpretare a sua volta sulla base delle censure in concreto formulate dal ricorrente. Peranto, in sede di rinnovazione della determinazione amministrativa annullata, non sarebbe consentito modificare in senso peggiorativo la motivazione degli atti a suo tempo compilati per le parti risultate incontroverse, ripensando i contenuti delle valutazioni iniziali non contestate.
Invero, il giudicato non restituisce all’amministrazione il più ampio potere di sottoporre ad integrale valutazione lo scrutinando, con la totale ricompilazione del giudizio anche in senso parzialmente peggiorativo, mediante la ‘rivisitazione a tutto campo’ di elementi cristallizzati e rimasti incontroversi nel precedente giudizio.
L’appellante ha evidenziato che tale principio non è scalfito dalla circostanza che la rinnovazione della valutazione è stata effettuata da una commissione in diversa composizione soggettiva, atteso che le commissioni sono pur sempre organi straordinari del MIUR, privi di una soggettività giuridica distinta da quella del Ministero, al quale è sempre riferibile la loro attività, pur nella diversa composizione soggettiva.
Vi sarebbe, pertanto, una contraddittorietà interna, in quanto vi sarebbe stata dapprima una valutazione positiva delle sue pubblicazioni scientifiche e poi una valutazione negativa.
L’appellante lamenta ancora che il Tribunale non avrebbe tenuto conto della effettività del ‘vincolo’ derivante dalla anteriore sentenza n. 956/17, in quanto in tale decisione, resa in sede di ottemperanza, era stato statuito che «nel provvedere all’adozione del nuovo giudizio valutativo la Commissione si atterrà a quanto già statuito nella sentenza di merito n. 11729/15, tenendo conto delle ragioni che hanno condotto all’annullamento del giudizio negativo in precedenza espresso dall’originario organo di valutazione».
Egli rileva, pertanto, che il Tribunale non avrebbe tenuto in adeguato conto il ruolo che il giudizio positivo sulle pubblicazioni assumeva nel tessuto argomentativo della sentenza n. 11729/2015, quale presupposto legittimante al ricorso e che, dunque, rientrava tra le “ragioni” di quell’accoglimento, di cui la Commissione, nella nuova composizione, avrebbe dovuto tenere conto.
Invero, solo il giudizio positivo espresso sulla sua produzione scientifica dalla prima Commissione lo aveva legittimato al ricorso avverso il giudizio negativo (fondato sul mancato possesso degli “altri titoli”), onde, trattandosi di un presupposto legittimante della domanda formulata, coperto dal giudicato formatosi sull’accoglimento di questa, la valutazione positiva della produzione scientifica non poteva più essere posta in discussione nella esecuzione della sentenza.
L’interessato deduce, infine, a fondamento dell’appello, il principio di effettività della tutela giurisdizionale, evidenziando anche la violazione del principio dell’affidamento, in quanto egli aveva in buona fede impugnato il primo giudizio idoneativo, in quanto sapeva di essere in possesso degli altri titoli e confidava sul presupposto legittimante al ricorso determinato dalla Commissione con il giudizio positivo sulla sua produzione scientifica.
Le Amministrazioni appellate si sono costituite in giudizio, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto, rilevando che la nuova commissione, incaricata di una rinnovata valutazione, non potrebbe ritenersi vincolata nell’esito, procedendo essa, con pari poteri e discrezionalità rispetto alla precedente, ad un nuovo esame dei titoli scientifici dei candidati al fine di esprimere nuovi giudizi individuali e collegiali, senza tenere conto, come possibile termine di comparazione, dei (peraltro inaccessibili) giudizi della precedente Commissione di ASN.
Le Amministrazioni hanno osservato ancora che, trattandosi di valutazioni scientifiche cui è inerente l’esercizio riservato ed infungibile di amplissima discrezionalità tecnica, il vincolo conformativo discendente dalle sentenze di accoglimento non risulta tanto preciso e dettagliato da far ritenere che l’esito del riesame sia scontato, non implicando queste alcun riconoscimento della idoneità richiesta.
2. Ritiene la Sezione che l’appello è fondato, per le ragioni e nei sensi che di seguito si espongono.
La sentenza del Tribunale Amministrativo n. 11729/2015, sulla quale si è formato il giudicato, ha precisato in primo luogo in sede motivazionale: «Rilevato che il medesimo riportava un giudizio collegiale di inidoneità fondato sulla motivazione che di seguito si trascrive nei suoi passaggi essenziali: “… La sua produzione scientifica complessivamente intesa supera 2 mediane ( la prima e la seconda) su 3, rispetta gli indicatori quantitativi minimi previsti dalla Commissione e – in termini qualitativi – per quanto riguarda la metodologia e l’importanza del contributo offerto alla conoscenza storiografica – appare buona”; inoltre la Commissione giudicatrice valutava in termini più che positivi i libri dedicati dal candidato ad una rilevante personalità politica del Dopoguerra, “realizzando con ciò una indagine esemplare sul tema e colmando un vuoto esistente in materia (mentre meno convincente risulta invece l’analisi dedicata a “La cultura politica del PSI negli anni Ottanta. Discussioni e propaganda nelle riviste socialiste”…) (….). Il candidato presenta in modo insufficiente i titoli aggiuntivi previsti dal regolamento (internalizzazione, attività organizzative ecc…) avendo al proprio attivo soltanto la presenza in seno al comitato editoriale di 1 rivista (“Ventunesimo secolo”); per quest’ultimo motivo la Commissione, a maggioranza, ha ritenuto l’odierno ricorrente non meritevole dell’abilitazione scientifica per la seconda fascia della docenza universitaria (vedi doc. 1 ric.)».
La sentenza di primo grado, dunque, ha dato atto della valutazione positiva della Commissione in ordine alle mediane e con riferimento alla produzione scientifica del dott. Donno, sia sotto il profilo quantitativo che “qualitativo”, ritenuta, sotto quest’ultimo aspetto “buona”.
Essa ha sottolineato, quindi, che il mancato riconoscimento dell’abilitazione scientifica è dipeso dal ritenuto possesso, in modo insufficiente, dei titoli aggiuntivi previsti dal regolamento.
Orbene, osserva la Sezione che – risultando incontestata la favorevole valutazione delle pubblicazioni, come sopra precisato – l’annullamento del giudizio di inidoneità si è fondato proprio sulla ritenuta illegittimità della valutazione compiuta in relazione al possesso degli “altri titoli”.
Invero, a fronte della dedotta mancata valutazione di altri titoli (a- assegno quadriennale di ricerca presso il Dipartimento di scienze storiche della LUISS “Guido [#OMISSIS#]” di Roma; b- partecipazione ad uno specifico progetto di ricerca promosso e finanziato dalla predetta Università della durata di trenta mesi; c- partecipazione allo “International center for transition studies della LUISS Guido [#OMISSIS#], fondato dal Prof. Victor Zaslavsky”), la sentenza del Tribunale Amministrativo ha evidenziato quanto segue: «Considerato che la Commissione, nel proprio giudizio, attesta di aver tenuto conto, tra i titoli “aggiuntivi” ( e cioè diversi dalle pubblicazioni) prodotti, soltanto della presenza del candidato in seno al comitato editoriale della rivista “Ventunesimo secolo”, il che è sintomatico di una disamina incompleta dei titoli esibiti dal candidato come sopra specificati i quali, al contrario, dovevano essere adeguatamente valutati alla luce degli stessi criteri auto-vincolanti definiti dall’Organo valutativo; Considerato che non si evincono dalla motivazione resa dalla Commissione le ragioni che l’hanno condotta a non ritenere rilevanti i titoli in questione che, al contrario, appaiono conformi a quanto richiesto dalla Commissione in sede di deliberazione sui criteri di valutazione (v. doc. 4 ric.); Considerato pertanto che, oltre all’incontestato possesso del titolo costituito dalla partecipazione a comitati editoriali di riviste di settore, andavano riconosciuti al ricorrente anche gli ulteriori titoli aggiuntivi sopra menzionati e che, pertanto, appare osservato dal candidato il criterio maggiormente selettivo deliberato dalla Commissione per la seconda fascia, secondo cui “il candidato debba possedere almeno tre degli ulteriori elementi di valutazione sopra elencati” (“altri titoli”, di cui al doc. 4, pag.4);….Considerato pertanto che la motivazione del diniego dell’abilitazione appare erronea, carente e non conforme ai criteri autovincolanti deliberati dalla stessa Commissione giudicatrice e che, pertanto, meritano accoglimento le censure articolate nel primo e principale motivo di gravame con conseguente annullamento dei giudizi valutativi formulati nei confronti del ricorrente i quali, a ben vedere, si incentrano in misura decisiva sull’asserto (rivelatosi infondato) dell’insufficiente possesso di “altri titoli” (diversi dalle pubblicazioni)».
Sulla base di tale ragione di annullamento deve, pertanto, essere interpretato l’ordine di rivalutazione del candidato contenuto in sentenza, laddove essa specifica: «Ritenuto, pertanto, che, ai sensi dell’articolo 34, comma 1, lett. e), in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessato debba essere riesaminata da parte di una Commissione in diversa composizione entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se antecedente».
Invero, in assenza di una espressa indicazione di rinnovazione totale della valutazione (estesa, cioè, a tutti i possibili ambiti di essa), l’utilizzo gli incisi «pertanto» e «in esecuzione della presente sentenza» depongono per la conclusione che la rinnovazione del giudizio dovesse riguardare unicamente gli aspetti della stessa ritenuti viziati e non potesse toccare elementi ovvero ambiti di giudizio già resi in termini positivi, rimasti incontestati in quanto favorevoli al candidato.
Tale conclusione trova conferma in quanto stabilito dal TAR in sede di ottemperanza, nella sentenza n. 956 del 19 gennaio 2017, laddove, al punto 6, viene stabilito che «Tramite la nuova Commissione, nominata dal Ministero in esecuzione della sentenza oggi azionata, il MIUR dovrà provvedere senza indugio al riesame della posizione del ricorrente….
Nel provvedere all’adozione del nuovo giudizio valutativo la Commissione si atterrà a quanto già statuito dalla sentenza di merito n. 11729/2015, tenendo conto delle ragioni che hanno condotto all’annullamento del giudizio negativo in precedenza espresso dall’originario Organo di valutazione.
In mancanza, di una espressa statuizione riferita ad una rinnovazione estesa anche ai precedenti aspetti favorevoli di giudizio, i poteri valutativi della nuova Commissione restano circoscritti ai profili di illegittimità rilevati nel giudicato, come del resto rimarcato espressamente dal riferimento alle «ragioni che hanno condotto all’annullamento del giudizio negativo in precedenza espresso», le quali non solo hanno dettato la regola conformativa della successiva azione amministrativa, ma ne hanno circoscritto gli ambiti di estensione, in tal modo escludendo che la discrezionalità tecnica potesse essere nuovamente esercitata, con esiti diversi, anche per profili della valutazione che, nell’originario giudizio, siano stati resi in termini favorevoli al candidato.
3. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, pertanto, deve ritenersi la nullità del rinnovato giudizio negativo del candidato.
Invero, lo stesso risulta essere stato espresso in elusione del giudicato di cui alla sentenza del Tribunale n. 11729/2015, come ulteriormente specificato dalla successiva sentenza resa in sede di ottemperanza n. 956/2017, in quanto, pur procedendo ad un nuovo giudizio valutativo del candidato, la Commissione, in rinnovata composizione, ne ha affermato la inidoneità sulla base di una valutazione attinente a profili in ordine ai quali il Tribunale non aveva espresso alcuna valutazione di illegittimità dell’originario giudizio, ma, al contrario, rimasto incontestato in quanto favorevole al candidato.
Né può ritenersi che della valutazione positiva delle pubblicazioni il giudice di primo grado non abbia tenuto conto, considerandosi che, ove mai la stessa fosse stata negativa e non impugnata, il Tribunale non avrebbe potuto pronunziare l’accoglimento del ricorso, ma dovuto piuttosto rilevarne l’inammissibilità in relazione alla mancata contestazione di un profilo negativo del giudizio idoneo a sorreggerne di per sè la legittimità, pur in presenza di vizi in ordine al requisito del possesso degli “altri titoli”.
Come ha correttamente evidenziato l’appellante, l’elusione è, dunque, consistita nell’avere formalmente ottemperato al giudicato, attraverso la rinnovazione del giudizio valutativo, ma sostanzialmente non rispettandolo, avendo fondato la nuova statuizione negativa su di un aspetto della valutazione che era stato in precedenza formulato in termini positivi per il candidato e che, in mancanza di un espresso ordine di rivalutazione in proposito da parte del giudice, non poteva più essere posto in discussione.
4. Ritiene il Collegio, in termini generali, di dover chiarire che, nel caso in cui il giudice eserciti i poteri previsti dall’articolo 34, lettera e) del Codice del processo amministrativo e, dopo aver annullato un precedente giudizio negativo, ne disponga la rinnovazione anche utilizzando una Commissione in diversa composizione, egli debba specificare in maniera espressa se la rinnovazione dell’attività valutativa debba essere totale o parziale.
In ipotesi di generici ordini di rivalutazione ovvero di effettuare una nuova valutazione, i relativi poteri della commissione restano comunque limitati al tratto di azione amministrativa per il quale è stata ritenuta la illegittimità, restando fermi i profili positivi di giudizio eventualmente formulati in precedenza, sui quali il giudice non è intervenuto.
Nel caso in cui, invece, l’ordine di rivalutazione sia espressamente esteso al giudizio valutativo nella sua interezza, la commissione giudicatrice in diversa composizione può rivedere e modificare anche profili positivi di giudizio in precedenza espressi dalla originaria commissione.
Purtuttavia, il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa e di tutela dell’affidamento del candidato non possono estendere ad libitum l’esercizio di tale potere di discrezionalità tecnica.
Al riguardo, invero, si impone un obbligo di esaustiva e stringente motivazione, la quale dia atto di tali precedenti valutazioni positive ed analiticamente ne confuti le risultanze, evidenziandone le ragioni di non condivisione: sotto tale aspetto, la ulteriore valutazione della commissione, contrastante con quella corrispondente della precedente commissione, è sostanzialmente basata sui suoi poteri di autotutela e pertanto deve basarsi su specifiche ragioni da cui emerga l’inadeguatezza delle conclusioni cui è giunta in parte qua la precedente commissione.
Orbene, premesso che tale ipotesi non riguarda la fattispecie oggetto della presente controversia in considerazione della circostanza – sopra rilevata – che l’ordine di rivalutazione non è stato espressamente esteso all’intero giudizio e ad ogni profilo di valutazione (anche non oggetto della pronunzia giurisdizionale di illegittimità), va in ogni caso evidenziato che la nuova commissione non ha neppure adempiuto al predetto obbligo motivazionale.
Invero, come rilevato negli stessi scritti difensivi delle Amministrazioni appellate, la commissione in nuova composizione non ha avuto conoscenza del contenuto dei giudizi espressi da quella precedente, con la conseguenza che essa – incorrendo anche nel vizio di difetto di istruttoria – non ha potuto esprimere una consapevole valutazione, motivata tenendo conto di tutte le circostanze verificatesi.
5. In conclusione, dunque, l’appello deve essere accolto e, in riforma della gravata sentenza:
– deve essere dichiarata la nullità dei provvedimenti con i quali la Commissione giudicatrice, nella nuova composizione di cui al DD MIUR 16 dicembre 2014, ha giudicato l’appellante non idoneo all’ottenimento della abilitazione scientifica nazionale II fascia;
– va ordinato alla commissione di esprimere un nuovo giudizio sull’appellante sulla base di una valutazione limitata al possesso degli “altri titoli” e, dunque, al solo tratto dell’azione amministrativa ritenuto a suo tempo illegittimo dal Tribunale Amministrativo, tenendo conto dei principi affermati nel giudicato di cui alla sentenza n. 11729/2015 e facendo salve le valutazioni positive espresse dalla precedente commissione.
Tale nuovo giudizio dovrà essere espresso dalla Commissione nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente sentenza.
La parziale novità delle questioni affrontate giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
Resta fermo l’obbligo delle Amministrazioni appellate di restituire all’appellante quanto effettivamente versato a titolo di contributo unificato, per i due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 4871 del 2017, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e con le modalità in motivazione specificate e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo per il Lazio n. 6861/2017, così provvede:
– dichiara la nullità dei provvedimenti con i quali la Commissione Giudicatrice, nella nuova composizione di cui al D.D.MIUR 16 docembre 2014, ha giudicato il dott. Donno non idoneo all’ottenimento dell’abilitazione scientifica nazionale II fascia;
– ordina alla commissione giudicatrice di rinnovare la valutazione del dottor Donno nei modi indicati in motivazione, nel termine di giorni sessanta dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Dispone che le Amministrazioni appellate restituiscano all’appellante quanto effettivamente versato a titolo di contributo unificato, per i due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 19/01/2018