I bandi di concorso per le chiamate ex art. 18, legge 30 dicembre 2010, n. 240, devono necessariamente specificare il settore concorsuale cui si riferiscono i posti messi a concorso e possono, eventualmente, ulteriormente specificare il profilo mediante indicazione di uno o più settori scientifico disciplinari ricompresi all’interno di esso.
Da ciò deriva che i bandi di concorso possono ammettere alla procedura, e valutare comparativamente, solo studiosi che risultano in possesso dell’abilitazione (o che risultano inquadrati, qualora già in servizio) nello specifico settore concorsuale oggetto del concorso. I bandi possono ammettere anche studiosi di diversi settori concorsuali, purché però essi appartengano, almeno, al medesimo macrosettore. E naturalmente tali studiosi saranno comunque valutati in ragione della congruenza dei loro titoli e delle loro pubblicazioni scientifiche rispetto al settore concorsuale oggetto del concorso cui hanno deciso di partecipare.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 31 luglio 2017, n. 3817
Procedura concorsuale professore Associato-Criteri bando
N. 03817/2017REG.PROV.COLL.
N. 01433/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1433 del 2014, proposto dalla prof.ssa Marina De Palo, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Vinti, con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] in Roma, via Sicilia, 50;
contro
Prof.ssa [#OMISSIS#] Petrilli, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Cola di [#OMISSIS#], 212;
Università degli studi di Roma “La Sapienza”, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Schirripa, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Umberto Gentiloni, [#OMISSIS#] Cestari, tutti non costituiti in giudizio;
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione III n. 10952/2013, resa tra le parti, concernente procedura selettiva per la copertura di posti di professore universitario di ruolo di II fascia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Petrilli e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 16 giugno 2016 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] e l’avvocato dello Stato Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, con decreto rettorale n. 4776 del 30.12.2011 ha indetto una procedura selettiva per la copertura di n. 74 posti di professore universitario di ruolo di II fascia, suddivisi per ciascuna area CUN, in base alla Tabella A, allegata al bando stesso.
La procedura di chiamata indetta con il bando era finanziata con i fondi di cui all’art. 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010 (c.d. Piano straordinario per la chiamata di professori associati) e disciplinata dalle norme previste dal Regolamento di ateneo di cui al decreto rettorale n. 3847 del 17.10.2011 a sua volta adottato in applicazione dell’art. 18 della legge n. 240 del 2010.
Il bando ha ammesso alla procedura selettiva (art. 2, comma l, lett. b, del bando), tra gli altri, anche i ‘‘professori di seconda fascia già in servizio presso altri atenei alla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010”.
2. La prof.ssa [#OMISSIS#] Petrilli, odierna ricorrente, dal 1.11.2003 professore associato confermato a tempo pieno presso l’Università della Tuscia di Viterbo per il settore disciplinare MFIU05 (Filosofia e teoria dei linguaggi), ha presentato domanda di partecipazione alla predetta procedura selettiva.
La domanda della prof.ssa Petrilli si riferiva, in particolare, ai posti attribuiti, nel numero di 6, all’area CUN 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche), nella quale rientra, insieme a numerosi altri, il settore concorsuale di appartenenza della ricorrente (Estetica e filosofia dei linguaggi).
Asserisce parte ricorrente che:
a) per effetto di questa scelta del bando di concorso, la medesima sarebbe stata costretta a riferire la propria domanda non già ad uno o più posti del proprio settore concorsuale (Estetica e filosofia dei linguaggi), come previsto dalla legge e dal regolamento di ateneo, o quantomeno del proprio macrosettore (Filosofia), bensì a posti relativi a discipline scientifiche non previamente precisate in funzione del rispettivo settore concorsuale, ma identificate in termini talmente ampi e generali da includere sia materie che la ricorrente studia e insegna da oltre 20 anni, sia materie che ella non avrebbe invece alcun titolo per insegnare;
b) si è vista esposta ad una valutazione della qualità della propria produzione scientifica compiuta da commissari sprovvisti delle necessarie competenze tecniche specialistiche in quel settore concorsuale, cioè da due psicologi e uno storico, oltre che da due studiosi che si sono dedicati ad altri rami degli studi filosofici, che non attengono alla filosofia del linguaggio.
c) nella prima riunione telematica, la Commissione ha provveduto a definire i criteri per la valutazione dei candidati, facendo essenzialmente propri quelli definiti dal bando di concorso, ma precisando anche alla valutazione scientometrica per i settori in cui questa è diffusa e non per gli altri (‘‘la Commissione, al fine di effettuare la comparazione di candidati di diversi settori scientifico disciplinari [ … ], ribadisce la distinzione fra settori con impact factor e settori umanistici privi di impact factor, e decide pertanto di effettuare la comparazione scientometrica per le sole aree con impactfactor [ … ]e di fare invece riferimento per le aree prive di impactfactor soltanto ai metodi tradizionali”[ … ]).con la conseguenza che nel corso della prima riunione, la Commissione avrebbe definito criteri non omogenei e non uniformi per la valutazione dei partecipanti alla medesima procedura di valutazione comparativa.
3. Con decreto rettorale n. 3477 del 15.10.2012 (prot. n. 0061186), pubblicato in data 16.10.2012, sono stati approvati gli atti della Commissione giudicatrice. Con tale decreto, l’amministrazione ha in particolare approvato sia l’elenco alfabetico dei sei candidati che “risultano individuati per la proposta di chiamata da parte del dipartimento di riferimento” (art. 2), sia, la graduatoria di merito dei rimanenti candidati “suscettibili di eventuale chiamata da parte dei dipartimenti di riferimento, solo nel caso di sussistenza di risorse residue a seguito di specifica assegnazione da parte del Senato accademico” (art. 3).
4. La ricorrente in primo grado ha impugnato i seguenti atti:
a) decreto rettorale n. 3477 del 15.10.2012 (prot. n. 0061186), pubblicato in data 16.10.2012, con cui sono stati “approvati gli atti della Commissione giudicatrice nominata per la procedura selettiva per l’area CUN 11, per la copertura complessiva di n. 74 posti di professore universitario di ruolo di II fascia da coprire mediante chiamata ex art. 29, comma 9, legge 240/2010”;
b) tutti i verbali redatti dalla commissione giudicatrice e in particolare della relazione riassuntiva ;
del decreto rettorale n. 1685 del 25 maggio 2012 (prot. n. 0033320 del 25 maggio 2012, recante “Nomina della Commissione giudicatrice Area CUN 11 della procedura selettiva per la copertura di n. 74 posti di professore universitario di ruolo di II fascia da coprire mediante chiamata ex art. 29, comma 9, legge 240/2010;
c) decreto rettorale n. 4776 del 30 dicembre 2011 (prot. n. 0084255) con cui l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” ha indetto una “procedura selettiva per la copertura di posti di professore universitario di ruolo di II fascia da coprire mediante chiamata ex art. 29, comma 9, Legge 240/2010” delle eventuali deliberazioni di procedere alla chiamata di candidati risultati vincitori del concorso o collocati nella graduatoria di merito approvata con il decreto rettorale impugnato;
d) tutti i verbali, gli atti e provvedimenti del concorso de quo ed eventuali delibere dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” intervenute;
5. La sentenza qui impugnata ha accolto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.
Parte ricorrente, oggi appellata, lamentava che la procedura concorsuale impugnata si poneva in palese contrasto con l’art. 18 della legge n. 240 del 2010; e con gli artt. 3 e 4 del Regolamento per il reclutamento dei professori di prima e seconda fascia ai sensi della legge n. 240/2010, emanato dal Rettore dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” con decreto n. 3487 del17.10.2011.
Illegittimamente, l’Università di Roma “La Sapienza” avrebbe messo a concorso 6 posti di professore associato nell’area 11, che comprende ben 17 diversi settori concorsuali, raggruppati a loro volta in 5 distinti macrosettori concorsuali con la conseguenza che la mancata identificazione del settore concorsuale dei posti messi a concorso, avrebbe reso la procedura concorsuale non conforme al principio posto dall’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, disancorando la valutazione comparativa da “parametri obbiettivi e strettamente attinenti alla qualifica funzionale che si intende coprire”, non essendo sufficiente il mero riferimento ad un posto di professore associato di area CUN 11, operato dal bando di concorso. Senza contare che conseguentemente la operata scelta dell’Amministrazione avrebbe comportato l’effetto inevitabile di sacrificare il diritto dei candidati ad essere valutati da esperti di provata competenza, vale a dire da commissari appartenenti allo stesso settore concorsuale nel quale essi sono inquadrati o hanno conseguito l’idoneità o abilitazione nazionale.
Le doglianze sono fondate.
Ed invero osserva il Collegio che il bando di concorso, con cui è stata indetta la procedura di valutazione comparativa oggetto di contestazione (decreto rettorale n. 4776 del 30.12. “), è stato adottato – come espressamente chiarito all’art. l, comma l – in applicazione dell’art. 18 della legge n. 240 del 2010, nonché del regolamento di ateneo emanato, ai sensi di tale disposizione legislativa, con decreto rettorale n. 3487 del 17.10.2011 (“regolamento di ateneo”).
Sotto tale profilo il bando di concorso si pone in aperto contrasto con entrambe tali fonti normative.
Ebbene, la nozione che rileva ai fini delle procedure di reclutamento universitarie è quella di settore concorsuale. Ciò è disposto chiaramente sia per le procedure per l’abilitazione (artt. 15 e 16 della legge n. 240 del 2010), sia per le procedure di “chiamata” da parte delle singole università, che rilevano in questa sede. Le procedure di chiamata sono disciplinate, in realtà, da ciascun ateneo con proprio regolamento, ma nel rispetto di principi e criteri fissati dall’art. 18 della legge n. 240/2010.
Fra tali criteri, è previsto in particolare il seguente: “specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari” (art. 18, c. l, lett. a).
Ciò vuol dire che, i bandi di concorso per le chiamate ex art. 18 l. 240/2010 devono necessariamente specificare il settore concorsuale cui si riferiscono i posti messi a concorso e possono, eventualmente, ulteriormente specificare il profilo mediante indicazione di uno o più settori scientifico disciplinari ricompresi all’interno di esso.
Da ciò deriva che i bandi di concorso possono ammettere alla procedura, e valutare comparativamente, solo studiosi che risultano in possesso dell’abilitazione (o che risultano inquadrati, qualora già in servizio) nello specifico settore concorsuale oggetto del concorso. I bandi possono ammettere anche studiosi di diversi settori concorsuali, purché però essi appartengano, almeno, al medesimo macrosettore. E naturalmente tali studiosi saranno comunque valutati in ragione della congruenza dei loro titoli e delle loro pubblicazioni scientifiche rispetto al settore concorsuale oggetto del concorso cui hanno deciso di partecipare.
Non vi è alcuna norma della legge n. 240 del 2010 che, ai fini delle procedure concorsuali per il conseguimento dell’abilitazione nazionale o per la chiamata da parte delle università, attribuisca rilievo alla nozione di “area CUN”: questa nozione non è rilevante né per l’individuazione dell’oggetto del concorso (riferito come detto al settore concorsuale o al settore scientifico-disciplinare), né per l’individuazione dei soggetti ammessi alla procedura (per cui rileva il settore concorsuale o, al massimo, il macrosettore concorsuale).
Sia la legge, sia il regolamento di ateneo, richiedono che i bandi di concorso per la chiamata di professori universitari identifichino i posti messi a concorso mediante il riferimento ad un ambito disciplinare sufficientemente preciso e circoscritto, identificato dal settore concorsuale in base alla legge e addirittura dal settore scientifico-disciplinare, all’interno del settore concorsuale.
Nella specie il bando di concorso, in palese e diretto contrasto con quanto previsto dalla legge e da un proprio regolamento, ha indetto una procedura concorsuale di chiamata per la copertura di posti identificati con riferimento ad un ambito disciplinare incommensurabilmente più vasto: non il settore scientifico disciplinare, né il settore concorsuale, e nemmeno il macrosettore concorsuale, ma addirittura solo l’area CUN.
La mancata specificazione dei sei diversi settori concorsuali dei 17 esistenti, raggruppati a loro volta in 5 distinti macrosettori concorsuali, postula che il concorso sia stato attivato come un concorso “in bianco” senza alcuna specifica individuazione dei posti da ricoprire.
E ciò al di fuori di qualsiasi ragionevole regola ispiratrice delle procedure concorsuali.
6. Ha proposto ricorso in appello la prof.ssa Marina De Palo.
7. L’appello è infondato.
8. Vanno anzitutto esaminati i motivi che ripropongono le eccezioni di inammissibilità del ricorso (rectius, di alcune censure di primo grado) sollevate in primo grado dalla odierna appellante, censure che sono state disattese dal giudice di primo grado.
In proposito, viene anzitutto in rilievo il tema della pretesa tardività del ricorso di primo grado (ovvero del motivo ritenuto fondato dal T.A.R.) per intempestiva impugnazione del bando rettorale con il quale ha preso avvio la procedura di chiamata per cui è giudizio.
L’assunto dell’Università, disatteso dal giudice a quo, è che la previsione del bando in punto di indizione di una procedura unica di chiamata per l’intera area CUN 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche), ove mai ritenuta lesiva per le ragioni dell’originario ricorrente, dovesse considerarsi tale fin da subito: di qui l’onere della tempestiva impugnazione del bando, pena la definitiva inoppugnabilità di quella previsione regolatoria, nel rispetto del termine decadenziale di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
Il Collegio osserva che il motivo non sia fondato e che correttamente il giudice di primo grado abbia disatteso la corrispondente eccezione.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, sensibile all’esigenza di non restringere eccessivamente l’accesso alla tutela giurisdizionale contro gli atti di carattere generale, ha limitato l’onere della immediata impugnazione del bando ai soli casi delle clausole espulsive, ovvero di quelle previsioni che impediscono la stessa partecipazione alla selezione del soggetto interessato.
Nella fattispecie in esame, l’originario ricorrente ha partecipato alla gara e si è peraltro classificato (sia pur nell’elenco “B” formato dalla commissione d’esame) in posizione astrattamente utile per essere assunto, ancorché in via gradata ed eventuale rispetto alla potiore e certa assunzione dei soggetti inseriti nella graduatoria “A”.
Appare pacifico, pertanto, che le previsioni del bando oggetto di censura non hanno mai inciso negativamente sulla sua stessa partecipazione alla selezione, ma piuttosto, con particolare riferimento al motivo di primo grado accolto dal T.A.R., le modalità dell’organizzazione della selezione, indetta per un’intera area CUN e non per specifici settori scientifico-disciplinari.
Ne consegue che, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, non potrebbe ritenersi l’inammissibilità del ricorso o del suddetto motivo, dato che l’attualità dell’interesse alla proposizione della impugnazione si è manifestata solo in occasione della comunicazione dell’esito non pienamente satisfattivo della procedura di chiamata.
L’originaria ricorrente ha quindi correttamente impugnato, congiuntamente agli atti terminali della procedura di chiamata, la previsione del bando di cui si è detto, contestando la scelta organizzativa dell’Università di far luogo, in carenza di base normativa legittimante, ad un’unica procedura di chiamata per un’intera area CUN.
Quanto all’ulteriore motivo incentrato sulla pretesa non lesività degli esiti della procedura di chiamata per l’originario ricorrente (in quanto soggetto comunque inserito nell’elenco “B”) è facile osservare, a comprova della non pregevolezza del rilievo censorio, che per la professoressa Petrilli la procedura di chiamata di che trattasi non ha avuto esito pienamente satisfattivo, non risultando – come già anticipato – il suo nominativo tra quelli in confronto dei quali verrà immediatamente finalizzata la procedura di chiamata in ruolo.
Per tale ragione, non potrebbe dubitarsi del suo interesse attuale e concreto a dolersi degli esiti della procedura di chiamata avviata dall’Università La Sapienza ed a proporre in tale sede ogni censura, anche a carattere integralmente caducatorio della procedura selettiva, in funzione della rinnovazione delle operazioni di valutazione dei candidati sulla base di regole organizzative più appropriate.
Di qui la sussistenza dell’interesse, in capo all’originaria ricorrente, a contestare lo svolgimento di una procedura di chiamata per un’intera area CUN.
9. Venendo ai motivi di appello che investono il merito della causa vale osservare, preliminarmente, che con decreto 30 dicembre 2011 n. 4776 l’Università degli studi “La Sapienza” ha disposto l’indizione della procedura selettiva per la copertura di alcuni posti di professore universitario di seconda fascia, da coprire mediante chiamata ai sensi dell’art. 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010. In particolare, è stata indetta una procedura era finalizzata alla chiamata di professori ai sensi dell’art. 18 della legge appena citata, a valere sulle risorse previste dalla legge di stabilità per il 2011 per il fondo di finanziamento ordinario delle università.
La questione giuridica da dirimere è se un tal genere di procedura di chiamata possa essere indetta per un’intera area CUN e non invece per un singolo settore scientifico-disciplinare (o, eventualmente, più settori tra loro omogenei). L’area CUN ricomprende uno o più macrosettori concorsuali, a loro volta suddivisi in settori concorsuali (ciascuno dei quali articolato in più settori scientifico-disciplinari). Per quel che qui rileva, all’area CUN 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche) confluiscono 5 distinti macrosettori concorsuali che comprendono ben 17 diversi settori concorsuali.
L’appellante ha molto insistito sul carattere straordinario e derogatorio della previsione di cui al richiamato art. 29, evidenziando che in tal caso si potrebbe prescindere dal principi regolatori fissati dal citato art. 18 e dai regolamenti attuativi in ordine alla disciplina delle procedure di chiamata.
Giova ricordare che l’art. 29, comma 9, prevede che a valere sulle risorse previste dalla legge di stabilità per il 2011 per il fondo per il finanziamento ordinario delle università, è riservata una quota non superiore a 13 milioni di euro per l’anno 2011, 93 milioni di euro per l’anno 2012 e 173 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013, per la chiamata di professori di seconda fascia, secondo le procedure di cui agli articoli 18 e 24, comma 6, della presente legge e di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230. L’utilizzo delle predette risorse è disposto con decreto del Ministro, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti.
L’art. 18 della stessa legge n. 240 del 2010 dispone a sua volta che i regolamenti dei singoli atenei stabiliscano la disciplina delle procedure di chiamata prevedendo, tra l’altro, la specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari. Inoltre, il regolamento universitario dell’Ateneo qui appellante, approvato con decreto rettorale n. 3487 del 2011, nel conformarsi a tale ultima previsione legislativa, ha disposto che ciascun Dipartimento, nella richiesta di copertura dei posti per chiamata, deve tra l’altro indicare il settore concorsuale e il settore scientifico disciplinare dei posti da coprire all’esito della procedura.
Dal quadro normativo di riferimento è agevole ricavare che nessuna deroga al principio della specificità del settore scientifico disciplinare (nell’ambito di ciascun settore concorsuale) è contenuta nel ricordato art.29. Tale ultima disposizione si limita, come si è visto, ad introdurre previsioni di copertura finanziaria per le procedure di chiamata a valere nel triennio 2011-2013 senza tuttavia incidere in senso modificativo sulle regole procedurali di svolgimento delle selezioni. Anzi il richiamo all’art. 18 ed ai principi in esso contenuti induce a ritenere che anche le procedure svolte in tale ultimo torno temporale debbano essere svolte nel rispetto dei principi generali della legislazione primaria e dei regolamenti di ateneo che a detti principi si sono uniformati.
Non vi è pertanto alcuna correlazione tra l’esigenza di finalizzare al più presto le predette procedure di chiamata relative al predetto triennio, in vista della possibilità di impegnare le relative spese nell’anno solare di riferimento (esigenza che postulerebbe una rapida conclusione delle predette procedure al fine di attingere allo stanziamento nel fondo per il funzionamento ordinario delle università) e la possibilità di derogare ai principi generali fissati nella disciplina legale del procedimento di chiamata.
La tesi difensiva della parte appellante fondata sul carattere eccezionale e derogatorio della procedura di chiamata di che trattasi, in base al contenuto dell’art. 29 cit., non ha pregio posto che tale ultima previsione normativa riguarda soltanto la possibilità per gli atenei ad attingere a risorse straordinarie assegnate con la legge di stabilità per il triennio 2011-2013 al fondo di finanziamento delle università.
Né ha pregio l’argomento fondato sul dato temporale, come se in sede di prima applicazione della legge n.240 del 2010 potessero ammettersi tornate selettive di chiamata indette dalle università per intere aree CUN anziché per singoli settori disciplinari.
Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, dette aree non hanno autonoma dignità sul piano organizzativo ai fini delle procedure selettive perché la sola nozione rilevante in sede di procedura di reclutamento del personale docente universitario è quella di settore concorsuale (ciò vale sia per la procedura di abilitazione, da svolgersi ai sensi degli artt. 15 e 16 l. cit., sia per le procedure di chiamata di cui all’art. 18 cit.); d’altra parte, l’ambito oggettuale dell’area CUN è talmente vasto da ricomprendere al suo interno settori scientifico-disciplinari assai eterogenei tra loro. È quindi comprensibile che la legge abbia fissato come regola insuscettibile di essere derogata che le procedure selettive debbano essere avviate per ciascun settore scientifico–disciplinare (o, eccezionalmente, per gruppi di settori disciplinari tra loro omogenei). Una diversa lettura interpretativa delle disposizioni normative dianzi richiamate finirebbe per frustrare le stesse finalità delle procedure di che trattasi, volte alla chiamata nei ruoli delle università di quel personale docente (le cui capacità generali sono già state positivamente validate in sede di conferimento della presupposta abilitazione scientifica nazionale) che abbia evidenziato, sul piano del profilo curriculare, tratti caratteristici più prossimi a quelli di specifica afferenza al settore disciplinare di riferimento. Peraltro, tale risultato può essere garantito solo se, in relazione a uno o (se del caso) più settori scientifico-disciplinari tra loro omogenei, alla selezione dei candidati provvede una commissione d’esame che abbia al suo interno alte professionalità nelle specifiche materie oggetto di procedura concorsuale: l’allargamento della base oggettuale della selezione (attraverso la non prevista indizione di procedure di chiamata per intere aree CUN) rende difficile la selezione dei candidati nel rispetto di stringenti criteri meritocratici e del principio della par condicio ( sotto il profilo che, in via generale, riceverebbero una valutazione appropriata soltanto i candidati che del tutto fortuitamente avessero un profilo curriculare più prossimo a quello dei membri della commissione d’esame).
10. L’infondatezza di tale motivo d’appello e la conseguente conferma della sentenza impugnata (con l’annullamento della procedura di chiamata di che trattasi, nei limiti dell’interesse dell’originario ricorrente) rende superfluo, stante il carattere assorbente della questione trattata, l’esame dei motivi ulteriori di primo grado, riproposti in questa sede dalla parte appellata.
La riedizione dell’attività amministrativa dovrà necessariamente svolgersi attraverso la indizione di una o più procedure di chiamata per uno o più settori disciplinari, comunque puntualmente indicati, e non per l’intera macro-area CUN 11.
Anche la commissione d’esame che dovrà attendere ai lavori di valutazione dei candidati che parteciperanno alla procedura di chiamata per ciascun settore disciplinare (o gruppi limitati di settori) sarà conseguentemente formata da professori appartenenti ai singoli settori disciplinari.
Anche per tale ragione, ed in disparte il carattere assorbente del vizio correttamente rilevato a fondamento dell’originario ricorso, non si ravvisano gli estremi, in punto di attualità dell’interesse processuale ad essi sotteso, per esaminare i motivi ulteriori dedotti dall’originaria ricorrente, motivi rimasti assorbiti nella sentenza di accoglimento in questa sede impugnati (e riproposti in questa sede dalla parte appellata). Ove mai il riavvio della procedura di chiamata risulti ancora funzionale a soddisfare le esigenze di copertura della Università qui appellante, va da sé che alla valutazione dei candidati dovrà attendere altra commissione d’esame, in diversa composizione, cui sarebbe qui pleonastico fornire indicazioni conformative, in via eventuale ed astratta, funzionali ad un appropriato scrutinio dei profili curriculari di ciascun candidato.
11. In definitiva, il ricorso in appello va respinto sull’assorbente motivo già oggetto di corretto scrutinio in primo grado e va, conseguentemente, confermata la impugnata sentenza.
12. Ricorrono giusti motivi, in considerazione del vizio meramente formale a base dell’accoglimento del ricorso originario, per la integrale compensazione tra le parti anche delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Barra [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Dante D'[#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
Pubblicato il 31/07/2017