L’art. 8 del d.p.r. 14 settembre 2011, n. 222, con cui è stato approvato il “Regolamento concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240”, al quinto comma precisa che “la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti”.
Il medesimo art. 8, al settimo comma, dispone poi che “i giudizi individuali e collegiali espressi su ciascun candidato, i pareri pro veritate degli esperti revisori, ove acquisiti, e le eventuali espressioni di dissenso da essi, nonché la relazione riassuntiva dei lavori svolti costituiscono parte integrante e necessaria dei verbali”.
Nel caso di specie, la Commissione non avrebbe espresso correttamente il proprio giudizio collegiale, posto che esso consiste in un mero richiamo per relationem alle valutazioni individuali dei singoli commissari e non appare, pertanto, conforme al parametro motivazionale minimo evincibile (oltre che dalla disposizione di principio di cui all’art. 3, comma 1, legge 30 dicembre 1990, n. 241) dal menzionato regolamento per l’abilitazione scientifica approvato con d.p.r. 14 settembre 2011, n. 22.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 29 gennaio 2018, n. 1036
Abilitazione scientifica nazionale-Commissione esaminatrice-Criteri di valutazione
N. 01036/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04982/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4982 del 2014, proposto da:
Giovanni Fiamingo, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Leozappa, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G.[#OMISSIS#], 15;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
De Matteis [#OMISSIS#], Arrigoni [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#] non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– della valutazione negativa in relazione al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di II fascia per il settore concorsuale 08/BD1 – Progettazione architettonica (anno 2012);
– del giudizio collegiale e dei giudizi individuali di non idoneità espressi nei confronti del ricorrente dalla Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale nel settore concorsuale 08/D1 (Progettazione Architettonica) nel Concorso per l’abilitazione scientifica nazionale di II fascia;
– del Decreto Direttoriale di nomina della Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale e nel settore concorsuale 08/D1 – Progettazione Architettonica, pubblicato sul sito del MIUR in data 24 gennaio 2013;
– della delibera dell’ANVUR n. 82 del 3 ottobre 2012, con la quale l’Agenzia, relativamente agli aspiranti commissari che hanno presentato domanda per il settore concorsuale 08/D1, ha comunicato l’accertamento della qualificazione scientifica degli aspiranti commissari che hanno presentato domanda ai sensi del DD n. 181 del 2012;
– del decreto direttoriale n. 28 del 7 gennaio 2013, con il quale è stata costituita la lista degli aspiranti commissari per il settore concorsuale 08/D1— Progettazione Architettonica, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del D.D. n. 181/2012;
– di tutti gli atti del procedimento concorsuale, ivi compresi i verbali della Commissione (dal n. 1 al n. 16), le relazioni riassuntive dei lavori e i giudizi individuali e collegiali espressi dalla stessa;
– del Decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013;
– del Decreto direttoriale n. 343 del 25 febbraio 2013;
– del Decreto direttoriale n. 732 del 22 aprile 2013;
– del d.P.C.M. del 19 giugno 2013 e del d.P.C.M. del 26 settembre 2013, recante ulteriori proroghe dei termini di conclusione dei lavori delle commissioni per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario;
– del Decreto direttoriale n. 1263 del 28 giugno 2013;
– del Decreto direttoriale n. 1767 del 30 settembre 2013;
– del Decreto direttoriale n. 2683 dell’ 11 dicembre 2014;
– di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e consequenziali, comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è risultato non idoneo alla procedura concorsuale per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di II fascia per il settore 08/D1 – Progettazione Architettonica, relativa all’anno 2012.
Avverso gli atti in epigrafe ha, quindi, proposto impugnativa l’interessato deducendo i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dell’articolo 8, comma 4, del d.p.r. 14 settembre 2011, n. 222, degli articoli 3, 4 e 5 del D.M. 7 giugno 2012, n. 76, delle circolari del MIUR dell’11 gennaio 2013 e del 27 maggio 2013 n. 12.477, nonché dell’articolo 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per sviamento e illogicità.
Nella valutazione espressa dalla Commissione sarebbe stato del tutto omesso il giudizio collegiale che invece la normativa vigente considera imprescindibile; l’art. 3 del D.M. n. 76/2012 prevede, invero, che nelle procedure per l’accesso alle funzioni di professore di seconda fascia, la Commissione deve formulare “… un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate”.
Al contrario, i giudizi si limitano a rinviare alle valutazioni espresse singolarmente dai membri della Commissione nel modo che segue: “Alla luce dei giudizi individuali espressi dai singoli commissari, che questo giudizio finale sintetizza e fa propri, la commissione stabilisce che il candidato non è abilitato all’accesso alla seconda fascia di docenza universitaria italiana”.
Il giudizio collegiale, sarebbe, quindi del tutto inesistente in quanto si limita a prendere atto dei giudizi autonomamente e singolarmente espressi dai singoli commissari;
2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 16, comma 3, della legge n. 240/2010, del d.p.r. 14 settembre 2011, n. 222, dell’art.1, commi 388 e 394 della legge 228/2012 (legge di stabilità per il 2013); violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di proroga, arbitrarietà, sviamento, carenza di istruttoria. Incompetenza, illegittimità dei giudizi in quanto formulato da un organo decaduto ex lege.
I provvedimenti di proroga dei lavori della commissione sarebbero illegittimi. Ed invero, tenuto conto che la procedura in argomento è stata indetta il 27 luglio 2012, la commissione avrebbe dovuto concluderla entro cinque mesi, ovvero entro il termine perentorio del 27 dicembre dello stesso anno; la Commissione ha invece ultimato i propri lavori in data 30 dicembre 2013.
Pur avendo la legge di stabilità 2013 previsto la possibilità di prorogare il termine di conclusione dei lavori delle commissioni al 30 giugno 2013, la stessa normativa ne avrebbe condizionato la legittimità alla sussistenza, nel corrispondente settore concorsuale, di un numero di domande tale da non consentire la conclusione della procedura entro il termine originariamente fissato (nella specie, il 27 dicembre 2012).
Al contrario, la ragione che ha portato a disporre tali proroghe non sarebbe da individuare nella consistenza del numero delle domande presentate dai candidati nello specifico settore concorsuale (presupposto normativo indefettibile per ricorrere alla proroga del termine di cinque mesi), bensì nei ritardi registrati nella procedura di individuazione e sorteggio dei componenti della commissione nonché negli errori di calcolo dell’ANVUR nella determinazione dei valori delle mediane.
Ciò risulterebbe in contrasto con la normativa che ha disciplinato i termini di conclusione dei lavori delle commissioni nonché con la successiva che ha consentito di prorogarne i lavori;
3) violazione dell’articolo 16, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240; violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990. Eccesso di delega ed eccesso di potere per arbitrarietà e sviamento nell’adozione del regolamento ministeriale di cui al D.M. 7 giugno 2012, n. 76.
L’art. 16, comma 3, lett. a) e b), della legge n. 240 del 2010, nel delegare ad uno o più regolamenti interministeriali la disciplina delle modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, fissa direttive vincolanti che circoscrivono la discrezionalità amministrativa.
Costituirebbe principio cardine della riforma c.d. “[#OMISSIS#]” quello dell’omogeneità delle regole per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale e tale omogeneità deve essere assicurata, nell’ottica del legislatore, attraverso la previsione di criteri predefiniti che non lascino spazio all’autoregolamentazione da parte delle singole commissioni di valutazione.
Il regolamento ministeriale de quo sarebbe andato oltre i criteri fissati dalla legge di delega, attribuendo alle commissioni la possibilità di prevedere autonomi criteri, anche sganciati dalle linee guida previste dalla legge;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 7.5.1948, n. 1172. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
L’art. 5, comma 2, del d.lgs. 7 maggio 1948, n. 1172, in tema di commissioni di concorso universitarie, dispone che “Non possono far parte della stessa Commissione membri che siano tra loro, o con alcuno dei candidati, parenti od affini fino al quarto grado incluso”.
Nel verbale n. 1 del 6 marzo 2013 della Commissione si legge che “ognuno dei membri dichiara di non avere relazioni di parentela ed affinità, entro il 4° grado incluso, con gli altri commissari”.
Nel caso di specie, non risulterebbe che i commissari abbiano reso tale dichiarazione; al riguardo sussisterebbe un’affinità di quarto grado tra uno dei commissari ed uno dei candidati giudicati idonei all’abilitazione.
Tale circostanza rende la composizione della commissione illegittima con conseguente annullamento dell’intera procedura concorsuale la quale dovrebbe, quindi, essere rinnovata con diversa composizione dell’organo giudicante.
Peraltro, alla stregua del più recente orientamento giurisprudenziale nell’ambito della procedura di abilitazione nazionale, trattandosi di un vizio genetico dell’organo valutatore, gli effetti caducatori dello stesso non potrebbero essere limitati alla posizione del solo ricorrente originario, investendo, altresì, anche la posizione di tutti gli altri partecipanti alla medesima procedura abilitativa, dichiarati idonei ovvero non idonei all’esito della stessa.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.
Con ordinanza n. 3835/2014, è stata respinta la domanda cautelare con fissazione, ai sensi dell’art. 55, comma 10, del CPA, dell’udienza pubblica per la definizione nel merito della controversia.
Il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 71 bis del d.lgs. 104/2010 (secondo il quale “A seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata”), la definizione del ricorso mediante sentenza in forma semplificata facendo riferimento ad anche alcune censure positivamente delibate dal Tribunale in alcuni precedenti.
Al termine della camera di consiglio il collegio, ravvisati i presupposti per poter definire la controversia con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a. (come anticipato alle parti in camera di consiglio), ha trattenuto il ricorso per la decisione.
1. Al fine di verificare la fondatezza delle doglianze di parte ricorrente occorre descrivere in sintesi il quadro normativo di interesse che regola le procedure di abilitazione scientifica.
1.1 L’art. 16 della legge n. 240 del 2010 (recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”) ha istituito l’“abilitazione scientifica nazionale”, quale requisito necessario per la partecipazione alle procedure di accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari.
L’abilitazione viene attribuita, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte dal candidato, con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso “sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro” (art. 16, comma 3, lett. a), della legge n. 240/2010).
1.2 L’art. 8 del d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, con cui è stato approvato il “Regolamento concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240”, al quinto comma precisa che “la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti”.
Il medesimo art. 8, al settimo comma, dispone poi che “i giudizi individuali e collegiali espressi su ciascun candidato, i pareri pro veritate degli esperti revisori, ove acquisiti, e le eventuali espressioni di dissenso da essi, nonché la relazione riassuntiva dei lavori svolti costituiscono parte integrante e necessaria dei verbali”.
2. Ciò premesso, il Collegio ritiene di dover accogliere il primo motivo di ricorso ove si deduce che, dai verbali delle sedute della commissione, non sarebbe possibile evincere le ragioni che hanno ispirato il giudizio collegiale, il quale sarebbe stato reso in forma identica per tutti i candidati attraverso un mero rinvio ai giudizi dei singoli commissari. Le censure ivi articolate, in ragione della loro fondatezza, assumono carattere assorbente.
2.1. Alla luce delle premesse sopra svolte e delle plurime pronunce di questo TAR che hanno affrontato analoga questione con riguardo ad altri ricorsi, sempre attinenti al settore concorsuale della Progettazione Architettonica (cfr. TAR Lazio, sez. III n. 4358/2015; n. 8714 del 6.8.2014, quest’ultima confermata da Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 723; ancora, più recentemente, TAR Lazio, sez. III, 7 luglio 2015, n. 9109; id. 7 luglio 2015, n. 9127), “merita condivisione la tesi esposta dal ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe espresso correttamente il proprio giudizio collegiale, posto che esso consiste in un mero richiamo per relationem alle valutazioni individuali dei singoli commissari e non appare, pertanto, conforme al parametro motivazionale minimo evincibile (oltre che dalla disposizione di principio di cui all’art. 3, comma 1, L. n. 241 del 1990) dal menzionato regolamento per l’abilitazione scientifica approvato con d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, il quale prevede all’art. 8, comma 4, che ‹‹La commissione attribuisce l’abilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti ai sensi dell’articolo 4, comma 1, e fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte” (cfr.TAR Lazio sez. III, 7 luglio 2015, n. 9109). La disposizione appena richiamata richiede, pertanto, che il giudizio di idoneità o non idoneità sia formulato all’esito di una valutazione sia individuale che collegiale, precisando (al successivo comma 5) che, per conseguire l’abilitazione, occorre che ciascun candidato raggiunga una certa maggioranza.
Il successivo comma 7 dell’art. 8 del citato d.P.R. 222/2011 prevede inoltre che debbano essere redatti “giudizi individuali e collegali espressi su ciascun candidato”. Tali obblighi sono stati poi ribaditi dall’articolo 4, comma 5, del bando di concorso, indetto con decreto direttoriale 20 luglio 2012, n. 222.
Affinché si giunga alla formazione di tale maggioranza è necessario, pertanto, che:
– ciascun commissario si esprima chiaramente in termini positivi o negativi nei confronti di ciascun candidato;
– la commissione, in seguito, rielabori collegialmente tali giudizi individuali in una valutazione complessiva del candidato che operi – per quanto possibile – una sintesi dei singoli pareri.
Tale circostanza, nel caso di specie, non si è realizzata, come è desumibile dalla lettura dei giudizi allegati al ricorso (doc. 32), i quali dimostrano che il giudizio collegiale è consistito in un mero richiamo (un sorta di “presa d’atto”) ai giudizi individuali resi dai singoli commissari, privo di una motivazione propria che sintetizzi le singole posizioni e che dia conto degli elementi valutativi prevalsi in seno alla valutazione collegiale.
Ciò costituisce elemento viziante del giudizio negativo reso nei confronti del ricorrente.
2.2. A ciò si aggiunga che, nelle ipotesi come quella in esame in cui è attribuita all’Amministrazione un’ampia discrezionalità valutativa, è necessaria una ancor più rigorosa motivazione che dia conto in concreto degli elementi sui quali la commissione ha fondato il proprio giudizio, in modo da far comprendere quale sia stato l’iter logico seguito.
Nel caso di specie, inoltre, sarebbe stata necessaria una motivazione ancora più stringente, poiché il ricorrente aveva comunque superato una delle mediane di riferimento di cui all’Allegato B) al D.M. 76 del 2012.
Le suddette carenze determinano, quindi, l’illegittimità della valutazione espressa dalla Commissione, essendo impossibile individuare le ragioni che hanno condotto l’organo collegiale a valutare negativamente il profilo del ricorrente, rispetto a giudizi individuali tra loro contraddittori (anche al loro interno, come detto).
3. Deve essere condiviso, infine, l’ulteriore profilo di censura secondo cui i giudizi individuali dei commissari sulla produzione scientifica presentata dal ricorrente sarebbero stati formulati disattendendo i criteri di valutazione della qualità delle pubblicazioni stabiliti dall’Allegato D del regolamento ministeriale (D.M. n. 76 del 7 giugno 2012), ai quali la Commissione aveva deciso, comunque, di vincolarsi.
L’organo esaminatore, infatti, ha valutato le pubblicazioni in modo onnicomprensivo e nient’affatto analitico, con espressioni generiche, senza ricorrere alla scala di qualità (eccellente; buono; accettabile; limitato), prestabilita dal regolamento ministeriale richiamato dalla stessa Commissione nei propri atti.
Invero, come correttamente dedotto, dalla scheda di giudizio relativa all’interessato si evince che i commissari non hanno utilizzato la scala di valori individuata dal regolamento ministeriale che prevede i predetti quattro distinti livelli ma hanno fatto ricorso ad espressioni del tutto personali di modo che non è dato comprendere quale sia il livello delle pubblicazioni presentate dal candidato; se di livello buono, di livello accettabile ovvero di livello limitato e quindi insufficiente ai fini del giudizio di idoneità.
Così come non è stato espresso alcun giudizio, utilizzando i parametri sopra riportati, anche per le pubblicazioni giudicate positivamente.
Tale mancanza determina, quindi, l’illegittimità della valutazione espressa dalla Commissione per difetto di istruttoria e di motivazione, non essendo possibile individuare in modo specifico quale sia il giudizio espresso dai singoli commissari in ordine alle pubblicazioni.
4. Il giudizio di fondatezza reso sulle censure esaminate esonera il Collegio dal soffermarsi sugli ulteriori vizi dedotti in ragione del loro carattere assorbente.
5. Tuttavia, il Collegio, in ragione della peculiarità della fattispecie, ritiene di dover esaminare anche il motivo secondo cui risulta che i commissari non avrebbero reso dichiarazioni relative:
a) alla insussistenza di relazioni di parentela o affinità con i candidati;
b) alla sussistenza di un vincolo di affinità di quarto grado tra uno dei commissari ed uno dei candidati giudicati idonei all’abilitazione.
Tale doglianza, se accolta, avrebbe – secondo l’interessata – determinato il travolgimento dell’intera procedura concorsuale, anche a carico dei candidati risultati idonei.
La prospettazione non può essere condivisa.
Ed invero, la dedotta incompatibilità avrebbe comportato un dovere di astensione del commissario, la cui violazione avrebbe invalidato il giudizio relativo al candidato giudicato idoneo ma non avrebbe determinato l’illegittimità di ogni altro giudizio; ciò in quanto il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, come delineato dall’art. 16 della legge n. 240 del 2010, non costituisce una procedura concorsuale di tipo comparativo tra i singoli partecipanti, atteso che la commissione è chiamata a valutare il curriculum di studi e professionale dei diversi candidati al fine di verificare il possesso dei requisiti di “maturità scientifica” necessari per poter accedere alle successive procedure concorsuali per la nomina a docente di prima e di seconda fascia.
Infatti, all’esito di tale procedimento, non viene redatta una graduatoria per l’assegnazione di un numero limitato di posti ma viene conseguita una abilitazione dei candidati giudicati idonei che prescinde da una comparazione con le posizioni degli altri concorrenti.
In conclusione, il ricorso va accolto nella parte in cui il ricorrente ha chiesto l’annullamento dei giudizi negativi resi nei suoi confronti con riferimento alla richiesta di abilitazione per la seconda fascia per il settore concorsuale 08/D1 – Progettazione Architettonica.
Ciò posto, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e), del codice del processo amministrativo (CPA), il Collegio ritiene che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessata debba essere riesaminata da parte di una commissione in diversa composizione entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza ovvero dalla sua notificazione, se antecedente.
6. Le spese di giudizio, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e con le modalità di cui in motivazione e, per l’effetto:
– annulla le valutazioni che hanno giudicato inidoneo il ricorrente;
– ordina all’amministrazione di rivalutare l’interessato entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, secondo le modalità indicate in parte motiva.
Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore di parte ricorrente, che liquida nella misura complessiva di € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge;
Contributo unificato a carico anch’esso della parte resistente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis 1, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 29/01/2018