Il divieto di partecipazione alla chiamata per i parenti e affini previsto dalla legge per la procedura ordinaria (ex art. 18, legge 30 dicembre 2010, n. 240), costituisce limitazione inapplicabile alla procedura straordinaria (ex art. 24, comma 6, legge 30 dicembre 2010, n. 240), cosiderati i caratteri di specialità di quest’ultima nel caso di specie, funzionale ad assicurare più che la stabilizzazione del rapporto la sua conversione.
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 14 novembre 2016, n. 5234
Procedura concorsuale professore-Chiamata ex art. 24, comma 6, legge 30 dicembre 2010, n. 240-Incompatibilità-Inapplicabilità art. 18
N. 05234/2016 REG.PROV.COLL.
N. 04300/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 4300 del 2016, proposto da Margherita Musello, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mariano Fiorito in Napoli, piazza Eritrea, n. 3;
contro
il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria per legge alla via Diaz n.11;
l’Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Napoli, via [#OMISSIS#] Console, n.3;
per l’annullamento
della delibera del Senato Accademico dell’Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] n. 14 adottata nella seduta del 14 giugno 2016 e della determinazione del Consiglio della Facoltà di Scienze della Formazione contenuta nel verbale della seduta del 27 giugno 2016, con le quali il Senato Accademico e il Consiglio di Facoltà hanno deliberato di non attivare la procedura di chiamata della Prof.ssa Musello per potenziale sussistenza di una causa di incompatibilità, nonché, nei limiti dell’interesse, della nota prot. n. n. 2109 dell’ l maggio 2016 di richiesta di un parere al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo degli interessi della Prof.ssa Margherita Musello;
nonché, per l’accertamento del diritto della Prof.ssa Margherita Musello ad essere destinataria della chiamata da parte della Facoltà di Scienze della Formazione ai sensi dell’art. 24, comma 6, della 1. 30 dicembre 2010, n. 240.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
Considerato:
che con il ricorso introduttivo del presente giudizio Margherita Musello – professore associato confermato di Didattica Generale e Pedagogia Speciale nella facoltà di Scienze della Formazione (SSD M-PED/03) dell’Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – ha agito per l’annullamento delle deliberazioni in epigrafe indicate, con le quali il Senato Accademico e il Consiglio di Facoltà di Scienze della Formazione dell’ Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] hanno deliberato di non attivare la procedura di chiamata ex art. 24, comma 6 della l. n. 240 del 2010 per potenziale sussistenza di una causa di incompatibilità, ravvisata nel rapporto di coniugio che lega l’odierna ricorrente al rettore del medesimo ateneo nonché presidente del Consiglio di Amministrazione;
che avverso le deliberazioni sopra indicate e gli atti in epigrafe indicati parte ricorrente ha dedotto, con un unico motivo di ricorso, articolate censure, incentrate su vizi di violazione di legge ed eccesso di potere in relazione a diversi profili sintomatici;
che, unitamente all’azione di annullamento, parte ricorrente ha proposto anche azione di accertamento avente ad oggetto il diritto alla chiamata dell’interessata o, comunque, il diritto all’attivazione del procedimento di chiamata;
che il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto infondato;
che alla camera di consiglio del 25 ottobre 2016, fissata per la trattazione della domanda interinale avanzata dalla ricorrente, il Collegio ha valutato sussistenti i presupposti per la definizione della presente controversia con sentenza in forma semplificata, provvedendo agli avvisi ed adempimenti prescritti in conformità alle previsioni dell’art. 60 c.p.a.;
che la domanda di annullamento si palesa fondata per le ragioni di seguito esposte;
che, preliminarmente, il Collegio ritiene di evidenziare che nella fattispecie viene in considerazione una procedura di chiamata ex art. 24, comma 6 della l. n. 240 del 2010, per la quale la facoltà di scienze della formazione ha deliberato in data 2 febbraio 2016 la relativa richiesta di attivazione, conformemente alle previsioni recate dalla sopra indicata disposizione;
che, dunque, come puntualmente rilevato dalla difesa della ricorrente, la procedura de qua è caratterizzata da una disciplina peculiare, con consistenti profili di diversità rispetto alla procedura di chiamata disciplinata dall’art. 18 del medesimo testo normativo; mentre, infatti, in tale ultimo caso si è in presenza di una procedura comparativa, alla quale sono ammessi a partecipare i soggetti indicati nella medesima disposizione (art. 18, comma 1, lett. b), l’art. 24, comma 6, costituisce norma eccezionale, con applicazione limitata sul piano temporale, in forza della quale, in esito ad una procedura valutativa si consente, sino al 31 dicembre del sesto anno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 240 del 2010 (e, dunque, sino al 31 dicembre 2017), la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato già in servizio presso l’ateneo che attiva la procedura, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale di cui all’art. 16 della medesima legge;
che, quindi, viene in rilievo, con riferimento all’art. 24, comma 6, una procedura semplificata, più rapida ed anche più economica (stante la minore incidenza in termini di punti organici rispetto alle altre procedure di chiamata), funzionale ad assicurare più che la “stabilizzazione” del rapporto (ratio, questa, sottesa, invece, alle previsioni dell’art. 24, comma 5 della l. n. 240 del 2010) la sua “conversione”; come emerge, infatti, dalla fattispecie in esame, la ricorrente è già inserita nel ruolo dei professori, il quale è unico sebbene articolato in due fasce, quella dei professori ordinari (la prima) e quello dei professori associati (la seconda);
che il carattere derogatorio e eccezionale della disciplina in argomento è reso evidente da una serie di elementi che costituiscono altrettanti limiti all’attivazione di tali procedure: 1) ammissione alla procedura di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato già in servizio presso l’ateneo (in quanto tali, dunque, “interni”) che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale disciplinata dall’art. 16 della medesima legge (con esclusione, quindi, di altre categorie, quali, a titolo esemplificativo, gli idonei in base alla precedente disciplina i quali, invece, possono essere destinatari di chiamate dirette ai sensi dell’art. 29, comma 4 ovvero essere ammessi a partecipare alle procedure di chiamata ex art. 18); 2) limitazione temporale dell’ammissibilità della procedura, in quanto tale forma di reclutamento può essere utilizzata non oltre il 31 dicembre 2017; 3) utilizzazione di tale procedura entro il limite della metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo. Restano fermi, inoltre, ulteriori limiti, costituiti dalla disponibilità delle risorse da considerare nell’ambito della programmazione triennale;
che la scelta delle procedure di reclutamento tra quelle disciplinate dalla l. n. 240 del 2010 è rimessa alla discrezionalità degli atenei nella esplicazione dell’autonomia ai medesimi riconosciuta, fermi i canoni di ragionevolezza e logicità che costituiscono principi imprescindibili ai quali deve conformarsi l’esercizio dell’azione amministrativa;
che dalla documentazione versata in atti emerge che la Facoltà di scienze della formazione, in conformità al regolamento di ateneo che disciplina le procedure di chiamata ed in riscontro ad una richiesta del Senato accademico, avente ad oggetto la proposta dei settori scientifico disciplinari per i quali attivare le procedure di chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6 della l. n. 240 del 2010, ha deliberato nell’adunanza del 2 febbraio 2016 di proporre tale attivazione “per tutti i professori di seconda fascia attualmente in servizio nella facoltà che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale” nei settori scientifico disciplinari M-PED/01 – Pedagogia generale e sociale; M-PED/03 – Didattica generale e pedagogia speciale; M-STO/02 – Storia moderna; M-DEA/01 – Discipline demoetnoantropologiche”;
che le deliberazioni impugnate pongono a proprio esclusivo fondamento una asserita causa di “potenziale incompatibilità”, preclusiva dell’attivazione delle procedure di chiamata ex art. 24, comma 6, in correlazione con vincoli di parentela dei destinatari di tali procedure con docenti del medesimo ateneo, nonché l’omesso riscontro da parte del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ad una nota con la quale l’ateneo ha richiesto un parere in merito all’applicazione delle cause di incompatibilità di cui all’art. 18, comma 1, lett. b) e c) anche alle procedure di chiamata ex art. 24, comma 6;
che, in disparte la [#OMISSIS#] di tale parere, all’evidenza non obbligatorio e non vincolate e le conseguenze che si sono fatte derivare dall’omesso riscontro alla richiesta da parte del Ministero in ordine ad un profilo eminentemente interpretativo della disciplina normativa di riferimento, che compete primariamente e direttamente all’ateneo valutare, deve escludersi che, nello specifico caso che ne occupa, sussista la causa preclusiva prospettata, peraltro, con connotazioni di potenzialità;
che, in applicazione dei consolidati criteri ermeneutici, si evidenzia: 1) sul piano letterale, la circostanza che l’ambito applicativo delle incompatibilità indicate nell’art. 18 è espressamente circoscritto alle procedure di chiamata disciplinate da tale disposizione; a tal fine rilevano sia l’inciso contenuto nell’art. 18, comma 1, lett. b, ultimo periodo, che esplicitamente considera la chiamata “di cui al presente articolo”, sia le previsioni della lett. c) del primo comma dell’art. 18 che estende l’applicazione della cause di incompatibilità in argomento agli assegni di ricerca di cui all’art. 22, alla stipulazione dei contratti di cui all’art. 24 – con un chiaro riferimento al reclutamento dei ricercatori di tipologia a) e b) – e ad altri contratti a qualsiasi titolo “erogati dall’ateneo”, escludendo, dunque, pur nella puntualità della elencazione, le procedure di chiamata ex art. 24, comma 6; 2) sul piano sistematico, la collocazione della disciplina eccezionale (sulle ragioni di tale connotazione si rinvia a quanto esposto nei capi precedenti della presente decisione) della chiamata degli “interni” in esito alla procedura valutativa (e non comparativa) nell’ambito dell’art. 24 e non dell’art. 18; 3) sotto il profilo teleologico, la ratio sottesa alla introduzione di una disciplina temporalmente limitata, funzionale, come correttamente rilevato dalla difesa della ricorrente, a facilitare la progressione di carriera di docenti già strutturati preso l’ateneo, con continuità del rapporto, dal momento che oggetto della valutazione circa l’idoneità scientifica è un candidato già individuato ex ante e interno all’ateneo di riferimento e nella prospettiva anche di consentire al singolo ateneo, sia pure in un arco temporale delimitato, margini più ampi di scelta nelle strategie di reclutamento con connesse ricadute sul piano economico finanziario, stante la già rilevata minore incidenza della “conversione” del rapporto rispetto alla costituzione ex novo;
che, in disparte le considerazioni sopra svolte, ulteriori argomenti militano nel senso della esclusione dell’applicazione delle cause specifiche di incompatibilità in argomento alla fattispecie in questa sede considerata;
che, infatti, un problema di par condicio e garanzia di imparzialità potrebbe porsi nelle ipotesi di limitatezza delle risorse rispetto al numero di candidati “interni” all’ateneo che versano nelle condizioni previste dall’art. 24, comma 6, alla luce anche delle scelte “a monte” dell’ateneo medesimo quanto alla tipologia di procedura di chiamata da attivare (in altri termini, il caso è quello di un numero limitato di posti di professore di prima o seconda fascia rispetto al numero di candidati “interni” che hanno conseguito l’abilitazione ai sensi dell’art. 16 della l. n. 240 del 2010 e che, dunque, possono essere destinatari di chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6), con la conseguenza che in simili eventualità potrebbe sostenersi l’estensione, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, delle cause di incompatibilità in esame; questo, peraltro, è l’indirizzo che il Collegio ritiene di avallare nella prospettiva delle garanzie massime di imparzialità che devono essere assicurare in ogni procedura che veda una pluralità di aspiranti candidati, a prescindere dalla natura selettiva ovvero valutativa della stessa;
che, per contro, nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, la scelta di fondo operata “a monte” dall’ateneo è quella di procedere alle chiamate ai sensi dell’art. 24, comma 6 di tutti i candidati che versano nelle condizioni specifiche normativamente previste per l’applicazione della peculiare procedura di chiamata de qua (sul punto elementi specifici e puntuali sono contenuti nella richiesta di parere formulata dall’ateneo al Ministero, versata in atti, che non hanno costituito oggetto di contestazione), non emerge alcun vulnus alle garanzie di imparzialità (da valutare ex ante ed in astratto) e di non alterazione della par condicio tra i candidati, ferma l’applicazione, anche in tale caso, delle altre disposizioni in materia di incompatibilità ed obblighi di astensione dei componenti delle commissioni chiamati ad operare la valutazione, giacché la conversione del rapporto non è automatica, nonché degli ulteriori eventuali divieti previsti dalle norme statutarie o regolamentari;
che, infatti, nell’ipotesi da ultimo considerata (che, si ribadisce, è proprio quella sussistente nella fattispecie oggetto del presente giudizio) si porrebbe, diversamente opinando, un problema specularmente opposto, con emersione di una antinomia nel sistema, in quanto verrebbero ad essere sacrificati tanto margini di esplicazione dell’autonomia dell’ateneo (il quale, come più volte sottolineato, potrebbe legittimamente riconnettere priorità alle esigenze di celerità e di economicità correlate alla procedure di chiamata ex art. 24, comma 6 rispetto alla indiscutibile maggiore selettività delle procedure di chiamata disciplinate dall’art. 18) quanto le altrettanto legittime aspirazioni di progressione di carriera di candidati che versano nelle condizioni predeterminate a monte dal legislatore (quelle previste dall’art. 24, comma 6) per il solo fatto della sussistenza di una delle specifiche cause di incompatibilità in argomento, in assenza della possibilità sia pure astratta di una alterazione della par condicio e delle garanzie di imparzialità;
che, inoltre, la preclusione alla base delle deliberazioni impugnate non è contemplata dalle disposizioni interne all’ateneo, le quali, opportunamente e conformemente ai principi generali, prescrivono che le commissioni chiamate ad operare le valutazioni nell’ambito delle procedure de quibus non devono essere composte da soggetti legati da vincoli di parentele o affinità sino al quarto grado con i candidati da valutare;
che, alla stregua delle considerazioni che precedono, la domanda di annullamento va accolta;
che, per contro, la domanda di accertamento – a prescindere, sul piano generale, dai profili di ammissibilità, alla luce anche delle valutazioni discrezionali rimesse ai singoli atenei – va dichiarata improcedibile, in quanto l’interesse sotteso alla proposizione della relativa azione resta assorbito dagli effetti conformativi derivanti dalla presente pronuncia, conseguenti all’annullamento delle deliberazioni impugnate;
che, in considerazione della novità delle questioni trattate, il Collegio valuta sussistenti i presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato:
– accoglie l’azione di annullamento e per l’effetto annulla gli atti impugnati;
– dichiara improcedibile l’azione di accertamento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Rovis, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Bruno, Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 14/11/2016