Tenuto conto dell’ampia sfera di discrezionalità di cui gode l’amministrazione nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare, la sanzione di due anni si ritiene congrua e proporzionata alla gravità dei fatti accertati.(Nel caso di specie, lo studente universitario ha posto in essere un comportamento sleale in quanto ha dichiarato di aver sostenuto esami che in realtà non erano mai stati sostenuti).
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2016, n. 1200
Studente universitario-Sanzione disciplinare-Sospensione temporanea fruizione ogni attività universitaria-presupposti
N. 01200/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01409/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1409 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo Studio dell’avv. [#OMISSIS#] Lezzi in Milano, piazza Fontana, n. 6;
contro
Università degli Studi di Milano, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Milano, Via Freguglia, n.1;
per l’annullamento
– del decreto Rettorale n.0295190 del 13 maggio 2015 di sospensione definitiva dalla fruizione di ogni attività universitaria per la durata di due anni;
– della nota prot.13005 del 20/05/2015 con cui è stato trasmesso il decreto Rettorale;
– di tutti gli atti presupposti in particolare:
— del decreto 0294326 dell’11 marzo 2015 che sospendeva in via cautelare dalla fruizione di ogni attività universitarie;
— della comunicazione deve del procedimento inoltrata dall’università con nota 6528 dell’11 marzo 2015;
— del verbale della commissione incaricata dal rettore di esaminare gli atti del procedimento che ha proposto di procedere nei confronti del ricorrente con l’irrogazione di una sanzione pari a due anni di sospensione di contenuto sconosciuto;
— della deliberazione del Senato accademico del 21 aprile 2015 di contenuto sconosciuto
— della nota del 26 gennaio 2015 della dirigente della divisione segreteria studenti
— della nota del 27 febbraio 2015 con cui la dirigente della divisione segreteria studenti inviava Rettore una segnalazione sul ricorrente dal contenuto sconosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente in data 28 luglio 2014 si immatricolava al corso di laurea in Scienze dei Servizi Giuridici dell’Università degli Studi di Milano come studente trasferito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove aveva sostenuto nove esami e precisamente:
storia economica;
informatica generale;
teologia 1;
business english;
organizzazione aziendale;
lingua inglese;
economia aziendale;
diritto commerciale;
istituzioni di diritto privato.
L’Università degli Studi di Milano avviava le procedure per la convalida degli esami già effettuati e in data 24 settembre 2014 convalidava la carriera riconoscendo tre esami (Istituzioni di diritto privato, Diritto Commerciale, Economia aziendale).
Tuttavia la segreteria studenti, per mero errore materiale, consegnava al ricorrente un documento (non ufficiale in quanto non timbrato né firmato), che, pur facendo riferimento al ricorrente, in realtà riportava i dati relativi alla carriera di un altro studente e prevedeva la convalida di esami ulteriori rispetto a quelli sostenuti dal ricorrente presso l’Università di provenienza.
A seguito di controlli da parte della segreteria didattica veniva effettuata la rettifica del documento, riportando, tra gli esami effettivamente sostenuti, quelli validati dal Comitato interdipartimentale dell’Università nella seduta del 24 settembre 2014, e precisamente: istituzioni di diritto privato, diritto commerciale, economia aziendale.
Con nota del 14 gennaio 2015 l’avvocato Pizzo, quale legale del ricorrente, chiedeva che fossero convalidati i 13 esami indicati nella nota precedentemente consegnata al ricorrente.
Con mail del 20 gennaio 2015 l’Università comunicava al ricorrente che la delibera consegnata inizialmente era stata redatta a suo nome per mero errore materiale riferendosi in realtà ad altro studente. In relazione all’istante invece il Collegio didattico interdipartimentale aveva convalidato tre esami, precisandosi nella stessa comunicazione che avrebbe potuto richiedere la convalida di ulteriori esami sostenuti, rientranti nell’elenco delle materie libere, dopo la presentazione del piano di studi.
In data 3 febbraio 2015 il ricorrente sosteneva l’esame di filosofia del diritto.
Con nota dell’11 marzo 2015 l’Università, sul presupposto che il ricorrente avesse richiesto la convalida di esami mai sostenuti (quelli indicati erroneamente nella prima comunicazione allo stesso consegnata, in realtà sostenuti da altro studente) comunicava allo stesso l’avvio del procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 52 del Regolamento generale di Ateneo, nominando una commissione incaricata di esaminare gli atti, e disponendo la sospensione interinale da ogni attività didattica nelle more della definizione del procedimento.
Con nota protocollata in data 7 maggio 2015 il ricorrente precisava di aver richiesto il riconoscimento “di tutti gli esami ricompresi nella delibera del 29 settembre 2014 che coincidevano con quelli effettivamente sostenuti”, come dimostrava la circostanza di avere nel frattempo sostenuto l’esame di filosofia del diritto (uno degli esami contenuti nella comunicazione errata).
A tale nota allegava una missiva dell’avvocato Pizzo che ribadiva che la propria nota del 3 febbraio 2015 non poteva che riferirsi alla richiesta di convalida di tutti gli esami contenuti nella prima comunicazione nei limiti di quelli effettivamente sostenuti dal ricorrente e non riportati nella seconda comunicazione, firmata dal Presidente del Comitato.
Con decreto rettorale 0295190 del 13 maggio 2015, tenuto conto della proposta della commissione incaricata e della delibera del Senato accademico del 21 aprile 2015, veniva disposta l’irrogazione della sanzione della sospensione in via definitiva dall’11 marzo 2015 al 10 marzo 2017 della fruizione di ogni attività universitaria.
Avverso il predetto provvedimento e gli atti presupposti l’interessato proponeva il ricorso indicato in epigrafe, chiedendo l’annullamento degli atti previa tutela cautelare.
Si costituiva in giudizio l’Università, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 937 del 22 luglio 2015 questo Tribunale accoglieva la domanda cautelare “al solo fine del riesame, ordinando che, entro il 31 ottobre 2015, l’Università provveda al riesercizio del potere sanzionatorio quanto alla concreta determinazione della sanzione, esplicitando precisamente le ritenute ragioni di gravità e la conseguente graduazione della sanzione medesima”.
A seguito di appello cautelare, il Consiglio di Stato sez. VI con ordinanza n. 4223/2015 sospendeva integralmente il provvedimento impugnato.
In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti scambiavano memorie e repliche, insistendo nelle rispettive conclusioni.
Indi all’udienza pubblica del 13 aprile 2016 la causa veniva chiamata e trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
violazione dell’art. 52 del Regolamento generale di Ateneo: considerato che ai sensi di tale disposizione rientrano negli illeciti disciplinari gli atti commessi con dolo o colpa grave che siano diretti a falsificare atti inerenti alla propria o all’altrui carriera universitaria, nel caso di specie mancherebbe l’elemento oggettivo, avendo il ricorrente subìto incolpevolmente le conseguenze di errori dell’Università, risultando riferibile al ricorrente, ma non direttamente addebitabile, la sola nota dell’avvocato Pizzo del 14 gennaio 2015. Mancherebbe altresì l’elemento soggettivo del dolo e della colpa; invero sintomatica della buona fede sarebbe la circostanza che, in data 3 febbraio 2015, ovvero prima che venisse avviato il procedimento disciplinare, il ricorrente abbia sostenuto l’esame di filosofia del diritto, uno degli esami elencati nella prima comunicazione dell’Università, risultata poi errata;
violazione dell’art. 52 sotto altro profilo: ai sensi della disposizione l’irrogazione della sanzione è subordinata all’accertamento di un giudizio di gravità dei fatti accertati. La sanzione comminata, sotto il profilo della gravità, non sarebbe supportata da alcuna motivazione e in ogni caso sarebbe sproporzionata costituendo la massima delle sanzioni.
2. Sotto un profilo di fatto il Collegio rileva che la nota del 14 gennaio 2015 risulta sottoscritta sia dall’avv. Pizzo sia dal ricorrente stesso. In tale nota si chiede “che vengano immediatamente caricati tutti gli esami di cui alla delibera del Comitato Interdipartimentale del 24 settembre 2014”. Vi si aggiunge che “in mancanza dell’immediato caricamento degli esami riconosciuti con decisione del Comitato Interdipartimentale datata 24 settembre 2014, mi vedrò costretto …ad adire tutte le competenti Autorità anche per il dovuto conseguente risarcimento dei danni”.
Sempre sotto un profilo di fatto dalla relazione della Commissione disciplinare di cui all’art. 52 del Regolamento generale di Ateneo (che ha valore di atto pubblico, fidefacente) si apprende che in data 6 febbraio 2015 lo studente, accompagnato dall’avv. Pizzo, si è presentato dal prof. Gianroberto Villa, Presidente del Collegio Didattico, durante una sessione di esami di diritto privato, lamentando i danni subiti e dichiarando di voler ottenere il risarcimento.
Dalla relazione si evince che, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione, lo studente “non ha fornito alcuna ragionevole spiegazione alla domanda della Commissione che gli chiedeva su che basi pretendesse il riconoscimento di esami da lui mai sostenuti. A questo punto, abbandonato l’atteggiamento aggressivo, -OMISSIS- chiedeva scusa in lacrime alla Commissione, affermando di essere caduto in errore, in quanto mal consigliato dal suo Avvocato”.
La Commissione ha quindi concluso valutando che “il comportamento dello studente -OMISSIS- nella vicenda in esame sia da considerarsi estremamente grave, perché egli ha tentato di sfruttare in ogni modo un errore materiale degli Uffici di questa Università, al fine di trarne un vantaggio ingiusto”. Ha inoltre rilevato che “se per [#OMISSIS#] l’errore degli uffici non fosse emerso lo studente si sarebbe indebitamente appropriato degli esami a lui attribuiti”. La Commissione ha quindi ritenuto che “il fatto sia da ritenersi di estrema gravità” e ha proposto “la sospensione della fruizione dell’attività didattica con conseguente perdita della frequenza ai corsi ed esclusione dalla sessioni d’esame per un periodo di 2 anni”.
E ancora, con la delibera del 21 aprile 2015 il Senato Accademico, esaminata la relazione della Commissione disciplinare, ha rilevato che “il comportamento tenuto dallo studente nella vicenda è da ritenersi assai grave sotto il profilo disciplinare, poiché questi ha tentato di sfruttare in ogni modo un errore materiale degli uffici al fine di trarne un vantaggio ingiusto. Allo studente si rimprovera di aver taciuto nel momento in cui ha ricevuto la prima delibera, benchè l’errore nel provvedimento fosse evidente, visto il riconoscimento di un numero di esami di gran lunga superiore a quelli da lui sostenuti. Ancora più riprovevoli appaiono le condotte da lui poste in essere dopo aver ricevuto la rettifica della delibera, in quanto dapprima ha tentato di ottenere il riconoscimento degli esami non sostenuti, minacciando di promuovere un’azione in giudizio contro l’Ateneo per il risarcimento dei danni patiti. Ricevuta poi la notizia del procedimento disciplinare, ha cercato di evitare l’irrogazione di una sanzione, presentandosi alla Commissione accompagnato dall’avvocato. Infine, rimasto solo davanti alla Commissione, ha modificato la sua strategia difensiva, manifestando un pentimento per nulla sincero e addossando la responsabilità dell’accaduto all’avvocato”. Sulla base di tali rilievi il Senato Accademico ha conferito mandato al Rettore di comminare allo studente la sanzione della sospensione dalla fruizione dell’attività didattica per un periodo di due anni.
3. Va precisato che non è in discussione in questa sede la correttezza del numero di esami riconosciuti in via definitiva al ricorrente, ma esclusivamente il profilo disciplinare dei fatti e dei comportamenti sviluppatisi intorno alla vicenda del riconoscimento degli esami.
3.1. Il Collegio rileva che ai sensi dell’art. 52 del Regolamento generale di Ateneo gli studenti sono tenuti a uniformarsi alle norme di legge e ai principi e modelli di corretto comportamento specificati dall’art. 11 dello Statuto e dal Codice etico dell’Ateneo (comma 1). Le infrazioni e i comportamenti in grave contrasto con le disposizioni richiamate al comma 1 danno luogo a illeciti disciplinari e comportano l’applicazione di sanzioni. Rientrano tra gli illeciti disciplinari gli atti commessi con dolo o colpa grave che, tra gli altri, siano diretti a falsificare atti inerenti alla propria o all’altrui carriera universitaria (comma 2).
L’art. 11 del Codice etico dispone che tutte le componenti della comunità universitaria (docenti, ricercatori, studenti e personale tecnico-amministrativo) sono tenute a garantire la più ampia collaborazione reciproca, nel rispetto dei ruoli affidati a ciascuno.
4. Premesso quanto sopra e passando all’esame dei singoli motivi di gravame, il Collegio osserva che la condotta tenuta dal ricorrente appare disciplinarmente rilevante sotto il profilo sia oggettivo sia soggettivo.
Sotto il primo aspetto va evidenziato che non può ritenersi che lo studente abbia subito le conseguenze degli errori dell’Università. Al contrario emerge che lo stesso ha tentato di sfruttare un errore materiale degli uffici al fine di trarne un vantaggio ingiusto, quello di ottenere il riconoscimento di esami mai sostenuti. Non si assiste quindi ad una condotta meramente passiva dello studente, ma ad un comportamento attivo volto ad ottenere un vantaggio indebito.
Sotto un profilo soggettivo la condotta posta in essere è connotata dall’elemento del dolo: significativa appare la lettera del 14 gennaio 2015, che risulta sottoscritta non solo dall’avv. Pizzo, ma anche dallo stesso ricorrente, che aveva quindi la piena contezza di quanto dichiarato e richiesto con tale missiva (ovvero il “caricamento” di tutti gli esami di cui alla delibera del Comitato interdipartimentale del 24 settembre 2014, palesemente errata in quanto contenente esami mai sostenuti dal ricorrente stesso). La condotta tenuta risulta quindi direttamente addebitabile al ricorrente.
Dunque non solo lo studente non ha posto in essere un comportamento improntato a leale collaborazione, segnalando agli uffici l’errore che non poteva non risultare evidente, ma ha preordinatamente cercato di trarre vantaggio da tale errore.
Non può considerarsi significativa della buona fede la circostanza che in data 3 febbraio 2015 il ricorrente abbia sostenuto l’esame di filosofia del diritto, rientrante tra quelli erroneamente indicati nella prima comunicazione relativa al riconoscimento degli esami. Tale circostanza è, infatti, successiva alla nota del 14 gennaio 2015, quando il fatto illecito era già stato posto in essere. In ogni caso la condotta successiva (in particolare il “contatto” con il Presidente del Collegio Didattico, nel corso del quale il ricorrente ha lamentato danni e dichiarato di voler ottenere il risarcimento, fino all’audizione davanti alla Commissione disciplinare) mostra una continuità di intenti rispetto all’obiettivo disciplinarmente rilevante.
Alla luce di quanto precede il primo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.
5. Uguale sorte spetta al secondo motivo di gravame.
Va premesso che l’art. 52 del Regolamento generale di Ateneo individua le seguenti sanzioni:
– ammonizione scritta;
– sospensione temporanea fino a sei mesi dall’accesso a biblioteche, sale di studi o altri spazi di servizio dove si sia verificata l’infrazione;
– sospensione temporanea dalla fruizione dell’attività didattica, di durata graduata in base alla portata dell’illecito, estensibile fino a un massimo di tre anni per i fatti che rivestano una particolare gravità, con conseguente perdita della frequenza ai corsi, ove richiesta, e esclusione dalle sessioni d’esame.
La disposizione precisa che le sanzioni sono graduate in relazione alla gravità dei fatti accertati e alla gravità delle loro conseguenze.
5.1. Ora, nel caso di specie, tenuto conto della condotta tenuta, come risulta dal procedimento disciplinare, la sanzione della sospensione temporanea dalla fruizione dell’attività didattica appare corretta, considerato che le altre due sanzioni indicate nell’art. 52 non appaiono appropriate in relazione ai fatti accertati. Invero, posto che le sanzioni sono elencate dalla disposizione regolamentare secondo un ordine di gravità (dalla minore alla maggiore), l’ammonizione scritta è certamente sanzione comminabile per fatti di lieve portata, seppur rilevanti disciplinarmente (anche considerato che per la stessa è prevista l’irrogazione diretta da parte del Rettore); la sospensione temporanea dall’accesso a biblioteche, sale di studi o altri spazi di servizio dove si sia verificata l’infrazione implica che la condotta sia stata diretta a danno di cose di proprietà dell’Università.
Si tratta quindi di verificare – posta appunto la correttezza della sanzione, astrattamente intesa, della sospensione temporanea dalla fruizione dell’attività didattica – se altrettanto corretta appaia la misura della sanzione irrogata, sotto un profilo di proporzionalità.
Questo Collegio è dell’avviso che, ad una più attenta lettura dei documenti di causa rispetto alla sommaria delibazione della fase cautelare, debba ritenersi che la sospensione di due anni debba ritenersi congrua e proporzionata rispetto alla gravità dei fatti accertati, considerato che la sanzione massima è la sospensione fino a tre anni.
Seppure il provvedimento impugnato non rechi una puntuale motivazione in relazione alla graduazione della sanzione, il riferimento agli atti assunti nel corso dell’istruttoria (in particolare il verbale della Commissione disciplinare e la delibera del Senato Accademico) è idoneo a sorreggere, per relationem, la motivazione della misura della sanzione stessa.
Gli atti richiamati infatti fanno emergere l’accertamento di fatti che, in relazione alla loro portata oggettiva e soggettiva, sono certamente connotati da gravità, avendo, come più volte detto, tentato il ricorrente di ottenere il riconoscimento di esami mai sostenuti.
Considerato che il massimo irrogabile è stabilito in tre anni di sospensione dall’attività didattica, la sanzione concretamente inflitta al ricorrente di due anni di sospensione pare congrua e proporzionata, anche tenuto conto dell’ampia sfera di discrezionalità di cui gode l’Amministrazione nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare.
6. In conclusione, per le ragioni che precedono il ricorso non è meritevole di accoglimento e va pertanto respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto dell’alterno esito della fase cautelare.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento a favore dell’Università degli Studi di Milano delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.000,00 (duemila), oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di Benedetto, Presidente
[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Mameli, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati