Al Rettore è attribuito il potere, non solo di iniziativa del procedimento, ma anche di proposta – contestualmente all’attivazione del procedimento – della possibile sanzione, nonché, anche il potere di irrogazione della sanzione medesima. Al Collegio di disciplina, decentrato presso la singola università e nominato secondo quanto stabilito dallo statuto, è demandata l’attività istruttoria del procedimento (nell’ipotesi di condotte suscettibili di dar luogo all’irrogazione di sanzioni più gravi della censura) e consultiva circa l’esito dello stesso, dovendo tale Collegio formulare un parere conclusivo vincolante. Il Consiglio di amministrazione dell’università, infine, è attributario del potere di infliggere la sanzione o di archiviare il procedimento “conformemente al parere vincolante espresso dal Collegio di disciplina.
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 3 maggio 2017, n. 2354
Ricercatore universitario-Sanzione disciplinare-Competenza Organi
N. 02354/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01783/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1783 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da [#OMISSIS#] Tudisco, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Russo, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, via [#OMISSIS#] Console, n. 3;
contro
l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria per legge alla via Diaz, n. 11;
per l’annullamento
del provvedimento n. 12149 del 9/2/2016, con il quale il Rettore dell’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli ha irrogato la sanzione del richiamo formale e della esclusione dall’accesso ai fondi di ricerca dell’Ateneo per un anno;
nei limiti dell’interesse del d.R. n. 2799 del 31 luglio 2015 e del regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica nella ricerca;
del d.R. n. 3954 del 13 novembre 2015;
degli atti connessi e presupposti, tra i quali il verbale della commissione di indagine del 26 novembre 2015;
nonché, con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23 giugno 2016,
del verbale della riunione del Senato Accademico in data 2 febbraio 2016 ed in data 10 novembre 2015.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 3696 del 2016;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2017 la dott.ssa [#OMISSIS#] Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Dott.ssa [#OMISSIS#] Tudisco è ricercatrice di Nutrizione e alimentazione animale (AGR/18) presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali dell’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II.
Con nota in data del 10 dicembre 2015, il Rettore del sopra indicato Ateneo ha comunicato alla Dott.ssa [#OMISSIS#] Tudisco di aver ricevuto alcune segnalazioni di presunte violazioni dell’integrità scientifica imputabili a quest’ultima e di aver, quindi, provveduto, come previsto dal Regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica, alla nomina di una commissione di indagine, la quale, esaminate le pubblicazioni (inerenti a studi sugli effetti dell’impiego della soia OGM nell’alimentazione delle capre) ha rassegnato le proprie conclusioni in una relazione nella quale sono state evidenziate “possibili manipolazioni riguardo a varie immagini e diversi articoli” ed il loro successivo utilizzo anche in altre pubblicazioni.
La Dott.ssa Tudisco ha, dunque, presentato le proprie difese, sviluppando articolate deduzioni con nota depositata in data 8 gennaio 2016 e, successivamente, con pec del 1° febbraio 2016, indicando anche il percorso informatico per accedere all’area riservata di una delle riviste interessate, con identificativi e codici di accesso, al fine di consentire alla commissione di risalire alle immagini originali.
Con atto del 9 febbraio 2016, a firma del Rettore del prefato Ateneo, è stata irrogata alla Dott.ssa Tudisco la sanzione del richiamo formale e della esclusione dall’accesso ai fondi di ricerca dell’Ateneo per un anno; con il medesimo provvedimento, inoltre, la Dott.ssa Tudisco è stata diffidata, per il periodo di due anni, dall’inviare a riviste scientifiche manoscritti con l’indicazione della sua affiliazione all’Ateneo, in assenza della previa autorizzazione scritta dal Direttore del Dipartimento. Il provvedimento ha, altresì, disposto la conservazione nel fascicolo personale della ricercatrice della documentazione relativa alle sanzioni comminate.
Analoghi provvedimenti sono stati adottati nei confronti di altri studiosi facenti parte del medesimo gruppo di lavoro (i quali pure hanno agito in sede giurisdizionale con distinti ricorsi spediti per la decisione nella stessa udienza pubblica).
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la Dott.ssa [#OMISSIS#] Tudisco ha impugnato il sopra indicato provvedimento sanzionatorio, unitamente agli atti in epigrafe indicati, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
violazione del divieto di irretroattività, dell’art. 11 delle preleggi, degli artt. 6 e 7 della C.E.D.U., dell’art. 25 Cost, del d.R. n. 2799 del 31 luglio 2015 e del regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica nella ricerca, nonché carenza di motivazione. La difesa di parte ricorrente ha censurato, in particolare, l’illegittima applicazione del sopra indicato regolamento, emanato successivamente alle condotte sanzionate;
violazione dell’art. 4 del regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica nella ricerca, dell’art. 24 Cost, dei principi di buon andamento dell’attività amministrativa, di quelli sanciti dall’art. 1 della l. n. 241 del 1990 e del principio del contraddittorio, non essendo stato esplicitato alcunché in relazione alle articolate ed approfondite deduzioni presentate dalla ricorrente nel corso del procedimento, avendo l’Ateneo omesso la relativa valutazione con indicazione delle ragioni per le quali tali deduzioni non potevano essere condivise e non avendo proceduto ad alcuna audizione dell’interessata;
violazione dell’art. 5 del regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica nella ricerca e del giusto procedimento, essendo stata omessa la deliberazione del Senato Accademico prevista dalle disposizioni legislative e regolamentari;
violazione del principio di legalità, carenza di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, giacché sia dalla relazione della commissione sia dal provvedimento gravato emerge l’assenza di un accertamento in merito alla effettiva violazione delle regole de quibus, resa evidente dall’utilizzazione di formule dubitative, con la conseguenza che la sanzione è correlata a meri sospetti e dubbi in merito al risultato sperimentale prospettato;
eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, carenza di presupposti, disparità di trattamento, in quanto la maggiore gravità delle sanzioni irrogate alla ricorrente rispetto agli altri studiosi coinvolti non può legittimamente fondarsi sul ruolo di autore corrispondente rivestito dalla Dott.ssa Tudisco; l’assunzione di tale ruolo, infatti, non implica l’esercizio di prerogative diverse da quelle che competono agli altri autori in rapporto alla contestazione mossa (asserita manipolazione delle immagini);
violazione dei principi di imparzialità e buon andamento ed eccesso di potere per sviamento, non emergendo dai verbali della commissione le precise modalità di integrale presa visione della produzione scientifica in contestazione, scaricata in formato pdf dai siti web delle relative riviste; ciò segnatamente con riguardo al procedimento di regolazione del contrasto delle immagini in argomento con utilizzazione della funzione “curve” che, sostanziandosi in attività tecnica complessa, richiede competenze specifiche. In tale quadro parte ricorrente ha contestato che la commissione si sarebbe limitata a recepire acriticamente il contenuto della segnalazione pervenuta al Rettore dal Prof. W. Parrott (dalla quale sarebbe scaturito il procedimento sanzionatorio), la cui indagine è stata anche allegata al verbale della commissione, senza eseguire accertamenti autonomi, con l’ausilio di professionalità qualificate per l’analisi delle immagini estrapolate, tenuto conto delle modalità con le quali tale estrapolazione è avvenuta;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti, illogicità e travisamento dei fatti, non sussistendo alcuna cancellatura o sovrapposizione nelle immagini contenute nelle pubblicazioni in contestazione in quanto i rilievi formulati, alla base della irrogazione della sanzione, sono da imputare non già a manipolazioni “verosimili” o possibili bensì al trattamento dell’immagine nei vari processi seguiti per la pubblicazione nella rivista ai fini della conversione nei differenti formati elettronici impiegati. Nell’articolazione della deduzione, parte ricorrente ha, altresì, riportato il contenuto delle osservazioni difensive prodotte in data 8 gennaio 2016, ribadendo, tra l’altro, gli esiti degli esperimenti idonei ad escludere le contestate disomogeneità. A tale erroneità dei presupposti si associa, nelle prospettazioni di parte ricorrente, l’omessa valutazione in merito alla rilevanza delle immagini in contestazione ai fini della dimostrazione dei risultati sperimentali ai quali gli autori sono addivenuti, venendo in rilievo immagini connotate da una [#OMISSIS#] del tutto marginale rispetto a tale profilo. Analoghe deduzioni sono state articolate con riferimento all’asserito riutilizzo delle immagini;
illegittima composizione della commissione, essendo stato nominati il direttore del dipartimento di giurisprudenza (Prof. [#OMISSIS#] De Giovanni, con funzioni anche di Presidente), un docente di genetica medica (Prof. [#OMISSIS#] Nigro) ed un direttore di ricerca del C.N.R. (Dott. [#OMISSIS#] Verde) ove, per contro, avrebbe dovuto essere assicurata la presenza di almeno due esperti nella materia zootecnica.
A seguito di accesso agli atti e della ulteriore documentazione acquisita, parte ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23 giugno 2016, sviluppando le deduzioni articolate ed impugnando anche il verbale della riunione del Senato Accademico del 2 febbraio 2016 e del 10 novembre 2015.
Nello specifico, la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, censurando: l’omessa comunicazione della delibera del Senato Accademico; l’illegittima composizione di tale organo collegiale nella seduta nella quale è stata disposta l’irrogazione della sanzione impugnata, non essendo prevista, in forza delle disposizioni vigenti, una composizione “ristretta” con riguardo alle deliberazioni concernenti i procedimenti sanzionatori; l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione alla base della convocazione del Senato Accademico in composizione “ristretta” e, comunque, l’illegittimità della deliberazione concernente la prosecuzione in composizione “ristretta”, non potendosi ammettere modifiche statutarie e regolamentari in violazione del relativo procedimento; l’assenza di rappresentatività di tutte le aree culturali individuate nell’ateneo in conformità alle previsioni statutarie e regolamentari; l’omessa partecipazione alla seduta del Direttore generale il quale non avrebbe potuto essere sostituito dal funzionario responsabile dell’ufficio segreteria della Direzione generale; l’omessa valutazione degli elementi trasmessi dalla ricorrente e dal Prof. Lombardi – sottoposto ad analogo procedimento per le medesime contestazioni – idonei a consentire un differente apprezzamento quanto alla sussistenza di violazioni delle regole a presidio della integrità della ricerca.
A supporto delle deduzioni articolate, la difesa di parte ricorrente ha depositato in giudizio, in data 15 luglio 2016, sia una relazione tecnica a forma del Prof. [#OMISSIS#] Zicarelli, Ordinario di Zootecnia Speciale presso l’Università [#OMISSIS#] II di Napoli, sia una perizia asseverata, a forma dell’Arch. [#OMISSIS#] Varriano, segnatamente incentrata sull’analisi delle immagini in contestazione.
L’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II si è costituita in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione sia del ricorso introduttivo sia del ricorso per motivi aggiunti in quanto infondati.
Con ordinanza n. 3696 del 2016 questa Sezione ha valutato le esigenze di parte ricorrente adeguatamente tutelabili attraverso una sollecita definizione del giudizio nel merito, in applicazione dell’art. 55 c.p.a. ed ha, a tal fine, richiesto all’Ateneo resistente la produzione di copia integrale e priva di “omissis” del verbale dell’Adunanza del Senato Accademico del 10 novembre 2015.
All’udienza pubblica del 21 marzo 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Sia il ricorso introduttivo sia il ricorso per motivi aggiunti meritano accoglimento.
Il Collegio reputa opportuno, preliminarmente, sintetizzare taluni profili di carattere generale della disciplina in materia di responsabilità dei professori e dei ricercatori universitari per violazione dei doveri e degli obblighi connessi al relativo status.
Venendo in considerazione una categoria di personale c.d. non contrattualizzato (art. 3 del d. lgs. n. 165 del 2001), anche la disciplina riferita a tali profili è parzialmente diversa da quella concernente gli altri dipendenti pubblici, in ragione, primariamente, dell’autonomia universitaria riconosciuta dall’art. 33 della Costituzione e della peculiarità dei compiti svolti.
La legge di riforma (l. n. 240 del 2010), invero, non ha attuato una ridefinizione organica e sistematica di tutti gli aspetti implicati, in quanto, pur soffermandosi su alcuni profili di incompatibilità nell’ambito della definizione dello stato giuridico dei professori e dei ricercatori (art. 6), reca una disciplina essenzialmente incentrata sul procedimento disciplinare, definendo le relative competenze, l’iter ed i termini di sospensione e conclusione (art. 10).
Ai fini che in questa sede rilevano, la legge di riforma consente di distinguere due tipologie di violazioni.
Rilevano, infatti, in primo luogo, le violazioni disciplinari, per le quali trova applicazione lo specifico procedimento delineato dal legislatore, caratterizzato da una ridefinizione delle competenze secondo la logica del decentramento. Se, dunque, il referente normativo primario per quanto attiene alla tipologia delle infrazioni ed alle relative sanzioni continua ad essere costituito dal testo unico dell’istruzione superiore, adottato con R.D. n. 1592 del 1933 (artt. 84 ss.), l’art. 10 della l. n. 240/2010, intervenendo sul procedimento disciplinare, ha attribuito tutte le competenze prima distribuite tra Rettore e C.U.N. ad organi tutti interni alla struttura del singolo Ateneo (Rettore, Collegio di disciplina, Consiglio di Amministrazione). Al Rettore, in particolare, è attribuito il potere, non solo di iniziativa del procedimento, ma anche di proposta – contestualmente all’attivazione del procedimento – della possibile sanzione, nonché, limitatamente alla censura. anche il potere di irrogazione della sanzione medesima. Al Collegio di disciplina, decentrato presso la singola università e nominato secondo quanto stabilito dallo statuto, è demandata l’attività istruttoria del procedimento (nell’ipotesi di condotte suscettibili di dar luogo all’irrogazione di sanzioni più gravi della censura) e consultiva circa l’esito dello stesso, dovendo tale Collegio formulare un parere conclusivo vincolante. Il Consiglio di amministrazione dell’università, infine, è attributario del potere di infliggere la sanzione o di archiviare il procedimento “conformemente al parere vincolante espresso dal Collegio di disciplina”.
L’analisi dell’art. 2, comma 4 della l. n. 240 del 2010 rende evidente, tuttavia, l’emersione di ulteriori violazioni che esulano dall’ambito disciplinare ma che sono suscettibili di costruire autonoma fonte di responsabilità, con un procedimento articolato nella proposta del Rettore e nella determinazione del Senato Accademico.
Si prevede, infatti, che: «Le università che ne fossero prive adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge un codice etico della comunità universitaria formata dal personale docente e ricercatore, dal personale tecnico-amministrativo e dagli studenti dell’ateneo. Il codice etico determina i valori fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento e il rispetto dei diritti individuali, nonché l’accettazione di doveri e responsabilità nei confronti dell’istituzione di appartenenza, detta le regole di condotta nell’ambito della comunità. Le norme sono volte ad evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonché a regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale. Sulle violazioni del codice etico, qualora non ricadano sotto la competenza del collegio di disciplina, decide, su proposta del rettore, il senato accademico.».
Le sopra indicate previsioni della l. n. 240 del 2010, dunque, concorrono, nel loro complesso, a costituire l’imprescindibile fondamento del potere sanzionatorio che può essere esercitato dagli atenei nel rispetto, in primo luogo, della riserva di legge che copre i profili più qualificanti del rapporto di lavoro dei docenti universitari.
Orbene, nella fattispecie oggetto di giudizio non può revocarsi in dubbio che il procedimento avviato e la conseguente sanzione irrogata non rivestono natura disciplinare.
Il Rettore, infatti, in seguito alla ricezione di talune segnalazioni non ha ritenuto di dare impulso all’azione disciplinare ma ha investito della vicenda una commissione di indagine, secondo le previsioni del regolamento di Ateneo per l’integrità scientifica nella ricerca.
Emerge, dunque, che l’intero procedimento è stato avviato non già, conformemente alle previsioni dell’art. 2, comma 4 della l. n. 240 del 2010, in correlazione a condotte suscettibili di integrare una violazione del codice etico (pure adottato dall’Ateneo e che reca chiari riferimenti ai “più rigorosi criteri di dedizione, correttezza intellettuale e trasparenza”, nonché alle garanzie di “veridicità dei dati”, loro “originalità” ed alla “riproducibilità dei risultati ottenuti”) bensì in forza del sopra indicato regolamento, ferma restando la indiscutibile sussistenza di finalità etiche sottese alla relativa adozione.
In disparte tale constatazione, sulla quale il Collegio non ritiene di soffermarsi in mancanza di specifiche deduzioni di parte ricorrente, emergono plurime illegittimità che inficiano la determinazione adottata.
Rileva, a tal fine, la violazione delle garanzie difensive, censurata da parte ricorrente.
Vero è che la ricorrente è stata notiziata dell’avvio del procedimento e degli esiti delle attività svolte dalla commissione di indagine all’uopo nominata dal Rettore.
Rispetto all’articolato contenuto delle deduzioni difensive presentate in sede procedimentale, tuttavia, le valutazioni sviluppate dalla commissione di indagine, emergenti dalla documentazione in atti, non consentono di affermare il rispetto, effettivo e pieno, delle garanzie del contradditorio. La commissione, infatti, ha rilevato l’omessa produzione degli “originali” senza, tuttavia, procedere alle acquisizioni istruttorie necessarie; in altri termini, una volta valutata la necessità degli originali, al fine di addivenire ad un esito certo in merito alla sussistenza della asserita manipolazione, la commissione non avrebbe dovuto limitarsi alla constatazione che figura dagli atti ma avrebbe dovuto richiedere tale elemento, assegnando un termine per la relativa produzione ovvero investendo della questione il Rettore perché fosse quest’ultimo a formulare la richiesta. In ogni caso, in rapporto alle puntuali e dettagliate osservazioni pervenute, la commissione ha omesso la benché minima valutazione.
Con riferimento all’unica immagine originale esaminata, la commissione ne ha contestato la originalità in maniera del tutto apodittica, limitandosi a rilevare la sussistenza di differenze tra l’immagine pubblicata e quella prodotta come “originale” concludendo, immotivatamente, nel senso della esclusione della imputazione delle differenze ai processi di conversione e spedizione. Dallo stesso verbale della riunione “ristretta” del 2 febbraio 2016, emerge, inoltre, la produzione di ulteriore documentazione che, però, si è ritenuto di non valutare in quanto prodotta oltre i termini previsti dal regolamento ed in quanto riferita ad un solo articolo.
A fronte della collaborazione manifestata dai soggetti convolti e tenuto conto della essenzialità dell’elemento (immagini originali) valutata dalla commissione, l’istruttoria avrebbe dovuto essere approfondita, considerando specificamente le argomentazioni addotte dagli interessati per escludere la sussistenza delle violazioni, con inclusione anche degli elementi ritenuti mancanti e necessari che, come sopra esposto, avrebbero dovuto essere acquisiti. Ciò senza considerare che anche se riferita ad un unico articolo, la relativa produzione documentale di cui è menzione nel verbale del “gruppo ristretto” del 2 febbraio 2016 avrebbe potuto determinare una incidenza sul piano della eventuale sanzione da irrogare.
Si osserva, altresì, che la commissione nel verbale della riunione del 19 gennaio 2016 afferma che alcune delle immagini “appaiono” – termine, dunque, che esclude la certezza – utilizzate in diversi articoli per documentare risultati sperimentali “diversi” e non già “contraddittori” ovvero “falsi” o “inattendibili”.
La violazione delle garanzie difensive e partecipative si pone non solo in contrasto con le stesse previsioni del regolamento di Ateneo ma con i principi fondamentali ai quali deve conformarsi l’esercizio dell’attività amministrativa, tenuto conto della natura del procedimento e delle conseguenze che ne sono scaturite ([#OMISSIS#] generale assume, infatti, il principio espresso dalla univoca e consolidata giurisprudenza costituzionale, la quale ha rilevato – sent. n. 57/1995 e 2010/1995 – che “il coinvolgimento dei soggetti interessati e il momento di partecipazione che ne deriva si pongono come fase indefettibile di un procedimento che può concludersi con l’applicazione di una misura affittiva”), stante anche il clamore mediatico suscitato dalla vicenda nel dibattito in corso sulla coltivazione e l’impiego di organismi geneticamente modificati.
In ragione della natura sia del potere esercitato sia delle situazioni giuridiche soggettive implicate, peraltro, non è possibile sostenere l’applicabilità della previsione dell’art. 21 octies, comma 2 della l. n. 241 del 1990 e ciò anche tenuto conto della circostanza che l’ateneo non ha provato in giudizio che la determinazione non avrebbe potuto essere diversa da quella in concreto adottata.
A tale riguardo, il Collegio rileva la fondatezza delle ulteriori deduzioni con le quali è stata contestata la carenza dell’istruttoria svolta e la perplessità della motivazione.
Dalla documentazione emerge, in particolare, che, come sopra esposto, le contestazioni si sono appuntate su immagini poste a corredo delle pubblicazioni scientifiche che sono state visionate tramite estrapolazione dai siti web delle relative riviste.
Ove fosse stato assicurato un effettivo contraddittorio, avrebbero potuto e dovuto essere apprezzati i profili critici connessi sia alle varie fasi di lavorazione delle immagini nella trasformazione nei diversi formarti propedeutiche alla pubblicazione sia quelli correlati alle modalità attraverso le quali la commissione di indagine le ha visionate, con utilizzazione del “filtro curve”, alla stregua degli elementi tecnici dettagliatamente evidenziati anche nella perizia di parte prodotta in giudizio a supporto delle deduzioni, a firma dell’Arch. [#OMISSIS#] Varriano.
Ciò senza considerare che, come correttamente rilevato dalla difesa di parte ricorrente, la commissione di indagine ha omesso di esplicitare l’incidenza che le rappresentazioni grafiche inserite nelle pubblicazioni hanno avuto in rapporto agli esiti ai quali è addivenuta la ricerca, vale a dire la loro rilevanza a supporto dei risultati dello studio. Anche con riferimento a tale profilo, peraltro, il parere di parte a firma del Prof. [#OMISSIS#] Zicarelli, ordinario di zootecnica speciale presso la stessa Università di Napoli [#OMISSIS#] II, contiene valutazioni specifiche nel senso della non incidenza delle immagini riprodotte sui risultati della ricerca. In rapporto agli interessi giuridici tutelati e, segnatamente, alla tutela della integrità della ricerca, alterazioni grafiche di una immagine, insuscettibile di assumere carattere dirimente o quanto meno rilevante ai fini dell’affermazione di un determinato risultato, sono in radice prive dei connotati dell’offensività con conseguente preclusione dell’esercizio del potere sanzionatorio.
La commissione di indagine, dunque, avrebbe dovuto procedere ad una analisi dettagliata dell’operato degli studiosi autori delle pubblicazioni, acquisendo, in quanto ritenuto necessario, gli “originali” delle immagini e considerando sia l’eventuale incidenza degli aspetti tecnico- informatici connessi alla tipologia del supporto impiegato per la riproduzione delle immagini sia, a monte, la funzione di tali immagini nel complesso dello studio scientifico nel quale sono state inserite.
E’ appena il caso di soggiungere che la verifica del rispetto delle regole di integrità alle quali deve doverosamente conformarsi l’attività di ricerca richiede un particolare rigore ed il rispetto altrettanto doveroso di tutte le garanzie previste dall’ordinamento a tutela dei soggetti coinvolti, tenuto conto della irrinunciabile salvaguardia dei diritti di libertà della ricerca e della indipendenza degli studiosi, rafforzati anche dalla relativa copertura costituzionale, oltre che a livello europeo ed internazionale.
L’obliterazione di tali fondamentali principi, infatti, è foriera di esiti aberranti ove, come nella fattispecie, si è addivenuti a sanzionare gli studiosi non già sulla base dell’accertata violazione delle regole a presidio dell’integrità della ricerca ma di meri dubbi.
E che nel caso che ne occupa siano stati sanzionati dubbi emerge dallo stesso provvedimento impugnato che reca in motivazione la considerazione di “possibili manipolazioni riguardo varie immagini e diversi articoli”, alla stregua di esiti dell’attività della commissione di indagine che hanno rilevato disomogeneità nelle immagini “verosimilmente dovute a manipolazioni”, concludendo nel senso della gravità delle violazioni in quanto “potrebbero” denotare la volontà di fabbricare un risultato sperimentale non esistente e che “è molto improbabile” correlare ad un mero errore.
Il Collegio osserva che se anche in relazione a risultati scientifici di una ricerca, venendo in rilievo una attività di giudizio che riflette lo stato delle conoscenze acquisite in quel determinato settore, non è possibile, in determinate ipotesi, addivenire a conclusioni certe, dovendosi in tal caso, ai fini che in questa sede rilevano, appurare che i metodi impiegati e le modalità con cui sono stati utilizzati non integrino fraudolenze o gravi negligenze ovvero che le premesse fattuali siano conformi a realtà, nella fattispecie oggetto di giudizio la contestazione (e l’irrogazione della sanzione) è correlata ad un elemento, la manipolazione (rectius la “possibile” manipolazione) di immagini che lo stato della tecnica avrebbe consentito di appurare con certezza e senza margine alcuno di opinabilità.
L’istruttoria, dunque, avrebbe dovuto assicurare tale accertamento, ferma, poi, l’analisi di ulteriori circostanze, rilevanti al fine di fondare la valutazione del distinto presupposto costituito dalla colpevolezza degli interessati e fermo anche il rispetto del principio di proporzionalità. Anche di tale principio non è stato fatto buon governo, essendo stata omessa ogni specificazione idonea a giustificare la ragione per la quale il ruolo di autore corrispondente rivestito dalla ricorrente implicava attribuzioni – la cui esplicazione o omissione avrebbe, in ogni caso, dovuto costituire oggetto di puntuale approfondimento – direttamente incidenti sulla specifica condotta sanzionata, diverse da quelle degli altri studiosi sottoposti ad analogo procedimento per le medesime produzioni e destinatari di misure meno afflittive.
In tale quadro, peraltro, proprio la specificità della contestazione avrebbe richiesto una ponderata selezione delle professionalità chiamate a comporre la commissione di indagine, che non annovera tra i propri membri neanche un esperto in zootecnica.
Le considerazioni che precedono sono ampiamente sufficienti a determinare l’accoglimento del gravame, potendosi solo soggiungere – per completezza in rapporto alle deduzioni articolate da parte ricorrente – la piena operatività del principio di irretroattività, la cui portata precettiva non può essere condizionata dal contenuto delle disposizioni entrate in vigore successivamente all’epoca in cui è stata posta in essere la condotta attiva o omissiva contestata, giacché la sussistenza di obblighi e divieti derivanti da altra fonte esclude che il fondamento della violazione sia da ravvisare nella norma regolamentare entrata in vigore in epoca successiva.
Il Collegio ritiene, nondimeno, di soffermarsi, anche al fine di orientare l’attività dell’amministrazione, su ulteriori profili di carattere più strettamente procedurale.
Le criticità maggiori emergenti dalla documentazioni in atti quanto al procedimento seguito sono da ravvisare, invero, non già nella nomina di una commissione ad hoc incaricata dell’istruttoria, derivando dalle previsioni generali di cui alla l. n. 241 del 1990 la possibilità per il rettore di avvalersi del supporto tecnico di organi composti da professionalità specifiche, bensì dalle vistose deviazioni rispetto alle previsioni di cui all’art. 2 della l. n. 240 del 2010.
La disposizione da ultimo richiamata, infatti, prevede che, come sopra esposto, ove vengano in rilievo violazioni del codice etico che non siano suscettibili di assumere rilevanza disciplinare (nel qual caso, infatti, la competenza pertiene al collegio di disciplina), su tali violazioni (individuate, dunque, attraverso rinvio alla fonte interna costituita dal codice etico) decide il Senato accademico su proposta del Rettore.
Nella fattispecie oggetto di giudizio, conclusi i lavori della commissione di indagine, il Rettore ha ritenuto di convocare una riunione presso il rettorato alla quale sono stati chiamati a partecipare solo alcuni componenti del Senato accademico e, segnatamente, il presidente della commissione statuto e regolamenti (Prof. [#OMISSIS#] De Giovanni, presidente anche della commissione di indagine che ha svolto l’istruttoria procedimentale), il presidente della commissione didattica (Prof.ssa [#OMISSIS#] Mastrullo) e il Presidente della commissione ricerca (Prof. [#OMISSIS#] Russo), oltre al rettore medesimo e ad una funzionaria, Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], responsabile dell’ufficio segreteria delle direzione generale, la quale ha svolto funzioni di segretario verbalizzante.
Ed è in tale riunione, che ha avuto luogo in data 2 febbraio 2016, che sono state assunte le determinazioni in merito alla irrogazione delle sanzioni conseguenti all’asserita violazione del regolamento per l’integrità nella ricerca.
La determinazione, dunque, non è stata assunta dal Senato accademico, come prescritto dall’art. 2, comma 4 della l. n. 240 del 2010, bensì dal Rettore e da alcuni dei componenti del Senato accademico.
A fondamento della convocazione in seduta “ristretta” del Senato accademico, come emerge dalla stessa deliberazione, il Rettore ha esplicitato due giustificativi: non meglio precisate garanzie di riservatezza e le determinazioni assunte in una precedente deliberazione del Senato Accademico (seduta del 10 novembre 2015) nella quale sarebbe stato conferito mandato ai coordinatori delle commissioni didattica, ricerca e statuto e regolamenti di proporre al rettore eventuali provvedimenti da adottare.
L’iter procedurale seguito è palesemente illegittimo e violativo delle prerogative che per legge pertengono al Senato Accademico.
Il Collegio rileva, in primo luogo, che alla stregua dell’art. 2 della l. n. 240 del 2010 è il Rettore che deve proporre al Senato accademico le determinazioni da adottare in merito alle violazioni del codice etico, sulla base delle quali quest’ultimo deve deliberare.
In secondo luogo, dalla documentazione in atti, ed in particolare dal verbale della riunione del Senato Accademico del 10 novembre 2015 – depositato dall’Ateneo resistente in ottemperanza dell’ordinanza n. 3697 del 2016, con la quale questa Sezione ha richiesto la produzione di copia integrale e priva di “omissis” del verbale dell’Adunanza in argomento – non emerge affatto che il Senato Accademico abbia deliberato di rimettere ad una composizione ristretta le determinazioni da