Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2018, n. 934

Studenti-Corso di laurea post laurea-Ammissione scuola di specializzazione-Spese processuali giudizio

Data Documento: 2018-02-13
Area: Giurisprudenza
Massima

La liquidazione, effettuata dal giudice, dei compensi professionali dovuti agli avvocati e procuratori dello Stato, dev’essere compiuta sulla base della disciplina normativa attinente, in passato, alla determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali nella materia (anche) amministrativa (v. da ultimo il d. m. 8 aprile 2004, n. 127, applicabile, “ratione temporis”, al momento della statuizione impugnata) e, attualmente, inerente ai parametri per la determinazione dei compensi per la professione forense, di cui al d. m. 10 marzo 2014, n. 55  (ben altra cosa naturalmente sono i criteri di riparto delle competenze di avvocato, tra gli avvocati e i procuratori dello Stato, su cui v. il t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611, la legge 3 aprile 1979, n. 103, e successive modifiche, l’art. 9 del d. l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. con mod. dalla legge 10 agosto 2014, n. 114,  e altre disposizioni).

Contenuto sentenza

N. 00934/2018 REG.PROV.COLL.
N. 09163/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9163 del 2011, proposto dalla Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Fausta Scalpellino, non costituitasi in giudizio;
nei confronti di
Sara Russo, [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Carandente, Severino Minichini, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI – SEZIONE IV, n. 1742/2011, resa tra le parti, concernente impugnazione delle graduatorie finali delle prove di ammissione al corso dl laurea delle professioni sanitarie – Fisioterapia, attivato presso l’Università degli studi di Napoli – [#OMISSIS#] II, a. a. 2009 / 2010, esclusivamente nella parte in cui il giudice di primo grado, al p. 4. della sentenza, dopo avere giudicato il ricorso infondato e averlo respinto, ha statuito sulle spese del giudizio quanto segue: “le spese… seguono la soccombenza e, data la limitata attività defensionale svolta dalla resistente Università, vengono liquidate nella somma complessiva di euro 100,00 (cento/00)”;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2018 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udito per la parte appellante l’avvocato [#OMISSIS#] Basilica dell’Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso in appello tempestivamente notificato e depositato, l’Università degli Studi “[#OMISSIS#] II” di Napoli, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la sentenza n.1742 del 2011 del Tar Campania – Napoli, pubblicata in data 25 marzo 2011 e non notificata, di rigetto di un ricorso proposto nel 2009 dalla signora Fausta Scalpellino avverso e per l’annullamento di atti dell’Università con i quali la ricorrente stessa non era stata collocata in posizione utile nelle graduatorie finali per l’ammissione al corso di laurea per le professioni sanitarie – Fisioterapia – attivato presso l’Università anzidetta per l’a. a. 2009/2010.
Parte appellante ha chiesto la riforma, e la riformulazione, della sentenza di primo grado, limitatamente alla statuizione sulle spese, “liquidate nella somma complessiva di euro 100,00”, “data la limitata attività defensionale svolta dalla resistente Università”, in quanto “del tutto erronea in diritto e palesemente in contrasto con la situazione di fatto”, e ha richiesto a questo giudice di appello di riconoscere a favore dell’Avvocatura dello Stato le competenze professionali previste dalle vigenti tariffe forensi.
In particolare, nell’atto di appello l’Avvocatura dello Stato rileva che:
–la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite nella misura di cento euro costituisce una “svista”, un “clamoroso errore”, “atteso che l’esito del giudizio di primo grado è stato per così dire “doppiamente” favorevole all’Ateneo, visto che il Tar ha prima rigettato la domanda di sospensione cautelare e poi respinto “in [#OMISSIS#]” il ricorso, confermando la piena legittimità degli atti impugnati”;
–nella fase cautelare l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli “ha provveduto alla costituzione in giudizio e al deposito della relazione amministrativa chiesta dal Tar con ordinanza istruttoria, mentre nella fase di merito ha depositato una memoria difensiva (di dieci pagine), in cui ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti ed ha diffusamente sostenuto la legittimità della procedura concorsuale”;
–il deposito dell’ampia memoria risulta in maniera inoppugnabile dagli atti del giudizio;
–di contro, la svista nella quale è incorso il giudice di primo grado si desume dal p. 2. della parte in Fatto della sentenza, là dove si afferma che l’Università si è costituita in data 13 gennaio 2010 “depositando mero controricorso di forma, senza svolgere alcuna difesa sostanziale”. Inoltre, nella sentenza non è mai stata menzionata la memoria difensiva dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, sostenendosi, per contro, che la difesa erariale si sarebbe limitata a depositare un “mero controricorso di forma, senza svolgere alcuna difesa sostanziale”;
–“risulta … evidente la non veridicità della base fattuale su cui il T.A.R. ha operato il proprio giudizio sulla liquidazione delle spese di giudizio, non tenendo in minimo conto la qualificata e approfondita attività defensionale svolta dall’Avvocatura dello Stato, la cui considerazione, invece, avrebbe dovuto sicuramente condurre il Tribunale ad una liquidazione più congrua e, di certo, non offensiva”;
–“pur nell’ipotesi in cui l’attività defensionale dell’Avvocatura dello Stato fosse stata effettivamente “limitata” – il che, si ripete, è smentito “per tabulas”-, (il Tar) sarebbe comunque andato oltre i suoi poteri in quanto nel nostro ordinamento non è previsto l’istituto della liquidazione punitiva né tanto meno è riconosciuto in capo al giudice un potere censorio in relazione al concreto svolgimento della difesa tecnica” (dovendo) “il giudice tenere conto dell’importanza dell’opera prestata, della quantità del lavoro svolto e del valore economico e sociale dell’attività in relazione al risultato prefisso (e) dovendosi in ogni caso rispettare i minimi della tariffa forense”: di qui, la richiesta di riforma della sentenza “in punto spese”, poiché erronea in diritto e in contrasto evidente con la situazione di fatto, con il conseguente riconoscimento, a favore dell’Avvocatura dello Stato, delle competenze previste dalle vigenti tariffe forensi, in una misura che tuttavia non viene precisata dalla parte appellante.
L’appellata non si è costituita, nel 2016 l’Università ha presentato una nuova istanza di fissazione di udienza ai sensi dell’art. 82 del c.p.a. dichiarando di avere interesse alla decisione della impugnazione, e all’udienza del 25 gennaio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2.L’appello è fondato e va accolto per le ragioni, entro i limiti e con gli effetti che saranno specificati in appresso.
Preliminarmente non sembra inutile puntualizzare che la liquidazione, effettuata dal giudice, dei compensi professionali dovuti agli avvocati e procuratori dello Stato, dev’essere compiuta sulla base della disciplina normativa attinente, in passato, alla determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali nella materia (anche) amministrativa (v. da ultimo il d. m. n. 127 del 2004, applicabile, “ratione temporis”, al momento della statuizione impugnata) e, attualmente, inerente ai parametri per la determinazione dei compensi per la professione forense, di cui al d. m. n. 55 del 2014 (ben altra cosa naturalmente sono i criteri di riparto delle competenze di avvocato, tra gli avvocati e i procuratori dello Stato, su cui v. il t. u. n. 1611 del 1933, la l. n. 103 del 1979 e successive modifiche, l’art. 9 del d. l. n. 90 del 2014, conv. con mod. dalla l. n. 114 del 2014, e altre disposizioni; v. da ultimo C. cost. , n. 236/2017).
Ciò premesso, dagli atti risulta comprovato che in primo grado l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli aveva, effettivamente, depositato in giudizio, il 4 gennaio del 2011, una memoria difensiva, suddivisa in due parti, la prima delle quali dedicata alla formulazione di un’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dalla ricorrente; e la seconda, a considerazioni inerenti alla legittimità della procedura concorsuale oggetto di contestazione.
Ora, quale che possa essere stata la “anomalia” nella quale è incorso il giudice di primo grado –svista vera e propria, sulla percezione del contenuto di atti del giudizio, sulla falsariga della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in tema di revocazione; vale a dire, percezione erronea di risultanze materiali del processo, ipotizzabile nella fattispecie in base al richiamo, operato al p. 2. della parte in Fatto della sentenza, al “mero controricorso di forma” dell’Avvocatura distrettuale di Napoli, e in considerazione della omessa menzione della citata memoria difensiva erariale, pure prodotta in giudizio; oppure, erroneità evidente del riferimento, compiuto al p. 4. della parte in Diritto della sentenza, alla attività difensiva dell’Università, qualificata come “limitata” quando, con ogni evidenza, tale non era; come che sia, appare manifestamente incongrua la liquidazione delle spese di causa compiuta nella misura complessiva di cento euro.
Infatti, alla luce dei criteri stabiliti all’art. 5 del d. m. n. 127 del 2004, disposizione applicabile nel giudizio di primo grado “ratione temporis” posto che all’epoca della pronuncia impugnata la tariffa professionale aveva mantenuto la propria efficacia ogni qual volta il giudice aveva dovuto procedere alla regolamentazione delle spese di giudizio in applicazione del criterio della soccombenza (Cass. n. 7293/2011), e ciò sino all’intervenuta abrogazione della tariffa medesima, disposta, con riferimento alle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, dal D. L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 (Cass. n. 11232/2013) e con effetti dall’entrata in vigore del D. M. 20 luglio 2012, n. 140, non può non essere posto in risalto il carattere irrisorio della regolamentazione delle spese effettuata dal giudice.
In proposito, va ribadito il divieto per il giudice di pervenire, nell’esercizio del potere discrezionale di regolamentazione delle spese, a un risultato ultimo che remuneri l’opera del difensore, al netto delle spese vive, con una somma che in termini assoluti risulti praticamente simbolica, e come tale non consona al decoro professionale che l’art. 2233 cod. civ. , comma 2, pure impone di considerare (sul principio v. Cass. civ. , sez. VI, n. 25804 del 2015), sicché la statuizione di primo grado relativa alle spese dev’essere corretta.
Tenuto conto dei criteri generali stabiliti all’art. 5 del d. m. n. 127 del 2004, tra i quali spiccano in particolare quelli inerenti alla natura e al valore effettivo della controversia, agli interessi sostanziali perseguiti dalla ricorrente (nella specie, si fa questione di causa avente valore indeterminabile), alle questioni trattate e alle prestazioni effettivamente svolte dall’avvocato davanti al giudice, la statuizione sulle spese – che, giova ripeterlo, si appalesa in effetti come manifestamente sproporzionata per difetto in relazione ai criteri sopra indicati – va riformulata nel senso che, in mancanza di nota spese da parte dell’Avvocatura, diritti e onorari vanno ri liquidati nella misura complessiva di € 2.000,00.
Quanto alle spese e ai compensi del grado di appello, invece, il motivo posto a base della impugnazione e la complessiva singolarità del giudizio proposto integrano ragioni tali da giustificare in via eccezionale la compensazione delle spese e dei compensi del secondo grado.
In conclusione, la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, contenuta al p. 4. della sentenza del Tar n. 1742 del 2011 (oltre che nel dispositivo), riportata in epigrafe, è errata e va riformulata nel senso che spese e compensi relativi al giudizio di primo grado seguono sempre la soccombenza ma vanno liquidati, in favore dell’Università degli studi di Napoli [#OMISSIS#] II, nella misura complessiva di euro 2.000,00 (euro duemila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per le ragioni specificate in motivazione e, per l’effetto, in riformulazione – e riforma parziale – della statuizione della sentenza impugnata, relativa alle spese, dispone che spese e compensi relativi al giudizio di primo grado siano liquidati, a favore dell’Università degli studi di Napoli [#OMISSIS#] II, nella misura complessiva di euro 2.000,00 (euro duemila/00).
Spese del grado del giudizio di appello compensate.
La presente sentenza verrà eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Giordano [#OMISSIS#], Consigliere
 Pubblicato il 13/02/2018