L’interpretazione letterale dell’art. art. 19, comma 9- bis, dell’accordo integrativo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Università, esclude una sua applicazione volta a promuovere una specie di sanatoria generalizzata di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato sottoscritti entro il I° gennaio 1997. Depongono in questo senso il primo comma dell’art. 19, nella parte in cui si afferma che le amministrazioni “possono” e, soprattutto, il comma 9 bis, che espressamente subordina l’attivazione delle procedure di rinnovo a specifici parametri quali “le esigenze assistenziali di assoluta necessità” e il richiamo alle “disponibilità di bilancio” (comma 9 bis). Ciò significa che non è possibile immaginare una efficacia retroattiva della successiva conversione del rapporto a tempo determinato a far data dal I° gennaio 1997, una volta accertata la sussistenza dei presupposti legittimanti la conversione del rapporto: nulla a riguardo dicono le fonti normative richiamate la cui interpretazione – come già detto – esclude una trasformazione automatica dei suddetti rapporti.
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 16 febbraio 2018, n. 92
Università e Servizio Sanitario Nazionale-Conversione contratto di lavoro
N. 00092/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01043/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1043 del 2013, proposto da: [#OMISSIS#] Mirenda, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Barbaro, [#OMISSIS#] Aragona, con domicilio eletto presso lo studio di [#OMISSIS#] Arena in Palermo, via Massimo D'[#OMISSIS#], n. 8;
contro
Università degli Studi di Messina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, n.81;
Direttore Generale pro tempore dell’Azienda Policlinico Universitario di Messina non costituito in giudizio;
Per la riforma della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE II n. 01222/2013, resa tra le parti, concernente Lavoro – Diniego istanza per ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro in contratto di durata triennale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 il Cons. [#OMISSIS#] Verde e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Aragona, l’avv. dello Stato La rocca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’appellante chiede l’annullamento della sentenza TAR SICILIA – CATANIA: Sezione II n. 01222/2013 con la quale il Giudice di primo grado ha rigettato:
– il ricorso n. 595 del 1998 proposto dal dott. Mirenda avverso il silenzio dell’Azienda Policlinico Universitario di Messina sull’istanza di conversione del contratto di lavoro ai sensi dell’art. 19, comma 9- bis, dell’accordo integrativo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Università; ha parimenti chiesto l’annullamento dei bandi di concorso pubblicati sulla GURI n.67/20-10-1986, n. 79/10-10-1997 e n. 9712-12-1997, ed ha agito in giudizio per la declaratoria del suo diritto all’invocata trasformazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 19, comma 9- bis;
– il ricorso n. 2122 del 1998 per l’annullamento delle deliberazioni del Direttore Generale dell’Azienda Policlinico Universitario di Messina n. 67 del 14 gennaio 1998 e n. 470 del 16 febbraio 1998, nonché del parere espresso dal Collegio dei consulenti dell’Azienda stessa nella seduta del 2 febbraio 1998.
L’odierno appellante ha nel tempo sottoscritto diversi contratti di lavoro a tempo determinato con l’Azienda Policlinico Universitario di Messina. In data 17 luglio 1997 – in virtù di un accordo integrativo del C.c.n.l del comparto Università – è stato aggiunto all’art.19 il comma 9 bis; quest’ultimo comma avrebbe consentito – a detta dell’Appellante – la trasformazione del rapporto in contratto a tempo determinato triennale con effetti giuridici e economici a far data dal 1° gennaio 1997.
Il giudice di primo grado con la sentenza oggi appellata, riuniti i ricorsi per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva, li ha rigettati compensando le spese tra le parti.
L’appellante insiste nella sua azione e rinnova le ragioni che a suo dire dovrebbero comportare l’accoglimento del ricorso introduttivo.
L’Università di Messina si è costituita in giudizio senza produrre scritti difensivi.
Nel corso dell’udienza pubblica del 14 dicembre 2017 la lite è stata trattenuta in decisione.
L’appello è infondato.
Con unico e articolato mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza assumendo:
1.La violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1369, 1374, 2077 c.c., in considerazione di quanto previsto dal già citato art. 19, comma 9- bis;
2.la violazione e falsa applicazione degli articoli 1321 e segg. c.c. 1362 e segg. c.c., 1375 c.c., e 1418 e segg. c.c., in considerazione di quanto previsto dal già citato art. 19, comma 9- bis;
3.la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost.; della Dir. 1999/70 CE; della sentenza della Corte di Giustizia Europea, sez. VI, del 18.10.2012 n. C – 305/11; dell’art. 45, c 9, D.Lgs n. 29/93 (ora art. 40 D.Lgs n. 165(01) e dell’art.1374 c.c.;
4.il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo.
L’articolata doglianza non merita accoglimento sotto alcuno dei quattro profili.
1.L’interpretazione letterale dell’art. art. 19, comma 9- bis, esclude una sua applicazione volta a promuovere una specie di sanatoria generalizzata di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato sottoscritti entro il I° gennaio 1997. Depongono in questo senso il primo comma dell’art. 19 lì dove afferma che le amministrazioni “possono” e, soprattutto, il comma 9 bis che espressamente subordina l’attivazione delle procedure di rinnovo a specifici parametri quali “le esigenze assistenziali di assoluta necessità” e il richiamo alle “disponibilità di bilancio” (comma 9 bis).
2.Quanto affermato sub 1. significa che non è possibile immaginare una efficacia retroattiva della successiva conversione del rapporto a tempo determinato a far data dal I° gennaio 1997, una volta accertata la sussistenza dei presupposti legittimanti la conversione del rapporto: nulla a riguardo dicono le fonti normative richiamate la cui interpretazione – come già detto – esclude una trasformazione automatica dei suddetti rapporti.
3.La Direttiva 1999/70/CE – indipendentemente dai tempi del suo recepimento – non poteva essere applicata ai fatti di causa (anni 1997 e 1998) perché non ancora entrata in vigore.
4.L’atto introduttivo del ricorso di primo grado è stato depositato in data 11 febbraio 1998; mentre il trasferimento al giudice ordinario della giurisdizione nella materia qui controversa opera esclusivamente in relazione alle liti insorte dopo il 30 giugno 1998 (art. 45, comma 17, D.lgs. n. 80 del 1998), sicchè la giurisdizione relativa al presente ricorso è stata correttamente ritenuta appartenente ratione temporis al giudice amministrativo.
5. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello va respinto.
6. La natura della controversia e ragioni di equità giustificano la compensazione delle spese
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere
[#OMISSIS#] Verde, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 16/02/2018