La mancanza di un componente della commissione giudicatrice durante la fase della valutazione collegiale e di sintesi di un candidato alla procedura di cui si discute altera inevitabilmente la pienezza del collegio, impedendo di fatto che si formi uno scrutinio nell’ambito di un organo che deve operare con cinque componenti (v. art. 6, co. 1, del d.p.r. 14 settembre 2011, n. 222) e le cui valide deliberazioni vanno calcolate su tale base numerica (v. art. 8, co. 5, del medesimo decreto).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2017, n. 4599
Abilitazione scientifica nazionale-Commissione esaminatrice-Collegio perfetto
N. 04599/2017 REG.PROV.COLL.
N. 04094/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4094 del 2016, proposto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Pisani e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Piazzale Clodio, n. 61;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III, n. 3051/2016, resa tra le parti, concernente valutazione negativa in relazione al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di prima fascia settore concorsuale -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Italo Volpe e udito l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Urbani Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso in epigrafe il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (di seguito “Ministero”) ha impugnato la sentenza del Tar per il Lazio, Roma, n. 3051/2016, pubblicata il 9.3.2016, che, con gli oneri delle spese, ha accolto il ricorso di primo grado, annullando per l’effetto il giudizio di non idoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di I fascia, settore concorsuale -OMISSIS- “-OMISSIS-”, tornata 2012, che con quello era stato impugnato.
1.1. In breve, la sentenza, premesso che “ai fini del conseguimento dell’abilitazione, rispetto al superamento delle mediane, essendo gli indici correlati alle stesse a carattere quantitativo (cfr. all. A, B al D.M. n. 76 del 2012), risulta preminente il giudizio di merito della Commissione sulla maturità scientifica raggiunta dai candidati, ex art. 4 del D.M. n.76 del 2012”, ha ritenuto che nel caso di specie “Nondimeno, premesso che trattasi di abilitazione scientifica per titoli e pubblicazioni (…) per la I fascia, con riconoscimento dunque della piena maturità scientifica anche in ambito internazionale, è necessario in ogni caso evidenziare che il giudizio impugnato risulta viziato per carenza di motivazione (…)” e “che nello specifico nel giudizio complessivo si dà conto della pertinenza della produzione scientifica col settore concorsuale in argomento, dell’apporto individuale altamente significativo del candidato, della continuità temporale delle pubblicazioni, con buon impatto delle stesse, del livello qualitativo in parte eccellente e in parte buono delle medesime; che inoltre l’interessato vanta titoli, anche di rilievo internazionale, con partecipazione a comitati editoriali di riviste e ad accademie di prestigio, vari incarichi di insegnamento universitario e conseguimento di premi e riconoscimenti.”.
Conseguentemente la sentenza ha stabilito che si dovesse “procedere ad un riesame del predetto giudizio, ad opera di una differente Commissione”.
2. Pur senza una specifica e formale articolazione di motivi, dall’appello in epigrafe si desume comunque l’intento del Ministero di dedurre l’erroneità della sentenza di primo grado in quanto “il giudizio in questione, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di prime cure, appare ben argomentato e perfettamente coerente con le premesse e consente di ricostruire l’iter logico con il quale la Commissione ha deciso di non concedere l’abilitazione scientifica”.
Ciò in particolare perché “come è stato ribadito anche nella nota circolare del Ministro (…) dell’11 gennaio 2013, il DM n. 76/2012 richiede ai fini dell’ottenimento dell’abilitazione che il giudizio positivo sia “basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate” (art. 3, comma 1) tenendo ben presenti la “qualità della produzione scientifica” (art. 4, comma 2, lettera c), e art. 5, comma 2, lettera c) e il conseguimento di risultati scientifici significativi anche con riferimento alla rilevanza internazionale degli stessi (art. 3, comma 2)”.
Il Ministero ha aggiunto che “Pertanto, in relazione alla sentenza qui impugnata, si può rilevare che si attribuisce eccessiva enfasi agli elementi postivi evidenziati dalla Commissione, trascurando, in maniera evidente, i sostanziali e numerosi aspetti negativi che hanno indotto i commissari ad esprimere (…) un giudizio unanimemente negativo.”.
3. Con memoria depositata il 20.7.2016 l’appellato, difendendo l’esito della sentenza:
– per un verso critica gli argomenti del Ministero sottolineando che:
— “Il criterio qualitativo non può in alcun caso essere utilizzato quale parametro prevalente da qualsivoglia Commissione esaminatrice in ambito concorsuale e/o procedure abilitative come quella per cui è causa.”;
— e, specificamente, “La Commissione ha fornito un giudizio irragionevole e non coerente, poiché ha omesso completamente di apprezzare il peso specifico delle pubblicazioni del resistente dando prevalenza a fattori marginali e subordinati.”;
– per altro verso ribadisce il tema censorio già articolato in primo grado costituito dal fatto che i lavori della commissione giudicatrice doveva reputarsi illegittimi in quanto ad essi – durati dalle ore 8.30 alle ore 13.00 nella seduta del 27.11.2013, nella quale l’appellato veniva giudicato non idoneo – non aveva partecipato il membro -OMISSIS-, che risultava essersi unito alla commissione soltanto alle ore 13.00.
4. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 27.6.2017, è stata ivi trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato e perciò va respinto.
6. Risulta in primo luogo condivisibile la censura – dichiarata assorbita dalla sentenza di primo grado ma qui riproposta – riguardante la singolare situazione del componente della commissione giudicatrice, membro -OMISSIS-, che (senza diversa deduzione ovvero dimostrazione da parte del Ministero) risulta essersi è unito ai colleghi valutatori in un orario coincidente con la chiusura dei loro lavori nei confronti dell’appellato.
La critica – che, dal punto di vista procedurale, assume anche i tratti del rilievo di un vizio autosufficiente eppertanto assorbente – è condivisibile ove si consideri che la mancanza di un componente della commissione giudicatrice durante la fase della valutazione collegiale e di sintesi di un candidato alla procedura di cui si discute altera inevitabilmente la pienezza del collegio, impedendo di fatto che si formi uno scrutinio nell’ambito di un organo che deve operare con cinque componenti (v. art. 6, co. 1, del d.P.R. n. 222/2011) e le cui valide deliberazioni vanno calcolate su tale base numerica (v. art. 8, co. 5, del medesimo decreto).
7. Va poi aggiunto che gli argomenti spesi dal Ministero in questo grado di giudizio né affrontano direttamente né conseguentemente scalfiscono le tesi censorie svolte dall’appellato in primo grado e fatte proprie dalla sentenza impugnata, la quale dunque resiste al gravame.
In estrema sintesi, la tesi del Ministero è nel senso che quello della qualità della produzione scientifica dei partecipanti alla procedura selettiva – che ha pure composto il ventaglio dei criteri valutativi assunti a parametro di giudizio dalla commissione – deve poter avere valore scriminante e, di fatto, idoneo a vanificare (superandola) la pur sussistente positività dei giudizi espressi dalla stessa commissione sulla scorta degli altri concorrenti criteri di giudizio.
Ritiene però il Collegio, risultando condivisibili gli argomenti addotti in proposito dall’appellato, che la commissione possa (e debba) sì far valere il parametro selettivo (suscettibile di risultare più marcatamente discrezionale) della qualità di detta produzione, relativamente ai diversi candidati, ma pur sempre in un quadro di coerenza ed equilibrio valutativo con i responsi dalla stessa dati in funzione degli altri parametri (più marcatamente obiettivi e non discrezionali) e, pertanto, degli altri giudizi pur sempre da essa commissione espressi.
Ciò che nella specie è mancato sono, appunto, questi necessari tratti di coerenza ed equilibrio, dato che il responso finale (negativo) nei riguardi dell’appellato risulta incomprensibilmente ancorato ad un meno palpabile giudizio discrezionale di merito, in ordine alla qualità intrinseca di detta produzione, a cospetto di pur presenti valutazioni positive (o, quanto meno, non decisamente negative) tratte, a differenza della prima, dalla percezione di elementi di giudizio obiettivi e concreti.
Questo pertanto induce alla reiezione dell’appello e alla conseguente conferma della sentenza impugnata, il cui effetto utile – tra l’altro – è solo quello di una rivalutazione piena (e condotta correttamente) del candidato da parte di una commissione in diversa composizione, impregiudicato il relativo esito.
8. Ricorrono giustificati motivi per compensare fra le parti le spese di questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado d’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, co. 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte privata del giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Barra [#OMISSIS#], Presidente
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
Italo Volpe, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 03/10/2017
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.