L’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione ex art 395 c.p.c., richiamato dall’art. 106, comma 1, c.p.a., si sostanzia in una falsa percezione della realtà risultante dagli atti di causa, consistente in una svista materiale che abbia indotto il giudice ad affermare l’esistenza di un fatto incontestabilmente inesistente oppure a considerare inesistente un fatto la cui verità risulti, al contrario, positivamente accertata. In entrambi i casi, peraltro, ciò vale solo se il fatto erroneo sia stato un elemento decisivo della pronuncia revocanda e sempre che non attenga ad un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato, perché in tale caso sussiste, al più un errore di diritto.
Consiglio di Stato, Sez. III, 22 gennaio 2015, n. 228
Personale azienda ospedaliera universitaria-Indennità di equiparazione ex art. 31 del d.p.r. 20 dicembre 1979, n. 761-Ricostruzione carriera-Motivi di gravame in sede di appello
N. 00228/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04400/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4400 del 2014, proposto da:
Azienda Sanitaria Locale n.1 di Avezzano, Sulmona, L’Aquila, rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Presti, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Cerulli Irelli in Roma, Via [#OMISSIS#],1;
contro
[#OMISSIS#] Carlei, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Reggio D’Aci, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Reggio D’Aci in Roma, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], 5;
nei confronti di
– Università degli Studi di L’Aquila, Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
– Regione Abruzzo;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. III, n. 05210/2013, resa tra le parti, concernente affidamento incarico presso una struttura ospedaliera con riconoscimento economico e previdenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Carlei e di Università degli Studi di L’Aquila e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2014 il Cons. [#OMISSIS#] Ungari e uditi per le parti gli avvocati Presti, Reggio D’Aci e l’avvocato dello Stato D’Ascia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza n. 5210/2013, questa Sezione ha deciso due appelli avverso la sentenza del TAR Abruzzo, I, n. 433/2012:
(a) – in parte respingendo ed in parte dichiarando inammissibile quello proposto dalla ASL n. 1 di Avezzano, Sulmona, L’Aquila;
(b) – accogliendo parzialmente quello proposto dal prof. Carlei (ordinario di Chirurgia generale presso l’Università di L’Aquila), con condanna della ASL n. 1 al pagamento di somme a titolo di risarcimento per equivalente del pregiudizio patito dal Carlei a causa della omessa strutturazione presso la ASL (in misura corrispondente ai trattamenti aggiuntivi non percepiti, oltre ad una somma, pari al doppio dei medesimi, a ristoro del danno curriculare e della perdita di chances di carriera), a partire dal 22 febbraio 2005 e fino alle nuove determinazioni degli organi competenti a decidere al riguardo.
2. La ASL n. 1, dopo essersi costituita nel relativo giudizio di ottemperanza instaurato dal Carlei (ric. n. 740/2014) ed aver contestato in quella sede l’ineseguibilità della sentenza, anche in ragione dell’inapplicabilità alla ASL dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. 517/1999, nonché i conteggi del quantum da risarcire (si attende la pubblicazione della sentenza su tale ricorso, passato in decisione alla camera di consiglio del 15 aprile 2014), agisce ora per la revocazione della sentenza di merito.
3. A tal fine, la ASL prospetta, con riferimento all’art. 395, n. 4, c.p.c., una serie di circostanze, a suo dire costituenti errori di fatto.
Va sottolineato che nel ricorso le c.d. parte rescindente e parte rescissoria non vengono distinte, bensì, con riferimento a passi della sentenza d’appello, vengono sottolineate le distinte circostanze che, ad avviso della ASL, denunciano un travisamento, per farle seguire dalla critica della soluzione adottata e dall’enunciazione di quella che sarebbe stata corretta.
(a) – nella sentenza n. 5210/2013, si afferma che il Carlei, poiché ha titolo, ai sensi dell’art. 5, del d.lgs. 517/1999, all’assegnazione di un incarico assistenziale complementare integrativo dell’attività didattica, ha un interesse giuridicamente rilevante e tutelato anche nei confronti della ASL 1 (pag. 11, § 2.1.1.); ma senza avvedersi, per mera svista, che l’art. 5, comma 4, si riferisce all’evidenza solo ai professori che svolgono attività assistenziale presso le aziende ospedaliero-universitarie e non anche a quelli che svolgono attività assistenziale presso le aziende USL, oggi ASL; si tratta di punto rilevante ai fini dell’accertamento del diritto del Carlei all’assegnazione dell’incarico), non oggetto di discussione (si è discusso in giudizio soltanto se la norma fosse applicabile ai professori convenzionati con la ASL o anche a quelli non convenzionati) e non controverso, sul quale la decisione non ha espressamente motivato.
(b) – lo stesso errore ha condotto questa Sezione a riconoscere (pag. 25, § 3.5.) il risarcimento del danno (oltre che in relazione alle differenze retributive) anche per il pregiudizio curriculare e per quello derivato alla abilità professionale del ricorrente dal non aver potuto svolgere prestazioni assistenziali ad un congruo livello.
(c) – un terzo profilo viene prospettato nella denegata ipotesi che si ritenga applicabile alla controversia l’art. 5, comma 4, del d.lgs. 517/1999. La domanda risarcitoria è stata accolta (pag. 25, § 3.4.2.) a partire dal febbraio 2005, calcolando la prescrizione quinquennale in relazione alla diffida inviata dal Carlei alla ASL in data 22 febbraio 2010. Quindi, per mera svista la sentenza afferma che il Carlei ha chiesto alla ASL di essere convenzionato a far data dal 4 febbraio 2003, mentre invece la pretesa avrebbe potuto essere accolta a far data dal 22 febbraio 2010, data della notifica alla ASL della predetta diffida, o al massimo dal 1 maggio 2008, data in cui l’Università ha chiesto alla ASL il conferimento dell’incarico al Carlei (nel ricorso per revocazione, la ASL cita la nota prot. 849 in data 30 aprile 2007; poi, nella memoria di replica, afferma trattarsi della nota prot. 1412 in data 12 giugno 2008).
(d) – inoltre, anche la quantificazione delle somme, in modo equitativo e senza specifici elementi probatori, in misura pari al doppio dei trattamenti aggiuntivi non percepiti, sempre per mera svista, prende a riferimento (§ 3.5., pag. 25 –[#OMISSIS#]: § 3.5. ss., pagg. 30 ss.) un criterio di liquidazione del danno in via equitativa riferito al medico non professore universitario che svolge soltanto l’attività di chirurgo (con 36 ore settimanali, a fronte delle 15/20 del medico strutturato) e non l’attività di docente universitario, per di più ritenendo che tale genere di pregiudizio non necessiti di specifiche prove (sempre sulla base del criterio fissato da Cass. 17 luglio 2008, n. 19596, che però, si ripete, riguarda il medico non professore universitario).
Sostiene, infine, la ricorrente che il risarcimento è stato riconosciuto dalla sentenza di appello in misura nettamente superiore a quella richiesta col ricorso, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Va aggiunto che nel ricorso si lamenta anche che la sentenza abbia posto il risarcimento a carico della sola ASL, e non anche dell’Università, ma senza argomentare al riguardo l’esistenza di un motivo specifico di revocazione.
4. Si è costituito in giudizio e controdeduce puntualmente il prof. Carlei, eccependo l’inammissibilità del ricorso (anche alla luce del fatto che la ASL avrebbe chiaramente manifestato, agli effetti di cui all’art. 329 c.p.c., la volontà di non contestare la sentenza d’appello), oltre che la sua infondatezza.
5. Entrambe le parti hanno presentato memorie e memorie di replica (anche dibattendo sull’ammissibilità o meno della produzione in giudizio di documentazione concernente gli accordi tra Università ed ASL che hanno integrato o sostituito l’Accordo attuativo del 2003, precipuamente considerato dalla sentenza d’appello).
6. Il Collegio ritiene di potersi esimere dall’esaminare ogni altra questione processuale, stante l’evidente inammissibilità del ricorso per revocazione, per mancanza di errori di fatto rilevanti ai sensi dell’art. 395, c.p.c., richiamato dall’art. 106, comma 1, cod. proc. amm.
6.1. In proposito, è utile ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione si sostanzia in una falsa percezione della realtà risultante dagli atti di causa, consistente in una svista materiale – definito, con icastica espressione, come “abbaglio dei sensi” – che lo abbia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto incontestabilmente inesistente oppure a considerare inesistente un fatto la cui verità risulti, al contrario, positivamente accertata. In entrambi i casi, peraltro, ciò vale solo se il fatto erroneo sia stato un elemento decisivo della pronuncia revocanda e sempre che non attenga ad un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato, perché in tale caso sussiste, al più, un errore di diritto (cfr., tra le tante, Cons. Stato, A.P., n. 1/2013 e n. 5/2014; da ultimo, III, n. 4541/2014 e n. 3183/2014; IV, n. 487/2014).
In particolare, l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi degli artt. 106, cit., e 395, n. 4, c.p.c., deve essere caratterizzato:
(a) – dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato.
(b) – dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato, con esclusione delle ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio o delle ipotesi in cui la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita.
(c) – dall’essere stato un elemento decisivo della sentenza da revocare, necessitando, perciò, un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e il contenuto della pronuncia.
(d) – dall’apparire con immediatezza e dall’essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; con la conseguenza che non può consistere in un preteso, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze e documenti processuali ovvero in un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, vertendosi, in questo caso, in una ipotesi di errore di giudizio attinente all’attività valutativa del giudice che, come tale, esula dall’ambito della revocazione, pena la trasformazione dello strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio.
6.2. Sulla base di tali parametri consolidati, appare evidente che non sussistano gli errori di fatto prospettati dalla ASL. Infatti (secondo il medesimo ordine espositivo seguito al punto 3):
(a) – le argomentazioni contenute nella sentenza in ordine all’applicabilità dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. 517/1999, alla posizione del prof. Carlei, concernendo la delimitazione dell’ambito applicativo di una norma giuridica (interpretata, anche alla luce degli accordi esistenti tra Università ed ASL) e non meramente il tenore testuale della disposizione di legge che la esprime, costituiscono all’evidenza una qualificazione giuridica della vicenda, e come tali, anche qualora dovessero essere ritenute errate, darebbero luogo ad un errore di diritto, non ad un errore di fatto.
(b) – la stessa considerazione va ripetuta riguardo alle conseguenze risarcitorie che la sentenza ha fatto discendere (anche) dalla ritenuta applicabilità della norma predetta.
(c) – per quanto concerne la decorrenza della pretesa risarcitoria, la sentenza non ha affermato che il Carlei ha chiesto alla ASL di essere convenzionato a far data dal 4 febbraio 2003 (ciò che davvero avrebbe potuto costituire un travisamento dei fatti), e dalla sentenza non può comunque desumersi il riconoscimento delle pretese risarcitorie a partire da quella data. Al contrario, la sentenza ha affermato:
– che (pagg. 3-4) “in data 4 febbraio 2003, il Prof. [#OMISSIS#] Carlei (…)chiedeva al Rettore di essere inserito nella convenzione in corso con le altre ASL della Regione Abruzzo, ed in primo luogo con la ASL di L’Aquila, al fine di ottenere un incarico di direzione di struttura ospedaliera (in qualità di dirigente di II livello), che gli consentisse di mantenere la continuità assistenziale …” e che “rimasta senza esito questa richiesta così come quelle rinnovate negli anni successivi, unitamente agli inviti a provvedere rivolti alla ASL di L’Aquila dal Preside della Facoltà di Medicina (tra cui -da ultimo- quello con nota n. 849/2007) il prof . Carlei in data 22 febbraio 2010 ha notificato alla Università degli Studi dell’Aquila ed alla ASL n. 4 di L’Aquila una diffida a provvedere, ognuno per la parte di competenza, alla propria “strutturazione assistenziale ai sensi e per gli effetti del D. lgs n. 517/1999 e dell’Accordo attuativo del 7 agosto 2003, nonché alla formulazione di una proposta per il risarcimento dei danni subiti e subendi a far data dal gennaio 2013 a causa della omessa strutturazione assistenziale” …”.
– che (pagg. 26-27), riguardo alla prescrizione eccepita dalla difesa della ASL, “L’eccezione va accolta limitatamente alle pretese risarcitorie maturate nel quinquennio antecedente, non la notifica del ricorso (come chiede la ASL), ma la notifica della diffida in data 22 febbraio 2010: infatti già in tale atto il prof. Carlei ha chiesto espressamente sia la strutturazione assistenziale sia il risarcimento dei danni di tipo giuridico, economico e professionale subiti e subendi a causa della mancata strutturazione assistenziale a far data dal gennaio 2003, riservandosi di chiederne il ristoro nelle competenti sedi giurisdizionali.”.
Dunque, la sentenza ha ritenuto che la pretesa risultasse fondata fin dal momento in cui il prof. Carlei ebbe originariamente a richiedere che gli venisse conferito l’incarico, ma poi, di fronte all’eccezione di prescrizione sollevata da controparte, ha ritenuto che soltanto la notifica della diffida in data 20 febbraio 2010 fosse idonea ad interrompere la prescrizione, riconoscendo conseguentemente il risarcimento solo a partire dal quinquennio antecedente a detta data.
Anche in questo caso, se può ipotizzarsi una diversa interpretazione degli elementi rilevanti, ai fini della nascita di un diritto al risarcimento, della sua decorrenza e della sua entità, è comunque certo che non sussiste un errore di fatto revocatorio, quale travisamento di risultanze oggettive, nel senso sopra ricordato.
(d) – anche la scelta da parte del giudice di un criterio (per di più, di origine giurisprudenziale, quindi di per sé opinabile e suscettibile di alternative) di liquidazione del danno e la correlata valutazione di sufficienza degli elementi probatori forniti dalla parte, o comunque di non indispensabilità di elementi probatori, non possono costituire di per sé errore di fatto, attinendo invece alla qualificazione giuridica del rapporto, che può dar luogo ad errore di diritto.
In sintesi, tutti gli aspetti presi in esame alle lettere precedenti, colgono attività valutative del giudice in ordine all’applicabilità di disposizioni di legge, o alla rilevanza di atti procedimentali; i cui esiti sono forse opinabili (la ASL stessa, a pag. 34 del ricorso, afferma che dell’inapplicabilità dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. 517/1999 – questione nodale della decisione, da cui si dipanano le altre – si sarebbe accorta soltanto nel corso del giudizio di ottemperanza), ma che non danno luogo ad errori di fatto revocatori, non potendo la revocazione (come sopra ricordato) essere utilizzata alla stregua di un terzo grado di giudizio al fine di porre rimedio ad un preteso, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze e dei documenti processuali, ovvero in un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio.
(e) – va aggiunto, riguardo all’asserito riconoscimento di un risarcimento in misura maggiore di quanto richiesto, che tanto risulta affermato dalla ASL apoditticamente, senza argomentare perché vi sarebbe tale non corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Anche tale profilo risulta pertanto inidoneo ad integrare i presupposti di ammissibilità del giudizio di revocazione.
7. Considerata la peculiarità della controversia, si ravvisano giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Stelo, Consigliere
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Ungari, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)