Consiglio di Stato, Sez. III, 4 maggio 2015, n. 2236

Personale azienda ospedaliera universitaria-Attività assistenziale in ambito accademico-Posizione giuridica soggettiva-Interesse legittimo

Data Documento: 2015-05-04
Area: Giurisprudenza
Massima

La pretesa allo svolgimento dell’attività assistenziale in posizione strutturata, con le connesse corrispondenze funzionali di cui al comma 4, art. 102,  d.p.r. 11 luglio 1980, n. 382, e correlata indennità, è di certo tutelabile in capo al docente universitario medico, ma non può dirsi che essa si fondi su una posizione di incondizionato diritto, non potendo l’ente ospedaliero adempiere obbligatoriamente se vi sia l’impedimento obbiettivo della non disponibilità della struttura o del correlato posto di organico. La posizione suddetta si individua di conseguenza come tutelabile a titolo di interesse legittimo, poiché corrispondente all’esercizio di un potere, che, pur se attribuito anche al fine di assicurare al meglio l’interesse pubblico specifico alla integrazione della funzione assistenziale nell’esercizio della docenza medica, si esprime attraverso un atto organizzativo e non di gestione del personale, anche se con effetto riflesso sulla posizione soggettiva degli interessati.

Contenuto sentenza

N. 02236/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05398/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5398 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#],
rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Francario, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via della Mercede, 11,
contro
– Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] Russi, con domicilio eletto presso l’avv. [#OMISSIS#] Hernandez, in Roma, via [#OMISSIS#] Gramsci, 14;
– Università degli Studi di Chieti “G. D’Annunzio”,
in persona del legale rappresentante p.t.,
non costituitasi in giudizio, 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – SEZ. STACCATA di PESCARA – SEZIONE I n. 00593/2013, resa tra le parti, concernente mancato ricoscimento del diritto del ricorrente all’inquadramento nella qualifica primariale di direttore medico della asl di pescara ed al ripristino dell’iniziale retribuzione.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria;
Visto che non si è costituita in giudizio l’appellata Università;
Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle sue domande;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza dell’11 marzo 2015, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. [#OMISSIS#] Francario per l’appellante e l’avv. Bonaccorsi Di Patti, in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#] Russi, per l’Amministrazione sanitaria;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – E’ impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, indicata in epigrafe, con la quale, nel pronunciare sul ricorso proposto ( in riassunzione di precedente giudizio instaurato dinanzi al Giudice del lavoro concluso con sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila di declaratoria del difetto di giurisdizione ) dall’odierno appellante ( docente di I fascia in Gastroenterologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti, che presta in tale qualità attività sanitaria ed assistenziale presso le strutture ospedaliere dell’ASL Pescara per effetto di convenzioni succedutesi nel tempo tra l’ASL medesima e l’Ateneo di appartenenza ) per il riconoscimento della qualifica primariale di Direttore Medico con relativo trattamento giuridico-retributivo ed arretrati e risarcimento, lo ha respinto, in quanto in parte irricevibile ed in parte infondato.
Il T.A.R. ha rilevato in particolare:
– la mancata impugnazione di provvedimenti adottati nell’àmbito di tale rapporto ed in particolare della delibera ( attuativa della convenzione Università – ASL ), con cui era stato conferito al ricorrente l’incarico di direzione della struttura semplice di FMD, cui non corrispondevano l’invocata qualifica ed il correlato trattamento economico;
– l’insussistenza di qualsiasi inadempimento dell’atto convenzionale del 24 luglio 2006 ( che, nel prevedere l’attivazione di una struttura semplice denominata “Modulo Dipartimentale di Fisiologia delle Malattie Digestive” nell’àmbito del Dipartimento Medico con n. 4 posti letto, recava altresì l’impegno delle parti “ad avviare le procedure necessarie affinché la struttura in parola venga inserita tra le strutture complesse insistenti nell’AUSL di Pescara nel redigendo atto aziendale” ), in considerazione del carattere meramente programmatico degli impegni assunti;
– la infondatezza della domanda risarcitoria, sul presupposto che l’attribuzione all’interessato della titolarità del modulo FMD in luogo della diversa struttura complessa in precedenza diretta non rappresenta né un demansionamento, né una dequalificazione.
Lamenta l’appellante l’erroneità della sentenza impugnata, sulla base dei seguenti motivi di appello, ulteriormente specificati con memoria depositata in data 7 febbraio 2015:
I. – Errore della sentenza appellata laddove ritiene necessaria una tempestiva impugnazione della convenzione del 2006 e dei suoi atti applicativi: viene rilevata, sotto questo profilo, l’erroneità della sentenza, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado argomentando dalla mancata impugnazione della Convenzione, assumendo che l’atto lesivo non è la convenzione, atteso che “non è la tipologia della Struttura concretamente affidata a condizionare ed orientare il meccanismo di corrispondenza tra personale universitario e personale sanitario, dal momento che la normativa di riferimento prevede piuttosto un meccanismo di equiparazione del personale universitario al personale sanitario in funzione della qualifica rivestita nell’ordinamento universitario senza alcun riferimento, o comunque senza attribuire alcuno specifico rilievo, alla natura di Struttura Semplice o di Struttura Complessa del Modulo concretamente assegnato” (pagg. 14 – 15 app.).
II. – Errore della sentenza appellata laddove ritiene insussistente l’inadempimento della Convenzione del 2006: si afferma che, contrariamente a quanto asserito nella sentenza, l’impegno ( “ad avviare le procedure necessarie affinché la struttura in parola venga inserita tra le strutture complesse insistenti nell’AUSL di Pescara nel redigendo atto aziendale” ) non è “di tipo programmatico ma sottoposto ad una scadenza certa e puntuale che coincide con l’adozione del redigendo atto aziendale … poi adottato nel maggio 2007 con Delibera del direttore Generale n. 267 dell’8 maggio 2007 … [che] continua a classificare l’esaminato Modulo Dipartimentale in termini di Struttura Semplice e non già di Struttura Complessa” ( pag. 18 app. );
III. – Sulla domanda risarcitoria: la sentenza appellata viene criticata nella parte in cui ha respinto tale domanda, pretendendo erroneamente, secondo l’appellante, “di equiparare in [#OMISSIS#] i compiti e le funzioni attribuibili al Professore Ordinario ai compiti e le funzioni attribuibili al Professore associato” ( pag. 20 app. ).
IV. – Sulla giurisdizione: si afferma che, contrariamente a quanto statuito in sentenza, “qualsiasi preteso nuovo inquadramento … sarebbe comunque estraneo all’esercizio del potere pubblicistico” ( pag. 24 app. ), donde l’attrazione della controversia nella giurisdizione ordinaria.
Si è costituita in giudizio l’intimata Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara, per resistere al ricorso, di cui chiede la declaratoria di inammissibilità o comunque la reiezione.
Non si è invece costituita, benché ritualmente intimata, l’Università degli Studi di Chieti “G. D’Annunzio”.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dell’11 marzo 2015.
2. – L’appello è infondato e la sentenza di primo grado va confermata, se pure con parzialmente diversa motivazione.
3. – Preliminarmente, va con esattezza delimitata la materia del contendere.
L’odierno appellante, docente universitario di I fascia che presta altresì attività sanitaria ed assistenziale presso le strutture ospedaliere dell’AUSL di Pescara per effetto di convenzioni succedutesi nel tempo intervenute tra l’Azienda medesima e l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti ai sensi di quanto previsto dall’art. 6 del D. Lgs. n. 502/1992 e dal D. Lgs. n. 517/1999, si è visto attribuire, con delibera aziendale n. 1302 del 4 settembre 2006 ( avente ad oggetto “Convenzione tra la ASL di Pescara e l’Università di Chieti in attuazione di protocollo di intesa Regione Abruzzo ed Università” ), la direzione del Modulo Dipartimentale di Fisiologia delle malattie digestive, istituito come struttura semplice a direzione universitaria nell’àmbito del Dipartimento Medico.
Prima di quella data egli, incontestatamente, svolgeva le funzioni primariali della Unità Funzionale di Medicina Interna I e Astanteria Medica del P.O. di Pescara, con correlata percezione della indennità perequativa prevista dall’art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 in favore del personale universitario, al fine di ragguagliare il relativo trattamento retributivo a quello dei dipendenti del servizio sanitario nazionale di pari qualifica e funzioni; ragguaglio che avveniva nel caso di specie, pure incontestatamente, sulla base della corrispondenza funzionale professore ordinario/primario stabilita dall’art. 102, comma 4, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
La pretesa fatta valere in giudizio ( prima dinanzi al Giudice ordinario e poi in sede di riassunzione davanti al Giudice amministrativo ) con il ricorso di primo grado, è quella di inquadramento nella qualifica primariale di Direttore Medico ( v. pag. 5 ricorso al Giudice del lavoro e pag. 58 ricorso al T.A.R. ), non più riconosciuta dall’Amministrazione a séguito dell’intervenuta preposizione ad un modulo classificato come “struttura semplice”, con conseguente ripristino della precedente retribuzione.
Essa si fonda, secondo le puntuali prospettazioni del ricorrente, sulla lesività non della sopravvenuta istituzione della predetta struttura semplice, né dell’avvenuto suo incardinamento nella direzione della stessa, ma della mancata attuazione ( per il periodo antecedente alla poi effettuata soppressione della struttura FMD con atto del 28 febbraio 2012 intervenuto in corso di causa ) dell’accordo, codificato nella predetta Convenzione, secondo il quale, a fronte del passaggio dell’Unità Operativa di Medicina Interna I ed Astanteria da direzione universitaria a direzione ospedaliera, il neonato Dipartimento di Fisiologia delle Malattie Digestive sarebbe stato inserito “tra le strutture complesse insistenti nella AUSL di Pescara nel redigendo atto aziendale”.
L’omesso rispetto delle intese di cui alla citata convenzione ha negato pertanto al professore/medico, secondo le tesi di ricorso, la qualifica primariale di Direttore Medico e la equiparazione economica tra la qualifica di Professore ordinario e quella primariale pretesa, donde la domanda ( v. pag. 6 ric. al Giudice del lavoro ) di condanna dell’Università degli Studi “ad inquadrare e far assumere ad esso ricorrente la qualifica primaziale di Direttore Medico oltre a ripristinare l’iniziale retribuzione”.
Così inquadrata la pretesa fatta valere in ordine ai suoi presupposti normativi e fattuali, si può passare partitamente all’esame dei motivi di appello.
4. – Il quarto motivo ( che per ragioni di ordine logico-processuale merita prioritaria trattazione ), con il quale si contesta la sussistenza della giurisdizione amministrativa affermata dalla pronuncia di primo grado, è inammissibile.
Esso, invero, si fonda sulla contestazione del dictum del Giudice di primo grado, secondo cui l’inquadramento richiesto postula in sostanza la modifica dell’atto aziendale “che ha natura autoritativa” ( pag. 6 sent. ), omettendo del tutto di censurare gli ulteriori assunti motivazionali del capo di sentenza in discussione e cioè che:
– “va considerato lo status del ricorrente che è, a tutti gli effetti, dipendente dell’Università, quale professore ordinario (art. 133, lett. i), nonché che si chiede l’esecuzione di un accordo intervenuto tra soggetti pubblici (art. 133, comma I, lett. a, n. 2). Trattasi, invero, di un rapporto di lavoro del personale in regime di diritto pubblico (art. 3, n.2 D.Lgs. n. 165/2001)”;
– “vi è lo svolgimento di un’attività pubblica d’interesse comune, nel cui ambito esecutivo rientrano le richieste individuali del ricorrente, rivolte sia all’Università, sia all’Ausl/Pe, ponendosi a presupposto la necessaria equiparazione tra la qualifica universitaria con quella apicale di dirigente medico”,
– “viene dedotta la mancata esecuzione di un accordo tra soggetti pubblici, implicante la modificazione di una struttura organizzativa da semplice a complessa, che postula l’intervento del G.A., venendo l’interesse pretensivo dell’istante a collidere con l’esercizio di poteri pubblici” ( pag. 5 sent. ).
Sulla base, pertanto, del pacifico principio, secondo cui la mancata critica anche di una sola delle plurime rationes decidendi poste a base dello specifico capo della sentenza di primo grado fatto oggetto di impugnazione vale a rendere inammissibile la censura delle restanti rationes ( se ed in quanto, come appunto accade nel caso di specie, le prime siano di per sé idonee a sorreggere la pronuncia sul punto ) per carenza di interesse.
5. – Alla questione della spettanza o meno del preteso nuovo inquadramento sono dedicati il primo ed il secondo motivo di appello, che devono essere trattati congiuntamente per ragioni di ordine sistematico.
Rileva il Collegio che se del tutto inammissibile si rivela la prospettazione introdotta con buona parte del primo motivo (secondo cui “è illegittima la decurtazione della indennità De [#OMISSIS#] solo perché l’appellante sarebbe stato chiamato a dirigere una Struttura semplice e non complessa”: pagg. 3 – 4 mem.) e ciò perché tutta la struttura del ricorso introduttivo si fonda sull’opposta tesi secondo cui solo l’omesso rispetto delle intese di cui alla sopra citata convenzione ( che avrebbe dovuto portare alla successiva rideterminazione come “struttura complessa” del neonato Dipartimento ad opera dell’Azienda Sanitaria ) ha negato al ricorrente la qualifica primariale di Direttore Medico (che non è mai stata ivi rivendicata con specifico riferimento all’incarico di Direttore del Dipartimento stesso classificato come struttura semplice e nemmeno, come invece si pretende con l’atto di appello, con riferimento alla equiparazione pretesamente recata dalla Convenzione medesima, giacché, anche laddove si è colà dedotta “la violazione di legge consistente nella omessa equiparazione”, essa è stata pur sempre correlata a “tale condotta” e cioè alla dedotta violazione delle intese intercorse tra Università ed ASL), corretto tuttavia si rivela, proprio alla luce della predetta strutturazione della domanda e delle relative allegazioni dei fatti secondo il ricorrente costitutivi della pretesa, la tesi dell’appellante, secondo cui nessun onere di impugnazione della Convenzione e dei suoi atti applicativi ( come s’è visto posto dal T.A.R. a base della pronuncia di irricevibilità ) può essergli addossato, dal momento ch’egli ha agito proprio per lamentare il mancato adempimento degli obblighi assunti dalle parti della Convenzione stessa, che, dunque, non aveva alcun interesse ad impugnare, atteso che, come esattamente deduce in linea con l’impostazione del ricorso introduttivo, “il mancato inserimento della Struttura Semplice tra le Strutture Complesse rileva in termini di inadempimento dell’atto convenzionale” ( pag. 16 app. ); così come corretta si rivela la contestazione, che l’appellante rivolge alla sentenza impugnata nella parte in cui attribuisce “chiara natura programmatica” all’impegno assunto in convenzione dalle parti ad avviare le procedure necessarie affinché la struttura in parola ( espressamente configurata in convenzione come struttura semplice ) venisse poi inserita con l’atto aziendale tra le strutture complesse, giacché a smentire siffatta qualificazione dell’impegno in argomento vale con tutta evidenza, come dedotto dall’appellante, proprio il riferimento specifico all’atto con il quale tale inserimento sarebbe dovuto realizzare e cioè quel “redigendo atto aziendale”, che, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, individua le strutture complesse che compongono i dipartimenti, con espressa indicazione di quelle a direzione universitaria (atto, sottolinea infine l’appellante, “poi adottato nel maggio 2007 con Delibera del direttore Generale n. 267 dell’8 maggio 2007 … [che] continua a classificare l’esaminato Modulo Dipartimentale in termini di Struttura Semplice e non già di Struttura Complessa”: pag. 18 app.).
La fondatezza sotto i veduti profili delle censure rivolte alla sentenza impugnata nel suo decisum di irricevibilità del ricorso di primo grado e di insussistenza del dedotto inadempimento non si rivela tuttavia sufficiente ai fini dell’accoglimento della pretesa sostanziale qui fatta valere.
Come invero correttamente sottolineato dal Giudice di prime cure, dall’accertamento di tale inadempimento, secondo il ricorrente, “dovrebbe discendere la diversa strutturazione del dipartimento di FMD e la nuova posizione funzionale dell’interessato” ( pag. 7 sent. ).
Orbene, tale domanda, esattamente inquadrata dal T.A.R., è inammissibile.
Da un lato, infatti, il ricorrente ha omesso di impugnare il nuovo atto aziendale del maggio 2007, che avrebbe dovuto trasporre nell’organizzazione aziendale gli impegni assunti dalle parti nella sede convenzionale; che, se costituiva, come dedotto dall’appellante, “il termine d’adempimento” ( pag. 18 app. ), ha posto sicuramente fine alla colpevole inerzia delle parti nell’attuazione del precedente accordo convenzionale; e che, nella misura in cui non l’ha attuato nella parte che qui interessa, ha realizzato una violazione dello stesso, lesiva della posizione dell’interessato ( dal momento che non ha proceduto alla attivazione di quella struttura complessa, cui egli avrebbe potuto essere preposto in corrispondenza con la sua qualifica di professore ordinario ), la cui tutela egli avrebbe dunque dovuto attivare mediante impugnazione dell’atto aziendale medesimo.
In realtà, la pretesa allo svolgimento dell’attività assistenziale in posizione strutturata, con le connesse corrispondenze funzionali di cui al comma 4 dell’art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980 e correlata indennità, è di certo tutelabile in capo al docente universitario medico, ma non può dirsi che essa si fondi su una posizione di incondizionato diritto, non potendo l’ente ospedaliero adempiere obbligatoriamente se vi sia l’impedimento obbiettivo della non disponibilità della struttura o del correlato posto di organico.
La posizione suddetta si individua di conseguenza come tutelabile a titolo di interesse legittimo, poiché corrispondente all’esercizio di un potere, che, pur se attribuito anche al fine di assicurare al meglio l’interesse pubblico specifico alla integrazione della funzione assistenziale nell’esercizio della docenza medica, si esprime attraverso un atto organizzativo e non di gestione del personale, anche se con effetto riflesso sulla posizione soggettiva degli interessati.
Tale atto di organizzazione, invero, è indefettibile, poiché, per la concreta istituzione delle strutture e del correlato posto in organico, è necessario ponderare più fattori, quali la disponibilità delle necessarie risorse umane e materiali, la coerenza con gli obbiettivi di programmazione generale e settoriale del servizio sanitario nel territorio, la compatibilità con le risorse finanziarie date, la dimensione ottimale di efficienza (cfr., esemplificativamente, art. 1, comma 2, lett. e), del d.lgs,. n. 517 del 1999; art. 3, comma 7, del D.P.C.M. del 24 maggio 2001).
In questo quadro l’Amministrazione deve comunque, naturalmente, motivare e dimostrare la effettiva insussistenza di modalità idonee a soddisfare in concreto la pretesa avanzata dal docente universitario ( cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 7739; da ultimo, Cons. St., VI, 11 maggio 2011, n. 2779 ).
Ciò comporta anche ( e veniamo così all’ulteriore profilo di inammissibilità ) che l’azione di accertamento dell’inadempimento dell’invocata convenzione del luglio 2006, svolta dall’interessato a tutela della propria pretesa nell’ottobre 2008, si rivela inammissibile, in quanto relativa ad una condotta non più a quella data qualificabile come inerzia, quanto piuttosto come di diniego implicito, recato dall’atto aziendale alfine sopravvenuto nel maggio 2007 ( rimasto, come s’è visto, inoppugnato ), della sua istanza (v. nota in data 27 marzo 2007) di istituzione della agognata struttura complessa.
In ogni caso, una volta ricostruita la pretesa dell’appellante non in termini di diritto ma di interesse legittimo in quanto condizionata alla disponibilità della corrispondente posizione in organico in stretta correlazione con la istituzione della struttura cui preporre la posizione medesima, giammai l’accertamento dell’inadempimento è in grado di condurre, come richiesto con la domanda giudiziale attivata, alla condanna dell’Amministrazione a provvedere ad un nuovo inquadramento ed al pagamento delle differenze retributive non corrisposte, presupponendo una siffatta domanda non la mera illegittimità dell’inadempimento di cui qui si discute, ma la pretesa ( inammissibile in sede di giurisdizione generale di legittimità, pur con i peculiari caratteri dell’azione avverso il silenzio-inadempimento, ove quella all’esame si voglia in tale categoria inquadrare ) sostituzione del Giudice all’Amministrazione nella emanazione di un atto organizzativo discrezionale quale l’istituzione della struttura complessa e di un atto di gestione del personale quale l’affidamento al ricorrente dell’incarico di direzione della struttura stessa.
Per quanto considerato i primi due motivi di appello vanno respinti, la domanda di primo grado va in parte dichiarata inammissibile ed in parte respinta e la sentenza di primo grado va confermata con diversa motivazione.
6. – Quanto al terzo motivo, con il quale viene riproposta la domanda risarcitoria in ordine alla questione dell’intervenuto demansionamento a seguito dell’affidamento al ricorrente dell’incarico di direzione di una struttura semplice, lo stesso va dichiarato inammissibile, in quanto concentrato esclusivamente sulla statuizione della sentenza di primo grado secondo cui “l’assegnazione alla struttura semplice è possibile anche per il professore di I fascia”, con omessa considerazione e critica degli ulteriori ( ed autonomi ) assunti motivazionali posti dal T.A.R. a base della conclusione dell’inconfigurabilità nella fattispecie di qualsivoglia dimensionamento: posto che, a seguito di detta assegnazione, “l’istante ha svolto le funzioni apicali ivi previste che oggettivamente non possono corrispondere a quelle stabilite per le strutture complesse” ( pag. 11 sent. ) e che è “nella facoltà dell’interessato, accettare o meno un tale incarico per una struttura semplice” ( pag. 8 sent. ).
Assunti, questi, rimasti totalmente ignorati dall’appellante, non solo in grado da soli di sorreggere la reiezione della domanda risarcitoria, ma peraltro comunque condivisibili, atteso che il trattamento economico aggiuntivo riconosciuto al personale di cui al comma 1 dell’art. 5 del D. Lgs. n. 517/1999 è “graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico” (art. 6, comma 1, del D. Lgs. n. 517/1999) e che, ai sensi dell’art. 2103 cod. civ. ( nel testo introdotto dalla L. n. 300 del 1970, art. 13 ), la modifica in peius delle mansioni del lavoratore è illegittima solo ove disposta senza il consenso del dipendente; consenso indubitabilmente sussistente nel caso di specie, come si evince dalla già sottolineata strutturazione della domanda svolta e dalla mancata impugnazione sia dell’atto che ha posto fine al lamentato inadempimento, sia degli atti pregressi di individuazione della nuova struttura semplice e di preposizione del ricorrente alla sua direzione, ai limitati fini della domanda risarcitoria all’esame sicuramente rilevante.
7. – L’appello va pertanto respinto ed il ricorso di primo grado, in parziale riforma della sentenza impugnata, va in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto.
8. – Alla reiezione del ricorso consegue, per il principio della soccombenza, che le spese del presente grado di giudizio vengano poste a carico di parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo, quanto al rapporto processuale nei confronti dell’AUSL costituita.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, in parte respinge ed in parte dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellante alla rifusione di spese ed onorarii del presente grado in favore dell’Azienda appellata, liquidandoli in complessivi Euro 4.000,00=, oltre I.V.A. e C.P.A.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 11 marzo 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente FF
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore
Dante D'[#OMISSIS#], Consigliere
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)