Il giudizio della commissione esaminatrice nelle valutazioni della specie, essendo essenzialmente un “giudizio qualitativo” sulle esperienze e sulla preparazione scientifica dei candidati ed attenendo all’ampia sfera della discrezionalità tecnica, risulta essere censurabile unicamente sul piano della legittimità, per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, emergente dalla stessa documentazione, tale da configurare un evidente eccesso di potere, senza con ciò entrare nel merito della valutazione della commissione. La presenza, poi, di un elevato tasso di discrezionalità, nel senso dell’ineliminabilità di una variabilità di apprezzamenti nel formulare i giudizi che richiedono conoscenze ad elevato livello di complesse discipline cognitive, esclude che si possa applicare l’intero “corpus” delle regole tipiche dei concorsi per l’assunzione nel pubblico impiego e, in genere, delle procedure valutative complesse a carattere comparativo. E’, quindi, consentito soltanto verificare l’esistenza di un coerente sviluppo fra le fasi procedurali del concorso, nel senso che la scelta finale della commissione non appaia in contraddizione con gli elementi emergenti dalle varie fasi in cui si è articolato il procedimento selettivo; di tal che la valutazione della commissione giudicatrice, in quanto inerente ad un “giudizio qualitativo” sulle esperienze e sulla preparazione scientifica dei candidati, può essere dichiarata illegittima solo ove si riscontrino macroscopiche carenze nella motivazione o nei prestabiliti criteri di valutazione ovvero nei contenuti di ragionevolezza e proporzionalità della decisione.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 10 luglio 2017, n. 8097
Abilitazione scientifica nazionale-Commissione esaminatrice-Valutazione
N. 08097/2017 REG.PROV.COLL.
N. 04915/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4915 del 2017, proposto da:
[#OMISSIS#] Mora, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via [#OMISSIS#] Tortolini N.34;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la sede della quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Nazionale per il Conferimento dell’ASN (Sc 11/A4) nominata con D.D. Miur n.2491 del 31.10.2016, non costituita in giudizio;
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Bianchi, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– del provvedimento comunicato al prof. [#OMISSIS#] Mora in data 28 marzo 2017 di diniego dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima fascia per il settore concorsuale 11/A4 “Scienze del libro e del documento e scienze storico religiose” in relazione alla procedura indetta con decreto direttoriale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca -Direzione generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore n.1532 del 29 luglio 2016, nonché di tutti gli atti connessi, presupposti, precedenti e conseguenti ivi compreso il provvedimento con il quale è stato nominato il prof. [#OMISSIS#] Scarpi quale esperto revisore della Commissione d’abilitazione che ha valutato l’istanza del prof. Mora.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’Avv. N. [#OMISSIS#] e l’Avvocato dello Stato F. Basilica;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato che il ricorso non risulta fondato posto che i giudizi elaborati dalla commissione, all’unanimità (tenuto anche conto del parere pro veritate del Prof. Scarpi), non sono espressione di manifesta irragionevolezza;
Ritenuta infondata anche la censura relativa alla scelta del Prof. Scarpi quale esperto per la formulazione del parere pro veritate (appartenendo il ricorrente ad un SSD non rappresentato in commissione), in quanto la previsione contenuta nell’art. 6, comma 7, d.P.R. n. 95/2016 si riferisce alla composizione della commissione di cui l’esperto non fa parte; in ragione di ciò, essendo l’esperto sottratto al confronto dialettico con i membri effettivi dell’organo collegiale di valutazione, la ratio della norma da ultimo citata non può dirsi violata;
Ritenuto altresì che il giudizio di non idoneità, anche a fronte del superamento di due mediane sulle tre di riferimento e del possesso di tre titoli tra quelli scelti dalla commissione, risulti comunque sorretto da congrua e adeguata motivazione, in quanto i titoli e le pubblicazioni dell’interessato non sono risultati tali da far ritenere raggiunta la piena maturità scientifica necessaria per rivestire il ruolo di professore di prima fascia (in particolare, la produzione scientifica è stata giudicata non significativa in termini di qualità e originalità);
Rilevato che, per giurisprudenza [#OMISSIS#], il giudice amministrativo ha il potere di sindacare in sede di legittimità le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in sede di concorso o di esame, solo laddove le stesse risultino ictu oculi affette da eccesso di potere per illogicità o irrazionalità, ovvero per travisamento dei fatti, posto che l’esame rimesso al giudice attiene alla coerenza logica del giudizio espresso dalla commissione esaminatrice, sotto il profilo della relativa logicità/ragionevolezza, non potendo il medesimo giudice sostituire alla valutazione già espressa una propria, differente valutazione (evidentemente frutto di diversi parametri di giudizio, che si tradurrebbero in una non consentita espressione di sindacato nel merito dell’attività amministrativa: in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 2 novembre 2012, n. 5581);
Rilevato altresì che il giudizio della commissione esaminatrice nelle valutazioni della specie, essendo essenzialmente un “giudizio qualitativo” sulle esperienze e sulla preparazione scientifica dei candidati ed attenendo all’ampia sfera della discrezionalità tecnica, risulta essere censurabile unicamente sul piano della legittimità, per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, emergente dalla stessa documentazione, tale da configurare un evidente eccesso di potere, senza con ciò entrare nel merito della valutazione della commissione. La presenza, poi, di un elevato tasso di discrezionalità, nel senso dell’ineliminabilità di una variabilità di apprezzamenti nel formulare i giudizi che richiedono conoscenze ad elevato livello di complesse discipline cognitive, esclude che si possa applicare l’intero “corpus” delle regole tipiche dei concorsi per l’assunzione nel pubblico impiego e, in genere, delle procedure valutative complesse a carattere comparativo. E’, quindi, consentito soltanto verificare l’esistenza di un coerente sviluppo fra le fasi procedurali del concorso, nel senso che la scelta finale della commissione non appaia in contraddizione con gli elementi emergenti dalle varie fasi in cui si è articolato il procedimento selettivo; di tal che la valutazione della commissione giudicatrice, in quanto inerente ad un “giudizio qualitativo” sulle esperienze e sulla preparazione scientifica dei candidati, può essere dichiarata illegittima solo ove si riscontrino macroscopiche carenze nella motivazione o nei prestabiliti criteri di valutazione ovvero nei contenuti di ragionevolezza e proporzionalità della decisione” (ex plurimis: Cons. Stato, sez. VI, n.5608/2006);
Ritenuto in conclusione che – non emergendo nella fattispecie alcuna delle circostanze sopra indicate, quali possibili vizi di legittimità dell’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione – il ricorso debba essere respinto e, pertanto, le spese del giudizio, come di regola, seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte resistente che liquida in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 10/07/2017