Con riferimento all’utilizzo dei posti destinati agli studenti extracomunitari non residenti lasciati liberi, è necessario che la normativa corrispondente vada intesa alla luce del rilievo costituzionale attribuito al diritto allo studio, ex art. 34 Cost.; ne discende che, ai sensi dell’art. 3 della legge 2 agosto 1999, n. 264, va data preminenza al criterio della capacità ricettiva dell’ateneo, rispetto a quello, dunque recessivo, del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo: del resto, occorre considerare sul punto che non tutti gli studenti portano a termine il loro corso di studi e che non tutti i laureati esercitano poi la loro professione all’interno del sistema ove si sono formati.
Devono pertanto essere considerati, ai fini dello scorrimento della graduatoria dei candidati, anche i posti destinati agli studenti extracomunitari non residenti e da questi ultimi lasciati liberi.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 26 aprile 2018, n. 4626
Accesso ai corsi di laurea a numero chiuso-Scorrimento graduatoria-Posti disponibili
N. 04626/2018 REG.PROV.COLL.
N. 11508/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11508 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da: [#OMISSIS#] Alesi, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Leone, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Saeli, con domicilio eletto presso lo studio di [#OMISSIS#] Leone in Roma, Lungotevere [#OMISSIS#], 3;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi Parma, rappresentati e difesi secondo legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Cineca, Commissione d’aula, Tavolo tecnico, Commissione di esperti, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento di annullamento della prova di ammissione ai corsi di laurea, a numero chiuso, in medicina e odontoiatria, per l’anno accademico 2016/17, unitamente agli atti connessi, conseguenti e presupposti (in particolare al punto 9 comma 4 dell’all.1 al D.M. n.546 del 2016 e alla corrispondente clausola del bando),
della graduatoria, impugnata con motivi aggiunti, e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente,
in subordine, per la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Parma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’Avv. F. Leone e l’Avvocato dello Stato C. Pluchino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il Sig. [#OMISSIS#] Alesi in data 6 settembre 2016 sosteneva presso l’Università degli Studi di Parma il test di ammissione ai corsi di laurea, a numero chiuso, in medicina e odontoiatria, per l’anno accademico 2016/17, conseguendo il punteggio di 48,50.
All’interessato tuttavia veniva annullata la prova, ex punto 9 comma 4 dell’all.1 al D.M. n.546 del 2016, per la mancata sottoscrizione, in calce alla scheda anagrafica, della dichiarazione di veridicità dei dati anagrafici e di corrispondenza dei codici delle etichette applicate.
Lo studente impugnava allora la cennata determina, unitamente agli atti connessi, conseguenti e presupposti (in particolare al punto 9 comma 4 dell’all.1 al D.M. n.546 del 2016 e alla corrispondente clausola del bando), deducendo la violazione dell’art.1 della Legge n.241 del 1990, dell’art. 97 Cost. nonché l’eccesso di potere per difetto di proporzionalità, irragionevolezza e arbitrarietà, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta, errata valutazione dei presupposti.
Il ricorrente in particolare ha fatto presente che il candidato veniva identificato all’ingresso in aula, prima dell’inizio della prova, con verifica dei suoi dati; che sulla scheda anagrafica e sul modulo delle risposte venivano applicate due etichette col medesimo codice alfanumerico; che la mancata sottoscrizione della predetta scheda non impediva quindi di ricondurre l’elaborato al suo effettivo autore; che trattavasi dunque di irregolarità formale sanabile, non determinandosi un problema di identificazione del candidato; che non c’era poi contestazione sui dati anagrafici.
Con decreto n.6627 del 2016 veniva accolta l’istanza per l’adozione di una misura cautelare provvisoria.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi di Parma si costituivano in giudizio per la reiezione del gravame.
Con ordinanza n.7658 del 2016 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare presentata dal ricorrente, con ordine di corretta instaurazione del contraddittorio, previa apposita pubblicazione della relativa graduatoria da parte dell’Amministrazione.
Con motivi aggiunti l’interessato impugnava la graduatoria, che non lo vedeva collocato in posizione utile per l’ammissione ai corsi di laurea, deducendo la violazione dell’art.2 del D.M. n.546 del 2016, del D.M. n.312 del 2016, del D.M. n.487 del 2016, degli artt.3, 4, 33, 34, 97 Cost., degli art.3, 4 della Legge n.264 del 1999, dell’art.6 ter del D.Lgs. n.582 del 1992, delle Direttive 1996/16/CEE e 2006/123/CE, dell’art.14 del D.P.R. n.487 del 1994, dell’art.1 della Legge n.241 del 1990 nonché l’incompetenza e l’eccesso di potere per tutti i vizi sintomatici e per sviamento.
Il ricorrente nello specifico ha sostenuto che parte dei quesiti erano già editi, non idonei dunque a valutare la preparazione dei candidati e suscettibili di creare disparità di trattamento tra gli stessi; che il quesito 16 era erroneo, prevedendo più di una risposta corretta, e che lo stesso non poteva essere “sterilizzato”, attribuendo a tutti i candidati il punteggio di 1,5, creando sperequazioni; che il quesito 49 era generico, prevedendo come risposte esatte la C e la D; che era stata formulata un’offerta formativa inferiore alle capacità ricettive didattiche degli Atenei; che dovevano in ogni caso essere coperti tutti i posti offerti, anche quelli lasciati liberi dagli studenti extracomunitari non residenti; che era stato violato il principio dell’anonimato, con codici da applicarsi sulle prove che consentivano di identificare gli autori delle stesse; che erano mancate le verbalizzazioni sulle operazioni svolte.
Veniva richiesta in subordine la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per perdita di chance.
Il Ministero confermava con apposita nota che il ricorrente non era collocato in graduatoria in posizione utile per l’ammissione ai corsi di laurea in esame.
Con successiva ordinanza n.8581 del 2017 il Tribunale ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati, autorizzando la notifica per pubblici proclami.
Seguiva il riscontro della parte ricorrente.
Il ricorrente inoltre, appreso da nota ministeriale dell’11 luglio 2017 che i quesiti dovevano essere inediti, presentava nuovi motivi aggiunti, riproducendo in sostanza le censure contenute nel ricorso introduttivo e nei primi motivi aggiunti.
L’interessato aggiungeva poi che non era tenuto a fornire alcuna prova di resistenza del superamento del test di ammissione ai corsi di laurea e che non vi era contraddittorietà tra la richiesta cautelare di ammissione con riserva ai corsi stessi e le censure dedotte, volte a travolgere l’intera procedura.
Con memoria il Ministero ribadiva i propri assunti, circa l’infondatezza nel merito delle impugnative.
Nell’udienza del 24 gennaio 2018 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso introduttivo è fondato e va pertanto accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, nei limiti di seguito esposti.
Invero, premesso che i candidati ammessi a sostenere il test venivano identificati prima dell’inizio della prova, è necessario evidenziare al riguardo che sulla scheda anagrafica e sul modulo delle risposte venivano applicate, a cura del candidato stesso, due etichette col medesimo codice alfanumerico; che quindi la mancata sottoscrizione della predetta scheda non impediva di ricondurre l’elaborato al suo effettivo autore.
Giova pertanto rilevare in proposito che trattasi di irregolarità formale sanabile, non determinandosi un problema di identificazione del candidato e non risultando poi in concreto alcuna contestazione sui dati anagrafici (cfr. in termini TAR Lazio, III, nn.10922 e 12650 del 2017).
Il ricorrente va pertanto ricollocato in graduatoria nella posizione corrispondente al punteggio conseguito di 48,50.
I primi motivi aggiunti risultano del pari fondati e vanno pertanto accolti nei limiti sottoindicati.
Invero occorre evidenziare in primo luogo l’irrilevanza del fatto che parte dei quesiti del test di accesso ai corsi di laurea fosse già edita, in quanto contenuta in manuali di preparazione alla prova, atteso che a tutti i candidati sono state sottoposte lo stesso numero e tipo di domande, senza alcuna differenziazione e che i manuali in questione erano agevolmente rinvenibili in commercio e destinati alla preparazione degli studenti, che non poteva in alcun modo essere impedita (cfr. TAR Lazio, III, n.10065 e n.10129 del 2017); né del resto è possibile sapere quali dei candidati erano a conoscenza dei quesiti e in che misura, quali degli stessi abbiano tratto vantaggio dal fatto in questione e in che modo (cfr. ancora TAR Lazio, III, n.10129 del 2017).
Va inoltre rilevato, in relazione al quesito n.16, suscettibile di plurime risposte corrette, che l’Amministrazione, proprio al fine di ridurre al minimo eventuali sperequazioni, ha deciso la cosiddetta “sterilizzazione” del quesito, attribuendo a tutti i candidati, indipendentemente dalla loro risposta, il punteggio di 1,5, in generale previsto per le risposte esatte; tale determinazione è stata preceduta da valutazione tecnico-discrezionale non irragionevole, tenuto conto che qualsiasi altra scelta avrebbe prodotto maggiori effetti distorsivi (cfr. diffusamente sul punto ancora TAR Lazio, III, n.10065 e n.10129 del 2017); nè del resto è possibile per il Tribunale sostituirsi all’Amministrazione nell’individuazione della risposta esatta al quesito, richiedendo tale scelta una valutazione di merito inammissibile, essendo la stessa riservata in via esclusiva all’apprezzamento del Ministero (cfr. Corte Cass., SS.UU., n.23395 del 2016 e del pari TAR Lazio, III, n.10129 del 2017).
Irrilevante risulta poi la censura sul quesito n.49, laddove vengono considerate esatte le risposte C e D, a fronte della risposta errata B in concreto fornita (cfr. all.12 ai motivi aggiunti).
Occorre ancora evidenziare la genericità del motivo relativo ad un’offerta ministeriale formativa asseritamente inferiore alle capacità ricettive didattiche degli Atenei, dal momento che non vengono forniti dati sufficienti sul numero di posti da aggiungere all’offerta formativa per pareggiare detta capacità ricettiva, in raffronto alla posizione occupata dall’interessato in graduatoria, tali da consentire al medesimo di essere ammesso ai corsi di laurea in argomento (cfr. anche TAR Lazio, III, n.10129 e n.10925 del 2017).
Va altresì rilevato che non risulta violato il principio dell’anonimato, alla luce delle corrette modalità di svolgimento dei test e della mancanza in concreto anche di un principio di prova su eventuali avvenute manipolazioni dei test medesimi (cfr. diffusamente sul punto TAR Lazio, III, n.10129 e n.10925 del 2017); che del tutto generica e sprovvista dei necessari supporti probatori, oltre che meramente procedimentale, appare poi la censura relativa ad asserite mancate verbalizzazioni delle operazioni svolte (cfr. ancora TAR Lazio, III, n.10129 e n.10925 del 2017).
Nondimeno, in relazione all’utilizzo dei posti destinati agli studenti extracomunitari non residenti lasciati liberi, è necessario che la normativa corrispondente vada intesa alla luce del rilievo costituzionale attribuito al diritto allo studio, ex art.34 Cost. (cfr. anche, nelle ipotesi del cosiddetto “numero chiuso”, Corte Cost. n.383 del 1998); ne discende che, ai sensi dell’art.3 della Legge n.264 del 1999, va data preminenza al criterio della capacità ricettiva dell’Ateneo, rispetto a quello, dunque recessivo, del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo (cfr. TAR Lazio, III, n.6248 e n.3197 del 2014, in ultimo, n.248 del 2018); del resto occorre considerare sul punto che non tutti gli studenti portano a termine il loro corso di studi e che non tutti i laureati esercitano poi la loro professione all’interno del sistema ove si sono formati (cfr. ancora TAR Lazio, III, n.6248 del 2014 e n.248 del 2018).
Devono pertanto essere considerati, ai fini dello scorrimento della graduatoria dei candidati, anche i posti destinati agli studenti extracomunitari non residenti e da questi ultimi lasciati liberi.
In relazione ai secondi motivi aggiunti, con i quali non si impugnano nuovi atti e si ripropongono precedenti censure su quesiti editi e prova di resistenza, è sufficiente fare rimando a quanto dianzi suesposto.
Vanno considerate poi irrilevanti le argomentazioni che rapportano la richiesta cautelare di ammissione con riserva ai corsi stessi e i motivi dedotti volti a travolgere l’intera procedura, giacchè la fase cautelare del giudizio risulta all’evidenza superata.
In ultimo destituita di fondamento e dunque da respingere è la pretesa risarcitoria avanzata dal ricorrente nei confronti dell’Amministrazione per perdita di chance, da rapportarsi percentualmente, secondo quanto dal medesimo dedotto, al reddito percepito dal medico.
Giova al riguardo evidenziare che non risulta allo stato compiutamente apprezzabile il suindicato pregiudizio, considerando la remota possibilità di rientrare in posizione utile in graduatoria per l’ammissione al corso di laurea in medicina e che in ogni caso l’esercizio della professione medica implica il superamento dei numerosi esami del corso medesimo, tutti ancora da sostenere (cfr., in via analoga, TAR Lazio, III, n.4107 del 2018).
In considerazione dell’esito della controversia, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso n.11508/2016 indicato in epigrafe e i motivi aggiunti al medesimo.
Respinge la domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario
Pubblicato il 26/04/2018