TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 10 maggio 2018, n. 942

Accesso a numero programmato corsi a numero chiuso-Test di ingresso-Trasferimento corso di studi

Data Documento: 2018-05-10
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 4 comma 1 delle legge  2 agosto 1999, n. 264,  è applicabile alle sole ipotesi in cui gli studenti intendano iscriversi per la prima volta al corso di studi. Le fonti applicabili utilizzano indistintamente i termini “ammissione” e “immatricolazione”, così che chi si trasferisce da un corso di studi di un ateneo al corso di studi di altro ateneo non è tenuto a sostenere le prove previste per chi si iscrive al primo anno.
Se lo studente appartiene a uno Sato membro dell’Unione europea, deve essere infatti rispettato il principio di libera circolazione e soggiorno e ciò indipendentemente da quanto previsto dall’art 165 del TFUE.

Contenuto sentenza

N. 00942/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00438/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
in forma semplificata ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 438 del 2018, proposto da Gulisano [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Leone, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Chiara Campanelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Ecora in Catania, via San Giovanni n. 19; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi di Messina – Dipartimento Amministrativo Servizi Didattici ed Alta formazione – Unità Organizzativa Servizi Amministrativi Corsi di Laurea, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149; 
per l’annullamento
– del provvedimento prot. n. UNMECLE-95500 datato 27 dicembre 2017, notificato a mezzo pec il successivo 28 dicembre 2017, con il quale l’Università degli Studi di Messina ha rigettato la richiesta di iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l’anno accademico 2017/2018, formulata dalla ricorrente, senza previa valutazione del suo curriculum universitario e degli esami sostenuti;
– ove occorra e per quanto di ragione, del Regolamento Didattico dell’Università degli Studi di Messina, di cui al D.R. n. 1848 del 14 settembre 2017;
– ove occorra e per quanto di ragione, del Regolamento Didattico di Ateneo dell’Università degli Studi di Messina, di cui al D.R. n. 1636 del 22 luglio 2015;
– ove occorra e per quanto di ragione, del bando di cui al D.R. 1629 del 3 luglio 2017;
– ove occorra e per quanto di ragione, della graduatoria unica nazionale del concorso per l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2017/2018, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it, il 3 ottobre 2017, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso, nonché dei successivi scorrimenti di graduatoria, pubblicati sul medesimo portale, ove interpretata nel senso che, anche per studenti da ammettere ad anni successivi al primo, non occorra la verifica della mera idoneità ma, ancora una volta, la collocazione in posizione utile;
– del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477 con i relativi allegati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 17 agosto 2017, dettante “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2017/2018”;
– dei bandi di concorso per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato della facoltà di medicina e chirurgia per l’anno 2017/2018 dell’Università in epigrafe;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
nonché per la condanna ex art. 30 c.p.a.:
al risarcimento in forma specifica del danno subito dalla ricorrente, ordinando – previa valutazione del crediti formativi già acquisiti, degli esami sostenuti e della relativa votazione ottenuta – l’immatricolazione ad anno successivo al primo al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia a.a. 2017/2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, la ricorrente – iscritta al III anno del corso di laurea magistrale in Farmacia dell’Università degli Studi di Catania – impugna il provvedimento in epigrafe, con cui l’Università degli Studi di Messina ha rigettato la sua richiesta di iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia per l’anno accademico 2017/2018, senza previa valutazione del suo curriculum universitario e degli esami sostenuti.
Oltre all’illegittimità di tale diniego per motivi procedurali (violazione dell’art 10 bis della l. n. 241/1990, per mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento), la ricorrente deduce:
1) l’illegittimità della richiesta di “previo superamento del test di ammissione al CdL in Medicina e Chirurgia”;
2) la pretesa “affinità” del programma di studi del corso di laurea in medicina con quello frequentato dalla ricorrente;
3) l’asserita sussistenza di migliaia di posti vacanti mai assegnati destinati agli anni successivi al primo per la immatricolazione a Medicina;
4) l’incompetenza assoluta del Direttore Generale ad adottare l’impugnato provvedimento di rigetto, prevedendo l’art. 10 del Regolamento Didattico dell’Università degli studi di Messina, di cui al d.r. n. 1848 del 14 settembre 2017, che le domande di iscrizione ad anni successivi al primo vengano valutate dal Consiglio di Corso di Laurea.
Si è costituita l’Università degli studi di Messina che ha eccepito, in via preliminare, l’incompetenza territoriale di questo Tribunale in relazione all’impugnazione anche del presupposto D.M. n. 477/2017 nonché la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in relazione all’impugnativa del bando di concorso e degli atti emessi dall’Università degli Studi di Messina nell’ambito della propria autonomia ordinamentale.
Ha sostenuto, nel merito, la legittimità del gravato diniego di iscrizione, in relazione alle modalità di accesso per i corsi di laurea a numero programmato, con la conseguenza che la relativa ammissione, proprio in forza, del contingentamento dei posti disponibili, sarebbe subordinata al superamento delle prove di ammissione al fine di garantire, innanzi tutto, una corretta programmazione dell’attività formativa.
Alla camera di consiglio del 5 aprile 2018, la causa è stata trattata e, dunque, trattenuta in decisione, previo avviso alle parti in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.
Ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza camerale con sentenza ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
Ciò premesso, deve essere, rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale, formalmente sollevata dall’Amministrazione resistente nella memoria depositata il 29 marzo 2018.
Osserva il Collegio che l’oggetto principale del ricorso, in ragione dei motivi ivi proposti, è rappresentato esclusivamente dal provvedimento di rigetto emesso dall’Università degli Studi Messina.
Ne consegue che il presupposto Decreto Ministeriale del 28 giugno 2017 n. 477, non essendo stato oggetto di specifiche censure (essendo stato impugnato dalla ricorrente solo cautelativamente con la dicitura “ove occorra”), non viene in considerazione ai fini della decisione della presente controversia; il che, oltre a radicare la competenza presso questo Tribunale, vale ad escludere la legittimazione passiva del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca che, pertanto, va estromesso dal presente giudizio.
Passando al merito delle censure proposte, il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Come evidenziato in ricorso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con l’invocata sentenza n. 1 del 28 gennaio 2015 ha chiarito come “in virtù del principio comunitario di libera circolazione, l’accesso agli studi di insegnamento superiore da parte di studenti provenienti da altri Stati membri deve essere sempre garantito, e può subire restrizioni solamente limitatamente a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dagli Stati membri. Pertanto, atteso che la ratio del sistema introdotto dall’art. 4 l. n. 264 del 1999 (che prevede un test di ammissione per i corsi di laurea a numero programmato) è quella di garantire un’elevata qualità dell’istruzione universitaria nazionale, non risulta strettamente necessario al raggiungimento dei fini perseguiti la previsione di un test di ammissione anche nel caso di trasferimenti presso l’Università italiana di studenti provenienti da Università straniere, considerato che la capacità di tali studenti può essere utilmente accertata (così come avviene per i candidati al trasferimento provenienti da Università nazionali) mediante una rigorosa valutazione della qualificazione dello studente, effettuata in sede di riconoscimento dei crediti formativi acquisiti dai candidati”.
Secondo l’Adunanza Plenaria, infatti, “il trasferimento interviene, sia per lo studente che eserciti la sua “mobilità” in àmbito nazionale che per lo studente proveniente da università straniere, non più sulla base di un requisito pregresso di ammissione agli studi universitari ormai del tutto irrilevante perché superato dal percorso formativo-didattico già seguito in àmbito universitario, ma esclusivamente sulla base della valutazione dei crediti formativi affidata alla autonomia universitaria, in conformità con i rispettivi ordinamenti, sulla base del principio di autonomia didattica di ciascun ateneo”, richiamando in tal senso l’art. 11 della l. n. 341/1990, che affida l’ordinamento degli studi dei corsi e delle attività formative ad un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato “regolamento didattico di ateneo”, nonché l’art. 2, comma 2, del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, che dispone come le università, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni del medesimo regolamento, e l’art. 11, comma 9, dello stesso D.M., che, a proposito dei regolamenti didattici di ateneo, prevede che le università, con appositi regolamenti, riordinano e disciplinano le procedure amministrative relative alle carriere degli studenti in accordo con le disposizioni del regolamento statale.
Ben si comprende, dunque, come tale principio, espressamente affermato dall’Adunanza Plenaria con riferimento agli studenti stranieri che intendano iscriversi presso un’università italiana facendo valere i titoli conseguiti in altro stato membro dell’Unione non possa (ovviamente) non valere anche per gli studenti italiani che – come la ricorrente – siano già in possesso di laurea conseguita presso altra università italiana e chiedano la valutazione del titolo ai fini dell’iscrizione ad un corso universitario a “numero chiuso” (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, sezione IV, n. 2489/2017).
Piuttosto, come precisato da questa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, Sezione I, 9 marzo 2018, n. 518; T.A.R. Catania, Sezione I, 23 febbraio 2018, n. 412) “laddove, come nel caso in esame, lo studente provenga da altro corso di laurea, il problema si sposta sulla necessità di verificare se e quanto il corso di laurea seguito dallo studente fino a quel momento sia oppure no “affine” a quello presso il quale intende iscriversi, al fine del riconoscimento dei c.d. crediti formativi”.
A ciò si aggiunga che, come rilevato nelle citata pronunce (rese da questa Sezione interna nei confronti della medesima Università oggi resistente), il Regolamento didattico d’Ateneo dell’Università di Messina, all’art. 23, espressamente stabilisce che “i Consigli di corso di studio deliberano sul riconoscimento dei crediti nei casi di trasferimento da altro Ateneo, di passaggio da altro corso di studio, di reiscrizione o di svolgimento di parti di attività formative in altro Ateneo italiano o straniero, anche attraverso l’adozione di un piano di studi individuale. I Consigli di corso di studio deliberano altresì sul riconoscimento della carriera percorsa da studenti che abbiano già conseguito il titolo di studio presso l’Ateneo o in altra università italiana e che chiedano, contestualmente all’iscrizione, il riconoscimento dei crediti acquisiti. Questa può essere concessa previa valutazione e convalida dei crediti formativi considerati riconoscibili in relazione al corso di studio prescelto. I crediti non riconosciuti ai fini del conseguimento del titolo di studi rimangono comunque registrati nella carriera scolastica dell’interessato. Relativamente al trasferimento degli studenti da un corso di laurea o di laurea magistrale ad un altro, ovvero da un’università ad un’altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea o laurea magistrale di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato” (in tal senso, T.A.R. Catania n. 412/2018 cit.).
In ultimo, la richiamata decisione n. 412/18, riferendosi sempre alla A.P. 1/2015, rispetto all’effetto elusivo alla partecipazione ai test di ingresso, ha rammentato che <<…il problema “elusione”, e quello connesso “intransigenza/lassismo”, si risolvono invero non con la creazione di percorsi ad ostacoli volti ad inibire la regolare fruizione di diritti riconosciuti dall’ordinamento, ma predisponendo ed attuando un rigido e serio controllo, affidato alla preventiva regolamentazione degli Atenei, sul percorso formativo compiuto dallo studente che chieda il trasferimento provenendo da altro Ateneo; controllo che abbia riguardo, con specifico riferimento alle peculiarità del corso di laurea di cui di volta in volta si tratta, agli esami sostenuti, agli studi teorici compiuti, alle esperienze pratiche acquisite (ad es., per quanto riguarda il corso di laurea in medicina, attraverso attività cliniche), all’idoneità delle strutture e delle strumentazioni necessarie utilizzate dallo studente durante quel percorso, in confronto agli standards dell’università di nuova accoglienza.
<<…Peraltro, una generalizzata prassi migratoria ( prima in uscita da parte degli studenti che non abbiano inteso sottoporsi o che non abbiano superato la prova nazionale di ammissione e poi in ingresso da parte degli stessi studenti che abbiano compiuto uno o più anni di studi all’estero ) in qualche modo elusiva nel senso di cui sopra è da escludersi sulla base dell’indefettibile limite dei posti disponibili per il trasferimento, da stabilirsi in via preventiva per ogni accademico e per ciascun anno di corso dalle singole Università sulla base del dato concernente la concreta potenzialità formativa di ciascuna, alla stregua del numero di posti rimasti per ciascun anno di corso scoperti rispetto al numero massimo di studenti immatricolabili ( non superiore alla offerta potenziale ch’esse possono sostenere ) per ciascuno di quegli anni ad esse assegnato>>.
Da ultimo, con sentenza n. 212 del 10.05.2017 il CGA, nel decidere un appello contro una sentenza di questa Sezione che aveva rigettato un ricorso proposto avverso provvedimento della stessa Università di Catania identico a quello ora impugnato, dopo aver osservato “che la questione è stata ampiamente esaminata dal Consiglio di Stato, da ultimo con la sentenza n. 1118 dell’1.3.2016, il cui ordine logico è stato ripreso assai di recente dalla sezione IV del TAR della Campania con la sentenza 3801/2016”, ha affermato di condividere “le argomentazioni di cui alle citate sentenze, le cui conclusioni possono così riassumersi:
1) ai sensi dell’art. 1 D.M. 27.7.2000 l’equipollenza tra il diploma di massofisioterapista e il diploma universitario di fisioterapista vale per tutti i titoli di masso fisioterapista, conseguiti in base alla L. 19.5.1971 n. 403 a prescindere dalla data di conseguimento o di inizio dei corsi, cui il citato decreto non attribuisce alcuna rilevanza (Cons. Stato, sez. VI, n. 1105/15)…;
2) i diplomati, per potere accedere al corso di laurea in fisioterapia non sono tenuti a superare il test di ingresso alla facoltà al pari dei neodiplomati presso istituti scolastici di istruzione secondaria. E ciò in quanto la ratio dei test di ingresso nelle facoltà a numero chiuso, di cui alla L. 2.8.99 n. 264, è in primo luogo quella di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi ai quali intende iscriversi. Tale preliminare verifica, nei casi considerati, appare superflua considerato che il conseguimento del titolo di studio di massofisioterapista assicura già in sé questa predisposizione (Cons. Stato, sez. VI, n. 1105/2015 e TAR Campania, sez. IV, n. 3801/16);
3) non è possibile “negare ex ante qualsiasi rilievo nei confronti di diplomi espressamente considerati fra quelli chiamati al riconoscimento” ritenuto che le conoscenze e le abilità acquisite dai massofisioterapisti e certificate dai diplomi conseguiti possono ben essere utilizzabili per abbreviare il percorso per l’obiettivo universitario da raggiungere (così TAR Campania, sez. IV, n. 3801/16)”.
E per tali ragioni il CGA ha ritenuto fondato l’appello e disposto che l’Università provvedesse alla iscrizione del ricorrente “al terzo anno del corso di laurea richiesto, senza che sia necessario alcun superamento del test d’ingresso alla Facoltà”, fermo restando che “spetterà all’Università apprezzare la relativa esperienza abilitante mediante l’attribuzione all’appellante di crediti formativi nella misura che riterrà ragionevolmente opportuna ai sensi dell’art. 5 comma 7 del D.M. 22.10.2004 n. 270”.
Ne consegue, dunque, l’illegittimità, sotto tale profilo, del gravato diniego, ritenendo il Collegio che l’Amministrazione universitaria abbia – di fatto – omesso ogni considerazione del curriculum studiorum della ricorrente, illegittimamente sostenendo l’obbligatorietà del “previo superamento di apposito test di ammissione”.
E’ altresì fondata, in ragione del contenuto non vincolato del provvedimento impugnato, anche la censura relativa al mancato preavviso di rigetto, avendo l’Ateneo in tal modo impedito ogni forma di contraddittorio preventivo con l’interessato.
Parimenti meritevole di accoglimento risulta, poi, il motivo di ricorso con cui parte ricorrente lamenta l’incompetenza del direttore generale ad adottare l’impugnato provvedimento di rigetto, espressamente disponendo l’art. 23 del Regolamento Didattico dell’Ateneo (adottato con D.R. n. 1636 del 22 luglio 2015) che compete al Consiglio del Corso di Studio deliberare “sul riconoscimento dei crediti nei casi di trasferimento da altro Ateneo, di passaggio da altro corso di studio, di reiscrizione o di svolgimento di parti di attività formative in altro Ateneo italiano o straniero”.
E’, invece, inammissibile il motivo con cui la ricorrente sostiene l’affinità dei corsi di laurea frequentati a quello in Medicina e Farmacia, entrando nel merito di valutazioni che sono espressione di discrezionalità tecnica, in quanto tali riservate all’ateneo ed insindacabili da parte del giudice amministrativo in sede di legittimità, salvo che ricorrano le figure sintomatiche della macroscopica arbitrarietà, illogicità o irragionevolezza dell’atto, dell’evidente difetto o contraddittorietà della motivazione ovvero del travisamento dei fatti, tutte ipotesi nel caso di specie non rinvenibili.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto nei limiti specificati, con assorbimento degli eventuali profili di gravame che non siano stati oggetto di specifica disamina, e, per l’effetto, il provvedimento impugnato deve essere annullato, restando comunque salvo ed impregiudicato ogni ulteriore provvedimento che la resistente Università dovrà assumere al fine di valutare il curriculum dei ricorrenti in dipendenza anche dei posti disponibili, tenendo conto dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia.
Sussistono, comunque, giusti motivi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso, per compensare tra le parti le spese di giudizio,
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), previa estromissione del Ministero dell’Università e della Ricerca, accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
Pubblicato il 10/05/2018