N. 00343/2018REG.PROV.COLL.
N. 00768/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 768 del 2017,
proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Artenisio, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Conti, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via [#OMISSIS#] Gargallo n.12;
contro
Universita’ degli Studi di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Palermo, via [#OMISSIS#] De Gasperi n. 81;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 01600/2017, resa tra le parti, concernente di rigetto del ricorso per ottemperanza di cui alla sentenza TAR per la Sicilia, Palermo, n. 1476/2014 e, in subordine, per l’annullamento del d.r. 4526/2006 del 6.12.2016 con il quale sono stati approvati gli atti relativi alla procedura di concorso e del verbale della commissione esaminatrice del 28.11.2016 nonché ove occorra, di ogni altro atto propedeutico connesso, incidentale o conseguente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il Cons. [#OMISSIS#] Barone e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Conti, l’avvocato dello Stato La Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’odierno appellante ha agito in prime cure davanti al competente TAR nei confronti dell’Università degli studi di Palermo per l’ottemperanza alla sentenza dello stesso TAR n. 1476/2014 e per la dichiarazione di nullità e/o per l’annullamento del decreto rettorale n. 4526 del 6.12.2016.
Con la sentenza della quale si chiede l’esecuzione era stato annullato il decreto rettorale n. 387/2012 di approvazione degli atti della procedura di valutazione comparativa, alla quale l’appellante aveva partecipato, per la copertura di un posto di ricercatore universitario per la Facoltà di Giurisprudenza.
Il TAR, nell’annullare il decreto rettorale n. 387/12 e il giudizio della commissione che con esso era stato recepito, ne aveva disposto la rinnovazione ad opera di una commissione giudicatrice in diversa composizione.
La Commissione, riunitasi in diversa composizione, ha negato la “preminenza (dell’allora ricorrente) in quanto la produzione scientifica è stata giudicata non significativamente intensa né continuativa”. Tale ulteriore giudizio della commissione è stato recepito con il decreto rettorale 4526 del 6.12.2016 che rappresenterebbe l’atto elusivo del giudicato e comunque in sé stesso illegittimo.
Il ricorso di primo grado è stato affidato a tre diverse censure.
L’Università intimata ha limitato la sua difesa al deposito di un atto di costituzione formale e alla produzione di documenti.
All’esito del giudizio il TAR ha dichiarato il ricorso infondato, ritenendo che il giudicato, del quale si chiedeva l’esecuzione, consiste unicamente “nel ritenere che il giudizio finale sintetico espresso dalla Commissione nei confronti del ricorrente sia affetto da difetto di motivazione” per quel che attiene all’attività didattica presso l’Università Kore, all’attività di assegnista di ricerca e alla densità della produzione scientifica.
A giudizio del Tribunale la commissione nel rinnovare il proprio giudizio avrebbe puntualmente adempiuto al compito affidatole. Più esattamente il giudizio reso dalla commissione giudicatrice nel verbale del 28.11.2016 e recepito nel D.R. 4526 del 6.12.216 costituirebbe “esatta esecuzione del contenuto precettivo della citata sentenza, che imponeva unicamente di motivare l’omessa valutazione di due titoli di preferenza e di considerare la densità della produzione scientifica nell’arco temporale indicato”.
Il Tribunale ha altresì rigettato la domanda di annullamento dell’odierno appellante per vizi di legittimità del decreto rettorale impugnato 4526/16 proposta contestualmente alla domanda di esecuzione del giudicato, ritenendo i vizi del tutto infondati.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’interessato che ha eccepito in via preliminare la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 87, comma 1, c.p.a. per essere mancata l’udienza pubblica.
Ha quindi censurato l’uso da parte della commissione del criterio della “densità della produzione”, che – a suo avviso – rappresenta un aspetto di defilata importanza nell’ambito di una valutazione comparativa; avrebbe errato la commissione nel non valutare, ai fini della c.d. idoneità, i titoli diversi da quelli preferenziali, l’attività di collaborazione scientifica e neppure avrebbe espresso alcun giudizio sulla discussione orale.
Dopo avere prodotto motivi di censura in merito alla decisione del primo Giudice relativa alla domanda di esecuzione, è passato a criticare la sentenza nella parte in cui ha rigettato la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati per vizi propri.
All’udienza del 25.5.2018 l’appello è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Ritiene il Collegio che il primo motivo di appello sia fondato.
Come si è detto nella parte in fatto, l’appellante ha eccepito, in primo luogo, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 87, comma 1, c.p.a., il quale così recita: “le udienze sono pubbliche a pena di nullità …”.
Osserva l’appellante che il TAR ha trattato l’udienza, nell’ambito della quale si è adottata la sentenza impugnata, nelle forme della camera di consiglio, come se si trovasse di fronte a un mero giudizio di ottemperanza e non, come effettivamente era, a un giudizio misto di ottemperanza e ordinario di cognizione, proposto per l’annullamento del provvedimento del Rettore.
La censura, come si è detto, merita favorevole considerazione.
Premesso che i fatti esposti sono rispondenti a verità, come risulta dagli atti del giudizio e dalla mancata contestazione delle parti intimate, il Collegio aderisce al principio pacifico in giurisprudenza secondo il quale, qualora vengano proposte in giudizio domande sottoposte a riti diversi, deve applicarsi il procedimento previsto dal [#OMISSIS#] ordinario in quanto, come si è visto, l’art. 87, comma 1, c.p.a. impone a pena di nullità, come regola generale, la trattazione del processo in udienza pubblica.
L’eccezione dell’appellante deve quindi essere accolta e la sentenza impugnata deve essere dichiarata nulla con la restituzione del fascicolo al primo Giudice, perché rimetta il ricorso nel ruolo ordinario, non potendosi ritenere che il giudizio abbia avuto in primo grado compiuto svolgimento e che l’appellante abbia potuto esercitare in quella sede con pienezza il suo diritto di difesa.
Si ricorda che l’appellante, a corredo della sua eccezione, ha lamentato la violazione del diritto di difesa, osservando che, nell’ultima memoria depositata in primo grado, si era riservato di argomentare meglio su alcuni aspetti gravi e di primaria importanza … anche tenuto conto “del dimezzamento dei termini processuali rispettati per il giudizio di ottemperanza”.
Lo svolgimento della vicenda consente di compensare tra le parti le spese del giudizio di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e dichiara la nullità della sentenza impugnata.
Dispone la restituzione del fascicolo al Tribunale ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Modica de [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 07/06/2018