N. 01470/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01982/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1982 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] Gamba, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Nespor, [#OMISSIS#] Gavagnin e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via [#OMISSIS#], 36;
contro
Università degli Studi di Pavia, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Milano, Via Freguglia, 1;
per l’annullamento
– della Deliberazione del 28 giugno 2017, riportata nel verbale n.72017, in pari data, con la quale il Consiglio di Dipartimento non ha approvato la proposta di chiamata della ricorrente al posto di professore associato di diritto processuale civile;
– del verbale n.7/2017, in data 28 giugno 2017, nella parte in cui riporta la proposta di chiamata della ricorrente e riassume la vicenda;
nonché per il risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente e consistenti:
a) per la illegittima mancata assunzione in ruolo, in una somma pari agli emolumenti netti non percepiti nella qualifica di professore di seconda fascia a decorrere dal 25 febbraio 2015 (data della prima delibera con cui non è stata approvata la proposta di chiamata), oppure, in subordine, dalla data entro la quale la delibera di chiamata in esecuzione della sentenza del TAR avrebbe dovuto essere adottata, oppure, in ulteriore subordine, dal 28 giugno 2017 (data della deliberazione qui impugnata) e fino all’effettiva assunzione in servizio, previa in tutti i casi detrazione degli importi percepiti dalla ricorrente quale ricercatrice;
b) per il danno arrecato all’onore, alla dignità e alla professionalità, in una somma pari all’ 80% della retribuzione annuale di professore associato, per gli anni che intercorrono tra il primo rifiuto di chiamata e la data in cui la ricorrente entrerà in attività come professore associato, con affidamento di un corso, ovvero nella diversa somma che il Tribunale riterrà equa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Pavia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Con decreto del 6 maggio 2014 il Rettore dell’Università di Pavia ha indetto una procedura per la chiamata, fra gli altri, di 1 professore di Diritto processuale civile (SSD IUS/15) di seconda fascia, alla quale hanno partecipato, oltre alla ricorrente, altri quattro candidati.
Fra di essi anche il dr. [#OMISSIS#] Volpino, che a settembre del 2014 ha presentato alla Commissione giudicatrice e al Direttore del Dipartimento due dattiloscritti, complessivamente di quasi 400 pagine, denominati «Confronti (tra le opere della prof.ssa [#OMISSIS#] Gamba e gli scritti giuridici di altri autori)» e «Confronti (tra le opere della prof.ssa [#OMISSIS#] Gamba e gli scritti giuridici di altri autori). Appendice di aggiornamento», contenenti la segnalazione di asseriti plagi che la ricorrente avrebbe compiuto nella sua produzione scientifica.
2) Nella seduta del 23 dicembre 2014 la Commissione, esaminati i dattiloscritti, ha concluso che i casi in cui potrebbe essersi verificata la trascrizione, integrale o quasi, di brani e note bibliografiche presenti in altri lavori, non esplicitamente citati, risultano di peso non rilevante nell’economia complessiva delle opere, sia per la brevità di tali trascrizioni, sia per la loro ininfluenza sullo sviluppo del pensiero della candidata, la cui originalità non ne risulta intaccata.
3) Indi, la Commissione – il cui lavoro è stato poi approvato dal Rettore, con decreto n. 88, del 21 gennaio 2015 -, procedendo alla valutazione comparativa dei titoli e delle pubblicazioni dei partecipanti, ha individuato quale candidato più qualificato la ricorrente.
4) Il dott. Volpino ha impugnato l’esito del lavoro anzidetto dinanzi al TAR che, con sentenza n. 1040, del 23/5/2016, non appellata e passata in giudicato, ha rigettato il ricorso.
5) A seguito dei dattiloscritti ricevuti dal dott. Volpino, il Rettore ha anche avviato un procedimento disciplinare, conclusosi a febbraio 2015 con l’irrogazione nei confronti della ricorrente della sanzione della censura. Contro tale determinazione l’istante è insorta, con ricorso dinanzi al TAR che, con sentenza n. 1039 del 23/5/2016, l’ha accolto, annullando il decreto di irrogazione della sanzione.
6) Nelle more, il 25 febbraio 2015 il Consiglio di Dipartimento ha deciso di non chiamare la ricorrente al posto di professore associato di Diritto processuale civile, adottando la relativa deliberazione senza motivazione e con voto segreto. La ricorrente ha impugnato anche tale deliberato al TAR che, con sentenza n. 1038 del 23/5/2016, ha accolto il ricorso, annullando la deliberazione predetta. Contro la sentenza ha proposto appello l’Università, chiedendone la sospensione con istanza rigettata dal Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5087, dell’11 novembre 2016.
7) Da allora, il Consiglio di Dipartimento, seppur ripetutamente sollecitato dalla ricorrente, ha nuovamente posto all’o.d.g. la proposta di chiamata relativa alla ricorrente soltanto il 26 aprile 2017, pervenendo in tale seduta ad un rinvio della trattazione per acquisizioni istruttorie. Solo nella seduta del 28 giugno 2017 il Consiglio ha riesaminato la vicenda e, dopo la relazione del Presidente, nella quale si sarebbe omesso di richiamare sia il procedimento disciplinare, con il relativo epilogo dinanzi al TAR, che la memoria di confutazione degli addebiti della ricorrente, è pervenuto ancora una volta alla non approvazione della proposta di chiamata. La motivazione, in particolare, ha fatto unicamente leva sul comportamento della dott.ssa Gamba, così come desunto dal Consiglio dai dattiloscritti del candidato dr. Volpino, ritenuto “censurabile sul piano scientifico e metodologico” nonché “scorretto sul piano etico”, richiamando in proposito l’art. 14 del Codice etico dell’Università (cfr. verbale allegato sub n. 1 della documentazione di parte ricorrente, pagg.19 e 20, ove si conclude nel senso che: “la chiamata nel ruolo di professore associato della dott.ssa [#OMISSIS#] Gamba contrasta con il rigore scientifico e metodologico che contrassegna l’attuale Dipartimento di Giurisprudenza”).
8) Contro tale determinazione è interposto il ricorso in epigrafe, notificato il 7 settembre 2017 e in pari data depositato, affidato a cinque motivi, gli ultimi tre proposti in via subordinata ai primi.
8.1) Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa interpretazione dell’art.18, 1° comma lettera e) della legge 2402010, la violazione dell’art. 97, 1° e 3° comma della Costituzione, l’eccesso di potere per sviamento.
Il riesame della produzione scientifica della ricorrente, compiuto dal Consiglio di Dipartimento al fine di verificare la sussistenza di casi di preteso plagio, violerebbe la disposizione richiamata, che non attribuirebbe al Consiglio alcuno specifico potere di valutazione dei profili etici e del rigore scientifico e metodologico del candidato. Né potrebbe ipotizzarsi che un tale potere di valutazione sia implicitamente connaturato al potere di proposta di chiamata attribuito al Consiglio stesso, atteso che, la normativa vigente (Regolamento dell’Università di Pavia e Decreto rettorale 718 – 2014 che ha bandito la procedura di selezione de qua) attribuirebbe esclusivamente alla Commissione esaminatrice il potere di stabilire i criteri e le modalità di valutazione dei candidati.
8.2) Con il secondo motivo si deduce la violazione delle regole che governano i procedimenti concorsuali, nonché l’eccesso di potere per sviamento, abuso di potere e illogicità manifesta.
Anche se la Commissione giudicatrice non si fosse espressamente soffermata sulla questione del presunto plagio commesso dalla ricorrente, il Consiglio di Dipartimento avrebbe nondimeno violato le disposizioni che attribuiscono in via esclusiva alla Commissione giudicatrice del concorso la valutazione delle pubblicazioni scientifiche.
8.3) In via subordinata, col terzo motivo si deduce la violazione dei principi di buona fede, correttezza e imparzialità, la violazione degli artt. 54, 2° comma e 97, 1° comma della Costituzione, l’eccesso di potere per incompletezza e parzialità dell’istruttoria e della documentazione messa a disposizione del Consiglio di Dipartimento.
8.4) Sempre in subordine, con il quarto motivo si deduce l’eccesso di potere per illogicità, carenza di motivazione e violazione del principio di buona fede, poiché l’art.14, 2° comma del Codice Etico dell’Università sarebbe stato richiamato dal Consiglio di Dipartimento completamente a sproposito.
8.5) Ancora, in ulteriore subordine, con il quinto e ultimo motivo si deduce la violazione del principio generale di imparzialità e del dovere di astensione da parte di un componente del Consiglio di Dipartimento, nonché la violazione dell’art. 97 della Costituzione.
Alla seduta del Consiglio avrebbe partecipato un professore associato che avrebbe attivamente partecipato alla campagna diffamatoria nei confronti della ricorrente, utilizzando – anche mediante Facebook – espressioni gravemente ed eticamente sconvenienti, rivelatrici dell’assenza di imparzialità e serenità necessarie per compiere le valutazioni richieste.
9) Il patrocinio ricorrente, oltre che per l’annullamento del provvedimento impugnato, insiste per la condanna dell’Università tanto all’adozione degli atti necessari alla chiamata della ricorrente per la copertura del posto vacante oggetto della surrichiamata procedura comparativa, quanto al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, provocati all’istante in conseguenza del comportamento illegittimo come in precedenza descritto.
10) Si è costituita l’Università di Pavia con comparsa di stile, allegando – fra l’altro – una relazione dell’Ateneo illustrativa dei fatti di causa.
11) All’udienza pubblica del 20 febbraio 2018 la causa, presenti gli avvocati S. Nespor e V. [#OMISSIS#] per la ricorrente, [#OMISSIS#] alle preliminari per l’Università, è stata trattenuta in decisione.
12) I primi due motivi del ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.
12.1) Come costantemente affermato nella giurisprudenza amministrativa, nei procedimenti selettivi astretti alle regole dell’evidenza pubblica, la selezione dei candidati deve avvenire sulla base di criteri valutativi predeterminati che devono trovare puntuale attuazione nella fase di vera e propria valutazione dei concorrenti (cfr. Cons. Stato, VI, 28/6/2016 n.2855).
Nella specie, il D.R. 718/2014, di indizione della procedura selettiva (cfr. l’allegato n.4 della produzione ricorrente), ha richiamato la normativa applicabile facendo riferimento esplicito, fra l’altro, all’art. 18 della legge n. 240/2000, a tenore del quale “1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri: …”.
È stato altresì richiamato il Decreto Ministeriale 4 agosto 2011 n. 344 che, come noto, detta “i criteri nell’ambito dei quali le università, con appositi regolamenti, individuano gli standard qualitativi, riconosciuti a livello internazionale”, per la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 24, comma 5 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dei professori associati (art. 1 d.m. cit.), nonché il Regolamento (D.R. rep. 1825/2011) adottato al riguardo dall’Università di Pavia.
La valutazione richiesta alla Commissione ha, dunque, ad oggetto “l’attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché le attività di ricerca svolte dal ricercatore” (art. 2 d.M. 344/2011). Con specifico riguardo a queste ultime, è poi espressamente previsto (art. 4) che la valutazione delle pubblicazioni scientifiche avvenga sulla base di determinati, ulteriori criteri, fra cui preme citare: l’ “originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione” nonché la “congruenza di ciascuna pubblicazione con il profilo di professore universitario di seconda fascia da ricoprire oppure con tematiche interdisciplinari ad esso strettamente correlate”.
12.2) La Commissione giudicatrice, qui in concreto nominata in conformità del cit. regolamento d’Ateneo (1825/2011), ha, quindi, predeterminato i criteri di valutazione, richiamando quelli di cui al citato Regolamento n. 344/2011 e, in base ad essi, ha svolto la valutazione dei candidati, spaziando dall’attività didattica a quella di ricerca scientifica, sino a coinvolgere le pubblicazioni scientifiche degli stessi, di cui sono state vagliate, sempre in base ai predetti criteri, “a) originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza” (cfr. verbali di Commissione e relazione finale, rispettivamente allegati sub 6 e 5 della produzione ricorrente).
Sulla base dei ridetti criteri la Commissione ha valutato anche gli elaborati della ricorrente, avendo escluso, dopo loro attento esame, che i dattiloscritti trasmessi dal candidato Volpino precludessero la valutazione scientifica dei predetti lavori (cfr. verbale n. 3 allegato sub 6, cit.).
È pertanto indubbio che la Commissione ha legittimamente espletato il giudizio tecnico-discrezionale di sua spettanza, vagliando appieno il profilo scientifico e metodologico dei candidati, come confermato dall’approvazione da parte del Rettore degli atti della procedura di valutazione comparativa (D.R. 88/2015), di cui è dato riscontro anche nel verbale del Consiglio di Dipartimento n.7/2017, relativo alla proposta di chiamata per cui è causa.
È altrettanto indubbio che le valutazioni affidate alla cura dell’organo tecnico sono vincolanti per l’Amministrazione che ha indetto la selezione, in relazione ai giudizi tecnico-discrezionali formulati sui profili curriculari dei candidati. Su tali giudizi, dunque, non è consentito al Consiglio di Dipartimento di pronunciarsi, pena una non consentita e dunque illegittima riedizione della precedente fase di valutazione dell’idoneità dei candidati.
12.3) Sennonché, emerge dagli atti di causa, come il Consiglio di Dipartimento abbia motivato la non approvazione della proposta di chiamata facendo leva proprio sulle segnalazioni contenute nei due dattiloscritti del candidato dr. Volpino, vertenti, come già detto, sulle pubblicazioni della ricorrente.
La motivazione adottata a fondamento della non approvazione, come risulta dal verbale n.7/2017 dell’Adunanza del Dipartimento, trae la propria esclusiva ragion d’essere dal divalore scaturente da dette segnalazioni, collocato su un duplice piano: quello scientifico metodologico da un lato e, dall’altro, quello etico.
Sennonché, nessuno dei due piani di valutazione pertengono al Consiglio di Dipartimento, nell’ambito dei poteri ad esso spettanti ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. e) della legge n. 240/2000.
Non vi pertiene il piano di valutazione scientifico metodologico, allorché è indubbio che si tratta, come nella specie, di un’illegittima duplicazione del giudizio valutativo rimesso in via esclusiva alla Commissione giudicatrice, la quale aveva già esaminato i dattiloscritti in parola, pervenendo ad una valutazione di non rilevanza delle segnalazioni ivi contenute nell’economia complessiva delle opere della ricorrente, la cui originalità non ne risultava intaccata (cfr. verbale n. 3, del 23.12.2014, allegato sub 6).
Ma non vi pertiene neppure il piano di valutazione di carattere etico, atteso che la competenza ad esprimere giudizi in ordine alla conformità o meno della condotta della ricorrente al Codice Etico non spetta al Consiglio di Dipartimento ma ad altri organi universitari, che vi provvedono nell’ambito di procedimenti appositamente disciplinati (di cui agli artt. 18 e ss. del Regolamento d’Ateneo, Rep.1154/2011 e 10 della legge n. 240/2000, richiamati anche nella già citata sentenza di questo Tribunale n. 1039, del 23/5/2016).
È utile rilevare, al riguardo, come la stessa Commissione giudicatrice, nella relazione finale (cfr. all. 6 già cit.), richiami la nota del 17 dicembre 2017, con cui il Rettore confermava che, in relazione ai due dattiloscritti del candidato Volpino, avrebbe investito gli organi d’Ateneo competenti per tutti i profili di eventuale rilevanza etica e disciplinare, estranei all’ambito valutativo della Commissione giudicatrice. Fra di essi, a ben vedere, non si inscrive il Consiglio di Dipartimento ma altri organi (Rettore, Collegio di Disciplina e CdA), come emerge dalle norme da ultimo richiamate e come confermato anche nella sentenza di questo Tribunale n. 1039/2016, già citata, pronunciata sul ricorso avverso il provvedimento del Rettore del 24/2/2015, di irrogazione all’esponente della sanzione disciplinare della censura (annullata dalla sentenza stessa).
Va ribadito, pertanto, come nessuno dei due piani sui quali si è attestata la valutazione del Consiglio di Dipartimento per addivenire alla non approvazione della proposta di chiamata pertengano al potere valutativo rimesso al Consiglio medesimo, nel procedimento che si snoda a valle di quello selettivo svolto dalla Commissione giudicatrice. In esso, quindi, l’attività successiva alla selezione del candidato idoneo, demandata per legge al Dipartimento, ha ad oggetto soltanto la verifica della permanenza della condizioni, ivi comprese le esigenze didattiche e scientifiche, che avevano fondato la proposta di indire la selezione; con la conseguenza che, solo ove si attesti il venire meno di dette condizioni, l’Università può decidere di non dare seguito alla chiamata (cfr., da ultimo, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, Sent., 14-03-2018, n. 348).
Tale soluzione trova conferma nei principi espressi anche dal Consiglio di Stato (Sez. VI, sentenza n. 2855 del 28 giugno 2016) in una vicenda analoga di mancata approvazione da parte del Consiglio di Dipartimento della nomina del candidato idoneo alla chiamata per il posto di professore ordinario.
Ivi si legge, fra l’altro, che: “l’Amministrazione che ha bandito il concorso non può legittimamente disattendere i risultati, ritualmente approvati, dell’attività valutativa della commissione giudicatrice all’uopo nominata, a motivo della (pretesa e peraltro indimostrata) inadeguatezza del candidato selezionato sulla base di criteri valutativi nuovi e non opportunamente esplicitati negli atti preparatori. Diversamente opinando si verrebbe a creare un inusitato potere di veto da parte della Amministrazione capace di sterilizzare ad libitum il contenuto degli apprezzamenti tecnico-discrezionali dell’organo competente a compiere la valutazione dei concorrenti, in spregio ai più elementari principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa”.
La conclusione si addice anche al caso di specie, atteso che, i criteri utilizzati dal Consiglio per disattendere i risultati dell’attività selettiva, o sono gli stessi già utilizzati dalla Commissione giudicatrice, oppure sono rimessi alla valutazione di organi diversi dal Consiglio (Rettore, Collegio di Disciplina e CdA), nell’ambito di procedure all’uopo preposte e disciplinate.
Siamo, dunque, in presenza di una chiara violazione dei principi che governano i concorsi pubblici e di un altrettanto manifesto vizio di eccesso di potere per sviamento dai propri compiti istituzionali, come specificato nei due motivi in esame.
12.4) Ne consegue che, in mancanza dell’indicazione di legittime ragioni per non dar corso alla proposta di chiamata (su cui, anzi, lo stesso verbale del C.d.D., a pag. 19, ricorda che: “L’operazione di chiamata comporta l’utilizzo di punti organico pari a 0,2 e tali punti organico sono nella disponibilità del Dipartimento”), la delibera impugnata è illegittima e va annullata.
Tenuto conto, poi, che la predetta delibera rappresenta il secondo deliberato negativo annullato da questo T.A.R. (il primo essendo stato annullato con la sentenza n. 1038/2016) in relazione alla medesima vicenda, deve escludersi che residuino ulteriori margini di discrezionalità in capo al Consiglio di Dipartimento, per non addivenire all’approvazione della proposta di chiamata della ricorrente, che costituisce, quindi, atto dovuto (per il principio del cd. “one shot temperato”, su cui cfr., ex multis, Cons. di Stato, Sez. III, sent. 14.2.2017, n.660, id., Sez. IV 25.3.2014 n.1457, per cui l’amministrazione, dopo aver subito l’annullamento di un proprio atto, può rinnovarlo una sola volta, e quindi deve riesaminare “l’affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti”, senza potere in seguito “tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati”).
L’Università di Pavia dovrà, pertanto, provvedere all’adozione degli atti funzionali sia alla finalizzazione della procedura per la copertura del posto assegnato alla cattedra di professore associato di diritto processuale civile (S.S.D. IUS 15), a mezzo della chiamata in ruolo della ricorrente, che alla ricostruzione agli effetti giuridici della relativa carriera, ora per allora.
13) Quanto alla domanda risarcitoria, osserva il Collegio come nella specie sussistano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 c.c.: la condotta illecita, l’ingiusta conseguente lesione di interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, il concreto pregiudizio patito dal titolare.
13.1) Per giurisprudenza amministrativa consolidata (cfr. ex multis, Cons. Stato, VI, 9/02/2018, n. 1061; id., IV, 6/4/2016, n. 1347; id., V, 12/2/2013, n. 798; id., V, 19/11/2012, n. 5846; id., sez. V, 31/7/2012, n. 4337; id., IV, 31/1/2012, n. 482), nel giudizio diretto ad ottenere la condanna della P. A. al risarcimento del danno che derivi da un provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi a invocare l’illegittimità di carattere sostanziale dell’atto quale indice presuntivo della colpa, dato che rimane a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento. Tale onere non risulta nella specie assolto dall’Università, la cui condotta appare tanto più ingiustificata quanto più ha perseverato nella decisione sfavorevole, nonostante in tre diverse sentenze intervenute sulla vicenda (nn. 1038, 1039 e 1040 del 2016) fosse emersa la correttezza dell’operato della Commissione giudicatrice e l’irrilevanza, ai fini della procedura selettiva medesima, delle segnalazioni contenute nei dattiloscritti del dr. Volpino.
13.2) Per ciò che riguarda la condotta illecita, giova osservare che, non essendo emerse legittime ragioni contrarie alla chiamata, deve dedursi che l’azione dell’Università, culminata nel provvedimento che l’ha illegittimamente negata, sia l’unica causa efficiente del mancato accesso della ricorrente all’utilità alla quale legittimamente aspirava, quale candidata prima classificata della selezione per la copertura del posto vacante di professore associato di diritto processuale civile.
13.3) Quanto al danno risarcibile, è fondata la richiesta come danno patrimoniale delle maggiori retribuzioni che l’esponente avrebbe percepito nel ruolo di professore associato rispetto a quelle in godimento come ricercatore. Tali differenze retributive andranno corrisposte per il periodo decorrente dalla data (28/6/2017) dell’ultimo provvedimento illegittimamente preclusivo della nomina e sino all’effettiva presa di servizio in qualità di professore associato.
Sulla somma differenziale così determinata, trattandosi di debito di valore, è necessario disporre la rivalutazione, senza ulteriore maggiorazione per oneri previdenziali e assicurativi non corrisposti, essendo la somma espressiva di un credito di natura risarcitoria (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, III, 29/4/2013 n. 4286; id. 08/05/2012, n. 4164; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, n. 479/12 cit.); sull’importo via via rivalutato andranno calcolati gli interessi compensativi, con la medesima decorrenza, dal 28/6/2017, parametrati al saggio legale, fino al soddisfo (cfr. Cass. Civ., Sez.I, 4.2.2010, n.2602); sulla somma così determinata dovranno poi essere riconosciuti gli interessi legali, fino al soddisfo.
13.3.1) Quanto alla richiesta risarcitoria avente ad oggetto il danno non patrimoniale, lamentato come conseguenza della lesione arrecata all’onore, alla reputazione e all’immagine professionale della ricorrente, il Collegio osserva quanto segue.
Non risulta provato né l’asserito danno d’immagine da isolamento ed emarginazione dall’ambito lavorativo e accademico, non essendo stati allegati elementi a dimostrazione della minor presenza della ricorrente a convegni, seminari o corsi rispetto al passato; e neppure un danno alla reputazione imputabile all’Università. Analogamente sfornito di prova è il danno alla carriera, ove inteso in termini eccedenti la ricostruzione agli effetti giuridici della stessa ora per allora, già insita nell’esecuzione dell’odierna decisione.
14) Conclusivamente, quindi, il ricorso in epigrafe specificato va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e condanna dell’Università resistente ad adottare gli atti funzionali sia, alla finalizzazione della procedura selettiva in esame, mediante chiamata della ricorrente nel ruolo di professore di seconda fascia di diritto processuale civile, S.S.D. IUS 15, che alla ricostruzione agli effetti giuridici della relativa carriera, ora per allora.
Va altresì accolta la domanda risarcitoria, con conseguente condanna della resistente a risarcire il danno patrimoniale arrecato all’istante, nei sensi e nei limiti sopra indicati, sub n. 13.3).
15) Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e condanna l’Università resistente ad adottare gli atti funzionali sia alla finalizzazione della procedura selettiva mediante chiamata della ricorrente nel ruolo di professore di seconda fascia di diritto processuale civile, S.S.D. IUS 15, che alla ricostruzione agli effetti giuridici ora per allora della relativa carriera. Accoglie altresì la domanda risarcitoria, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l’Università resistente al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, liquidandole in euro 4.000,00, oltre accessori di legge e rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nelle camere di consiglio dei giorni 20 febbraio 2018, 5 giugno 2018, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di Benedetto, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Mameli, Primo Referendario
Pubblicato il 11/06/2018