Corte dei conti reg., Campania, 10 luglio 2017, n. 277

Professore associato – Tempo pieno – Incompatibilità – Cognizione incidentale provvedimenti amministrativi

Data Documento: 2017-07-10
Area: Giurisprudenza
Massima

[X] È infondata l’eccezione di nullità dell’atto di citazione per aver la procura regionale chiesto la condanna al pagamento delle somme a titolo di danno erariale, in favore della Regione Campania, quando il danno si è verificato nei confronti dell’amministrazione universitaria. Da un lato, infatti, si rileva che l’errore appare un chiaro refuso essendo nell’atto di citazione – in più occasioni – indicata quale amministrazione danneggiata l’università. Dall’altro, in diritto, va precisato che – ai sensi dell’art. 86 c.g.c. – l’individuazione del soggetto cui andranno corrisposte le somme a titolo di risarcimento del danno erariale non è contemplata tra le ipotesi di nullità dell’atto di citazione.L’esistenza di una disposizione di legge (art. 53, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) che impone al pubblico dipendente di versare l’importo dei compensi percepiti per incarichi non autorizzati non comporta di per sé il venir meno della giurisdizione contabile per responsabilità, la quale sussiste ogni qual volta l’attore pubblico esponga un danno erariale per effetto di un comportamento dell’agente, posto in essere nell’esercizio delle funzioni cui quest’ultimo è preposto, contrario ai propri doveri d’ufficio. La previsione della restituzione del compenso all’amministrazione di appartenenza rileva semmai ai fini della eventuale determinazione del danno da risarcire per lo svolgimento di attività ritenuta incompatibile e/o posta in essere in violazione dell’obbligo di esclusività sancito anche a livello costituzionale – di cui l’art. 53 già citato costituisce espressione – il quale tende a salvaguardare proprio l’espletamento delle funzioni attinenti il rapporto di servizio (ancor prima che riguardare il rapporto di impiego) e, dunque, il perseguimento delle finalità istituzionali della pubblica amministrazione.Il rapporto di servizio – strumentale al perseguimento delle finalità istituzionali della P.A. – rappresenta proprio il “bene” tutelato dall’art. 53 comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e non è corretto l’assunto secondo cui l’obbligo di riversamento legale dei compensi percepiti dal dipendente attenga unicamente al rapporto di impiego con la pubblica amministrazione o comunque ad interessi privatistici (delibabili dal giudice del lavoro o dal giudice amministrativo) avulsi, dunque, dal rapporto di servizio e con conseguente loro irrilevanza erariale.In caso di assunzione di incarichi incompatibili (e non autorizzati) da parte del docente a tempo pieno, una voce di danno consiste nella maggiore retribuzione percepita, stante la qualifica di professore a tempo pieno, rispetto a quella prevista per i docenti a tempo definito.L’illegittimità dell’atto amministrativo – nel caso di specie, dei provvedimenti autorizzatori di attività libero-professionali, ex lege incompatibili con lo status di professore a tempo pieno – è conoscibile incidentalmente dal giudice erariale, in quanto rappresenta uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità contabile, ai soli fini della valutazione della responsabilità dell’agente e non certo ai fini dell’annullamento dell’atto, riservato ai poteri dell’amministrazione o del giudice amministrativo.

Contenuto sentenza

Sentenza n. 277/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA composta dai seguenti magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]                          Presidente
[#OMISSIS#] Di Benedetto                 Consigliere relatore
[#OMISSIS#] De Falco                          Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 67045 del registro di segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Campania, nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], nato a Napoli il 13/07/1965 e residente in Salerno al viale G.Verdi n. 10 M, c.f. FEOLCN65L13F839H, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Merola (C.E.: MRLBNL75L59H703Y), con studio in Salerno, alla via [#OMISSIS#] Coda, 8 – elettivamente domiciliati in Napoli presso lo studio del prof. avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] alla via De [#OMISSIS#]. [#OMISSIS#], 7 —Napoli – notificazioni e comunicazioni a mezzo fax al n. 089.793190 o P.E.C. all’indirizzo avvbrunellamerola@pec.ordineforense,salerno.it
Visto l’atto introduttivo del giudizio.
Visti gli altri atti e documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 18.01.2017, con l’assistenza del segretario dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il magistrato relatore Cons. dott. [#OMISSIS#] Di Benedetto, il
Procuratore Regionale dott. [#OMISSIS#] Oricchio e l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] su delega dell’avv. [#OMISSIS#] Merola.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione depositato in data 8/04/2015, il Procuratore Regionale ha convenuto in giudizio il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (Professore Associato), per sentirlo condannare a risarcire in favore della Regione Campania, la complessiva somma di euro 175.577,21 (euro 59.971,21 per maggiore retribuzione goduta quale docente a tempo pieno e euro 115,606,00 per compensi non assistiti da regolare autorizzazione), oltre interessi e rivalutazione e spese di giustizia.
L’organo requirente ha rappresentato che con nota dell’8/7/14 il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Salerno segnalava vicende dannose derivanti da un’indagine svolta su docenti in regime a tempo pieno presso l’ Università degli Studi di Salerno.
La relazione, dopo aver illustrato la disciplina sugli incarichi dei docenti a tempo pieno dei docenti universitari, evidenziava la peculiare posizione di quattro docenti del dipartimento di Ingegneria Civile, in regime a tempo pieno, che a un esame preliminare presentavano elementi di anomalia (redditi ulteriori a quelli di lavoro dipendente, partita IVA, partecipazione in società e cariche in esse rivestite).
In particolare con riguardo al prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dagli accertamenti svolti è emerso quanto segue.
Il Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], nominato nel 2002 Professore Associato per il Settore scientifico-disciplinare ICAR /08 (Scienza delle costruzioni) presso la Facoltà di Ingegneria dell’ Università degli Studi di Salerno, ha optato in data 29.10.2002 per il regime a tempo pieno, e risulta iscritto dal 1991 all’albo professionale degli
Ingegneri ed inserito nell’Elenco Speciale dei Docenti – D.P.R. 11.07.1980 n. 382 (in qualità di docente universitario a regime di “tempo pieno”).
Dalle consultazioni alle banche dati dell’Anagrafe Tributaria è emerso che il Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] risulta titolare di partita IVA sin dal 5.04.2006, tuttora in essere, accesa dopo alcuni anni dalla sua nomina universitaria di Docente a tempo pieno, e che svolge attività autonoma di lavoro professionale.
Risulta, infatti, aver dichiarato e percepito, per gli anni 2009-2012, sia redditi da lavoro dipendente (Universita’ degli studi di Salerno) sia redditi da lavoro autonomo.
Ha percepito (come da risultanze dei modelli 770 – quadri AU — presentati dai sostituti d’imposta all’Agenzia delle Entrate), i compensi imponibili nell’ambito dell’attività professionale a lui riconducibile (non indicati dall’interessato come – altri redditi – nel quadro RC o RL della dichiarazione) che sono risultati maggiori rispetto a quelli dichiarati.
Risultano, inoltre, anche i compensi anno 2011 di euro 1.191,00 Condominio Palazzo Senatore – 80048700654 – e anno 2012 di euro 5.330,00 FONDIARIA-SAI SPA 00818570012 -, come meglio si rileva dall’informativa integrativa G.d,f. del 31/7/14.
Con decreto n. 226 del 26/01/2010 il docente, inoltre, è stato nominato collaudatore statico in c,o. e finale dei lavori di realizzazione della biblioteca tecnico scientifica campus di Fisciano per un compenso di euro 36,000 oltre INPS 4% INARCASSA 2% Iva 20%.
Dal raffronto tra le autorizzazioni concesse dall’ Università al Prof. [#OMISSIS#] e i compensi percepiti, valutate anche le informazioni rese dall’ Università con nota n. 52968 del 7/10/2014, si rilevano i seguenti compensi per i quali non è ricollegabile una regolare autorizzazione:
Anno     Importo lordo corrisposto Soggetti eroganti
ASCIONE [#OMISSIS#] – PORTICI (NA) 9/7/1950 DMRGNN53L08G596S – DI [#OMISSIS#] GIOVANNI
01808910655 – R.C.M. COSTRUZIONI S.R.L. STCV SRL – servizi di progettazione di ingegneria integrata CONDOMINIO PALAZZO SENATORE
01798430615 – COSTRUZIONI INGG. PENZI
STCV SRL – servizi di progettazione di ingegneria integrata DPSGPP55E29H431X – DE [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
SAPI costruz. strade, autostr. e piste aeroportuali
2012 15.600,00  01798430615 COSTRUZIONI INGG. PENZI
2012 5.330,00   FONDIARIA-SAI SPA
115.606,00 TOTALE
Nel corso dell’istruttoria effettuata dall’organo requirente, l’ Università degli Studi di Salerno con lettera dell’1/10/14 ha provveduto a costituire in mora il docente. In data 11 novembre 2011, con atto regolarmente notificato, è stato emesso invito a dedurre ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma I, dei d.i. 15/11/1993, n. 453 , conv. con modif, con legge 14/1/1994, n.19. A seguito di tale atto il prof. De [#OMISSIS#] ha inviato controdeduzioni che, tuttavia, non sono valsi a modificare sostanzialmente l’impianto della contestazione.
L’organo requirente ha richiamato il quadro normativo di riferimento rappresentato da:
·      art. 7 del d.leg. 165/2001;
·      dall’art. 11 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, sul riordinamento della docenza universitaria;
·      art. 6 della legge n. 240 del 30/12/2010;
·      D.R. 10.03.2010, rep. n. 830 dell’ Università degli Studi di Salerno recante “Regolamento per l’Autorizzazione allo svolgimento di incarichi retribuiti al personale docente e ricercatore a tempo pieno”
Nel caso del Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] -ad avviso della Procura contabile- si riscontra che lo stesso (titolare di partita IVA) pur avendo optato per il tempo pieno, ha esercitato nel periodo 2009-2012 una non consentita, ovvero non autorizzata (e, quindi non sottoposta al vaglio dell’assenza di cause d’incompatibilità) attività libero-professionale. Tale circostanza risulta dimostrata dai compensi di lavoro autonomo percepiti e dichiarati nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni interessati dall’indagine e dai compensi non fiscalmente dichiarati quali si evincono dalle discordanze dei dati acquisiti tramite il confronto tra dichiarazioni dei redditi e le comunicazioni dei sostituti d’imposta.
L’attività, peraltro, è stata parzialmente svolta senza regolare autorizzazione da parte dell’Ateneo.
L’organo requirente ha, infatti, evidenziato che nel caso dell’autorizzazione n. 86 -rilasciata dall’ Università di Salerno in data 16.03.2011, richiesta dal Prof. [#OMISSIS#] il 10.02.2011 e dichiarante un periodo presunto di impegno di 15 gg., dal 01.03 al 15.03.2011, con un compenso lordo previsto o presunto di euro 2.500,00, per l’incarico di “expertise” relativo alla modellazione strutturale FEM (Finite Element Method) delle strutture dell’edificio Crescent da realizzarsi in Salerno- gli
accertamenti condotti dalla G.d.F. hanno consentito di appurare un quadro differente e, segnatamente che:
·      il Prof. [#OMISSIS#] ha collaborato unicamente con lo Studio De [#OMISSIS#] per la progettazione dell’opera, come si evince nella convenzione precedentemente sottoscritta (31.01.2011) tra la CRESCENT S.r.l. e il citato studio, essendo stato espressamente inserito nella struttura operativa del personale per lo svolgimento dell’incarico professionale;
·      l’attestazione per fatturazione del 2.10.2011 dell’Ing. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], si autorizzava la Crescente srl a liquidare direttamente all’Ing. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] la somma di euro 25.000,00 “a fronte delle prestazioni professionali da egli svolte per i calcoli statici del fabbricato Crescent”;
·      il medesimo Ing. De [#OMISSIS#] dichiarava in data 18/4/2014 ai militari della G.d.F. che “Il prof. Ing. De [#OMISSIS#] ha collaborato con me per il progetto esecutivo del fabbricato Crescent relativamente alla parte strutturale effettuando la modellazione degli elementi finiti del fabbricato”.
Per tale incarico il Prof. [#OMISSIS#] De FE0 ha percepito nel 2011 euro 6.760,00 dall’Ing. De [#OMISSIS#], oltre euro 26.000,00 dalla CRESCENT S.r.l., mentre nella richiesta di autorizzazione non era descritta l’effettiva prestazione da svolgere in favore di altro libero professionista già contrattualmente vincolato con la società per la realizzazione della progettazione esecutiva dell’opera, e  l’importo del compenso indicato in soli euro 2.500,00.
A tale riguardo è stato rilevato che nei criteri di valutazione per il rilascio delle autorizzazioni assume rilievo anche la natura dell’ente o soggetto committente (ex art. 5, lett. e), del citato Regolamento di Ateneo) e il livello degli importi conseguiti da tali attività (ex art. 5, lett. a).
Anche per l’autorizzazione n. 422/2009 riguardante lo svolgimento dell’incarico di “Consulenza Tecnico Scientifica per l’Analisi agli elementi finiti delle strutture dell’impianto F.O.R.S.U. del Comune di Salerno” in favore della società C. Lotti Associati Spa, la Procura ritiene emergano gravi elementi di criticità, non avendo il Prof. [#OMISSIS#] indicato nella domanda il compenso presunto, che risulterà di circa euro 20.000,00, e poi andrà ad intrattenere il rapporto con un soggetto diverso. La convenzione di “incarico di prestazione tecnica”, infatti, è stipulata il 29/1/10 tra la R. C.M. Costruzioni srl, e il Prof. [#OMISSIS#], e nella stessa si precisa che “L’incarico consiste nell’analisi agli elementi finiti delle principali strutture dell’impianto di trattamento della FORSE) da realizzarsi in Salerno alla via De [#OMISSIS#], nell’ambito delle attività resesi necessarie a seguito della richiesta dell’Amministrazione Comunale di adeguare la progettazione esecutiva già approvata alle nuove norme per le costruzioni di cui al D.M. 14.1.08; lo stesso incarico si intenderà perfezionato con la consegna dei risultati delle suddette analisi, su supporto elettronico, all’ing. [#OMISSIS#] Buonomo, che predisporrà gli elaborati di progetto da depositare al Genio Civile”. L’incarico è stato reso a soggetto diverso da quello autorizzato, ed è, pertanto, irregolare.
Al riguardo l’organo requirente ha precisate che è precluso al docente universitario a tempo pieno l’attività professionale di progettazione e di direzione lavori (in tal senso, Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, deliberazione n. 179 del 2002), neanche è possibile poter ritenere consentita una sorta di “consulenza” alla progettazione (inesistente nel campo dei pubblici appalti), talvolta definita “expertise” o accompagnata dal termine “scientifica” per conferirle maggiore dignità.
La qualificazione di “consulenza” non muta la natura dei compiti richiesti, che rimangono espressivi di attività tecnico-professionale di carattere privato inerenti la progettazione di un’opera, e, pertanto, rientranti nell’alveo dell’attività libero-professionale e assolutamente non permessi.
In proposito, la Procura contabile ha richiamato autorevole la giurisprudenza che ha avuto modo di chiarire, anche se ad altri fini (contribuzione previdenziale), che il concetto di “esercizio della professione” va interpretato non in senso statico e rigoroso, bensì tenendo conto dell’evoluzione subita nel mondo contemporaneo (rispetto agli anni a cui risaie la normativa di “sistema” dettata per le varie libere professioni) dalle specifiche competenze e dalle cognizioni tecniche libero professionali e ciò ha comportato la progressiva estensione dell’ambito proprio dell’attività professionale, con occupazione, da parte delle professioni, di tutta una serie di spazi inesistenti nel quadro tipico iniziale e, specificamente, per la professione di ingegnere, l’assunzione di connotazioni ben più ampie e di applicazioni diversificate rispetto a quelle originariamente previste, cosicché deve ritenervisi ricompreso, oltre all’espletamento delle prestazioni tipicamente professionali (ossia delle attività riservate agli iscritti negli appositi albi), anche l’esercizio di attività che, pur non professionalmente tipiche, presentino, tuttavia un “nesso” con l’attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell’esercizio dell’attività professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipologicamente propria della sua professione (Cass., Sez. L., sent, n, 14684/2012).
La Procura contabile ha, comunque espresso l’avviso che il comportamento del [#OMISSIS#] sia stato agevolato dalla carenza di controlli da parte dell’Ateneo, non risultando neanche osservato l’obbligo del docente di comunicare i compensi ricevuti (art. 9 del Regolamento).
Quanto alla quantificazione del danno, una prima partita di danno è rinvenibile nella maggiore retribuzione goduta dal Prof. [#OMISSIS#] quale docente a tempo pieno rispetto a quella prevista per il docente a tempo definito, maggiore retribuzione non spettante per aver svolto attività non compatibile con tale status.
In particolare, il Prof. [#OMISSIS#] ha percepito dall’ottobre 2009 al dicembre 2012 (non si considera il periodo progresso per motivi prescrizionali) una maggiore retribuzione di euro 59.971,21, costituente danno alle finanze dell’ Università degli Studi di Salerno.
Altra fattispecie dannosa è rappresentata dagli importi dei compensi dovuti per le prestazioni svolte per l’inosservanza del divieto del dipendente pubblico di svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, per i quali l’illustrato comma 7 dell’art. 53 prevede il versamento, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
Il successivo comma 7-bis precisa, poi, che l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti. Il Prof. [#OMISSIS#] ha percepito compensi non assistiti da regolare autorizzazione per euro 115.606,00, come in precedenza esposto.
All’art. 9 del citato D.R. 10,03.2010, n. 830, “Regolamento per l’Autorizzazione allo svolgimento di incarichi retribuiti al personale docente e ricercatore a tempo pieno”, è previsto l’obbligo del docente di comunicare i compensi percepiti, anche se non soggetti ad autorizzazione, nell’anno precedente entro il 30 aprile di ciascun anno.
I compensi di cui sopra non sono stati comunicati dal docente, non avendo nulla riferito l’Ateneo interpellato al riguardo, per cui, in assenza di autorizzazione e dell’informazione comunque dovuta anche per gli incarichi non soggetti ad autorizzazione, l’organo requirente ha ritenuto gli introiti per lavoro autonomo in rilievo, percepiti in violazione del divieto del dipendente pubblico di svolgere incarichi retribuiti. Non essendo stati segnalati versamenti in favore dell’ Università di tali compensi, neanche da parte del docente, quest’ultimo è stato chiamato a rispondere dei mancati versamenti.
La responsabilità dei predetti danni, per il complessivo importo di euro 175.577,21 (59.971,21 + 115.606,00), al quale sono da aggiungere Interessi e rivalutazione, è da addebitare alla condotta dolosa o almeno gravemente colposa del Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] che, con i comportamenti antidoverosi mantenuti, ha cagionato l’indicato pregiudizio.
2. Il convenuto [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] si ò costituito in giudizio con il patrocinio dell’avv. [#OMISSIS#] Merola che con memoria depositata ha, preliminarmente, eccepito:
·      la nullità dell’atto di citazione per aver la Procura Regionale chiesto la condanna del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] al pagamento delle somme a titolo di danno erariale, “in favore della Regione Campania”,
·      il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in favore del Giudice Amministrativo, sull’assunto secondo cui sancendo l’art. 53, co. 7, del d.
Igs.vo n. 165/2001, sancisce un obbligo di corresponsione di somme di denaro previsto, in via principale, nei confronti del “soggetto erogante” ed, in via subordinata, a carico del “percettore”, dipendente pubblico, per cui l’obbligazione ha natura solo privatistica, quale ‘soddisfacimento di un interesse lavoristico, intercorrente tra un privato — erogante — e l’Ateneo. Pertanto, la violazione del dovere di esclusività dà luogo ad un credito del datore di lavoro del dipendente pubblico verso i soggetti obbligati (ente “erogante”), il quale non può ricondursi all’esercizio di funzioni pubblicistiche;
·      il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti sotto il profilo dell’omessa, preventiva, escussione del soggetto che ha erogato le somme in favore del dipendente pubblico.
Nel merito il patrono ha dedotto che:
·      il quadro normativo di riferimento ha subito una importante modifica nel senso di un allargamento delle attività consentite per i docenti universitari a tempo pieno il quale, pertanto, non è incompatibile con “l’assunzione di qualsiasi incarico retribuito”, anche se meramente occasionale, ben potendo essere svolti incarichi retribuiti di consulenza e incarichi retribuiti in favore di enti pubblici;
·      dal 2010 è in vigore una disciplina specifica per i professori universitari rappresentata dall’art. 6, comma 9, della legge n. 240/2010;
·      l’art. 6, decimo comma, della legge n. 240/2010 annovera “l’attività di consulenza” fra le attività che i docenti a tempo pieno possono svolgere liberamente e che essa è diversa dalla attività professionale finale.
·      la Procura della Corte dei Conti, nel determinare l’importo del danno erariale, considera anche gli emolumenti percepiti dal prof. [#OMISSIS#] relativi a incarichi autorizzati dall’Ateneo con una sostanziale disapplicazione delle autorizzazioni rilasciate dall’Ateneo, perché il soggetto conferente l’incarico indicato nella richiesta, sarebbe diverso da quello che avrebbe poi fatturato il compenso al professore; perché la loro richiesta non conterrebbe una precisa indicazione dell’importo effettivamente corrisposto al docente; perché dette autorizzazioni sarebbero relative a tipologie di incarico non autorizzabili e, infine, perché caratterizzate da varie, non meglio definite, difformità formali. Si contesta tale impostazione ritenendo che il potere di disapplicare gli atti amministrativi è stabilito dalla legge solo in favore del giudice ordinario.
II patrono del convenuto ha, pertanto, concluso con la richiesta di reiezione della domanda risarcitoria con vittoria di spese e attribuzione al procuratore antistatario. In subordine, è stata chiesta la riduzione delle somme in considerazione delle argomentazioni difensive, e in via ulteriormente gradata, la rideterminazione del risarcimento previa defiscalizzazione degli importi percepiti dal prof. [#OMISSIS#] e, infine, di esercizio del potere riduttivo.
3. All’odierna udienza:
·      il P.M. ha illustrato le ragioni di fatto e di diritto sottese alla domanda risarcitoria ed ha confermato le conclusioni;
·      Isavv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha sostenuto che l’incompatibilità non comporta ex se danno erariale e che il regime applicabile alla fattispecie non è quello posto dal d.lgs. 165/2001, bensì quello della legge 240/2010 ed concluso con la richiesta di reiezione dell’azione erariale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.  La questione all’esame del Collegio concerne la domanda giudiziale promossa dalla Procura regionale nei confronti del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (Professore Associato) con riguardo ad una ipotesi di danno erariale arrecato alla Regione Campania pari a euro 175.577,21 (euro 59.971,21 per maggiore retribuzione goduta quale docente a tempo pieno e euro 115.606,00 per compensi non assistiti da regolare autorizzazione), oltre interessi e rivalutazione e spese di giustizia.
2. Preliminarmente, seguendo un ordine logico delle questioni poste, va scrutinata l’eccezione di nullità dell’atto di citazione formulata dalla difesa del convenuto per aver la Procura Regionale chiesto la condanna dello stesso al pagamento delle somme a titolo di danno erariale, “in favore della Regione Campania”,
2.1 L’eccezione è infondata.
Si rileva in fatto che l’errore appare un chiaro refuso essendo nell’atto di citazione -in più occasioni- indicata quale Amministrazione danneggiata l’ Università degli Studi dí Salerno. L’organo requirente, infatti, espressamente riconduce il danno da maggiore retribuzione di euro 59.971,21, alle finanze dell’ Università degli Studi di Salerno (pag. 22), mentre, per la voce di danno pari a euro 115.606,00 per compensi non assistiti da regolare autorizzazione, evidenzia che non risultano “versamenti in favore dell’ Università di tali compensi, neanche da parte del docente” (pag. 24).
In diritto, va precisato che -ai sensi dell’art. 86 c.g.c.- “l’individuazione del soggetto cui andranno corrisposte le somme a titolo di risarcimento del danno erariale” (comma 2, lett. d) non è contemplata tra le ipotesi -pure previste dalla medesima disposizione ai commi 3 e 6- di nullità dell’atto di citazione.
3. Parimente va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti sollevata sotto due diversi profili:
·      in quanto la violazione del dovere di esclusività dà luogo ad un credito del datore di lavoro del dipendente pubblico verso i soggetti obbligati (ente “erogante”), il quale non potrebbe ricondursi all’esercizio di funzioni pubblicistiche;
·      per l’omessa, preventiva, escussione del soggetto che ha erogato le somme in favore del dipendente pubblico.
3.1 L’esistenza di una disposizione di legge (art, 53 comma 7, D.Lgs. n. 165/2001) che impone al pubblico dipendente di versare l’importo dei compensi percepiti per incarichi non autorizzati non comporta di per sé il venir meno della giurisdizione contabile per responsabilità, la quale sussiste ogni qual volta l’Attore Pubblico esponga un danno erariale per effetto di un comportamento dell’agente, posto in essere nell’esercizio delle funzioni cui quest’ultimo è preposto, contrario ai propri doveri d’ufficio. La previsione della restituzione del compenso all’Amministrazione di appartenenza rileva semmai ai fini della eventuale determinazione del danno da risarcire per lo svolgimento di attività ritenuta incompatibile e/o posta in essere in violazione dell’obbligo di esclusività sancito anche a livello costituzionale – di cui l’art. 53 già citato costituisce espressione – il quale tende a salvaguardare proprio l’espletamento delle funzioni attinenti il rapporto di servizio (ancor prima che riguardare il rapporto di impiego) e, dunque, il perseguimento delle finalità istituzionali della P.A.
Deve quindi rilevarsi che, in ogni caso, qualunque sia la natura attribuibile alla responsabilità imputata al convenuto (sanzionatoria, risarcitoria, restitutoria), la norma è volta a contrastare la violazione delle disposizioni di legge che vietano il
cumulo di impieghi ed incarichi non previamente e debitamente autorizzati ed a tutelare, nel contempo, il connesso dovere di esclusività (come scolpito nell’art. 98 della Costituzione “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”).
Ne discende che il rapporto di servizio – strumentale al perseguimento delle finalità istituzionali della P.A. – rappresenta proprio il “bene” tutelato dall’art. 53 comma 7, e non è corretto l’assunto secondo cui l’obbligo di riversamento legale dei compensi percepiti dal dipendente attenga unicamente al rapporto di impiego con la P.A. o comunque ad interessi privatistici (delibabili dal giudice del lavoro o dal G.A.) avulsi, dunque, dal rapporto di servizio e con conseguente loro irrilevanza erariale.
In sostanza, la giurisdizione della Corte dei conti va affermata per il solo fatto obiettivo, contestato dalla Parte Pubblica, dello svolgimento di tale attività non autorizzata, in violazione del principio della esclusività della funzione pubblica.
Nello stesso senso autorevole giurisprudenza del giudice del riparto di giurisdizione secondo cui “pur concretandosi nella richiesta di condanna del convenuto al pagamento di una somma uguale all’ammontare dei corrispettivi, la domanda del Procuratore regionale costituiva, in realtà, il precipitato di plurime e reciprocamente strumentali violazioni dei doveri funzionali”, in relazione al “dovere di chiedere l’autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extra lavorativi e del conseguente obbligo di riversare all’amministrazione i compensi ricevuti” che “trattasi di prescrizioni chiaramente strumentali al corretto esercizio delle mansioni, in quanto preordinate a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo dell’amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, d’impegnarsi in un’ulteriore attività senza pregiudizio dei
compiti d’istituto. Una conclusione del genere non suscita alcun dubbio di legittimità costituzionale, perché contribuisce ad assicurare il buon andamento degli uffici, non distoglie i dipendenti dal suo giudice naturale (che per quanto . riguarda la responsabilità amministrativa è, per l’appunto, la Corte dei conti) e non li sottopone ad alcuna irragionevole disparità di trattamento rispetto ai lavoratori privati che, in quanto estranei all’amministrazione, non si trovano nella medesima posizione di quelli pubblici”. (Corte di Cassazione ordinanza n. 22688/2011).
3.2 Pure non condivisibile è la connessa affermazione del convenuto, fondata sull’assunto in base al quale nella fattispecie contemplata dall’art. 53, co. 7, del Digs. n. 165/2001 l’obbligato principale alla restituzione non è il pubblico dipendente ma il soggetto che ha conferito l’incarico e, solo in via secondaria, sorgerebbe l’obbligo del dipendente, atteso che ciò che viene precipuamente in rilievo in questa sede è, prima ancora dell’obbligo restitutorio, la violazione degli obblighi di servizio ed i connessi doveri di esclusività (in termini, Terza Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 64/2017).
4.  Nel merito, il Collegio deve esaminare la vicenda descritta nella premessa in fatto e procedere alla verifica della sussistenza degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l’evento dannoso, nonché, nella sussistenza di un rapporto di servizio fra colui che lo ha determinato e l’ente danneggiato.
5.  Con riferimento all’elemento oggettivo del nocumento patrimoniale della prima partita di danno (di euro 59.971,21) individuata nella maggiore retribuzione
goduta dal Prof, [#OMISSIS#] quale docente a tempo pieno rispetto a quella prevista per il docente a tempo definito, e, non spettante per aver svolto attività non compatibile con tale status, si ritiene condivisibile quanto esposto dall’organo requirente sia con riferimento all’au che al quantum del danno erariale ravvisabile nella vicenda in esame.
Le risultanze degli accertamenti svolti dall’organo requirente e testimoniate dalla documentazione acquisita dalla G.di F. e versata agli atti del giudizio, sono, infatti, convergenti nel senso che il Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (titolare di partita IVA), pur avendo optato per il tempo pieno, ha esercitato nel periodo 2009-2012 una non consentita, ovvero non autorizzata (e, quindi non sottoposta al vaglio dell’assenza di cause d’incompatibilità) attività libero-professionale.
Tale circostanza si evince per tabulas dal raffronto tra i compensi di lavoro autonomo percepiti e dichiarati nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni interessati dall’indagine e i compensi non fiscalmente dichiarati evincibili dalle comunicazioni dei sostituti d’imposta. Occorre, peraltro, rilevare che in taluni casi attività libero-professionale è stata svolta senza regolare autorizzazione da parte dell’Ateneo.
5.2 Parimente è da ritenere sussistente un danno erariale rappresentato dagli importi dei compensi percepiti (per complessivi euro 115.606,00) a seguito delle prestazioni svolte in relazione ad incarichi non previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.
Preliminarmente va rilevato che —contrariamente all’assunto difensivo — la fattispecie rientra nell’ambito oggettivo di applicazione dall’art. 53, comma 7 del d.lgs. 165/2001 che testualmente prevede “”I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati
dall’amministrazione      di     appartenenza.      Ai     fini      dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi, Con riferimento al professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.
Ne consegue che, ferma la disciplina posta dal riportato ad, 53 e i principi ad essa sottesi, l’art. 6, comma 9, della legge n. 240/2010 va ulteriormente a specificare la normativa di settore, disponendo -in perfetta assonanza- che “L’esercizio di attivita’ libero-professionale è incompatibile con il regime di tempo pieno”. Agli atenei, poi il compito con propri statuti o regolamenti di indicare i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione.
Non inficia la conclusione raggiunta l’argomentazione difensiva volta a sostenere che sia precluso al giudice contabile la disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo. Occorre, infatti considerare in primo luogo che il criterio della disapplicazione dell’atto in senso stretto o tecnico, ai sensi dell’art, 5 della legge n. 2248/1865, all. E, costituisce “espressione di un principio generale dell’ordinamento”, (in termini, Corte di Cassazione sentenza n. 5929/2007).
Con particolare riguardo al giudizio contabile volto all’appuramento della responsabilità amministrativa, va considerato che l’accertamento su questioni
pregiudiziali di merito (nella fattispecie l’illegittimità dell’atto amministrativo) è svolto alla stregua di una mera verifica di un elemento della fattispecie oggetto di cognizione.
Infatti, l’illegittimità dell’atto amministrativo che rappresenta uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità contabile -per essere il danno patrimoniale cagionato con l’adozione di misure provvedimentali – è conosciuta dal giudice contabile ai soli fini della valutazione della responsabilità dell’agente e non certo ai fini dell’annullamento dell’atto, riservato ai poteri dell’amministrazione o del giudice amministrativo (Corte di Cassazione SS. UU. n. 21291/2005).
Come ha evidenziato condivisibile giurisprudenza contabile la necessità di un accertamento incidentale della legittimità dell’atto di aggiudicazione, preliminare alla valutazione del comportamen