Corte dei conti, sez. III, 1 giugno 2017, n. 281

Rapporto tra giurisdizione penale e contabile – Ricercatore a tempo determinato – Irregolarità amministrativo-contabili nella gestione di un master

Data Documento: 2017-06-01
Area: Giurisprudenza
Massima

[X] La ormai granitica giurisprudenza mette in luce l’autonomia e separatezza dei giudizi, penale e contabile, dovendo – la sospensione del processo contabile in attesa della definizione delle indagini penali – essere prevista da una espressa disposizione di legge, ovvero dovendosi avere riguardo ad una controversia che, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l’indiscutibile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia necessariamente richiesto con efficacia di giudicato, al fine di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati.Il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione che è apparsa implicitamente assorbita in altre (ed incontroverse) statuizioni della sentenza.L’incarico di direttore di un master non può ritenersi del tutto avulso da qualsivoglia controllo sulla effettiva rispondenza del corso non solo agli specifici contenuti di offerta formativa già presenti nel bando per il master in questione, ma anche alla sua (basica) organizzazione amministrativa.

Contenuto sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti Magistrati:
Dott.Angelo CanalePresidente
Dott.[#OMISSIS#] GaleotaConsigliere relatore
Dott.ssaGiuseppa ManeggioConsigliere
Dott.Giovanni ComiteConsigliere
Dott. [#OMISSIS#] Di BenedettoConsigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sull’appello  n° 49270, proposto dal signor  [#OMISSIS#] LUCENTINI, rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Sbrana, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via [#OMISSIS#] Colonna, n. 40, spedito alla P.G. ed alla P.R. presso la Sezione Lazio della Corte dei conti il 2.5.2015, depositato il 13.5.2015;
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio n. 82/2015, depositata il  3.2.2015 e notificata il 2.3.2015;
uditi, alla pubblica udienza del giorno 27 gennaio 2017, con l’assistenza del segretario, sig.ra [#OMISSIS#] Calabrese, il relatore, Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], l’avv. [#OMISSIS#] Sbrana per l’appellante e  il P.G. nella persona del VPG [#OMISSIS#] Lombardo;  
Ritenuto in   
FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Sezione Lazio di questa Corte ha condannato il sig. LUCENTINI [#OMISSIS#], nella qualità di ricercatore a tempo determinato finanziato con fondi dipartimentali, al risarcimento di un danno pari a € 3.000, 00 in relazione ad un rituale atto di citazione del locale Organo requirente, che prendeva le mosse da un procedimento penale a carico di due ricercatori universitari concernente irregolarità amministrativo-contabili rilevate nella gestione del Master di II livello in Management dell’Energia e dell’Ambiente — Master MEA.
In sostanza era emerso che gli importi pagati per la frequenza al Master da tutti i 23 studenti che lo avevano frequentato per l’a.a. 2010/11 era stato pari a 7.000,00 €, mentre il bando relativo allo stesso indicava l’importo di 2.000,00 € quale quota di partecipazione.
Al fine di accertare cosa fosse accaduto l’ Università istituiva un’apposita commissione, composta da tre unità di personale, dai cui lavori era risultato che in internet era presente un ulteriore bando del master Mea di secondo livello, promosso e gestito dall’associazione Mea Academy, che prospettava la medesima offerta formativa, ma ad un costo per studente ben maggiore (appunto 7000,00 € in luogo di 2.000,00 €).
Alla luce delle risultanze dell’indagine condotta, come da verbali in atti, emergeva che pur in assenza di convenzioni o autorizzazioni dell’ Università di Roma, esisteva per l’a.a. 2010/2011, una gestione parallela a quella del master ufficiale MEA bandito dall’ Università con D.R. n. 1429 del 22/11/2010, promossa con il logo di Mea Academy (autonoma associazione di ex studenti del master MEA) ed ATEE affiancato a quello universitario della Sapienza, diffusa mediante un link dal sito del Dipartimento al sito Mastermea.
Specificamente la Procura rimproverava ai due convenuti (oltre all’odierno appellante veniva citato in giudizio anche l’ing. Rottenberg), l’aver utilizzato la rendita di posizione e di immagine dell’ Università nella quale essi operavano, sia pure a tempo determinato, per realizzare finalità extra istituzionali, l’uso non autorizzato e comunque abusivo di segni distintivi dell’ Università Sapienza di Roma, la falsificazione e/o alterazione di documenti informatici, con pregiudizio dell’immagine dell’ Università La Sapienza di Roma, e della pubblica fede nei segni distintivi dell’Istituzione con conseguenti profili di truffa a danno degli studenti.
La Sezione territoriale, in [#OMISSIS#], accertava la nullità della notifica dell’invito a dedurre a carico del convenuto [#OMISSIS#] Rottemberg, da cui faceva derivare l’inammissibilità della azione di responsabilità nei suoi confronti.
Ancora in [#OMISSIS#], respingeva la richiesta di sospensione del giudizio per responsabilità amministrativa in attesa del processo penale ex art. 295 cpc e, nel merito, accertava che gli studenti avevano versato la somma di € 7.000 alla società MEA ACADEMY che, a sua volta, aveva riversato al sistema Infosud € 2.000, quando invece il bando prevedeva che tale ultima somma fosse versata direttamente dagli studenti al sistema Infosud.
Nel merito, qualificando il danno come “danno diretto” in luogo della prospettazione attorea del “danno da disservizio”, condannava l’odierno appellante, facendo uso della valutazione equitativa di cui all’art. 1226 c.c., ad € 3.000.
Avverso la sentenza si grava l’Ing. LUCENTINI per:
violazione degli artt. 112, 163 e 164 cpc; omessa pronuncia in merito alla eccezione di nullità dell’atto di citazione; violazione dell’art. 3 r.d. 1038/1933.
Non sarebbe emerso, infatti, il ruolo avuto dall’Ing. LUCENTINI nella vicenda dannosa, sia con riferimento ad un indistinto “mero concorso” ed omesso controllo circa il metodo di pagamento alla Infosud, sia con riferimento all’elemento soggettivo.
Violazione dell’art. 295 cpc per mancata sospensione del presente giudizio in attesa della definizione delle indagini penali.
Erroneità della sentenza gravata in ordine al presupposto oggettivo della condotta illecita, non essendo stato previamente individuato il parametro di condotta esigibile dall’interessato, posto che egli era solo direttore di master ed il controllo asseritamente omesso  non sarebbe rientrato tra i suoi compiti.
Insussistenza dell’elemento soggettivo, non rinvenendosi alcuna trascuratezza nella sua condotta.
In via subordinata, difetto di motivazione in ordine alla prova del danno ed alla sua qualificazione, non rinvenendo l’appellante alcun disservizio per la struttura di appartenenza ed alcun costo derivante dalla attività di ripristino della preesistente organizzazione del master; in via ulteriormente subordinata, chiede l’interessato un ulteriore abbattimento del “quantum” risarcitorio. 
Il P.G., con conclusioni datate 4.1.2017 ha chiesto il rigetto dell’appello con riferimento a tutti i motivi di gravame, stante, in primo luogo, la palmare chiarezza dei motivi posti a fondamento della chiamata in giudizio. Quanto alla richiesta sospensione ex art. 295 cpc del presente giudizio in attesa del parallelo giudizio penale, il P.G. si riporta alle persuasive motivazioni della sentenza (pagg. 11 e 12 della stessa).
La condotta illecita dell’interessato va qualificata come connotata da “causalità omissiva”, connessa inestricabilmente e presupposta ai suoi compiti di direttore del master e, come tale, connotata da riconosciuta colpa grave.
Infine, il P.G. si riporta al prudente apprezzamento di questa Sezione circa il censurato difetto di prova del danno equitativamente stabilito ex art. 1226 c.c..
Nella odierna pubblica udienza le parti si sono richiamate ai rispettivi atti scritti.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Va, anzitutto, respinto il motivo di appello relativo alla eccepita violazione dell’art. 295 cpc per mancata sospensione del presente giudizio in attesa della definizione delle indagini penali.
Non può, infatti, ritenersi che, in ipotesi, si versi in un caso di sospensione necessaria, stante, sul punto, la ormai granitica giurisprudenza civile e contabile, che mette in luce l’autonomia e separatezza dei giudizi, penale e contabile, dovendo – tale sospensione –  essere prevista da una espressa disposizione di legge, ovvero dovendosi avere riguardo ad una controversia che, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l’indiscutibile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia necessariamente richiesto con efficacia di giudicato, al fine di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati (ex multis, cfr. Cassazione Sez. Un. sent. n. 7242/2001; Sez. L sent. n. 18026/2012; Corte dei conti Sez. riun. ord. n.1 e 3 del 2012; Sez. I App., sent. n. 335/2011; Sez. II App. sent.n. 200/2011; Sez. III App., sent. n. 135/2011), il che non si configura nel caso di specie.
Non può trovare accoglimento neanche la sospensione facoltativa, alla stregua dei principi affermati dalle Sezioni riunite nell’ordinanza n.2 del 2014 nel senso di ritenerla, secondo un preciso indirizzo già formatosi presso la Cassazione (Sez. Un. n. 14670/2003), contraria ai principi costituzionali (quindi illegittima), se “intesa come stasi sine die del processo, disposta discrezionalmente dal giudice al di fuori delle ipotesi legislativamente previste”.
Parimenti da respingere è il motivo di appello che espone una asserita violazione degli artt. 112, 163 e 164 c.p.c.,  nonché l’omessa pronuncia in merito alla eccezione di nullità dell’atto di citazione, perché l’art. 112 c.p.c. relativo alla corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in relazione ai poteri del Giudice chiarisce che lo stesso deve pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa,  non essendo egli tenuto a pronunciarsi d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Ciò premesso, il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione che è apparsa implicitamente assorbita in altre (ed incontroverse) statuizioni della sentenza.
Peraltro, di tutta evidenza, non sussiste alcuna nullità della citazione in giudizio dell’odierno appellante, atteso che sono del tutto chiare le ragioni che hanno portato l’organo requirente a convenire in giudizio l’ing. Lucentini, il quale, del resto, le ha contrastate sia in primo grado che nella presente fase di impugnazione.
Nel merito, non sussiste alcun dubbio in ordine alla responsabilità amministrativa dell’odierno appellante per le ragioni che seguono.
Il Lucentini aveva l’incarico di Direttore del Master MEA per l’a.a. 2010/2011, nella qualità di ricercatore a tempo determinato finanziato con fondi CIRPS.
Ciò premesso, appare non rispondente ad elementari criteri di buon senso, prima ancora che di specifico onere probatorio (in fattispecie, peraltro, non adeguatamente assolto), ritenere che tale incarico fosse, come tenta di argomentare l’appellante, del tutto avulso da qualsivoglia controllo sulla effettiva rispondenza del corso non solo agli specifici contenuti di offerta formativa già presenti nel bando per il Master in questione, ma anche alla sua (basica) organizzazione amministrativa, essendo impensabile che egli non avesse la minima contezza del fatto che tale offerta fosse apparsa grossolanamente ed illecitamente replicativa (ma ad un prezzo maggiorato) di quella già contenuta nel bando (se non avuto riguardo alla falsificazione e/o alterazione di documenti informatici, sicuramente con riferimento all’uso non autorizzato e comunque abusivo di segni distintivi dell’ Università Sapienza di Roma).
Ne deriva, conclusivamente, che la sentenza va confermata, non potendosi accedere nemmeno alla richiesta subordinata di ulteriore abbattimento del quantum risarcitorio, operazione già compiutamente ed adeguatamente effettuata dalla Sezione territoriale.
Le spese seguono la soccombenza coma da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Terza Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione reietta, respinge l’appello n. 49270 del signor LUCENTINI [#OMISSIS#] avverso la sentenza della Sezione Lazio di questa Corte n. 82/2015.
Le spese seguono la soccombenza e vengono determinate in euro (96,00) NOVANTASEI/ZEROZERO
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 27 gennaio 2017.
Depositata in Segreteria il 01-06-2017