Corte dei conti reg., Sardegna, 20 aprile 2017, n. 57

Riscatto dei periodi di studio – Corso di studi infermiere professionale

Data Documento: 2017-04-20
Area: Giurisprudenza
Massima

[X] In relazione al riscatto dei corsi di studio per infermiere professionale, dall’entrata in vigore della l. 8 agosto 1991, n. 274, può ritenersi ammissibile il riscatto del periodo eccedente il biennio, a fronte dell’innalzamento della durata del corso di studi.L’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.La normativa applicabile, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale, consente il riscatto del periodo, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 Testo Unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.Ai fini della sussistenza del diritto al riscatto dei corsi di studio a fini pensionistici, per quanto possa ritenersi che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, da sempre la giurisprudenza contabile ha statuito che la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro cui è stata, dal legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto stesso.Non può ritenersi sostitutivo del titolo di istruzione secondaria superiore l’avvenuta ammissione al terzo anno di un istituto di secondo grado che, seppur previsto quale requisito utile ai fini della frequentazione del corso di infermiere professionale, quantomeno da una certa data in poi, non rientra tra i presupposti ritenuti indispensabili dalla legislazione e dalla giurisprudenza, ai fini del riscatto.

Contenuto sentenza

Sent. N.  57/2017
REPUBBLICA ITALIANA                                           
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
in composizione monocratica, nella persona del Consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], quale giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23.887 del registro di Segreteria, proposto dal signor C. A. (C.F. TZRCRL58H29E281Q), nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dall’Avvocato [#OMISSIS#] PATERI (C.F. PTR LGU 46S20I294H; PEC avv.luigipateri@legalmail.it ), presso il cui studio, sito in Cagliari, via [#OMISSIS#] n. 29, ha eletto domicilio, contro l’INPS, Gestione Dipendenti Pubblici (CF: 80078750587).
Uditi, nella pubblica udienza del 5 aprile 2017, l’Avvocato [#OMISSIS#] PATERI, nell’interesse del ricorrente, e l’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’INPS.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
Ritenuto in
FATTO
Con atto depositato in data 22 dicembre 2016, il signor C. A. ha chiesto che venga riconosciuto il proprio diritto al riscatto di un anno del corso per il conseguimento del diploma di infermiere professionale (dal 15 luglio 1977 al 9 luglio 1978), facendo presente: a) di aver conseguito il predetto diploma in data 9 luglio 1980; b) di aver conseguito il diploma di Scuola Secondaria Superiore, presso l’Istituto IPSIA “G. Ferraris” di Iglesias, al termine dell’anno scolastico 1997/1998; c) di aver conseguito, il 18 febbraio 2011, la laurea in Infermieristica presso l’ Università degli Studi di Sassari; d) di aver avuto riscattati due anni del corso di infermiere con provvedimento in data 7 ottobre 1993 del Ministero del Tesoro, Direzione Generale degli Istituti di Previdenza, e di aver presentato istanza di riscatto in data 16 settembre 2004, relativamente al terzo anno, senza ricevere risposta alcuna risposta dall’INPDAP; e) di avere provveduto, in data 15 ottobre 2016, ad inoltrare apposito atto di diffida all’INPS senza ottenere alcun riscontro.
A sostegno della pretesa il ricorrente, premesso che nella specie dovrebbe ritenersi la giurisdizione della Corte dei conti, ha in primo luogo precisato che non sarebbe incorso in alcuna decadenza, non essendo intervenuto alcun provvedimento dell’Istituto previdenziale.
Difatti, il termine decadenziale di 90 giorni, previsto per la proposizione di ricorsi avverso il provvedimento di riscatto, decorrerebbe solo dalla data di comunicazione del provvedimento medesimo (ex art. 6 legge n. 46/1958 e art. 14, legge n. 1646/2006), che nella specie non risulta essere stato mai adottato e, conseguentemente, mai giunto a conoscenza del ricorrente.
Nel merito, ha richiamato alcune pronunce della Corte Costituzionale (sent. n. 133/1991; n. 280/1991; n. 426/1990 e n. 178/1993) che avrebbero inciso sull’art. 24 della l. n. 1646/1962 e sull’art. 69 del r.d. n. 680/1938, riconoscendo pieno valore, ai fini del riscatto, alla preparazione professionale acquisita in corsi di studio, dopo il conseguimento del diploma di scuola media superiore, quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto, orientamento fatto proprio dal Legislatore, con la legge dell’8 agosto 1991, n. 274, anche se limitatamente al personale iscritto alle Casse amministrate dalla Direzione Generale degli Istituti di Previdenza.
Detto orientamento, sarebbe stato da ultimo ribadito dalla Consulta con la sentenza n. 52/2000, in riferimento all’art. 13, comma 1, del DPR n. 1092/1973, norma che parte ricorrente ritiene applicabile al proprio caso.
E’ stato, conclusivamente richiesto l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese e competenze.
L’INPS ha trasmesso il fascicolo amministrativo in data 23 marzo 2017 e si è, poi, costituito in giudizio, con il patrocinio degli Avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], depositando all’uopo memoria difensiva in data 24 marzo 2017, con la quale, in via preliminare, premesso che il ricorrente aveva inoltrato il 30 dicembre 1985 domanda di riscatto dell’intero corso di studi, e che il Ministero del Tesoro aveva ammesso a riscatto il solo biennio, ai sensi della normativa all’epoca applicabile (RD n. 680/1938, articolo 69), è stato chiesto che sia valutata la decadenza in cui sarebbe incorso il signor C. A., ai sensi del combinato disposto dell’art. 71, comma 2, del RD n. 680/1938 e dell’art. 6, comma 7, della legge n. 46/1958.
Nel merito, è stata dedotta l’infondatezza del ricorso, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera b) della l. n. 274/1991 “che richiede il previo conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore”, titolo che il signor C. A. avrebbe, per contro, conseguito in epoca successiva alla frequentazione del corso.
Inoltre, secondo l’Istituto previdenziale, le ipotesi ammesse a riscatto dovrebbero essere considerate tipiche e tassative, con esclusione dell’interpretazione e/o applicazione analogica delle disposizioni che le prevedono.
In via subordinata è stato chiesto che, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, sia ordinato al ricorrente il pagamento del relativo onere da riscatto. In ogni caso, con il favore delle spese di lite.
All’udienza del 5 aprile 2017, l’Avvocato PATERI, nell’interesse del ricorrente, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, contestando la fondatezza e rilevanza delle eccezioni dell’INPS, riferite in particolare all’intervenuta acquiescenza.
L’Avvocato [#OMISSIS#], per l’INPS, ha integralmente richiamato le conclusioni in atti.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare, va precisato che, in applicazione dell’art. 429 c.p.c., come modificato dall’art.53 del D.L. 25 giugno 2008 n.112 convertito nella legge 6 agosto 2008 n.13 (cfr. art.56 D.L. citato), nel caso in esame si rende necessaria la fissazione di un termine di venti giorni per il deposito della sentenza comprensiva della motivazione.
2. Sempre in via preliminare, nel valutare se il ricorrente, come richiesto dall’INPS, sia incorso in decadenza, occorre compiere un duplice ordine di considerazioni.
Nei casi esaminati dalle pronunce richiamate dall’Istituto nella memoria di costituzione (Sez. Sardegna n. 469 del 17/10/2012 e Sez. Piemonte, n. 51 del 28/02/2011), vi era stato un provvedimento espresso di diniego, portato a conoscenza del ricorrente, non impugnato nel termine decadenziale di 90 giorni.
Per contro, nel caso in esame, il Ministero del Tesoro, aveva ammesso a riscatto esclusivamente il biennio, secondo la normativa all’epoca vigente, senza in realtà esprimersi sul terzo anno (posto che all’epoca il riscatto era limitato al biennio).
Può, pertanto, sostenersi che nella specie difetti un provvedimento espresso di rigetto, di talché va escluso, come eccepito dall’ente previdenziale, che il ricorrente abbia prestato acquiescenza al silenzio- rigetto serbato sulla suddetta istanza.
Difatti, le situazioni di acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sono configurabili solo allorquando sussista accettazione espressa, o implicita, da parte dell’interessato dei relativi effetti e presuppone, oltre alla piena conoscenza dell’atto e dei suoi effetti lesivi, anche la non equivocità e la spontaneità del comportamento che, in modo univoco, renda manifesta la volontà dell’interessato di accettare il provvedimento a lui sfavorevole (Consiglio di Stato Sez. V, n. 2725/2011).
Nel caso di specie, lungi dal prestare acquiescenza al provvedimento tacito di rigetto dell’amministrazione, il ricorrente ha, anzi, presentato successivamente, nuove istanze di riscatto, ribadendo in tal modo la chiara volontà di ottenere il riscatto del corso di studi (Corte conti, sez. giur. Marche n.399/2008; Veneto n. 62 del 19/02/2013 Sardegna, n. 469 del 17/10/2012).
Per altro verso, seppur all’innalzamento della durata del corso di studi per infermieri professionali, avvenuta con DPR n. 867/1975, non è seguita alcuna modifica dell’art. 24 della legge n. 1646 del 22 novembre 1962 laddove la stessa prevedeva la riscattabilità del solo biennio di studi, va osservato che, con la legge 8 agosto 1991, n. 274, entrata in vigore il 10 settembre 1991, è stata formalmente riconosciuta la riscattabilità del periodo ulteriore (subordinatamente, però, al realizzarsi di determinate condizioni, come si vedrà in appresso).
Conseguentemente, deve riconoscersi, che dall’entrata in vigore della legge da ultimo richiamata, possa ritenersi ammissibile il riscatto del periodo eccedente il biennio, in quanto espressamente contemplato e relativo, come più volte precisato dal giudice amministrativo ad una posizione di diritto, e non di interesse legittimo. In quanto tale, la determinazione sui periodi di studio e servizio ammessi a riscatto non è soggetta ad impugnazione a pena di decadenza (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 38861/2010 del 28 12 2010) né, in assenza di specifica attribuzione normativa, può dirsi riconosciuto all’amministrazione pubblica il potere di fissazione di un termine, decorso il quale i soggetti privati decadono dall’esercizio di poteri e facoltà loro riconosciuti dalla legge (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza n. 02805/2014 del 30/05/2014; sempre Sezione VI, n. 7284 del 25/05/2010  e Sezione IV, n. 2596 del 20/12/2001).
3. Venendo all’esame nel merito, va osservato che l’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.
Per ciò che attiene, in particolare, alla frequentazione del corso di studio di infermiere professionale, l’articolo 24 della legge del 22/11/1962, n. 1646, aveva già previsto la possibilità per il personale iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali, di poter riscattare l’allora biennio, corrispondente al predetto corso, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265 (come è nel caso di specie), purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.
Il Legislatore, con legge n. 124 del 25 febbraio 1971, aveva, poi,  apportato modifiche sui requisiti di ammissione alle scuole per infermieri professionali prevedendo, per l’accesso alle predette scuole, il possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado e, a partire dall’inizio dell’anno scolastico 1973-74, anche di un certificato attestante l’ammissione al terzo anno di scuola secondaria di secondo grado o titolo equipollente, dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di primo grado (cfr. art. 2).
In seguito, con D.P.R. n° 867/75, il corso di studi per il conseguimento del diploma di Stato di infermiere professionale è stato ripartito in tre anni scolastici, a decorrere dall’anno scolastico 1975-76, mentre nulla è stato innovato per i requisiti richiesti per essere ammessi alla frequentazione.
Intervenute diverse pronunce della Corte Costituzionale, con le quali era stata affermata l’illegittimità costituzionale delle norme relative ai riscatti dei periodi di studio per il conseguimento di determinati titoli, ove queste non prevedessero la facoltà di valorizzazione dei periodi corrispondenti a quei corsi di specializzazione e para-universitari, il cui diploma fosse richiesto come condizione per partecipare ai concorsi e per l’ammissione in servizio in determinati profili professionali (sentenze n. 765/1988; n. 535/1990 e n. 52/2000; n. 133/1991, e diverse altre), il Legislatore, nel prendere atto di detto indirizzo ha emanato la legge 8 agosto 1991 n. 274 (recante, tra l’altro, modifiche e integrazioni degli ordinamenti delle Casse in argomento), che all’art. 8, comma uno, ha previsto la possibilità del riscatto di periodi (non inferiori a un anno) corrispondenti alla durata legale dei corsi di formazione professionale, seguiti dopo il conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore, e riconosciuti dallo Stato, dalle Regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano” (cfr. lettera b).
Emerge con chiarezza, vuoi dalle pronunce della Consulta, vuoi dall’intervento specifico del Legislatore, la generale tendenza a valorizzare la frequenza di tutti quei corsi che hanno ritardato l’accesso al lavoro dei dipendenti pubblici che ricoprono determinate posizioni funzionali, rispetto ad altre qualifiche che richiedono un titolo di minor valore, e a compensare la professionalità acquisita per l’ingresso in servizio, qualora i relativi titoli di studio siano richiesti come condizione necessaria ed indispensabile per il posto da ricoprire.
Peraltro, in tutti le occasioni, è stato costantemente affermato il principio, come sancito espressamente dal Legislatore, che il riscatto fosse consentito solo a condizione che i corsi professionali fossero frequentati dopo aver conseguito il diploma di istruzione secondario superiore.
Anche questa Sezione (cfr. sentenze n. 146 del 2 luglio 2014, e 41 del 18 marzo 2015), nel ritenere che le pronunce della Consulta abbiano ampliato e completato il contenuto delle norme censurate, nel senso di riconoscere meritevole di considerazione, ai fini dell’istituto del riscatto, la preparazione professionale, acquisita dagli interessati quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto, ha sempre valutato che la frequenza dei corsi sia avvenuta previo possesso del titolo di studio di scuola secondaria superiore.
Seppure nel caso in esame possa ritenersi che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, ancorché con previsione settoriale, da sempre la giurisprudenza contabile ha statuito che la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro cui è stata, dal Legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto (cfr. Sezione Terza Centrale, sentenze n. 347/2002 e n. 198/2012).
Ciò premesso deve essere rilevato che, nel caso di specie, manca uno dei requisiti fondamentali affinché possano trovare applicazione i principi enucleabili dalle pronunce del Giudice delle Leggi e ulteriormente ribaditi, in fase applicativa dall’INPDAP, all’epoca competente in materia, con nota informativa n. 2, del 17 giugno 1998 (ove si legge, chiaramente che nell’ipotesi in cui l’interessato sia in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e abbia iniziato il corso a partire dall’anno scolastico 1975/76, qualora non sia stato emanato alcun provvedimento di riscatto, il periodo corrispondente al biennio dovrà essere valorizzato ai sensi dell’art. 24 della L.1646/62).
Difatti, dalla documentazione versata in atti dal ricorrente, emerge con evidenza che egli ha conseguito sia il diploma di scuola media superiore, sia la laurea in infermieristica, in costanza di rapporto di impiego e, dunque, successivamente alla frequentazione del corso.
Né può ritenersi sostitutivo del titolo di istruzione secondaria superiore l’avvenuta ammissione al terzo anno di un istituto di secondo grado che, seppur previsto quale requisito utile ai fini della frequentazione del corso di infermiere professionale, quantomeno da una certa data in poi, non rientra tra i presupposti ritenuti indispensabili dalla legislazione intervenuta (art. 8 della l. n. 274/1991, norma applicabile nella specie, in luogo dell’art. 13 DPR n. 1092/1973, invocato in ricorso, in quanto il signor A. è dipendente ex CPDEL), e dalla giurisprudenza richiamata, ai fini del riscatto.
Quanto alle spese, trattandosi di ricorso depositato dopo l’entrata in vigore del codice di giustizia contabile, approvato con decreto legislativo del 26 agosto 2016, n. 174, trova applicazione l’art. 31, commi 1 e 3, in forza del quale la compensazione, totale o parziale può essere disposta esclusivamente quando vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
Non versandosi in tali ipotesi, sono da porre a carico della parte soccombente le spese del giudizio, da liquidare tenuto conto del valore della causa, della non particolare difficoltà della controversia e della durata del processo. Le stesse, in assenza di apposita notula e considerata la complessità della causa e l’attività svolta, in applicazione dei criteri dettati dal DM 10 marzo 2014, n. 55, si liquidano equitativamente in euro ottocento, incluso il rimborso spese forfettarie (ex art. 2, comma 2 DM citato), al netto di IVA e oneri di legge, in favore dell’INPS.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso proposto dal signor C. A..
– condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese di giudizio, che si liquidano nell’importo di € 800,00 (euro ottocento/00) al netto di IVA e oneri di legge.
Fissa in venti giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 5 aprile 2017.
Depositata in Segreteria il 20/04/2017