L’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti è infondata, atteso che l’atto di recupero è stato emesso ai sensi dell’art. 8 d.P.R. 8 agosto 1986 n. 538, disposizione che prevede una azione in testa all’Istituto previdenziale volta a indirizzare il recupero del preteso credito verso l’ente datore di lavoro, nel caso in cui detto credito sia dovuto ad errore di determinazione della pensione scaturito da erronea comunicazione dei dati da parte sua. Tale azione, comunemente detta “di rivalsa” o di “refusione” rientra pacificamente nella giurisdizione di questa Corte, per inerire comunque ad un rapporto di pensione e alla misura e entità del relativo diritto, seppure in capo al pensionato.
Corte dei conti reg., Lazio, 18 aprile 2017, n. 85
Recupero somme erroneamente versate in sede di pensionamento – Rivalsa
sent. n. 85/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
In composizione monocratica, composta dal Cons. Chiara Bersani
ha pronunciato la seguente
SENTENZA PARZIALE/ORDINANZA
Nel giudizio n.74226, presentato da l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma, rappresentata e difesa dall’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] della propria Avvocatura e presso di lei domiciliata in Roma, al V.le del Policlinico, n. 155;
Contro l’INPS, costituito tramite la propria Avvocatura;
Avente ad oggetto recupero credito erariale;
Uditi alla pubblica udienza fissata per oggi, 6 aprile 2017,
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
Con l’odierno ricorso il Policlinico Umberto I impugna la nota n.4715 del 26.03.2015 con la quale l’INPS chiede in restituzione all’azienda la somma di euro 3.881,18 costituente credito maturato sulla pensione di riversibilità iscr.INPS n.17742998, ripartita tra Fanella [#OMISSIS#] e Pinto [#OMISSIS#], quali vedova e orfano maggiorenne studente dell’ex dipendente Pinto [#OMISSIS#], deceduto in attività di servizio il 12.05.2012.
Premette parte ricorrente che la pensione di riversibilità è stata determinata nel 2012 nell’80’% della pensione diretta spettante al de cuius calcolata sulla base del mod. P04 elaborato dalla Università La Sapienza, quale datore di lavoro dell’ex dipendente, il quale era solo funzionalmente assegnato alla Azienda Policlinico Umberto I. Solo nel 2014 l’ Università trasmetteva un successivo mod P04 che determinava la riliquidazione della pensione di riversibilità in un minore importo, e l’Azienda emetteva la nota del 10.03.2014 diretta alla Università ; sulla base di tali atti l’INPS ha accertato il preteso credito per indebita erogazione ai due eredi, che ha azionato, con la nota qui impugnata, verso l’Azienda stessa.
Avverso tale atto parte ricorrente ha eccepito il difetto di legittimazione passiva, in quanto l’ente datore di lavoro sarebbe da identificarsi nellaUniversità la Sapienza, il difetto di legittimazione attiva del soggetto che procede al recupero, in quanto la sede di Roma Monte sacro sarebbe territorialmente competente per il recupero verso, appunto, la predetta Università , ma non verso la Azienda Policlinico Umberto I, che ricadrebbe nel territorio della Filiale INPS di Roma Tuscolano, la contraddittorietà del provvedimento di recupero, laddove esso è indirizzato sia alla Università che alla Azienda, ma identifica come debitore solo questa ultima, l’unica intimata alla restituzione del preteso credito, l’imputabilità alla sola Università , quale datore di lavoro che ha redatto il mod P04 dell’ex dipendente, della causa di maturazione del preteso credito, e l’erroneità nella individuazione del soggetto sul quale far incidere il recupero; più precisamente, quanto a tale ultima censura, la ricorrente rileva che la causa dell’errore che ha dato corso all’indebita erogazione, sebbene nelle premesse dell’atto di recupero sia riferita all’aggiornamento da parte dell’Azienda, avvenuto con la nota del 10.03.2014, della indennità equiparativa attribuita al personale dall’Azienda, in realtà risiederebbe nell’erronea qualificazione che l’ Università avrebbe dato alla voce certificata dalla Azienda “indennità legge 761/79” , voce che ricomprendeva la retribuzione di posizione variabile aziendale e la indennità di equiparazione, errando a compilare il mod. P04 emesso il 22.05.2012.
La retribuzione di posizione variabile aziendale, unitamente alla indennità di equiparazione, non avrebbe dovuto più comparire nel cedolino dello stipendio dei dirigenti (medici e non, categoria nella quale rientra il dipendente) dipendenti universitari quali voci autonoma ai fini pensionistici, ma sarebbero dovute confluire nel trattamento ospedaliero di riferimento, secondo quanto chiaramente disposto con la delibera del DG ASL n.28 del 31.01.2006, emessa a seguito di pareri del CdS e della Corte dei conti e comunicata alla Università con nota 002239 del 20.01.2006; in tale nota si precisava che i predetti emolumenti (indennità di equiparazione e retribuzione di posizione variabile aziendale) confluivano nella unica voce “indennità legge n. 761/1979”. Inoltre, rileva parte ricorrente che nemmeno poteva sussistere motivo di ricondurre alla retribuzione di posizione variabile aziendale la retribuzione di posizione minima contrattuale unificata, prevista dal CCNL dal 31.12.2003, in ragione dell’evidente minor importo di questa ultima. Infine, rileva che solo in adempimento a quanto richiesto dalla stessa Università per i propri dipendenti assegnati presso l’Azienda, l’Azienda ha dal 2006 rielaborato i modelli di certificazione, scindendo il valore dell’indennità corrisposta e specificando la quota di “posizione” incidente sul monte retributivo assunto ai fini del calcolo, ma rimane certo che l’emolumento in questione era confluito nell’unica voce “indennità legge n. 761/79”. Confermerebbe tale dinamica, e soprattutto la consapevolezza che l’ Università avrebbe avuto della natura della retribuzione di posizione variabile aziendale, la nota dell’ università n. 23199 del 26.04.2010 diretta all’INPDAP , nella quale si rappresentava che, pur essendo detto emolumento unificato con l’indennità di equiparazione nell’unica voce “indennità legge 761/79” e non più corrisposto separatamente, la voce “retribuzione di posizione” rimane scorporata nelle certificazioni trasmesse dalla Azienda allo scopo di permettere all’Istituto previdenziale di tener conto, nella predisposizione degli atti finalizzati alla liquidazione della pensione e del TFR, delle indicazioni fornite dall’Istituto, cioè onde consentire una diversa valutazione dei diversi emolumenti ivi compreso ai fini pensionistici.
Ne deriverebbe, in conclusione, che l’ultima comunicazione dell’Azienda alla Università del 2014 non può essere il momento nel quale l’ Università si può essere avveduta dell’errore nel computo della “indennità l. 761/79”, confluita in quota A, poiché la natura di tale emolumento quale retribuzione di posizione variabile aziendale sarebbe stata nota alla Università già antecedentemente, e nessun errore nella comunicazione dei dati sussisterebbe da parte dell’Azienda, ma semmai da parte della Università , comunque, atteso che il citato art. 8 individua il soggetto legittimato passivo al recupero del credito da errore in quello che ha effettuato la comunicazione dei dati all’istituto, in ogni caso in tale posizione si troverebbe non l’Azienda, ma l’ Universitàche tali comunicazioni ha effettuato con i mod.P04.
Ha concluso parte ricorrente per l’accertamento dell’illegittimità del recupero nei suoi confronti.
L’INPS si è costituito eccependo pregiudizialmente il difetto di giurisdizione per la domanda, in quanto essa concernerebbe il diritto dell’Istituto alla refusione del indebito da parte della Azienda Policlinico, e non il diritto a pensione, nonché il difetto di contraddittorio, in quanto la pretesa rende a fare gravare sulla Università il peso del recupero azionato dall’INPS, senza che il ricorso sia stato ad essa notificato, e ha respinto l’eccezione di difetto di competenza territoriale della sede INPS che ha emesso l’atto di recupero, da individuarsi correttamente i quella che ha in carico la partita di pensione su cui esso si è formato. Ha chiesto che sia dichiarato il difetto di giurisdizione a favore del tribunale civile di Roma, in via preliminare di [#OMISSIS#] che sia dichiarata la improcedibilità del ricorso per difetto di contraddittorio o che esso sia integrato con chiamata in causa dell’ Università la Sapienza, e nel merito la reiezione del ricorso per infondatezza, rilevando di aver adottato l’atto di recupero in base al disposto dell’art. 3 del DL n.55/83 conv. In l. n.131 del 1983, e art. 8 del DPR n. 538/86, e che il recupero è stato azionato avverso la Azienda quale datore di lavoro responsabile di errore nella comunicazione dei dati per la pensione in quanto, pur trattandosi di “personale universitario strutturato”, cioè di dipendente al quale laUniversità erogava solo il trattamento fondamentale, mentre la Azienda erogava ex art. 31 del DPR n. 761/79 il trattamento economico di equiparazione al personale del servizio sanitario nazionale pari funzioni, essa deve ritenersi responsabile per gli errori di inerenti la comunicazione di tale emolumento, e datore di lavoro sostanziale.
Alla udienza del 6 aprile 2017 l’Avv.[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e per l’INPS l’Avv.[#OMISSIS#] Botta hanno concluso come in atti.
DIRITTO
1. L’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte è infondata, atteso che, come la stessa difesa dell’INPS che la ha sollevata precisa, l’atto di recupero è stato emesso ai sensi dell’art.8 del DPR n. 538/86, disposizione che prevede una azione in testa all’Istituto previdenziale volta a indirizzare il recupero del preteso credito verso l’ente datore di lavoro, nel caso in cui detto credito sia dovuto ad errore di determinazione della pensione scaturito da erronea comunicazione dei dati da parte sua. Tale azione, comunemente detta “di rivalsa” o di “refusione” rientra pacificamente nella giurisdizione di questa Corte, per inerire comunque ad un rapporto di pensione e alla misura e entità del relativo diritto, seppure in capo al pensionato (giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione).
2. La censura di difetto di legittimazione attiva della sede INPS è stata sollevata dalla ricorrente Azienda in forza della suddivisione di competenza tra le diverse sedi dell’INPS, e rilevando che l’Azienda non rientra nella circoscrizione della sede che ha emesso l’atto di recupero; a parte la considerazione che parte ricorrente non ha sufficientemente comprovato il fatto su cui si basa l’eccezione, quanto evidenziato dall’INPS è del tutto corretto, e cioè rimane del tutto corretto che al recupero proceda, nei confronti dei soggetti che individui quali legittimati passivi, la sede INPS competente per la erogazione della partita di pensione sulla quale si è formato l’indebito.
3. La censura di difetto di contraddittorio e conseguenze irricevibilità del ricorso è infondata, atteso che il provvedimento di recupero incide esclusivamente sulla Azienda ricorrente, e che l’ Università rimane ad oggi esclusa dalla pretesa che l’INPS ha azionato, sì da non essere titolare del rapporto relativo al recupero, né soggetto al quale la causa è comune. L’ Università è titolare, ad oggi, di un mero interesse qualificato a partecipare al presente giudizio; da un lato, l’INPS rimarrà nella facoltà azionare un eventuale recupero contro la stessa Università , entro le prescrizioni e decadenze eventualmente maturate, ad esito del presente giudizio, e, dall’altro, la stessa Università rimane nella facoltà di produrre intervento nel presente giudizio, ad ogni fine di legge, ma non costituisce litisconsorte necessario.
4 La censura di difetto di legittimazione passiva, sollevata avverso la nota di recupero qui impugnata, costituisce sostanzialmente motivo di contestazione della responsabilità da restituzione disciplinata dall’art. 8 cit., che vede legittimato passivo nella azione di rivalsa l’ente responsabile della comunicazione dei dati rilevanti ai fini della liquidazione della pensione.
L’impostazione del provvedimento di recupero qui impugnato è tale da fare intendere che l’INPS abbia accertato che tale errore sia imputabile al soggetto che aveva in carico funzionale l’ex dipendente, e cioè il Policlinico, indipendentemente dal fatto che egli fosse formalmente dipendente della Università e dal fatto che l’ Università fosse l’unico soggetto tenuto ad effettuare la comunicazione dei P04 all’INPDAP.
Tale osservazione conduce, da un lato, al rigetto della censura di contraddittorietà della nota impugnata, perché il fatto che essa sia indirizzata anche alla Università è più che plausibilmente collegabile alla circostanza che la Università è il soggetto che ha emesso i P04 che, per l’INPS, contengono l’errore, mentre il fatto che il recupero sia intimato solo all’Azienda trova la sua ratio nella diversa circostanza che, per l’INPS, sarebbe l’Azienda il soggetto responsabile dell’errore nelle comunicazioni stesse.
Dall’altro, concentra la questione sull’accertamento della esatta individuazione dell’errore che inficia i mod P04 comunicati dall’ Università , e della ragione per la quale è maturato il preteso credito. Su tali circostanze, che devono essere vagliate nel merito, non sussiste sufficiente documentata esposizione, per cui deve essere dato termine alle parti per produrre in giudizio:
-quanto all’INPS: documentata relazione con cui evidenzi in dettaglio le voci che integrano il preteso credito e prenda posizione in relazione a quanto rilevato dalla Azienda Policlinico in merito al contenuto obbligatorio dei mod.P04 da trasmettere da parte dell’ Università all’epoca dei fatti, con indicazione della imputazione delle voci di retribuzione erogate ai dipendenti distaccati presso le Aziende Sanitarie, precisando le fonti di tale disciplina;
-quanto alla ricorrente Azienda: ogni documento o atto utile a suffragare le censure di corretta imputazione delle voci retributive che, in tesi, avrebbero costituito oggetto di corretta rappresentazione alla Università e sarebbero, invece, erroneamente state lette da questa ultima.
5 Inoltre, ai sensi dell’art.165, comma 2, del CGC, il giudice ordina incombenti istruttori alla Università di Roma La Sapienza, e precisamente di depositare documentata relazione che precisi il contenuto delle comunicazioni che gli enti presso cui prestava servizio propri dipendenti distaccati dovevano effettuare all’epoca dei fatti nei confronti della Università , con la precisa imputazione delle singole voci retributive, indicando la fonte di tale disciplina. L’ Università dovrà anche precisare il contenuto dei mod.P04 da inviare da parte sua all’INPS per gli stessi periodi e dipendenti, precisando l’imputazione delle singole voci retributive, pure indicando le fonti di tale disciplina.
6. A tali incombenti le parti dovranno provvedere nel più breve tempo possibile, e non oltre tre mesi dalla comunicazione della presente ordinanza, scaduti i quali nuova udienza sarà fissata nel rispetto delle vigenti disposizioni.
Spese al definitivo.
P.Q.M.
La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunziando
RESPINGE
L’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dall’INPS, l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’INPS al recupero, sollevata in ricorso, l’eccezione di irricevibilità del ricorso per difetto di contraddittorio e la domanda di integrazione del contraddittorio con chiamata in causa dellaUniversità La Sapienza di Roma, presentate dall’INPS.
Interlocutoriamente pronunziando, ex art. 165 CGC,
ORDINA
-all’INPS di depositare documentata relazione con cui evidenzi in dettaglio le voci che integrano il preteso credito e prenda posizione in relazione a quanto rilevato dalla Azienda Policlinico in merito al contenuto obbligatorio dei mod.P04 da tra-smettere da parte dell’ Università all’epoca dei fatti, con indicazione della imputazione delle voci di retribuzione erogate ai dipendenti distacca-ti presso le Aziende Sanitarie, precisando le fonti di tale disciplina;
– alla ricorrente Azienda di depositare ogni documento o atto utile a suffragare le censure di corretta imputazione delle voci retributive che, in tesi, avrebbero costituito oggetto di corretta rappresentazione alla Università e sarebbero, invece, erroneamente state lette da questa ultima.
– alla Università La Sapienza di Roma, ex art. 165 CGC, di depositare nel termine massimo di tre mesi dalla comunicazione della presente ordinanza quanto in parte motiva al punto 5.
La documentazione dovrà pervenire nel più breve tempo possibile e non oltre tre mesi dalla comunicazione della presente ordinanza.
Manda alla Segreteria di comunicare il presente provvedimento alle parti e alla Università La Sapienza di Roma.
Spese al definitivo.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 aprile 2017.
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 18/04/2017.