Corte dei conti reg., Sicilia, 27 febbraio 2018, n. 141

Personale medico-universitario – Rideterminazione trattamento pensionistico – Base pensionabile – Indennità di equiparazione

Data Documento: 2018-02-27
Area: Giurisprudenza
Massima

Tra le ipotesi in cui l’amministrazione può revocare o modificare i trattamenti di pensionistici definitivi, disciplinate dall’art. 204 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, non è contenuto alcun richiamo all’errore di diritto, difficilmente percepibile dal fruitore del trattamento di quiescenza, da intendersi come errata interpretazione o applicazione di norme sia sostanziali che procedurali, queste ultime inerenti al procedimento adottato per l’emissione del provvedimento pensionistico. Sicché, un provvedimento di autotutela, emesso a seguito dell’attribuzione della pensione definitiva e adottato in base alla ritenuta necessità di collocare l’indennità ospedaliera goduta in servizio dal ricorrente in quota B anziché in quota A, non può legittimamente comportare la riduzione del trattamento pensionistico. Risulta poi irrilevante ogni possibile valutazione circa lo stato soggettivo del pensionato ai fini del trattenimento o meno delle somme.

Contenuto sentenza

PENSIONI
Corte dei Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 15-02-2018) 27-02-2018, n. 141
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Il Giudice Unico delle Pensioni
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in materia di pensione iscritto al n. 64537 del registro di segreteria, depositato in data 4 aprile 2017, proposto da
V. F., nato OMISSIS, rappresentato e difeso, giusto mandato in calce al ricorso, dall’Avv. [#OMISSIS#] Rugolo (avvclaudiorugolo@pec.giuffre.it) ed elettivamente domiciliato in Palermo, in via Littore Ragusa n. 30, presso lo studio dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Scimone.
CONTRO
– L’Inps (gestione ex Inpdap) in persona del legale rappresentante pro – tempore – rappresentato e difeso dall’Avv. [#OMISSIS#] Grazia [#OMISSIS#]
– l’Azienda Ospedaliera universitaria di Messina “G.Martino”, in persona del legale rappresentante pro – tempore – rappresentato e difeso dall’Avv. [#OMISSIS#] Merlo del Foro di Messina (pec amerlo@pec.giuffre.it)
– l’Università degli Studi di Messina – in persona del Rettore pro-tempore
Esaminati gli atti ed i documenti della causa;
Udite le parti, nella pubblica udienza del 15 febbraio 2018, come da verbale di udienza
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Il ricorrente, titolare di trattamento pensionistico erogato dall’INPS nella qualità di ex dipendente dell’Università degli Studi di Messina in quiescenza dall’1.1.2010, ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, della determinazione ME012016844114 della sede provinciale INPS di Messina con la quale è stata ricalcolata la sua pensione definitiva da Euro 73.777,10 annui lordi ad Euro 56.628,88 ed del correlato Provv. n. 4800.03/05/2106.0117974, con il quale l’INPS in seguito alla rideterminazione del trattamento pensionistico, ha disposto il recupero mediante ritenute mensili di Euro 953,61, del debito complessivo di Euro 135.412,72 a decorrere dall’1.6.2016.
Parte istante ha rappresentato di essere stato impiegato presso l’AOU Policlinico “G. Martino” di Messina e che l’indebito si sarebbe formato per la erronea inclusione nella base pensionabile dell’indennità di cui all’art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979, dovuta al personale del comparto università in convenzione sanitaria; infatti in un primo momento l’indennità era stata valorizzata in quota “A” e successivamente in quota “B” con conseguente riduzione dell’assegno pensionistico originariamente liquidato in via definitiva.
Ha pertanto richiesto l’annullamento dei citati provvedimenti pregiudizievoli adottati dall’INPS e la rideterminazione della pensione nella misura di Euro 77.232,94, per come computata, sulla scorta del mod. PA04 da ultimo inviato all’INPS dall’amministrazione datrice di lavoro, da apposita Ctp contabile prodotta in giudizio. In rapporto a tale somma ha quindi chiesto il riconoscimento degli arretrati maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria. Relativamente al provvedimento di recupero dell’indebito, parte ricorrente ha sostenuto che tale recupero fosse precluso all’INPS e, pertanto, pretendeva la restituzione di quanto trattenuto dall’ente previdenziale; in via subordinata, chiedeva volersi disporre apposita CTU contabile per stabilire l’esatto importo dell’assegno pensionistico spettante.
L’INPS, con memoria del 16 giugno 2017, costituendosi ai soli fini del giudizio cautelare, ha chiesto il rigetto della domanda, stante l’inesistenza dei presupposti del periculum in mora e del fumus [#OMISSIS#] iuris.
Nella medesima data depositavano memorie anche l’Università di Messina e l’AOU Policlinico di Messina rappresentando entrambe di essere estranee al giudizio per difetto di legittimazione passiva; in subordine, nel merito, chiedevano il rigetto del ricorso.
All’udienza del 22 giugno 2017 il Giudice, ha accolto l’istanza cautelare in considerazione della sussistenza di entrambi i presupposti di legge.
Con memoria depositata il 5 febbraio 2018 l’INPS ha ribadito la correttezza del proprio operato eccependo la piena legittimità dell’esercizio del generale potere di annullamento d’ufficio, non essendo ammissibile che l’ordinamento giuridico possa far salvo nel tempo un rapporto illegittimo; ha quindi chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria di spese e competenze di lite.
All’udienza del 15 febbraio 2018 le parti concludevano come in atti.
La causa è, quindi, stata posta in decisione.
Considerato in
Motivi della decisione
1. Preliminarmente, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva delle resistenti Università di Messina e Azienda Ospedaliera universitaria di Messina “G.Martino in quanto alcuna domanda il ricorrente spiega nei confronti di costoro avendo egli espressamente chiesto l’annullamento dei provvedimenti emanati dall’INPS di Messina richiamati nella premessa in fatto.
2. Nel merito, il presente giudizio ha per oggetto l’accertamento dell’irripetibilità delle somme richieste in pagamento dall’INPS al ricorrente, a titolo di indebito, a seguito della rideterminazione in pejus, dell’assegno pensionistico avvenuta con Provv. n. ME012016844114. Parte istante, in secondo luogo, chiede il riconoscimento del suo diritto ad ottenere una pensione calcolata sulla base dell’ultimo PA04 inviato all’INPS dall’amministrazione datrice di lavoro il cui importo, per come computato dalla Ctp agli atti, è maggiore di quello originariamente liquidato dall’ente previdenziale.
Relativamente alla prima questione proposta, va osservato che le norme che disciplinano la revoca e la modifica dei trattamenti pensionistici sono contenute negli articoli 203 e seguenti del D.P.R. n. 1092 del 1973: in particolare, l’art. 204 individua le ipotesi in cui l’amministrazione può revocare o modificare le pensioni definitive, l’art. 205 fissa il termine entro il quale possono essere emanati i provvedimenti in autotutela e l’art. 206 indica i presupposti per potere procedere al recupero delle somme erogate ma non dovute.
Orbene, il caso in esame rientra nella disciplina ora illustrata, dovendosi, in primo luogo, osservare che l’emolumento di cui il ricorrente lamenta l’illegittima modificazione rivestiva carattere di definitività. L’amministrazione, infatti, è intervenuta a modificare un provvedimento già definitivo, stante la ritenuta necessità di collocare l’indennità ospedaliera goduta in servizio dal ricorrente in quota “B” anziché in quota “A” e ciò per effetto di una diversa interpretazione effettuata dalla sede provinciale INPS in epoca successiva alla determinazione della pensione, al cui computo l’ente era quindi pervenuto a seguito di un errore di diritto, ipotesi non contemplata dal richiamato art. 204.
Al riguardo, la giurisprudenza contabile ha affermato che l’elencazione contenuta nell’art.204 è tassativa e tra le ipotesi nelle quali è possibile modificare o revocare un trattamento di pensione definitivo non è prevista quella dell’errore di diritto: “ne consegue che in nessun caso il trattamento definitivo può essere modificato per motivi non contemplati dall’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973, norma finalizzata ad una tutela rafforzata del pensionato – soggetto ritenuto particolarmente dal nostro ordinamento – attraverso la cristallizzazione ed intangibilità del suo trattamento di quiescenza, anche se adottato in contrasto con norme di legge”. (sentenza n.227/A/2012).
Inoltre, va evidenziato che la disciplina sopra illustrata è stata ritenuta conforme a Costituzione dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 208/2014 al cui testo si rinvia per economicità espositiva.
Da tutto ciò consegue che, diversamente da quanto sostenuto dall’INPS, alcuna rilevanza può essere attribuita allo stato soggettivo del pensionato.
Va a questo punto precisato, quanto alla misura della pensione, che il pensionato chiede il riconoscimento dell’assegno pensionistico non nella misura liquidata dall’INPS con l’originario provvedimento bensì nel superiore importo che emerge dal computo eseguito dalla CTP depositata ali atti.
Tale pretesa non può trovare accoglimento, non risultando agli atti del giudizio alcuna richiesta di rideterminazione pensionistica inoltrata in via amministrativa all’ente previdenziale. A mente dell’art. 153 del c.g.c., tale domanda va quindi considerata inammissibile.
Come conseguenza dei principi dianzi affermati, va dichiarato il diritto del ricorrente alla conservazione del trattamento pensionistico originariamente attribuitogli in via definitiva dall’INPS, con provvedimento decorrente dall’1.1.2010 e con l’applicazione dei successivi aggiornamenti.
Deve essere altresì riconosciuto il diritto del medesimo alla restituzione delle somme ritenute dall’Inps, con riconoscimento degli interessi dalla data della domanda giudiziale (cfr. SSRR. n.33/QM/2017).
Restano assorbite le ulteriori questioni.
3. In considerazione dell’esito del giudizio, le spese di lite vengono compensate.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, in composizione monocratica del Giudice Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando,
– dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Università di Messina e dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Messina;
– accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, riconosce all’istante il diritto al ripristino del trattamento di pensione diretta in godimento prima della riduzione operata con il provvedimento della sede provinciale INPS di Messina qui avversato, con conseguente condanna dell’INPS a corrispondere a parte ricorrente le differenze pensionistiche sui ratei arretrati, maggiorate degli interessi legali, integrati, per gli anni in cui l’indice di svalutazione monetaria ne avesse ecceduto la misura, dall’importo differenziale di detta svalutazione, calcolata secondo l’indice Istat relativo all’anno di riferimento.
– Condanna l’INPS a restituire a parte ricorrente le somme già ritenute sul trattamento pensionistico, di cui alla nota di partecipazione dell’indebito, maggiorate degli interessi legali dalla data della domanda giudiziale.
Spese compensate
Così deciso in Palermo, in data 15 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria 27 febbraio 2018.