La normativa da cui si possono trarre indicazioni per disciplinare l’azione erariale per il danno all’immagine è costituita dall’art. 1, comma 1-sexies, l. 14 gennaio 1994, n. 20 che, pur fornendo all’interprete un criterio di quantificazione della tipologia di danno in parola, afferma due importanti e basilari condizioni imperative per la perseguibilità e la condanna dei dipendenti pubblici per il danno all’immagine, che si pongono come vere e proprie condizioni per l’azione contabile. La norma, infatti, fa espresso riferimento al danno all’immagine come derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato.Il bene-interesse tutelato nella specie dall’ordinamento in riferimento al danno all’immagine è costituito dal principio costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, declinato come prestigio, credibilità e corretto funzionamento degli uffici pubblici.Sebbene il reato ascritto al convenuto sia costituito dalla condotta di violenza sessuale, decisivo rilievo al fine di ritenere sussistente, nella specie, un’ipotesi di condanna per un reato a danno dell’immagine dell’accademia militare assumono la qualifica di esercente funzioni di pubblico ufficiale rivestite dal convenuto nel compimento dei comportamenti contestati e i luoghi ove la stessa condotta risulta essere stata consumata (l’aula degli esami dell’accademia stessa).
Corte dei conti reg., Emilia-Romagna, 5 gennaio 2018, n. 7
Danno all’immagine – Docente accademia militare
GIUDIZIO DI CONTO
C. Conti Emilia-Romagna Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 08-11-2017) 05-01-2018, n. 7
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER l’EMILIA-ROMAGNA
dott. Donato [#OMISSIS#] Fino – Presidente
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere relatore
dott. Massimo Chirieleison – Consigliere
Uditi nella pubblica udienza dell’8 novembre 2017, con l’assistenza del Segretario signora L.C., il relatore Consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il Pubblico ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. [#OMISSIS#] Vecchio e l’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] su delega dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Brezigar;
visto l’atto di citazione depositato in data 26 settembre 2007;
vista l’ordinanza n. 186/08/R di questa Sezione giurisdizionale, con la quale è stata disposta la sospensione del giudizio sino all’esito del procedimento penale pendente per reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) contro il signor B.N.C.;
vista la sentenza della Corte d’appello di Bologna, II Sezione penale n. 10980 del 15.4.2011, depositata il 6.7.2011;
vista l’istanza di fissazione dell’udienza in prosecuzione ex art. 109 del CGC depositata dalla Procura il 24 febbraio 2017, dopo che la Corte di appello di Bologna ha comunicato, in data 6.2.2017, alla Procura regionale presso questa Sezione il passaggio in giudicato della sentenza della medesima Corte di appello avvenuto in data 29.11.2012;
visti gli altri atti e documenti di causa;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 40967/R R.G. promosso su richiesta della Procura regionale nei confronti del signor B.N.C., nato il (…), a C. (R.), residente in M., rappresentato e difeso dagli Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Brezigar;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con atto depositato il 26 settembre 2007, la Procura regionale conveniva il citato signor B.N.C. per sentirlo condannare, in qualità di docente supplente di Fisiologia/Nutrizione umana presso l’Accademia militare di Modena, alla somma di Euro 50.000, oltre a rivalutazione secondo gli indici ISTAT, interessi legali e spese di giudizio a titolo di risarcimento per danno all’immagine dell’Accademia militare di Modena, correlato alla condotta criminosa del medesimo convenuto e qualificata nel reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).
2. Si costituiva in giudizio il convenuto signor B. in data 7 febbraio 2008, chiedendo il rigetto della domanda attorea.
3. Con l’ordinanza n. 186/08/R di questa Sezione giurisdizionale, è stata disposta la sospensione del giudizio sino all’esito del procedimento penale pendente per reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) contro il signor B.N.C..
4. A seguito dell’emissione della sentenza della Corte d’appello di Bologna II Sezione penale n. 10980 del 15.4.2011, depositata il 6.7.2011, di condanna del convenuto per il reato di “violenza sessuale” (art. 609-bis c.p.), la Procura ha presentato istanza di fissazione dell’udienza in prosecuzione ex art. 109 del CGC depositata il 24 febbraio 2017 dopo che la cancelleria della Corte di appello aveva comunicato con messaggio di posta elettronica certificata (Pec) il passaggio in giudicato della citata sentenza della Corte d’Appello in data 6 febbraio 2017.
5. La difesa del convenuto ha sollevato eccezione di inammissibilità per tardiva riassunzione del presente giudizio, stante l’ampio decorso del termine di 90 giorni per provvedere a tale richiesta dopo che la Corte di Cassazione aveva trasmesso alla Procura generale presso la Corte dei conti la sua pronuncia del 29.11.2012, n. 12684.
6. In premessa, va ricordato che il termine per la riassunzione del processo a seguito della cessazione della causa di sospensione, costituita dall’esistenza di una controversia pregiudiziale, decorre solo in forza di una conoscenza legale del provvedimento finale, conseguita per effetto di un’attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, che sia dunque normativamente idonea a determinare di per sé detta conoscenza, o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano processuale (Cass. 19936/2017; n. 6601/2000; ma anche, Corte Cost. n. 34 del 1970).
7. Nel caso in esame risulta che detta conoscenza legale da parte della Procura riassuntrice è avvenuta a seguito della notifica via Pec effettuata in data 6 febbraio 2017 dalla cancelleria della Corte d’appello di Bologna, mentre la riassunzione reca data 24 febbraio 2017.
Non risulta invece comprovata una conoscenza anteriore, sia pure da parte della Procura generale presso la Corte dei conti, del passaggio in giudicato della sentenza predetta come sostenuto dalla difesa del convento.
L’eccezione di inammissibilità per tardiva riassunzione del processo è dunque da rigettare.
8. Nel merito, la domanda attorea per ritenuto danno all’immagine dell’Accademia militare di Modena è fondata.
8.1. Emerge dagli atti che, a seguito della pubblicazione, nei mesi di giugno e luglio 2005, di una pluralità di articoli di stampa relativi ad “abusi sessuali” su due cadetti dell’Accademia Militare di Modena, la Procura regionale della Corte dei conti acquisiva dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Modena copia della richiesta di rinvio a giudizio in data 16 marzo 2005 avanzata nei confronti del prof. N.C.B. per il reato di violenza sessuale continuata.
Il sunnominato, professore dell’Università di Modena ed all’epoca dei fatti anche docente di scienze della nutrizione presso la predetta Accademia Militare, è convenuto nel presente giudizio per il danno all’immagine conseguente alla condanna del medesimo per consumazione del delitto di cui agli artt. 81 e 609-bis c.p., poiché in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, costringeva due cadetti, a subire atti sessuali.
A tale reato, il signor B. è stato condannato con sentenza del Tribunale di Modena n. 22/08, successivamente confermata con la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 10980/11 e passata in giudicato.
Risulta altresì che: a) per il reato ascritto sussistevano i presupposti per la procedibilità d’ufficio (art. 609-septies, comma 4, n. 3, c.p.: “se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni;”), stante il collegamento tra le condotte illecite contestate e la funzione dallo stesso esercitata, essendo state dette condotte consumate nella medesima aula dell’Accademia in cui si svolgevano le lezioni (Cass. n. 43235/2010); b) è stata ritenuta sussistente anche l’aggravante ex art. 61, n. 9, c.p. (“l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto”), dato che il professore, nell’occasione (come evidenziato in narrativa dal primo giudice), “non mancò di fare riferimento in qualche modo al superamento degli esami o al futuro dei due cadetti”, sebbene la sentenza del Tribunale di Bologna (confermata da quella di appello) abbia poi, nella specie, ritenuto prevalenti le attenuanti generiche su quelle aggravanti; a tale ultimo riguardo, vale aggiungere che l’elisione di circostanze aggravanti come elementi accidentali tipizzanti la condotta antigiuridica dell’agente, contestate e concretamente accertate con la sentenza di condanna, per il prevalere di quelle attenuanti, ha rilevanza solo “quoad poenam”, ma non le esclude comunque dalla fattispecie criminosa (Cass. 2690/2011).
8.2. In punto di diritto, quanto al danno all’immagine come evidenziato dalla giurisprudenza di questa Sezione giurisdizionale, giova ricordare che la normativa da cui si possono trarre indicazioni per disciplinare l’azione erariale per il danno all’immagine è costituita dall’art. 1, comma 1-sexies, L. n. 20 del 1994, introdotto dalla L. n. 190 del 2012 che, pur fornendo all’interprete un criterio di quantificazione della tipologia di danno in parola, “afferma due importanti e basilari condizioni imperative per la perseguibilità e la condanna dei dipendenti pubblici per il danno all’immagine, che si pongono come vere e proprie condizioni per l’azione contabile. La norma, infatti, fa espresso riferimento al danno all’immagine come “… derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato”. Quindi le condizioni, cumulative e non alternative, sono le seguenti: 1) si deve trattare di un reato contro la pubblica amministrazione; 2) tale reato deve essere accertato con sentenza del giudice ordinario penale passata in giudicato.” (cit. sent. Corte conti, Sez. giur. Emilia Romagna n. 105/2017/R, 98/2017, 73/2017/R).
8.3. In proposito elementi utili di valutazione circa la configurabilità del danno all’immagine non possono non trarsi dall’abrogazione degli art. 7 della L. n. 97 del 2001 e 17, comma 30-ter, primo periodo, del D.L. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009 (art. 4, comma 1, lettere g ed h, del D.Lgs. n. 174 del 2016), che circoscrivevano l’ipotesi del danno all’immagine ai reati contemplati dal Capo I del Titolo II del Libro Secondo, del codice penale (cfr. Corte Cost. n. 355 del 2010), ma anche dal disposto di ci all’art. 51, comma 7, del CGC (in base al quale “La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271“), che pone quale condizione di promuovibilità dell’azione di responsabilità per danno erariale la comunicazione al competente procuratore rionale della Corte dei conti di una sentenza irrevocabile di condanna “a danno” di una pubblica amministrazione.
8.4. La valorizzazione della locuzione nella specie impiegata dal legislatore “a danno delle pubbliche amministrazioni” (introdotta dall’art. 51, comma 7, CGC citato), integra, ampliandola, quella già prevista dall’art. 1-sexies della L. n. 20 del 1994 (“reati contro le pubbliche amministrazioni”), escludendo, per un verso, un’esorbitanza della presente pronuncia dai limiti posti dal legislatore alla giurisdizione della Corte dei conti per danno all’immagine, come si è visto, delimitata, per l’innanzi ai reati contemplati dal Capo I del Titolo II del Libro Secondo, del codice penale dall’art. 7 della L. n. 97 del 2001, poi abrogato dall’art. 4 dell’allegato 3 al CGC, e, per altro verso, consentendo, non irragionevolmente, una più ampia tutela dell’immagine delle pubbliche amministrazioni.
8.5. Passando al merito, nel mutato quadro normativo di riferimento, permangono attuali gli insegnamenti della Corte costituzionale (sent. n. 355/2010) nonché della giurisprudenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti (sent. n. 8/2015/QM) circa la individuazione del bene-interesse tutelato nella specie dall’ordinamento, costituito dal principio costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.), declinato come prestigio, credibilità e corretto funzionamento degli uffici pubblici (cfr. Corte cost., sentt. n. 355/2010 e n. 172/2005; Corte conti, Sez riun. n. 8/2015); la lesione di tale bene comporta, peraltro, il radicamento della giurisdizione di questo Giudice (Corte cost. sent. n. 355/2010; Cass. penale n. 5481/14) in tema di tutela del danno all’immagine della P.A. (art. 103, secondo comma, Cost.).
8.6. Tanto premesso, sebbene il reato ascritto al convenuto sia costituito dalla condotta di “violenza sessuale” (art. 609-bis c.p.), decisivo rilievo, e cioè al fine di ritenere sussistente, nella specie, un’ipotesi di condanna per un reato “a danno” dell’immagine dell’Accademia Militare di Modena (cfr. citato art. 51, comma 7, del CGC), assumono nella specie la qualifica di esercente funzioni di pubblico ufficiale rivestite dal convenuto nel compimento dei comportamenti contestati e i luoghi ove la stessa condotta risulta essere stata consumata (l’aula degli esami dell’Accademia Militare di Modena), tant’è che nella specie sono stati riconosciuti i presupposti per la procedibilità d’ufficio (art. 609-septies, comma 4, n. 3, c.p.) e quelli per la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 9, c.p.
Quanto precede induce il Collegio a concludere circa la sussistenza nel caso in esame di un reato “a danno di una pubblica amministrazione”, come si è visto, non più da circoscrivere nel tassativo ambito di cui al “Capo I del Titolo II del Libro Secondo del Codice penale” (cfr., anche, Cass. sentt. nn. 5481/14; 4605/14, già prima dell’intervenuta abrogazione delle previgenti restrittive disposizioni), risultando vulnerati, a seguito del reato consumato, il prestigio e la credibilità dell’Accademia Militare di Modena ad opera di un professore, qui convenuto, che nell’esercizio delle sue pubbliche funzioni di docente consumava il reato di violenza sessuale nei confronti di due cadetti all’interno dell’aula dell’Accademia adibita allo svolgimento degli esami.
8.7. In ordine alla quantificazione del danno all’immagine, il Collegio rileva che non può applicarsi la norma di cui all’art. 1-sexies della L. n. 20 del 1994, introdotto dall’art. 1, comma 62, L. n. 190 del 2012, non risultando individuabile, per tabulas, la “somma di denaro o il valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”; sicché, detta voce di danno va quantificata in Euro 25.000,00 in applicazione del criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c. e tenuto conto anche del consistente clamor fori generato dai fatti in contestazione (cfr., in senso analogo, Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, sent. 172/2017).
9. Condanna il convenuto sig. B.N.C. al risarcimento del danno nella misura di Euro 25.000,00 (venticinquemila/00) compresa la rivalutazione monetaria, a favore dell’Accademia Militare di Modena. Interessi dal deposito della sentenza fino al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 633,37 (seicentotrentatre/37).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione, deduzione
accoglie
la domanda attorea come da motivazione. Condanna il convenuto sig. B.N.C. al risarcimento del danno all’immagine nella misura di Euro 25.000,00 (venticinquemila/00), comprensiva di rivalutazione monetaria, a favore dell’Accademia Militare di Modena. Interessi dal deposito della sentenza fino al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 633,37 (seicentotrentatre/37).
Manda alla Segreteria della Sezione per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio dell’8 novembre 2017.
Depositata in Cancelleria 5 gennaio 2018.