L’indebito pensionistico maturato a seguito dell’erronea erogazione di assegni in più sulla pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni, avendo il destinatario compiuto il ventiseiesimo anno di età, non dà luogo a somme corrisposte in più su un trattamento provvisorio né, tanto meno, a importi a debito conseguenti a revoca o modifica di trattamenti definitivi di quiescenza con altro provvedimento definitivo, cui fanno riferimento gli artt. 203 ss. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. Deve, piuttosto, trovare applicazione l’art. 9 l. 7 agosto 1985, n. 428, per cui la revisione dei pagamenti delle spese fisse di competenza delle direzioni provinciali del Tesoro disposti mediante procedure automatizzate dovrà essere espletata entro il termine di un anno dalle relative lavorazioni.L’ex INPDAP (ora INPS) avrebbe dovuto interrompere l’erogazione della pensione di riversibilità entro un anno dal momento in cui l’istituto stesso avesse acquisito notizia dell’avvenuto superamento del 26 anno di età anagrafica, o fosse stato comunque in condizioni di acquisirla. Trascorso tale termine l’amministrazione, avrebbe potuto (e anzi certamente dovuto) comunque interrompere l’erogazione, ma le eventuali somme già corrisposte in eccedenza avrebbero potuto essere recuperate soltanto in mancanza della buona fede del pensionato.La mancanza della buona fede in capo all’orfano maggiorenne percettore della pensione di reversibilità anche successivamente al compimento del ventiseiesimo anno di età non può evincersi dal solo fatto che esso fosse perfettamente a conoscenza del fatto di aver compiuto 26 anni e di non trovarsi più nella condizione prevista ex lege per continuare a percepire il trattamento pensionistico di riversibilità. Infatti, se è vero che l’orfano era consapevole del fatto di non aver più diritto a percepire la pensione di reversibilità, è pur vero che a termini di legge l’interruzione dell’erogazione sarebbe dovuta avvenire a cura dell’INPS, né può giungersi a ritenere che il dovere di collaborazione ricadente sull’orfano dovesse estendersi all’obbligo di segnalare all’istituto erogante di non aver più titolo alla percezione del trattamento pensionistico di riversibilità avendo compiuto i 26 anni di età anagrafica, essendo tale dato nel pieno possesso dell’Istituto medesimo sin dall’inizio.
Corte dei conti reg., Campania, 15 ottobre 2015, n. 937
Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Termine interruzione erogazione
PENSIONI
C. Conti Campania Sez. giurisdiz., Sent., 15-10-2015, n. 937
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA
In composizione monocratica [#OMISSIS#] persona del consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in funzione di [#OMISSIS#] unico delle pensioni ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n.66289/PC del registro di Segreteria, sul ricorso depositato in data 13-01-2014 dalla signora M. G. R. C., nata a Omissis il Omissis ed ivi residente alla via [#OMISSIS#] Kerbaker n. 65, rappresentata e difesa, [#OMISSIS#] mandato a margine del ricorso, dagli avvocati [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e con essi elettivamente domiciliata presso il loro studio in Napoli al corso A. De Gasperi n. 55, contro l’ingiunzione di pagamento dell’INPS-Gestione Dipendenti Pubblici-Sede Territoriale di Napoli 1 ai sensi del R.D. n. 639 del 1910 n. 71/2013 notificata il 21-11-2013;
Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del giorno 15 ottobre 2015 l’avv. [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#] per l’Ufficio Avvocatura, che ha insistito per il rigetto del ricorso come da memorie, puntualizzando, all’uopo, che il provvedimento di recupero credito erariale adottato dall’INPS è del tutto tempestivo poiché è del 2013 e si riferisce a un indebito maturato tra il 2009 ed il 2012;
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con il provvedimento oggetto di impugnazione, emesso ai sensi del RD 639/1910, l’INPS-Gestione Dipendenti Pubblici-Sede Territoriale di Napoli 1 ha ingiunto alla signora M. G. R. C., per assegni in più riscossi sulla pensione iscr. n. 12265735 C nel periodo 01-08-2009/31-10-2012, la restituzione della somma di Euro 25.026,35 quale sorta capitale oltre Euro 150,00 per interessi legali.
La ricorrente lamenta nel gravame la pura illegittimità del suddetto provvedimento sotto vari [#OMISSIS#] di non conformità alla L. n. 241 del 1990 (comunicazione di avvio del procedimento non ricevuta dall’ingiunta, mancata conclusione del procedimento di recupero nel prescritto [#OMISSIS#] di 30 giorni) nonché il contrasto con il principio di buona fede posto dalle disposizioni normative (artt. 203, 204, 205 e 206 D.P.R. n. 1092 del 1973) alla base dell’irripetibilità degli indebiti pensionistici formatisi in sede di erogazione di qualsivoglia trattamento pensionistico.
L’INPS-Gestione Dipendenti Pubblici-D.R. Campania e Molise ha presentato [#OMISSIS#] fase cautelare del presente procedimento, in data 21-02-2014, memoria difensiva -corredata da copiosa documentazione- in cui, premessa un’articolata ricostruzione fattuale della fattispecie, ha reso noto che l’indebito di Euro 25.026,35 è maturato per aver continuato, l’odierna ricorrente, a percepire il trattamento di riversibilità iscr. n. 12265735 C, attribuitole [#OMISSIS#] qualità di orfana di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (deceduta il 07-11-1997), anche dopo il 01-08-2009 (data in cui ha compiuto il 26 anno di età anagrafica, così venendo a perdere il requisito necessario ex L. n. 335 del 1995 per proseguire la percezione del menzionato trattamento pensionistico, continuata sino a tale data per essere la signora M. G. R. C. studentessa universitaria) e fino al 31-10-2012.
Con l'[#OMISSIS#] di articolate argomentazioni, sostenute anche con riferimenti a pronunce giurisprudenziali, l’INPS resistente ha negato la sussistenza sia dei vizi d’illegittimità procedimentale dell’impugnata ingiunzione e sia della buona fede della percipiente. Ha concluso chiedendo il rigetto (dell’istanza cautelare e) del ricorso.
Con ordinanza n. 127/2014, emessa a definizione del giudizio cautelare instaurato dall’odierna ricorrente, non è stata ritenuta provata in atti la sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione del provvedimento cautelare richiesto, con conseguente rigetto della proposta istanza cautelare.
[#OMISSIS#] memoria difensiva presentata il 02-09-2015 l’Ufficio Avvocatura INPS ha preliminarmente rinviato alla memoria difensiva già prodotta dal competente Ufficio INPS [#OMISSIS#] fase cautelare, per poi svolgere precisazioni sulla doverosità del recupero, sul carattere generale del potere ingiuntivo, sull’irrilevanza di eventuali vizi formali procedurali e sull’integralità del recupero da effettuare rispetto a quanto indebitamente percepito dalla ricorrente.
Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.
Considerato in
Motivi della decisione
L’impugnato atto di recupero dell’indebito pensionistico viene contestato, in primo luogo, per pretesa violazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990 in relazione al mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento.
In proposito basti il richiamo al consolidato orientamento della giurisprudenza contabile secondo il quale il giudizio pensionistico dinanzi alla Corte dei Conti non ha per oggetto la legittimità del provvedimento impugnato ed i suoi eventuali vizi, ma il rapporto pensionistico. In altre parole, questa Corte non conosce della legittimità di un atto al fine di eventualmente disporne l’annullamento, bensì conosce, in termini sostanziali, del concreto rapporto pensionistico dedotto in giudizio; ne consegue che, ancorché il ricorso venga strutturato come impugnazione di atti (nel [#OMISSIS#] di specie peraltro di natura paritetica) della P.A., lo stesso ha per oggetto il rapporto obbligatorio di quiescenza in essere tra le parti [#OMISSIS#] sua globalità e non il mero sindacato sulla legittimità degli atti regolanti lo stesso risultando svuotata, in tale contesto, la rilevanza delle questioni attinenti alla mera legittimità formale degli atti e dei procedimenti, quali la questione attinente alle lamentate violazioni degli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990 (in tal senso ex plurimis Corte dei conti, Sez. Giur. Puglia, n. 1596/2013; Corte dei conti, Sez. Giur. Liguria, n. 95 /2014; Corte dei Conti, Sez. Giur. Trentino Alto [#OMISSIS#], n. 15/2014).
Si aggiunga, in ordine alla dedotta violazione dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241, che, come chiarito da consolidata giurisprudenza amministrativa, le predette disposizioni non [#OMISSIS#] intese nel senso meramente formale, con la conseguenza che occorre ritenere viziato ogni procedimento in cui sia mancata la previa comunicazione ovvero vengano rilevate irregolarità procedurali attinenti a tale fase, dovendosi al contrario verificare, [#OMISSIS#] per [#OMISSIS#], se la mancata partecipazione del privato al procedimento possa in qualche modo aver influito sul contenuto dell’atto finale.
Invero, secondo il citato orientamento, “l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo non deve essere osservato in maniera meccanicistica, sicché il vizio dell’omissione non può ritenersi sussistente quando manchi l’utilità della comunicazione, perché il provvedimento adottato non poteva avere altro contenuto (ad esempio, se si tratti di atto completamente vincolato) e quando il soggetto inciso sfavorevolmente dal provvedimento non abbia fornito alcuna prova che, ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento, sarebbe stato in grado di offrire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare diversamente l’amministrazione procedente” (Cons. St., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 5989; Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2012, n. 6505).
In applicazione di tali principi, atteso che le ragioni dell’atto di recupero di indebito si rivengono esclusivamente nell’applicazione delle disposizioni dettate in materia di limite di età per la percezione di trattamento pensionistico di riversibilità da parte degli orfani che siano studenti universitari di cui all’art. 1, comma 41, della L. n. 335 del 1995 e che tale accertamento integra un fatto oggettivo, non modificabile, e sul quale non potevano influire le argomentazioni spese dall’attuale ricorrente che non contesta né l’applicabilità in astratto della citata disciplina né la quantificazione delle somme da restituire, la censura deve comunque essere respinta.
Ciò posto, va rilevato che ai sensi dell’art. 1 comma 41 L. n. 335 del 1995, ai fini della concessione della pensione indiretta e di riversibilità ai figli di iscritto,
deceduto in data successiva al 16-08-199595, il diritto al trattamento di quiescenza sorge per gli orfani se alla data di [#OMISSIS#] del genitore risultino: di età compresa tra i 18 e 21 anni e frequentino una scuola media o professionale oppure abbiano un’età compresa fra i 18 e 26 anni e siano iscritti all’Università o a scuole di livello universitario, in un anno accademico compreso [#OMISSIS#] durata legale del corso di laurea.
La signora M. G. R. C., che alla data del decesso della madre adottiva [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (07-11-1997) avvenuto mentre l’iscritta (titolare di pensione diretta iscr. n. 12265735) era già in quiescenza (anche se soltanto dal 01-09-1997) aveva l’età anagrafica di 14 anni, ha percepito la pensione di riversibilità quale orfana della de cuius, prima perché minorenne, poi perché studentessa di corso di studi per il conseguimento della maturità classica e poi come studentessa universitaria, quindi prima in compartecipazione con le sorelle maggiori [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] e poi come orfana sola; il tutto si evince dall’articolata ricostruzione proposta dall”INPS-Gestione Dipendenti Pubblici-D.R. Campania e Molise nell’articolata memoria prodotta [#OMISSIS#] fase cautelare del presente giudizio, al cui corredo ha prodotto ampia documentazione.
L’indebito pensionistico in controversia è maturato a seguito dell’erronea erogazione di assegni in più sulla pensione iscr. n. 12265735 C nel periodo 01-08-2009/31-10-2012, effettuata dall’INPDAP in favore dell’odierna ricorrente nonostante ella avesse compiuto ventisei anni il 15-07-2009. Invero, a tenore della disposizione normativa dianzi indicata, la qualifica di studente universitario si perde comunque al compimento del 26 anno di età, al che ovviamente consegue la perdita del diritto a pensione di riversibilità.
Ne deriva che [#OMISSIS#] fattispecie de qua non si è in presenza di somme corrisposte in più su un trattamento provvisorio né, tanto meno, d’importi a debito conseguenti a revoca o modifica di trattamenti definitivi di quiescenza con altro provvedimento definitivo, cui fanno riferimento gli artt. 203 e segg. del D.P.R. n. 1092 del 1973.
Deve, piuttosto, trovare applicazione, ad avviso del G.U., in sostanziale analogia con quanto avviene in ragione della decisione n. 4/2008 delle SS.RR. di questa Corte dei conti per le variazioni al trattamento pensionistico di reversibilità conseguenti alle variazioni reddituali del pensionato ex art. 1 comma 41 L. n. 335 del 1995, l’art. 9 (‘Revisione dei pagamenti’) della L. 7 agosto 1985, n. 428, la quale dispone testualmente, al primo comma: “La revisione dei pagamenti delle spese fisse di competenza delle direzioni provinciali del Tesoro disposti mediante procedure automatizzate dovrà essere espletata entro il [#OMISSIS#] di un anno dalle relative lavorazioni”.
Al che consegue che l’ex INPDAP (ora INPS) avrebbe dovuto interrompere l’erogazione della pensione di riversibilità in favore di M. G. R. C. entro un anno dal momento in cui l’Istituto stesso avesse acquisito notizia dell’avvenuto superamento del 26 anno di età anagrafica, o fosse stato comunque in condizioni di acquisirla, cioè -in buona sostanza- entro un anno dal verificarsi dell’evento, ben noto all’Istituto in ragione dell’ampia documentazione e dei dati informatizzati in suo possesso. Trascorso tale [#OMISSIS#] -com’è avvenuto nel [#OMISSIS#] di specie, essendo stato il provvedimento di recupero notificato all’interessata soltanto nel 2013 e cioè oltre quattro anni dopo il venir meno del requisito anagrafico di legge- l’Amministrazione, avrebbe potuto (e anzi certamente dovuto) comunque interrompere l’erogazione, ma le eventuali somme già corrisposte in eccedenza avrebbero potuto essere recuperate soltanto in mancanza della buona fede del pensionato.
Riguardo la tempestività del provvedimento di recupero sostenuta all’odierna udienza dal rappresentante dell’Ufficio Avvocatura INPS, il G.U. rileva la non condivisibilità di tale argomentazione, poiché non solo il provvedimento de quo è stato notificato all’interessata il 21-11-2013 mentre l’indebito è maturato sino al mese di ottobre 2012 -per cui il [#OMISSIS#] di un anno stabilito ex lege era già scaduto- ma comunque l’evento da assumere in considerazione ai fini dell’individuazione del dies a quo di decorrenza del [#OMISSIS#] medesimo, è rappresentato, ad avviso del G.U., dalla data del compimento del 26 anno di età da parte della percipiente (15-07-2009).
La mancanza della buona fede dovrebbe evincersi, ad avviso dell’INPS (ex INPDAP) resistente dal fatto che la percipiente era perfettamente a conoscenza del fatto di aver compiuto 26 anni di età e di non trovarsi più [#OMISSIS#] condizione prevista ex lege per continuare a percepire il trattamento pensionistico di riversibilità.
Orbene, se ciò è vero -che la M. G. R. C. era consapevole del fatto di non aver più diritto a percepire la pensione di riversibilità iscr. n. 12265735 C una volta compiuti i 26 anni di età anagrafica- è pur vero che a termini di legge l’interruzione dell’erogazione sarebbe dovuta avvenire a cura dell’INPS (ex INPDAP) immediatamente o comunque nel [#OMISSIS#] di un anno ai sensi dell’art. 9 L. n. 428 del 1985 precedentemente richiamato ed è parimenti vero che l’odierna ricorrente non ha [#OMISSIS#] contribuito a far proseguire l’indebita erogazione, né può giungersi a ritenere che il dovere di collaborazione su di lei ricadente dovesse estendersi all’obbligo di segnalare all’Istituto erogante di non aver più titolo alla percezione del trattamento pensionistico di riversibilità avendo compiuto i 26 anni di età anagrafica, essendo tale dato nel pieno possesso dell’Istituto medesimo sin dall’inizio; il che equivale ad osservare che il non aver segnalato all’INPS (ex INPDAP) di avere raggiunto tale limite di età non può essere equiparato alla mancanza di buona fede [#OMISSIS#] percezione dei ratei pensionistici.
In ragione di quanto osservato il ricorso va accolto con conseguente declaratoria di irripetibilità della somma oggetto del provvedimento di recupero impugnato, con la conseguenza che le somme a tale titolo già trattenute [#OMISSIS#] restituite all’odierna ricorrente.
Tale restituzione va però limitata alla sola sorte capitale.
Sulle somme dovute in restituzione, non gravano, infatti, interessi legali e rivalutazione monetaria, in quanto non viene in rilievo un credito pensionistico, non erogato ovvero corrisposto in ritardo, fondato su una [#OMISSIS#] di legge, quanto, invece, un correttivo delineato in tutti i casi in cui il pensionato abbia percepito in buona fede assegni in più non dovuti. Per cui, [#OMISSIS#] fattispecie, non trova ingresso la giurisprudenza di questa Corte formatasi al riguardo sui crediti da pensione, in quanto si tratta di indebita erogazione che, [#OMISSIS#] ponderazione dei contrapposti interessi dell'[#OMISSIS#] e del pensionato in buona fede, viene affrancata dal recupero (cfr. ex plurimis Sezione III App. sent. n. 519/2004). Ciò in quanto trattasi di una somma corrisposta per errore per la quale è da escludere l’applicabilità delle disposizioni dell’art. 429 c.p.c.
Sussistono giusti motivi, in ragione della particolarità della fattispecie, per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA
In composizione monocratica, [#OMISSIS#] persona del [#OMISSIS#] Unico consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, dichiara irripetibili le somme ingiunte con l’avversato provvedimento (ingiunzione di pagamento dell’INPS-Gestione Dipendenti Pubblici-Sede Territoriale di Napoli 1 ai sensi del R.D. n. 639 del 1910 n. 71/2013 notificata il 21-11-2013), con conseguente restituzione delle somme a tale titolo trattenute limitatamente alla sola sorte capitale.
Spese del giudizio compensate.
Così deciso in Napoli, [#OMISSIS#] pubblica udienza del giorno 15 ottobre 2015.
Depositata in Cancelleria 15 ottobre 2015.