Corte dei conti reg., Lazio, 12 giugno 2015, n. 301

Personale ATA – Recupero somme erroneamente versate in sede di pensionamento – Riduzione trattamento pensionistico– Buona fede e affidamento

Data Documento: 2015-06-12
Area: Giurisprudenza
Massima

Non può trovare applicazione, nella fattispecie, il principio secondo cui, seppur doveroso, il recupero di somme illegittimamente erogate trova un suo ineludibile limite nel consolidamento di situazioni derivante dal principio di affidamento nella sicurezza giuridica. Infatti, non può ritenersi sussistente la buona fede dell’accipiens qualora questo non possa non essere consapevole della incerta qualificazione della retribuzione di posizione in primo luogo operata dall’Amministrazione.

Contenuto sentenza

PENSIONI
C. Conti Lazio Sez. giurisdiz., Sent., 12-06-2015, n. 301
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio
Il [#OMISSIS#] Unico delle Pensioni Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 73614 del registro di Segreteria
proposto dal sig. E. C.,
rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
avverso
il provvedimento in data 26.03.2013 dell’INPS – Gestione ex INPDAP
Assiste il Giudicante il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
All’udienza del 09.06.2015 sono comparsi:
l’avv. [#OMISSIS#], per parte ricorrente;
l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’Amministrazione INPS resistente.
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe è impugnato il provvedimento con cui è stata disposto il recupero di Euro 67.239,88, quale debito per le somme in più corrisposte al ricorrente dal 01.11.2002 al 31.10.2011;
Riferisce l’atto introduttivo del presente giudizio che:
iI sig. E. C., già dipendente dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, categoria EP4, area tecnico amministrativa, collocato a riposo per raggiunti limiti d’età a far tempo dal 01.02.2010 con 36 anni contributivi utili ai fini pensionistici, era titolare della pensione definitiva iscrizione n. 17726525, concessa con determinazione n. RIV1032010342023, comunicata con nota 14.01. 2010, dell’ importo annuo lordo pari a Euro 42.618,73, computato sulla seguente posizione economica: a) retribuzione media pensionabile alla cessazione 61.991,00; b) retribuzione media nel periodo interessato Euro 53,863,66 – C 51.504,73; c) prima quota di pensione in Euro 26.811,11; d) seconda quota di pensione in Euro 15.807,62;
tale trattamento pensionistico veniva determinato a seguito del modello “PA04” 02.11.2009 trasmesso all’ INPDAP dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”;
poiché il ricorrente dal 01.01.1993 e fino alla cessazione dei servizio era stato assegnato funzionalmente all’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] 1 come “strutturato”, il citato modello “PA04” teneva conto anche della dichiarazione 07.10.2009, poi rettificata con dichiarazione 18.03.2010, nelle quali l’Azienda Policliclinico [#OMISSIS#] I attestava l’ammontare dell’indennità perequativa ex art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979 corrisposta al ricorrente;
a seguito della dichiarazione 29.07.2013 dell’Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I – relativa all’aggiornamento dell’indennità di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979 conseguente ai benefici del CCNL Dirigenza Tecnica-Amministrativa del biennio economico 2008/2009 l’Università “La Sapienza” inviava all’INPS, subentrato ex lege all’INPDAP, un secondo modello “PA04” ai fini della rideterminazione del trattamento pensionistico in discorso e, sempre con nota in data 11.9.2013, avvisava il ricorrente che poiché [#OMISSIS#] citata dichiarazione 29.7.2013 l’ Azienda Policlinico [#OMISSIS#] I aveva “… diversamente dalla precedente … indicato l’ importo della retribuzione di posizione, come “variabile aziendale”…”, l’aggiornamento avrebbe determinato una riduzione della pensione conferita, in quanto per il personale universitario strutturato di categoria EP la retribuzione di posizione contrattuale (parte fissa e variabile) è utile in pensione [#OMISSIS#] c.d. quota A, mentre la retribuzione di posizione ” variabile aziendale” è utile esclusivamente in quota B…”;
l’I.N.P.S., considerato il nuovo modello “PA04” dell’11.09.2013, senza dare atto di alcun errore di fatto o nel computo del servizio o nei calcoli del trattamento pensionistico (ovvero di aver omesso elementi risultanti dagli atti), con l’ impugnato atto n. RM 032013763487, comunicato con nota 11.12.2013 prot. n. INPS 7066 11/12/2013/ 0087114, annullava e sostituiva il precedente atto n. RM032010342023 del 12.01.2010, rideterminando dal 01.02.2010 il trattamento di pensione del ricorrente al minor importo annuo lordo di Euro 37.630,87 computato sulla seguente posizione economica: a) retribuzione media pensionabile alla cessazione di 51.263,00; b) retribuzione media nel periodo interessato 52,473,16-50.451,33; c) prima quota di pensione in 22.171,25; d) seconda quota di pensione in Euro 15.459,62.
Avverso l’atto n. RM 032013763487 dell’INPS, comunicato con nota 11.12.2013 prot. n. INPS 7066 11/12/2013/ 0087114 (atto B), nonché nei confronti di tutti gli atti a questo annessi, connessi, presupposti e conseguenti, propone impugnativa il ricorrente rilevando:
– violazione di legge ed eccesso di potere, stante la buona fede in capo al ricorrente [#OMISSIS#] percezione degli emolumenti asseritamente non dovuti;
– assenza di responsabilità del ricorrente in ordine alla determinazione dell’indebito e riconducibilità di quest'[#OMISSIS#] a errore ovvero ritardo diretto ed esclusivo dell’INPDAP; in questo quadro, l’Ente è decaduto, a [#OMISSIS#] dell’art. 13 della L. n. 412 del 1991, dalla potestà di recuperare le somme erogate oltre l’anno precedente alla contestazione dell’indebito;
– comunque, la prescrizione sul presunto debito.
La resistente Amministrazione INPS si è costituita (27.10.2014) con il patrocinio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], chiedendo la reiezione del gravame, derivando il recupero dall’errato computo dell’indennità di posizione (quale variabile aziendale) in sede di determinazione della pensione provvisoria.
Con Ordinanza n. 423/2014 questo Giudicante ha respinto l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato.
L’Università “La Sapienza” di Roma ha depositato memoria, chiedendo la reiezione del gravame; in tale quadro, è stato evidenziato che la rideterminazione del trattamento pensionistico è stata effettuata dall’istituto previdenziale a seguito dell’acquisizione di nuova documentazione, in applicazione dell’art. 204 lett. c) del D.P.R. n. 1092 del 1973.
Rileva altresì la resistente Amministrazione che la retribuzione di posizione variabile aziendale, pur “convogliata” nell’indennità ex art. 31 D.P.R. 761 del 1979, doveva essere scorporata a fini pensionistici.
In data 27.05.2015 l’avv. [#OMISSIS#] ha depositato memoria difensiva, ribadendo i motivi afferenti a:
– violazione degli artt. 203204 e 205 del D.P.R. n. 1092 del 1973, in quanto la revoca dell’originario trattamento pensionistico e della sua rideterminazione in peius sarebbe avvenuta al di fuori dei casi consentiti dalla Legge e comunque oltre il [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] legislativamente previsto;
– in questo contesto, non è stato ravvisato nel provvedimento pensionistico iniziale un errore di fatto, né l’omissione di elementi risultanti da atti, né errori nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo del riscatto o avvenuto in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi;
– sussisterebbe inoltre violazione di giudicato, atteso che il Tribunale ordinario di Roma, quale [#OMISSIS#] del Lavoro (sentenza n. 1314/2013) aveva accertato che le somme in discussione nel presente giudizio andavano considerate solo ed esclusivamente come indennità ex art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979.
All’odierna udienza le parti si riportano ai rispettivi atti scritti e alle conclusioni ivi dedotte; l’avv. [#OMISSIS#] sottolinea, nel chiedere l’accoglimento del ricorso, il divieto per l’Amministrazione di procedere a revisioni in peius del trattamento pensionistico al di fuori dei casi consentiti dalla Legge (in disparte alla violazione, [#OMISSIS#] fattispecie, di giudicato).
Motivi della decisione
Il ricorrente evidenzia (cfr. atto introduttivo del giudizio) che il provvedimento impugnato risulterebbe non legittimo (violazione delle norme del [#OMISSIS#] procedimento; violazione della tutela dell’affidamento e eccesso di potere).
Rileva parte attrice di non avere avuto alcun ruolo, né colposo né doloso, [#OMISSIS#] causazione dell’errore in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, nell’erogare somme (in ipotesi non dovute) a titolo di pensione provvisoria.
Parte ricorrente riferisce che costituirebbe comunque orientamento [#OMISSIS#] della Corte dei conti quello in base a cui, in materia pensionistica, la buona fede del pensionato percipiente comporti l’irripetibilità delle somme (in ipotesi) indebitamente corrisposte in eccesso: secondo parte ricorrente la ripetizione dell’indebito non avviene in questa materia secondo le regole stabilite dall’art. 2033 c.c., poiché essa è comunque condizionata dalla sussistenza, nel percettore che abbia usato l’ordinaria diligenza, dalla consapevolezza che le somme non erano dovute o erano dovute in misura inferiore.
Il ricorso è privo di giuridico fondamento.
Nel [#OMISSIS#] di specie, a fronte del conferimento della pensione, il percipiente non poteva non essere consapevole che la determinazione del trattamento provvisorio derivava dall’errata quantificazione e qualificazione dell’indennità di posizione.
E’ peraltro parzialmente fondata l’eccezione di prescrizione ([#OMISSIS#] specie decennale), atteso che, a fronte di erogazioni pensionistiche aventi luogo a decorrere dal 01.11.2002, la resistente Amministrazione INPS ha comunicato con nota in data 11.12.2013 di voler procedere al recupero dell’indebito.
Non può trovare applicazione, [#OMISSIS#] fattispecie, il principio (cfr. Corte conti, SS.RR., sent n. 7/QM/2007) secondo cui, seppur doveroso, il recupero di somme illegittimamente erogate trova un suo ineludibile limite nel consolidamento di situazioni derivante dal principio di affidamento [#OMISSIS#] sicurezza giuridica.
[#OMISSIS#] specie, infatti, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non può ritenersi accertata la buona fede dell’accipiens, che non poteva non essere consapevole della incerta qualificazione della retribuzione di posizione (da caratterizzare, per [#OMISSIS#], come variabile aziendale e da scorporare ai fini pensionistici dall’indennità ex art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979) in primo luogo operata dall’Amministrazione.
Il ritardo dell’Amministrazione nel contestare la formazione dell’indebito ha quindi, oltretutto, determinato un vantaggio nei confronti del sig. E. C., il quale si è trovato a disporre di somme (senza dover corrispondere alcun interesse), ben consapevole (cfr. SS.RR., sent. 2/2012/QM) della possibilità che l’indennità di posizione venisse diversamente qualificata in sede di determinazione del trattamento definitivo.
Manifestamente infondata è l’eccepita violazione di giudicato, atteso che la pronunzia del [#OMISSIS#] civile non spiega alcuna efficacia nel presente giudizio, avente ad oggetto l’autonoma delibazione degli elementi posti a base (da parte ricorrente) della pretesa pensionistica.
Non può quindi essere utilmente invocato il principio (cfr. SS. RR. n. 7/QM/2007), dell’l’affidamento [#OMISSIS#] sicurezza giuridica, essendo ampiamente dimostrata la rilevabilità, in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sui ratei di pensione (cfr. cit. SS.RR., sent. 2/2012/QM).
Deve essere comunque parzialmente l’eccezione di intervenuta prescrizione (che [#OMISSIS#] fattispecie è decennale), avente decorrenza dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento di recupero.
Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorso si manifesta parzialmente munito di giuridico fondamento.
P.Q.M.
La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
ACCOGLIE PARZIALMENTE
Il ricorso in epigrafe.
Manda all’Amministrazione INPS per i provvedimenti di competenza.
Liquida in favore del ricorrente le spese e competenze di lite [#OMISSIS#] misura di Euro 100,00 (cento/00).
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Consiglio del 9 giugno 2015.
Depositata in Cancelleria 12 giugno 2015.