Corte dei conti reg., Abruzzo, 27 maggio 2015, n. 46

Studente lavoratore - Permessi straordinari retribuiti volti a garantire il diritto allo studio

Data Documento: 2015-05-27
Area: Giurisprudenza
Massima

Il giudizio contabile è autonomo e non sussiste, di conseguenza, alcun rapporto di pregiudizialità con il processo penale.

Contenuto sentenza

GIUDIZIO DI CONTO   –   PENSIONI
C. Conti Abruzzo Sez. giurisdiz., Sent., 27-05-2015, n. 46
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo
composta dai seguenti magistrati:
dott. [#OMISSIS#] Calamaro, – presidente,
dott. [#OMISSIS#] Pepe, – consigliere relatore,
dott. [#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], – consigliere,
ha pronunciato
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 19053/R del registro di segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:
E.D., nata a P. il (…) ed ivi residente in via di S., n. 199;
uditi, alla pubblica udienza in data 27 gennaio 2015, il magistrato relatore, dott. [#OMISSIS#] Pepe, ed il rappresentante del pubblico ministero, dott. [#OMISSIS#] Leoni;
con l’assistenza del segretario, dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
esaminati gli atti ed i documenti della causa.
Rilevato in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato in data 16 settembre 2014, il vice procuratore generale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio E.D., nella qualità di seguito indicata, per ivi sentirsi condannare al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, della somma di Euro 3.164,23 … o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, nonché degl’interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo, ed alle spese del giudizio, in favore dello Stato.
I fatti contestati dalla Procura regionale erano i seguenti: il Nucleo di Polizia tributaria Pescara della Guardia di finanza ha inviato alla Procura regionale il rapporto prot. (…), del 29 novembre 2012, dal quale è emerso il risultato delle indagini eseguite a carico della dipendente dell’Agenzia delle Entrate, in servizio presso la Direzione Provinciale di Pescara, allo scopo di verificare le irregolarità segnalate dall’Ufficio Risorse della Direzione Regionale dell’Agenzia medesima e riguardanti la “fruizione di ore di permessi studio retribuiti (ex art. 48 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro C.C.N.L. relativo al personale del comparto Agenzie fiscali del 28 maggio 2004)”. Nella denuncia era stato evidenziato che la dipendente, nell’anno 2011, “avrebbe richiesto un numero di ore superiore a quelle complessivamente autorizzate e godute (ammontanti a 150 ore annue)”; inoltre, l’Agenzia datrice di lavoro, dai controlli eseguiti, aveva avuto modo di rilevare gravi incongruenze tra la documentazione fornita dall’interessata e i dati in possesso dell’Università degli Studi di Chieti Pescara “[#OMISSIS#] D’Annunzio” – Facoltà di Psicologia, per la frequenza della quale la D. aveva richiesto il beneficio orario ai fini della frequenza ai corsi per il conseguimento della relativa Laurea Specialistica. L’attività investigativa delle Fiamme Gialle s’è svolta mediante accertamenti presso la SOGEI s.p.a. (società di gestione del software meccanografico dell’Agenzia delle Entrate), presso il medico curante della dipendente (per approfondimenti sui numerosi giorni di malattia da questi certificati) e presso l’Ufficio d’appartenenza. Ne è emerso che la D. avesse richiesto due tipologie di permessi: per studio (le 150 ore previste dall’articolo 48 del C.C.N.L. di comparto) e per la partecipazione ad esami o concorsi (ai sensi dell’articolo 46 dello stesso C.C.N.L.). Le incongruenze paventate nella denuncia della datrice di lavoro sono state rilevate effettivamente esistenti, negli anni dal 2008 al 2011: – quanto ai permessi richiesti sulla previsione dell’articolo 48 del C.C.N.L., perché non riscontrate le date delle lezioni universitarie rispetto alla richiesta di fruizione delle ore d’assenza autorizzata dal servizio, in disparte altre irregolarità amministrative presenti nella documentazione d’ufficio (firma apocrifa della richiesta, richiesta postdatata rispetto alla fruizione, mancata presentazione della documentazione necessaria da parte della richiedente); – quanto ai permessi richiesti sulla previsione dell’articolo 46 del C.C.N.L., perché non riscontrate le date degli esami universitari rispetto alla richiesta di fruizione delle ore d’assenza autorizzata dal servizio, ovvero perché l’interessata non vi aveva partecipato, mentre è emerso che la D., sotto più date, aveva partecipato ad esami universitari mentre risultava assente dal servizio per malattia, e tutto nel medesimo contesto di opacità amministrativa quanto ad autenticità della sottoscrizione della richiesta ed a tempestività della stessa rispetto alla data di asserita necessità. Su queste risultanze, il Nucleo di Polizia Tributaria Pescara della Guardia di finanza ha riferito i dati riassunti nella tabella che segue:
Omissis
… Con atto notificatole il 19 maggio 2014, la D. è stata invitata dalla Procura regionale a fornire, entro trenta giorni dalla ricezione, le proprie deduzioni, con riferimento al danno patrimoniale causato all’Agenzia delle Entrate nella vicenda innanzi riassunta. Nel termine assegnato, tuttavia, l’invito non è stato riscontrato … La condotta della convenuta ha determinato all’Amministrazione datrice di lavoro un pregiudizio patrimoniale pari alla retribuzione lorda che quest’ultima ha erogato a valere sui giorni e per le ore nei quali le prestazioni lavorative sono state illegittimamente non rese. Il danno, dunque, risiede nella mancata utilità, per l’Agenzia delle Entrate, tratta dalla spesa sostenuta per avvalersi dell’opera della dipendente D. in riferimento alle assenze ingiustificate dal servizio che quest’ultima ha perpetrate … All’epoca dei fatti illeciti dai quali il danno s’è realizzato, era in essere il rapporto di servizio diretto tra l’Agenzia delle Entrate e la convenuta, che era operante presso la Direzione Provinciale di Pescara … L’illiceità delle condotte della D. dalle quali è derivata la lesione patrimoniale sofferta dalla datrice di lavoro è stata accertata dal Nucleo di Polizia Tributaria Pescara della Guardia di finanza nell’attività investigativa riferita in narrativa. I riscontri sono stati accuratamente vagliati e non sono stati smentiti dalla dipendente dell’Amministrazione fiscale neppure in occasione dell’invito a fornire le proprie deduzioni notificatole dalla Procura contabile.
Il parametro legale, in fattispecie quale quella oggetto della presente controversia, era offerto – al tempo – dagli articoli 48 e 46 del C.C.N.L., del 28 maggio 2004, relativo al personale del comparto delle Agenzie fiscali, rubricati – rispettivamente – “Diritto allo studio” e “Permessi retribuiti”. La prima di tali disposizioni prevede l’attribuzione di speciali permessi, nella misura massima di 150 ore individuali per ciascun anno e nel limite massimo del 3%, per il personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna Agenzia, che dovesse, tra l’altro, partecipare “a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari”, come in effetti risultava essere, al tempo, la D., iscritta al corso di laurea specialistica in Psicologia presso l’Università degli Studi “[#OMISSIS#] D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Se non che, a tenore del comma 8 dell’articolo 48 del menzionato C.C.N.L., la concessione dei permessi è stata prevista subordinata alla presentazione, da parte dei dipendenti interessati, prima dell’inizio dei corsi, del certificato di iscrizione e, “al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione agli stessi o altra idonea documentazione preventivamente concordata con l’Agenzia, l’attestato degli esami sostenuti, anche se con esito negativo. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali”; istituto, quest’ultimo, che – secondo l’articolo 51, comma 1, del medesimo C.C.N.L. – è “senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità”. Dunque, in tutte le circostanze, singolarmente rilevate in istruttoria, nelle quali la D. s’è assentata dal servizio conservando il diritto alla retribuzione, in applicazione dell’articolo 48 del C.C.N.L. di comparto, senza che ne sussistessero i presupposti tipizzati dalla disposizione stessa, debbono considerarsi assenze illegittime e perpetrate in violazione dei doveri d’ufficio. La seconda di tali disposizioni regola, invece, tra l’altro, l’ipotesi di permessi retribuiti “per partecipazione a concorsi od esami, limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove: giorni otto all’anno”. La chiara limitazione ai “giorni di svolgimento delle prove”, quale presupposto della fruizione di questa tipologia di permessi retribuiti, impone il rigoroso legame tra l’impegno determinato dalla partecipazione al concorso o all’esame nel giorno del suo svolgimento ed il diritto ad assentarsi dal servizio senza penalità retributive. Tale legame non è stato riscontrato in una pluralità di casi riguardanti la convenuta che, invece, ha talora atteso ad impegni universitari in giorni nei quali è risultata essere assente dal servizio per malattia, con ciò violando anche la previsione contenuta nell’articolo 49 del ripetuto C.C.N.L. di comparto del 28 maggio 2004. Emerge con ogni evidenza, in conclusione, che le condotte qui prese in considerazione sono state tenute in violazione dei doveri che alla D. incombevano nello svolgimento del rapporto di servizio con la datrice di lavoro … Le condotte antidoverose qui prese in considerazione, che hanno prodotto la lesione patrimoniale all’Amministrazione fiscale, sono riferibili unicamente alla convenuta, non risultando la lesione medesima realizzata per altra causa. È vero, infatti, che il personale delle Fiamme Gialle ha avuto modo di riscontrare diverse “anomalie” amministrative nella documentazione relativa ai procedimenti riferiti alle singole assenze dal servizio contestate alla D.. È, però, innegabile che il danno patrimoniale sofferto dall’Agenzia delle Entrate in derivazione della retribuzione illegittimamente da lei percepita in occasione di assenze dal servizio perpetrate sine titulo è diretta dipendenza della rappresentazione non veritiera, da lei offerta, dei presupposti per la fruizione, ed il danno s’è verificato – ancorché in un contesto amministrativo approssimativo – esclusivamente in derivazione delle singole condotte della dipendente, in assenza delle quali nessun pregiudizio patrimoniale sarebbe stato sofferto dalla datrice di lavoro … Le condotte considerate debbono essere qualificate permeate da dolo. In fattispecie, infatti, il riscontro dell’elemento psicologico della massima intensità è palesemente collegato alla reiterazione delle condotte illecite, protrattesi per quattro anni, nonché alla callidità che le ha caratterizzate, segnatamente con riferimento alla non veridicità nella rappresentazione della corrispondenza tra richieste di permessi e impegni universitari, nonché dall’uso improprio delle assenze per malattia per attendere agl’impegni stessi. Preso atto, infine, che le condotte della convenuta risultano configurare anche possibile violazione di norme penali comportanti il perseguimento d’ufficio, valuterà il Giudice – ai sensi dell’articolo 331 c.p.p. – la sussistenza dei presupposti per informare anche l’a.g. penale, ai fini dell’esercizio dei poteri propri di quella sede.
In relazione a tali accadimenti, il pubblico ministero instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, comma 1, del D.L. n. 453 del 1993, convertito in L. n. 19 del 1994 (invito a dedurre in data 6 maggio 2014, notificato il successivo 19 maggio).
L’intimata non presentava deduzioni né chiedeva di essere ascoltata personalmente.
Seguiva, come descritto, l’emissione dell’atto di citazione in giudizio, regolarmente notificato alla convenuta.
Con scritto pervenuto in data 5 gennaio 2015, E.D.:
ritenendo estinte tutte le pretese anteriori, eccepiva la prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità;
contestava la quantificazione del danno;
richiamando specifica nota dell’Agenzia delle entrate, considerava integralmente satisfattivo della pretesa l’avvenuto recupero di Euro 1.802,53;
confutava, nel merito, il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio;
precisando di essere sottoposta, per gli stessi fatti di cui all’atto di citazione, a procedimento penale dinanzi il Tribunale di Pescara (12027/11 R.G.N.R.), chiedeva la sospensione facoltativa del giudizio contabile.
In occasione della pubblica udienza in data 27 gennaio 2015, il pubblico ministero, ribadendo che il danno è pari alla retribuzione lorda indebitamente percepita, insisteva per la condanna.
Considerato in
Motivi della decisione
L’ordine di esame delle questioni è rimesso al prudente apprezzamento del giudice (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 727 del 1991).
In primis, il collegio rileva che, per giurisprudenza oramai consolidata, il giudizio contabile è autonomo e non sussiste, di conseguenza, alcun rapporto di pregiudizialità con il processo penale (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Umbria, n. 45 del 2013; Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, n. 160 del 2011; Sezione III giurisdizionale centrale, n. 135 del 2011; Sezione II giurisdizionale centrale, n. 472 del 2010; Sezione I giurisdizionale centrale, n. 195 del 2010; Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, n. 405 del 2010).
Tanto premesso, si osserva che l’eccezione di prescrizione, genericamente sollevata dalla convenuta, priva di rappresentanza tecnica, con scritto depositato in data 5 gennaio 2015, appare priva di fondamento.
Nella fattispecie, invero, l’occultamento doloso del danno impediva la tempestiva tutela del credito, attivabile soltanto dopo la scoperta del nocumento medesimo.
La disciplina ex art. 1, comma 2, della L. n. 20 del 1994, come sostituito dall’art. 3 del D.L. n. 543 del 1996, convertito in L. n. 639 del 1996, prevedendo che in caso di occultamento doloso del danno la prescrizione decorra dalla data della sua scoperta, costituisce applicazione, nello specifico ambito della responsabilità amministrativa, della norma ricavabile dall’art. 2941, n. 8, c.c., per la quale si verifica la sospensione del corso della prescrizione fra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 84 del 2014).
L’evidente connessione fra causa di sospensione del corso della prescrizione e impedimento all’esercizio del diritto derivante dall’occultamento, comporta, quale logico corollario, che la causa di sospensione cessi nel momento della scoperta del danno da parte del soggetto legittimato all’esercizio del diritto stesso e, pertanto, da parte dell’amministrazione danneggiata, soggetto creditore, cui deve equipararsi la scoperta da parte della Procura regionale presso la Corte dei conti, in considerazione della sua legittimazione a compiere atti di costituzione in mora (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 14/Q.M. del 2000) e ad esercitare l’azione di responsabilità con effetti interruttivi del corso della prescrizione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo,
n. 84 del 2014).
Con riferimento al caso di specie, in base
all’intera documentazione versata agli atti del giudizio, si ritiene che l’amministrazione danneggiata abbia avuto possibilità concreta di tutelare il credito soltanto dalla data della effettiva scoperta (risalente al mese di dicembre dell’anno 2011 – nota n. 18027 in data 15 dicembre 2011 dell’Agenzia delle entrate, Direzione regionale Abruzzo) delle irregolarità in questione, vicende, peraltro, correttamente riferite al pubblico ministero contabile con segnalazione di danno erariale n. 198961/12 in data 29 novembre 2012 della Guardia di finanza, Nucleo di polizia tributaria Pescara, Gruppo tutela economia, Sezione reati societari, fallimentari e altra criminalità economica, pervenuta il successivo 7 dicembre.
Anteriormente alla prima data indicata, infatti, né l’amministrazione né la Procura erariale erano nella possibilità legale di far valere il diritto al risarcimento del danno, per mancanza di conoscenza del meccanismo perpetrato dalla convenuta (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 84 del 2014) e meglio precisato nel prosieguo di motivazione.
Viene in rilievo, al riguardo, il principio contenuto nell’art. 2935 c.c. per il quale contra non valentem agere non currit praescriptio.
Tenuto conto di quanto sopra, deve ritenersi che l’actio del requirente sia stata tempestivamente esercitata poiché l’invito a dedurre in data 6 maggio 2014 giungeva a legale conoscenza (19 maggio 2014) dell’intimata entro il previsto termine quinquennale.
Circa il merito, il collegio deve accertare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’azionata responsabilità amministrativa disciplinati dalla normativa in materia (articoli 52 del R.D. n. 1214 del 1934, 81 e successivi del R.D. n. 2440 del 1923, 18 e successivi del D.P.R. n. 3 del 1957, 1 della L. n. 20 del 1994, come modificato dal D.L. n. 543 del 1996, convertito nella L. n. 639 del 1996).
Considerando anzitutto l’elemento oggettivo – la cui eventuale mancanza renderebbe ultroneo qualsivoglia ulteriore accertamento dei restanti elementi – occorre rilevare che risulta validamente ed ampiamente provato il danno derivante dalla erogazione di emolumenti connessi al rapporto di lavoro della D. con l’Agenzia delle entrate per i periodi in cui la medesima ha omesso la prestazione lavorativa in modo antigiuridico, in violazione delle norme che disciplinano le assenze dal servizio.
Il pregiudizio patrimoniale, secondo i criteri uniformemente e costantemente applicati dalla giurisprudenza, appare certo, concreto ed attuale.
Al fine di precisare l’ingiustizia dell’esborso – dal quale non è derivata, come appare ovvio, alcuna utilitas per l’amministrazione che non ha usufruito di controprestazione lavorativa per i periodi di assenza – si richiama testualmente l’art. 48 (diritto allo studio) del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto delle Agenzie fiscali, sottoscritto in data 28 maggio 2004: 1. Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sono concessi – anche in aggiunta alle attività formative programmate dall’Agenzia – speciali permessi retribuiti, nella misura massima di 150 ore individuali per ciascun anno e nel limite massimo del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna Agenzia all’inizio di ogni anno, con arrotondamento all’unità superiore. Le agenzie articolate territorialmente provvedono, con atti organizzativi interni, a ripartire tra le varie sedi il contingente di personale di cui al presente comma, definendo i relativi criteri e modalità operative in sede di contrattazione integrativa nazionale di Agenzia. 2. I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post-universitari, di scuola di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami. Nell’ambito della contrattazione integrativa potranno essere previsti ulteriori tipologie di corsi di durata almeno annuale per il conseguimento di particolari attestati o corsi di perfezionamento anche organizzati dall’Unione Europea, anche finalizzati all’acquisizione di specifica professionalità ovvero, infine, corsi di formazione in materia di integrazione dei soggetti svantaggiati sul piano lavorativo, nel rispetto delle priorità di cui al comma 4. 3. Il personale interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale. 4. Qualora il numero delle richieste superi le disponibilità individuate ai sensi del comma 1, per la concessione dei permessi si rispetta il seguente ordine di priorità: a) dipendenti che frequentino l’ultimo anno del corso di studi e, se studenti universitari o post-universitari, abbiano superato gli esami previsti dai programmi relativi agli anni precedenti; b) dipendenti che frequentino per la prima volta gli anni di corso precedenti l’ultimo e successivamente quelli che, nell’ordine, frequentino, sempre per la prima volta, gli anni ancora precedenti escluso il primo, ferma restando, per gli studenti universitari e postuniversitari, la condizione di cui alla lettera a); c) dipendenti ammessi a frequentare le attività didattiche, che non si trovino nelle condizioni di cui alle lettere a), e b). 5. Nell’ambito di ciascuna delle fattispecie di cui al comma 4, la precedenza è accordata, nell’ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media inferiore, della scuola media superiore, universitari o post-universitari. 6. Qualora a seguito dell’applicazione dei criteri indicati nei commi 4 e 5 sussista ancora parità di condizioni, sono ammessi al beneficio i dipendenti che non abbiano mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso e, in caso di ulteriore parità, secondo l’ordine decrescente di età. Ulteriori condizioni che diano titolo a precedenza sono definite nell’ambito delle procedure di cui all’art. 4 (Contrattazione collettiva integrativa). 7. L’applicazione dei predetti criteri e la relativa graduatoria formano oggetto di informazione successiva ai soggetti sindacali di cui all’art. 9 (Soggetti sindacali titolari della C.I.). 8. Per la concessione dei permessi di cui ai commi precedenti i dipendenti interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione agli stessi o altra idonea documentazione preventivamente concordata con l’Agenzia, l’attestato degli esami sostenuti, anche se con esito negativo. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali. 9. Nel caso in cui il conseguimento del titolo preveda l’esercizio di un tirocinio, l’Agenzia potrà valutare con il dipendente, nel rispetto delle incompatibilità e delle esigenze di servizio, modalità di articolazione della prestazione lavorativa che facilitino il conseguimento del titolo stesso. 10. Per sostenere gli esami relativi ai corsi indicati nel comma 2 il dipendente, in alternativa ai permessi previsti nel presente articolo, può utilizzare, per il solo giorno della prova, anche i permessi per esami previsti dall’art. 46 (permessi retribuiti). 11. Le condizioni di estensione ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato dei permessi di cui al presente articolo, sono individuate in un’apposita sessione negoziale da tenersi entro il 30 giugno 2004.
La lettura di tale disposizione deve essere necessariamente coordinata con il precedente art. 46 (permessi retribuiti) del medesimo contratto collettivo: 1. A domanda del dipendente sono concessi permessi retribuiti per i seguenti casi da documentare debitamente: – partecipazione a concorsi od esami, limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove: giorni otto all’anno; – lutti per coniuge, o convivente stabile, parenti entro il secondo grado ed affini di primo grado: giorni tre per evento. 2. A domanda del dipendente – per particolari motivi familiari o personali debitamente documentati – possono essere inoltre concessi, nell’anno, tre giorni di permesso retribuito. Il dipendente, in alternativa, può fruire di n. 18 ore complessive di permesso utilizzabili in modo frazionato. Le due modalità di fruizione dei permessi non sono cumulabili. Tra le motivazioni per cui possono essere concessi i permessi di cui al presente comma, rientrano l’effettuazione di visite specialistiche o esami clinici, di testimonianze per fatti non di ufficio, nonché l’assenza motivata da gravi calamità naturali che rendono oggettivamente impossibile il raggiungimento della sede di servizio, fatti salvi, in questi eventi, i provvedimenti di emergenza diversi e più favorevoli disposti dalle competenti autorità. 3. Il dipendente ha, altresì, diritto ad un permesso retribuito di quindici giorni consecutivi in occasione del matrimonio che può essere richiesto anche entro i trenta giorni successivi all’evento. 4. I permessi dei commi 1, 2 e 3 possono essere fruiti cumulativamente nell’anno solare; gli stessi permessi non riducono le ferie e sono valutati agli effetti dell’anzianità di servizio. 5. Durante i predetti periodi al dipendente spetta l’intera retribuzione esclusi i compensi per il lavoro straordinario, le indennità connesse a particolari condizioni di lavoro e quelle che non siano corrisposte per dodici mensilità. 6. I permessi di cui all’art. 33, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104 non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi e non riducono le ferie e possono essere fruiti anche ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili. 7. Il dipendente ha, altresì, diritto, ove ne ricorrano le condizioni, ad altri permessi retribuiti previsti da specifiche disposizioni di legge. Tra queste ultime assumono particolare rilievo l’art. 1 della L. 13 luglio 1967, n. 584 come sostituito dall’art. 13 della L. 4 maggio 1990, n. 107 e l’art. 5, comma 1, della L. 6 marzo 2001, n. 52, che prevedono, i permessi per i donatori di sangue ed i donatori di midollo osseo, nonché i permessi ed i congedi per eventi e cause particolari previsti dall’art. 4, comma 1, dalla L. n. 53 del 2000.
Trattasi, in tutta evidenza, di un testo estremamente dettagliato in ordine alla disciplina delle specifiche assenze dei dipendenti che, nel caso della D., risulta, come ampiamente emerso dalle accurate indagini svolte dagli organi di polizia tributaria, essere stata reiteratamente violata in relazione ad una molteplicità di adempimenti, prescrizioni ed obblighi colà previsti.
Gli accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza (segnalazione di danno erariale n. 198961/12 in data 29 novembre 2012 della Guardia di finanza, Nucleo di polizia tributaria Pescara, Gruppo tutela economia, Sezione reati societari, fallimentari e altra criminalità economica), considerati precisi, completi ed attendibili, secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, n. 206 del 2008; Sezione I giurisdizionale centrale, nn. 532 del 2008 e 410 del 2005; Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 1789 del 2008; Sezione III giurisdizionale centrale, nn. 2 del 2003 e 178 del 2002) e costantemente richiamati dalla Sezione giurisdizionale in intestazione (nn. 85 del 2014, 120 del 2012 e 14 del 2009), illustrano e compendiano efficacemente i fatti oggetto di contestazione.
Invero, la predetta risulta essersi assentata dal lavoro e quindi avere indebitamente percepito le competenze in relazione a ripetuti periodi per i quali, esibendo talvolta documenti falsi attestando, con gli stessi documenti, “cose” (partecipazioni a lezioni e/o esami) non veritiere, non produceva alcuna – doverosa – comunicazione o questa esibiva in maniera insufficiente et/aut irregolare.
Desolante, al riguardo, la situazione fondatamente ricostruita dal requirente: quanto ai permessi richiesti sulla previsione dell’articolo 48 del C.C.N.L., perché non riscontrate le date delle lezioni universitarie rispetto alla richiesta di fruizione delle ore d’assenza autorizzata dal servizio, in disparte altre irregolarità amministrative presenti nella documentazione d’ufficio (firma apocrifa della richiesta, richiesta postdatata rispetto alla fruizione, mancata presentazione della documentazione necessaria da parte della richiedente); quanto ai permessi richiesti sulla previsione dell’articolo 46 del C.C.N.L., perché non riscontrate le date degli esami universitari rispetto alla richiesta di fruizione delle ore d’assenza autorizzata dal servizio, ovvero perché l’interessata non vi aveva partecipato, mentre è emerso che la D., sotto più date, aveva partecipato ad esami universitari mentre risultava assente dal servizio per malattia, e tutto nel medesimo contesto di opacità amministrativa quanto ad autenticità della sottoscrizione della richiesta ed a tempestività della stessa rispetto alla data di asserita necessità.
I permessi non spettanti son riferiti agli anni 2008 (97 ore e 48 minuti), 2009 (92 ore), 2010 (70 ore e 36 minuti) e 2011 (84 ore e 7 minuti).
In relazione al quantum del danno, decidendo iuxta alligata et probata, il nocumento deve essere determinato in Euro 3.164,23, somma esattamente ed analiticamente individuata dal pubblico ministero e riferita all’importo lordo delle retribuzioni (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 1589 del 2011; Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, n. 203 del 2011).
Completamente destituite di fondamento si presentano altresì le fragili argomentazioni della convenuta in ordine all’avvenuto recupero di Euro 1.802,53, ritenuto integralmente satisfattivo della pretesa de qua.
In realtà, tale importo è riferito a provvedimenti di riduzione assegni per periodi successivi a quelli oggetto di contestazione e non riguarda in alcuna misura l’indebita fruizione di permessi studio e/o per esami dal 2008 ad aprile-maggio 2011 (nota n. 13808 in data 17 settembre 2013 dell’Agenzia delle entrate, Direzione regionale dell’Abruzzo, Ufficio risorse umane).
Palese, per di più, è il grado d’intensità, particolarmente qualificato (dolo), dell’atteggiamento psicologico – elemento richiesto, in alternativa alla colpa grave, dall’art. 1, comma 1, della L. n. 20 del 1994, come sostituito dall’art. 3 del D.L. n. 543 del 1996, convertito in L. n. 639 del 1996 – atteso che le condotte in disamina devono essere ricondotte, univocamente, alla volontà intenzionale della D..
Tutti gli elementi richiamati costituiscono, ad avviso del giudicante, le fondamenta e, insieme, adeguata probatio del coefficiente soggettivo doloso che permea i comportamenti in
valutazione.
Il giudizio di responsabilità finanziaria, invero, si caratterizza per l’inadempimento di preesistenti doveri di comportamento nascenti dal rapporto di servizio.
Orbene, nel caso in esame, è evidente che, per le considerazioni esposte, la condotta della convenuta non è caratterizzata da colpa, sia pure grave, nell’esecuzione dei propri adempimenti, atteso che palese, detestabile, grave e reiterata appare la violazione delle norme di riferimento.
Si è innanzi, in altri termini, ad una ingiustificata interruzione del sinallagma contrattuale nel rapporto di lavoro con l’amministrazione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, n. 7 del 2015).
Tanto, peraltro, in manifesto contrasto con le esigenze di crescita culturale e professionale dei dipendenti e la valorizzazione della formazione universitaria nella pubblica amministrazione, tutte recentemente e opportunamente confermate (Presidenza del Consiglio dei Ministri, circolare n. 12 in data
7 ottobre 2011).
Nulla quaestio sul rapporto di servizio e sul nesso di causalità, risultando pacifico il primo ed evidente il legame tra i descritti comportamenti, in violazione della richiamata normativa, ed il danno.
Pertanto, si ritengono configurabili tutti gli elementi per l’affermazione della responsabilità oggetto della domanda di parte attrice – come efficacemente sostenuta dall’esame complessivo, coordinato e congiunto degli atti e dei documenti di causa – non avversata da validi argomenti di segno contrario.
Non è possibile ricorrere al