Corte dei conti reg., Liguria, 16 aprile 2015, n. 25

Docenti a tempo pieno e a tempo definito – Incompatibilità

Data Documento: 2015-04-16
Area: Giurisprudenza
Massima

Anche nei casi di svolgimento di attività incompatibili con l’incarico di docente universitario (ex artt. 11 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382; 53 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; e 60 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), perché sussista la responsabilità amministrativa è necessario che vi sia un danno concreto e attuale per l’Erario, il quale costituisce presupposto indefettibile per la configurabilità dell’ordinaria responsabilità amministrativo-contabile. Deve pertanto respingersi la tesi secondo cui la violazione delle norme sull’incompatibilità determinerebbe danno in quanto per praesumptio iuris et de iure l’esercizio di attività vietate influisce negativamente sul risultato pubblico perseguito, vanificandolo interamente, con evidente sviamento di risorse pubbliche. Ed invero, fondandosi tale pretesa su un danno presunto ex lege, non può non rilevarsi che si ripropone così un’ipotesi di responsabilità formale – vale a dire scollegata da un effettivo nocumento patrimoniale per la Pubblica Amministrazione – da tempo espunta dall’ordinamento.È da escludersi che l’effettiva lesione dell’Ente possa essere rinvenuta in re ipsa nello svolgimento di attività non compatibili con lo status di docente a tempo pieno, occorrendo invece la prova del nocumento che, in concreto, sarebbe derivato all’Ateneo di appartenenza dalla corresponsione dello stipendio a fronte della attività prestata dal docente che abbia correttamente svolto tutti i compiti spettantigli.

Contenuto sentenza

GIUDIZIO DI CONTO
Corte dei Conti Liguria Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 18-02-2015) 16-04-2015, n. 25
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA
composta dai magistrati:
Dott. [#OMISSIS#] Coccoli – presidente
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – consigliere relatore
Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 19516 del registro di segreteria, promosso dalla Procura Regionale presso questa Sezione nei confronti del Signor S.G., nato a P. (A.) il (…) e residente in G., via Z. n. 5, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Stagnaro ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Genova, via Corsica n. 2;
visti gli atti di causa;
udita, nella pubblica udienza del 18 febbraio 2015, la relazione del consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
sentiti gli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Stagnaro per il convenuto e il Pubblico Ministero in persona del Vice procuratore generale dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 13 febbraio 2014 la Procura regionale ha convenuto in giudizio il dott. G.S. per sentirlo condannare al risarcimento in favore dell’Università degli Studi di Genova della somma di Euro 303.021,70 (trecentotremilaventuno70), oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, in relazione al danno inferto all’Ateneo per avere esercitato “l’industria o il commercio” e per avere svolto attività libero-professionale incompatibile con l’incarico di Professore universitario, nonché per la mancata partecipazione ad alcuni Consigli di Facoltà e di Dipartimento.
Secondo l’esposizione fatta dal Requirente, in esito ad indagine dallo stesso disposta – a seguito di notizie riportate dalla Stampa e della trasmissione, da parte del Garante dell’Università degli Studi di Genova, della “Relazione al Senato Accademico sull’attività svolta nell’anno accademico 2006-2007” – è emerso che il dott. G.S., attualmente professore ordinario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Genova, ha insegnato presso l’Ateneo in regime di tempo pieno dal 01.11.89 al 31.10.95; di tempo definito dal 01.11.95 al 31.10.09 e dal 01.11.09 in avanti di tempo pieno.
Dagli accertamenti effettuati presso l’Agenzia delle Entrate è risultato che il predetto negli anni di imposta 2010-2011, trovandosi in regime di tempo pieno, aveva incassato compensi da attività professionali per complessivi Euro 99.092,00, percependo altresì emolumenti da diverse società.
In particolare, lo S. era stato amministratore unico (oltre che socio di maggioranza) della società “B.C. s.r.l.” dal 12.05.08 al 22.12.09, nonché presidente del consiglio di amministrazione di altra società denominata “B.V.S. s.p.a.” dal 29.08.00 al 22.08.02.
Il Procuratore Regionale, ritenuta, in relazione all’accertato svolgimento da parte dello S. di attività imprenditoriali/commerciali incompatibili e professionali non autorizzate, la sussistenza di sufficienti elementi per una imputazione di responsabilità amministrativa nei confronti del medesimo per danno all’Erario consistente nelle retribuzioni percepite dall’Università nei periodi 12.05.08 – 22.12.09 e 29.08.00 – 22.08.02, nonché nei compensi da attività professionale percepiti negli anni 2010-2011, previa rituale contestazione degli addebiti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla L. 14 gennaio 1994, n. 19, non avendo ritenuto le deduzioni svolte dallo stesso idonee a superare le contestazioni mossegli, lo ha convenuto con il suindicato atto di citazione.
Il requirente contesta allo S. di avere esercitato “l’industria o il commercio”, avendo rivestito la carica di amministratore unico (e socio di maggioranza) della società “B.C. s.r.l.” dal 12.5.08 al 22.12.09, nonché di presidente del consiglio di amministrazione della società “B.V.S. s.p.a.” dal 29.8.00 al 22.8.02 e di avere, pertanto, violato l’art.11 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il quale statuisce sia per i professori universitari a tempo pieno che per i professori a tempo determinato l’incompatibilità con l’esercizio dell’industria e del commercio, nonché per i professori a tempo pieno anche l’incompatibilità con l’esercizio di attività libero-professionale.
Il docente in quanto pubblico dipendente avrebbe altresì violato gli artt. 53 D.Lgs. n. 165 del 2001 e 60 D.P.R. n. 3 del 1957, in base ai quali “i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza”.
L’ art. 15 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, richiamato dal comma 5 D.L. 02 marzo 1987 n. 57, prevede, in caso di violazione delle norme in tema di incompatibilità per impieghi privati, la sanzione della decadenza dall’ufficio, previa diffida”.
Le predette violazioni della normativa sulle incompatibilità afferenti l’attività di docente universitario sono da ritenere, secondo l’accusa, di natura dolosa, non potendo esservi dubbi circa la consapevolezza del convenuto di porre in essere comportamenti vietati dalla legge.
Inoltre, nella specie, il termine di prescrizione decorrerebbe dalla data della scoperta dell’illecito (dalla data della relazione istruttoria dell’ottobre 2012), ricorrendo l’ipotesi dell’ “occultamento doloso”, ex art. 1 comma 2 L. n. 20 del 1994, per cui il termine quinquennale di prescrizione inizia a decorrere dalla data della scoperta dell’illecito, e non dal suo verificarsi.
La condotta di “occultamento doloso”, ulteriore rispetto alla commissione dell’illecito, ad avviso del requirente, “può essere integrata non solo da un comportamento attivo (falsificazione di documenti e artifizi vari) ma anche, secondo i principi generali, da una condotta omissiva, qualora volontariamente non si comunichino fatti che si aveva invece l’obbligo giuridico di comunicare”.
E, nel caso di specie, lo S. avrebbe contravvenuto volontariamente all’obbligo giuridico di comunicare all’Università lo svolgimento di attività professionale potenzialmente incompatibile.
Il requirente determina il danno da risarcire nella somma complessiva di Euro 303.021,70 (trecentotremilaventuno70), di cui:
Euro 192.195,36 (centonovantaduemilacentonovantacinque36), corrispondenti alle intere retribuzioni indebitamente percepite dallo S. nei periodi dal 29.08.00 al 22.08.02 e dal 12.05.08 al 22.12.09, durante i quali ha svolto le suindicate attività incompatibili;
Euro 93.600,00 (novantatremilaseicento0), percepiti dal medesimo dalle società B.C. s.r.l. e S.C. s.r.l, come compensi per attività professionali incompatibili, da versare all’Ente pubblico, ai sensi dell’art. 53, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001;
Euro 17.226,34 (diciassettemiladuecentoventisei34), corrispondenti alla retribuzione percepita nei giorni in cui è risultato assente ingiustificato a 44 Consigli di Facoltà e 35 consigli di Dipartimento.
Il tutto maggiorato di interessi legali e rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat.
Detto danno deve essere risarcito nella sua interezza, in quanto, secondo la Procura, “Tale obbligo di restituzione deriva…….. direttamente dalla imperatività e indisponibilità delle previsioni legislative citate, senza che permanga spazio per analisi in ordine alla utilità delle attività comunque svolte in favore dell’ente pubblico”.
L’incompatibilità prevista dalla legge darebbe vita “ad una praesumptio iuris et de iure secondo cui l’esercizio di attività vietate influisce negativamente sul risultato pubblico perseguito, vanificandolo interamente”.
Il convenuto, si è costituito a mezzo degli avv.ti [#OMISSIS#] e Stagnaro con memoria depositata in data 19 giugno 2014.
La difesa, in via preliminare, eccepisce:
– il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, in quanto gli addebiti mossi dalla Procura hanno ad oggetto la presunta violazione di obblighi relativi al rapporto di impiego dei docenti universitari, la cui cognizione è demandata al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 63, comma 4D.Lgs. n. 165 del 2001;
– la nullità della citazione, nonché dei precedenti atti istruttori e processuali, in quanto adottati in violazione dell’art. 17, comma 30-ter del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, il quale sancisce la nullità degli atti predetti in caso di adozione degli stessi in difetto di una specifica e concreta notizia di danno;
– con riferimento alla domanda di condanna per il mancato versamento all’Università delle somme riscosse in relazione ad attività professionali esterne non autorizzate, (eccepisce) la mancata preventiva escussione dei soggetti che hanno conferito gli incarichi, per il cui espletamento, da parte dell’Università, chiede la sospensione o il rinvio dell’udienza;
– la prescrizione del presunto credito risarcitorio, relativamente alle condotte dell’odierno conve­[#OMISSIS#] anteriori all’11/12/2007, ossia al quinquennio dalla notifica dell’invito a dedurre (11/12/2012). Nella specie, non ricorrerebbe, infatti, l’ipotesi dell’occultamento doloso, di cui all’art. 1, comma 2, della L. n. 20 del 1994, non potendo consistere detto occultamento “nel semplice silenzio serbato dall’agente circa l’esercizio di una attività dal P. M. ritenuta incompatibile con lo status di docente a tempo definito, senza che venga in evidenza una particolare attività illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere lo svolgimento di detta attività o a renderne difficile la scoperta”. Il conve­[#OMISSIS#] non avrebbe, infatti, in alcun modo impedito o reso difficoltosa la verifica da parte dell’Ateneo, avendo lo stesso indicato i compensi percepiti nelle dichiarazioni dei redditi ed essendo le cariche sociali dal medesimo ricoperte agevolmente conoscibili mediante accesso ai pubblici registri.
Nel merito, i patrocinatori eccepiscono l’assenza di danno erariale per avere il convenuto – nei periodi in cui ha rivestito la carica di amministratore unico (e socio di maggioranza) della società B.C. s.r.l. dal 12.05.08 al 22.12.09, e quella di presidente del consiglio di amministrazione della B.V.S. s.p.a. dal 29.08.00 al 22.08.02 – “regolarmente e proficuamente svolto l’attività universitaria, con riferimento sia alla ricerca scientifica, che alla didattica.”
Più precisamente, rappresentano che il prof. S.:
– “nel periodo 29/8/2000 – 22/8/2002 è stato autore di 12 pubblicazioni a carattere nazionale e internazionale, co-editor di 3 volumi e corresponsabile scientifico di un convegno internazionale;
– nel periodo 12/5/2008 – 22/12/2009 è stato co-editor di un volume e relatore a due convegni.
Inoltre, relativamente all’attività didattica, il convenuto:
– nel primo periodo ha regolarmente svolto le lezioni di due corsi annuali (“Sistemi elettrici per i trasporti”; “Tecnologie dei trasporti e territorio”), per un totale di 330 ore di lezione, nonché le relative esercitazioni e prove d’esame;
– nel secondo periodo ha tenuto le lezioni (per complessive 245 ore), le esercitazioni e gli esami dei seguenti corsi ufficiali: “Sistemi elettrici per l’ingegneria ferroviaria”; “Gestione e logistica dei trasporti marittimi”; ‘Tecnica, economia e legislazione dei trasporti”; “Tecnica ed Economia dei trasporti e trasporti marittimi”.
Nei periodi considerati il prof. S. ha svolto ulteriori attività in ambito universitario, quale coordinatore di corsi di dottorato, membro di consiglio scientifico e di commissione di valutazione nonché docente di master, Direttore (2004- 2007) e, quindi, Presidente (2007-2015) del Consorzio Nazionale lnteruniversitario per i Trasporti e la Logistica – NITEL. All’epoca dei fatti, secondo il profilo prodotto dalla difesa, egli si sarebbe attivato in più occasioni per stipulare numerosi contratti di ricerca, convenzioni e sponsorizzazioni, per un valore complessivo di Euro 1.611.471,13.
Ancora, i difensori con riferimento all’incarico di presidente di S. (2000-2002) obiettano che il convenuto – all’epoca in regime di tempo definito – non ha svolto alcuna attività rientrante nell’ “esercizio del commercio e dell’industria”, tale da configurare l’ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 382 del 1980, in quanto tale incarico, comportava anteriormente alla fusione di S. con B.V., avvenuta nel 2008, la sola legale rappresentanza della Società, con espressa esclusione di ogni potere di amministrazione sia ordinaria, che straordinaria.
“Né, tantomeno, l’incompatibilità di cui al ricordato art. 11 può ravvisarsi in relazione a B.C., che svolgeva esclusivamente attività di consulenza nel settore degli appalti pubblici e privati e che, come tale, non rientra nella nozione di industria e/o commercio.
Neppure la partecipazione al capitale di detta Società – alla quale allude la citazione – può, di per sé, costituire esercizio del commercio o dell’industria.
In ogni caso si precisa che anche relativamente all’incarico in seno a B.C. il convenuto era in posizione di docente a tempo definito”.
Con riferimento alla domanda di versamento all’Ente pubblico, ex art. 53, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001, dei compensi percepiti negli anni 2010-2011 per attività professionali non autorizzate, la difesa eccepisce l’insussistenza di danno erariale per avere il convenuto svolto proficuamente l’attività universitaria, precisando che comunque i compensi avrebbero avuto ad oggetto incarichi conferiti ed espletati anteriormente al 31/12/2009, periodo in cui il docente era soggetto al regime lavorativo di tempo definito.
Quanto alla voce di danno contestata per la mancata partecipazione del convenuto alle sedute del Consiglio di Facoltà di Ingegneria e dei Consigli di Dipartimento negli anni 2007-2011, i patrocinatori, dopo aver ribadito l’eccezione di prescrizione per quelle tenutesi anteriormente all’11/12/2007, osservano che alcune di dette sedute si sono svolte in concomitanza con altri impegni universitari (lezioni ed esami) del convenuto; contestano, in ogni caso, il recupero dell’intera giornata lavorativa, atteso che le stesse non si protraevano per più di tre ore.
Infine, i difensori sostengono che il danno non potrebbe identificarsi nei compensi lordi percepiti dall’interessato, dovendo aversi riguardo a quanto è effettivamente entrato nella sua spera patrimoniale.
Parte convenuta conclude chiedendo:
“in via preliminare, dichiarare il proprio difetto di giurisdizione a conoscere della vicenda di cui all’atto di citazione notificato al prof. S., ovvero dichiarare nulli, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, la citazione medesima e i precedenti atti istruttori e processuali;
in ogni caso, previa sospensione dell’odierno giudizio o rinvio ad altra data dell’udienza di merito, per le ragioni indicate al paragrafo e) della presente memoria, prosciogliere l’odierno con-venuto da ogni addebito contestato respingendo, in quanto prescritte e/o infondate, le domande formulate nei suoi confronti dalla Procura Regionale;
in subordine, e salvo gravame, ridurre congruamente l’entità del danno posto a carico del convenuto, esclusa altresì la solidarietà passiva con altri, eventuali responsabili.
Con vittoria di spese e onorari di giudizio”.
Discussa la causa all’udienza del 9 luglio 2014, con sentenza non definitiva n. 97 del 2014, la Sezione:
ha affermato la giurisdizione della Corte dei conti anche con riferimento alla domanda di versamento all’Ente pubblico, ex art. 53, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001, dei compensi percepiti per attività professionali non autorizzate;
ha respinto l’eccezione di dichiarare la nullità della citazione e dei precedenti atti istruttori e processuali, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009;
ha dichiarato prescritte le somme contestate in relazione ai fatti dannosi verificatisi anteriormente alla data dell’11 dicembre 2007.
Inoltre, con separato provvedimento (ordinanza n. 59/2014), ha disposto i seguenti adempimenti istruttori:
– a cura della Procura, di acquisire le scritture contabili relative ai compensi percepiti dallo S. dalle Società “S.C.” e “B.C.”, al fine di verificare se detti compensi “siano effettivamente riconducibili ad attività svolte negli anni precedenti al 2010”, come sostenuto dai difensori, “o non rappresentino, piuttosto, ulteriori compensi per attività svolte negli anni 2010 – 2011, sia pure con riferimento ad accordi contrattuali di anni precedenti oggetto di proroga”;
– parimenti a cura del Procuratore regionale, di acquisire “presso l’Università di Genova …. gli elenchi delle sedute dei Consigli di Facoltà e di Dipartimento recanti la data e l’orario in cui si sono tenuti, con l’indicazione a fianco di ciascuna seduta delle concomitanti attività istituzionali (lezioni ed esami) effettivamente svolte negli stessi giorni dal Prof. S., con specificazione dell’orario di svolgimento di queste ultime attività”;
– a cura della parte convenuta, di produrre le fatture emesse negli anni 2007/2009 a carico delle società predette, nonché copia dei relativi contratti di consulenza.
Il convenuto ha depositato la documentazione richiesta il 14/10/2014 (doc. ti di parte convenuta da 10 a 12-bis). A sua volta, la Procura ha dato esecuzione all’incombente istruttorio, provvedendo a depositare in esito allo stesso relazioni della Guardia di Finanza del 7/11/2014 e del 13/1/2015.
All’odierna pubblica udienza, l’avv. [#OMISSIS#] ha sottolineato, in particolare, che dalla condotta tenuta dal proprio assistito non è derivato alcun danno per l’Università, in quanto lo stesso ha puntualmente svolto la propria funzione docente. D’altra parte, il dovere di esclusività, cui sarebbe venuto meno, ha dato origine a sanzioni disciplinari, la cui impugnazione è attualmente pendente innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale; per il resto, gli avvocati [#OMISSIS#] e Stagnaro per il convenuto ed il Pubblico ministero, in persona del Vice procuratore generale, dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], hanno illustrato le argomentazioni svolte negli atti scritti, ribadendone tutte le conclusioni. Al termine, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in
Motivi della decisione
Come sopra riferito, con sentenza non definitiva n. 47/2014 , la Sezione ha dichiarato l’intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria relativa ai fatti asseritamente dannosi verificatisi anteriormente all’11/12/2007 e, in particolare, delle somme indebitamente percepite dal convenuto per emolumenti stipendiali non dovuti, perché contemporanei allo svolgimento, nel periodo 29/8/2000 – 22/8/2002, di attività ritenuta incompatibile e per non avere lo stesso partecipato senza giustificazione a numerosi Consigli di Facoltà e di Dipartimento nell’anno 2007.
Passando all’esame delle domande risarcitorie non travolte dalla prescrizione, in primo luogo, la Procura contesta al prof. S. il danno corrispondente alle retribuzioni da lui percepite nel periodo 12.5.2008 – 31.10.2009 in cui lo stesso, svolgendo funzioni di docente a tempo definito, ha rivestito la carica di amministratore unico (e socio di maggioranza) della società “B.C. s.r.l., in violazione dell’art.11 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il quale statuisce, sia per i professori universitari a tempo pieno che per i professori a tempo definito, l’incompatibilità con l’esercizio dell’industria e del commercio. Analoga incompatibilità è peraltro prevista dagli artt. 53 D.Lgs. n. 165 del 2001 e 60 D.P.R. n. 3 del 1957 per i dipendenti pubblici, categoria cui appartengono i docenti universitari.
Con riferimento a tale pretesa risarcitoria, la Sezione deve, anzitutto, procedere alla verifica della sussistenza del danno, il quale rappresenta il presupposto oggettivo della responsabilità amministrativa.
Il Procuratore regionale sostiene che i compensi percepiti dall’Università nel periodo in cui il docente ha svolto attività incompatibili “debbono essere considerati come abusivamente percepiti, costituiscono danno erariale e vanno restituiti all’Amministrazione”.
Tale obbligo di restituzione deriverebbe “dalla imperatività e indisponibilità delle previsioni legislative …., senza che permanga spazio per analisi in ordine alla utilità delle attività comunque svolte in favore dell’ente pubblico”.
I difensori del prof. S., nell’avversare la pretesa attorea, obiettano che la condotta del loro assistito non ha causato alcun danno erariale risarcibile, in quanto lo stesso ha regolarmente e proficuamente svolto l’attività universitaria.
L’eccezione è fondata.
A tale riguardo osserva, infatti, la Sezione che, anche nei casi di svolgimento di attività incompatibili, perché sussista la responsabilità amministrativa è necessario che vi sia un danno concreto e attuale per l’Erario, il quale costituisce presupposto indefettibile per la configurabilità dell’ordinaria responsabilità amministrativo-contabile (Sez. Liguria sent. n. 102 del 2012).
Deve pertanto respingersi la tesi della Procura, secondo cui la violazione delle norme sull’incompatibilità determinerebbe danno, in quanto per “praesumptio iuris et de iure …….. l’esercizio di attività vietate influisce negativamente sul risultato pubblico perseguito, vanificandolo interamente”, con evidente sviamento di risorse pubbliche.
Ed invero, fondandosi tale pretesa su un danno presunto ex lege, non può non rilevarsi che il requirente ripropone un’ipotesi di responsabilità formale – vale a dire scollegata da un effettivo nocumento patrimoniale per la Pubblica Amministrazione – da tempo espunta dall’ordinamento.
Inoltre, pur sanzionando la normativa invocata (artt. 60 e 63 del D.P.R. n. 3 del 1957) l’esercizio delle attività dichiarate incompatibili, tra cui “il commercio e l’industria”, con la decadenza dall’impiego pubblico (previa diffida a cessare dalla situazione di incompatibilità e decorsi 15 giorni dalla diffida stessa senza che l’incompatibilità sia cessata), nessuna disposizione stabilisce che la trasgressione del divieto di svolgere determinate attività integra un danno erariale pari ai compensi stipendiali percepiti, né altra penalizzazione di tipo pecuniario.
In proposito debbono, pertanto, richiamarsi i principi affermati dalle Sezioni Riunite di questa Corte con la sentenza n. 12/2007QM del 27/12/2007, la quale distingue tra la responsabilità sanzionatoria, riguardante specifiche fattispecie tipizzate di responsabilità, di cui “la legge deve molto puntualmente indicare ogni elemento della fattispecie sanzionatoria” e la responsabilità amministrativa di tipo risarcitorio (la sola che può venire in considerazione nel presente giudizio), la quale non può prescindere dalla sussistenza di un effettivo pregiudizio per l’Erario.
In tal senso risulta, d’altronde, essersi espressa in fattispecie analoghe la giurisprudenza della Corte dei conti, secondo cui “è da escludersi che l’effettiva lesione dell’Ente possa essere rinvenuta in re ipsa nello svolgimento di attività non compatibili con lo status di docente a tempo pieno, occorrendo invece la prova del nocumento che, in concreto, sarebbe derivato all’Ateneo di appartenenza dalla corresponsione dello stipendio a fronte della attività prestata dal docente che abbia correttamente svolto tutti i compiti spettantigli” (Corte dei Conti – Sez. giur. Emilia Romagna n. 14 del 2014. Cfr. , ex plurimis, Sez. giur. di Bolzano, ex n. 18/2012, confermata sul punto dalla Prima Sezione d’Appello n. 1052/2014).
In applicazione del suesposto orientamento, la Sezione ritiene che la domanda concernente i “compensi percepiti dall’Università nel periodo di incompatibilità” debba essere respinta per mancanza di danno.
Ed invero, nella specie, il Procuratore regionale non solo non ha provato la sussistenza di un danno pari ai compensi stipendiali percepiti dal convenuto nel periodo in cui ha svolto la contestata attività incompatibile, ma non ha neppure prospettato come detta attività abbia interferito negativamente sul regolare svolgimento della funzione docente, essendosi limitato a sostenere che per presunzione assoluta di legge “l’esercizio di attività vietate influisce negativamente sul risultato pubblico perseguito, vanificandolo interamente”, con la conseguenza che gli stipendi erogati dall’Università costituirebbero integralmente danno erariale in quanto abusivamente percepiti.
Per contro, la difesa, come sopra riferito, ha documentato lo svolgimento da parte del convenuto, all’epoca docente a tempo definito, di una adeguata attività scientifica e didattica.
Venendo all’altro profilo di danno contestato dalla Procura, afferente al mancato versamento all’Ente pubblico, ex art. 53, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001, della somma di Euro 93.600,00, risultante dalle fatture nn. 1/10 e 2/10, emesse dal docente a carico di “S.C.” e nn. 4/10 e 1/11, emesse a carico di B., per compensi percepiti in relazione allo svolgimento di attività professionale non autorizzata, la difesa ha eccepito, con il supporto della relativa documentazione, che dette attività, pur essendo state saldate nel periodo 2010 – 2011 sono da riferire ad incarichi conferiti ed espletati anteriormente al 31/12/2009, allorché il docente era soggetto al regime lavorativo di tempo definito.
Anche tale eccezione è fondata.
A seguito dell’espletamento del supplemento istruttorio disposto per più avvertita giustizia dalla Sezione, la Procura ha depositato relazione del 6/11/2014 con cui la Guardia di Finanza, in esito ad ulteriori acquisizioni documentali presso le società interessate, ha precisato quanto segue:
le fatture nn. 1/10 e 2/10, emesse dal docente a carico di “S.C.” il 3/2/2010 e il 6/4/2010 e liquidate il 7/4/2010, sono relative a contratto del 27/12/2006 con cui la Società conferì allo S. alcuni incarichi professionali resi nel 2007;
le fatture n. 4/10 e n. 1/11, emesse a carico di B. il 2/11/2010 e il 21/10/2011 e saldate, rispettivamente, il 10/11/2010 e il 28/10/2011, sono relative ad incarichi professionali conferiti allo S. da B.C., a mezzo verbale assemblea ordinaria del 02.08.2008, resi nell’anno 2008.
Dunque, sulla base della documentazione acquisita agli atti del processo, i compensi percepiti dallo S. nel 2010 e nel 2011 sono da riferire ad attività professionale svolta dallo stesso nei confronti di “S.C.” e di “B.C.” nel 2007 e nel 2008, anni in cui lo stesso si trovava in regime lavorativo di tempo definito, che gli consentiva lo svolgimento di attività professionale senza che occorresse esplicita autorizzazione. Di conseguenza, anche tale richiesta attorea deve essere respinta per insussistenza dei fatti addebitati.
Infine, occorre esaminare l’ultima voce di danno contestata relativa alla somma delle retribuzioni percepite, pari ad Euro 17.226,34, nei giorni in cui il docente è risultato assente ingiustificato a n. 44 Consigli di Facoltà e n. 35 Consigli di Dipartimento.
Posto che la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali dell’Università rientra tra gli obblighi del docente, ai sensi degli artt. 10, comma 2, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382; 1, comma 3, della L. 4 novembre 2005, n. 230, la domanda è fondata e deve essere accolta.
Ai fini della determinazione di tale voce di danno, contestata nell’importo complessivo di Euro 17.226,34, a fronte degli emolumenti corrisposti nei 79 giorni in cui il docente non partecipò alle sedute degli organi collegiali dal 2007 al 2011, occorre escludere da detto calcolo la parte di compensi relativi alle sedute del 2007 (n. 16), interessati dalla dichiarazione di prescrizione contenuta nella sentenza non definitiva di questa Sezione n. 47/2014.
Vanno parimenti esclusi dal calcolo i compensi relativi a 18 giorni (n.10 del 2008, n. 3 del 2009, n. 4 del 2010 e n. 1 del 2011) relativamente ai quali il docente ha documentato di non aver partecipato alle riunioni dei Consigli di Dipartimento e di Facoltà per contestuale svolgimento delle lezioni o degli esami.
Ne consegue che il danno da risarcire per tale voce di danno è di Euro 12.506,29, pari agli emolumenti percepiti nelle 41 giornate ( n. 13 nel 2008, n. 14 nel 2009, n. 11 nel 2010 e n. 3 nel 2011) in cui il docente non partecipò ingiustificatamente ai Consigli di Dipartimento e di Facoltà.
Il collegio non ritiene di poter accogliere le richieste dei difensori di parte convenuta di limitare il danno alla durata delle riunioni ed al netto degli emolumenti percepiti.
Correttamente l’accusa ha tenuto conto degli emolumenti relativi all’intera giornata, dal momento che, secondo quanto risulta dagli atti, l’interessato in quei giorni non svolse altre attività.
Quanto alla richiesta di recuperare gli importi indebitamente percepiti al netto dell’imposizione fiscale, la stessa non risulta adeguatamente formulata, non risultando allegato né documentato il netto.
D’altra parte, il condannato “potrà eventualmente ottenere il rimborso di quanto pagato, ovvero il recupero potrà avvenire attraverso la riduzione del reddito e dell’imposta che grava su di esso” (Corte conti. Sez. Prima, sent. n. 836/2014.
Per la considerazioni svolte, la Sezione ritiene, pertanto, in parziale accoglimento della domanda attrice, che il convenuto debba essere condannato, in favore dell’Università di Genova, al pagamento della somma di Euro 12.506,29 (dodicimilacinquecentosei/29), oltre a rivalutazione monetaria a decorrere dalle date degli indebiti esborsi.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguria, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna il sig. G.S. al pagamento in favore dell’Università di Genova della somma di Euro 12.506,29 (dodicimilacinquecentosei/29), oltre a rivalutazione monetaria a decorrere dall’1.1.2012.
Dalla data di deposito della presente sentenza sulla somma risultante saranno dovuti gli interessi legali fino al pagamento.
Condanna, inoltre, lo stesso al pagamento delle spese di giudizio che vengono liquidate in Euro.848,49 (ottocentoquarantotto/49).
Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2015.
Depositata in Cancelleria 16 aprile 2015.