N. 05258/2018REG.PROV.COLL.
N. 04898/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 c.p.a., sul ricorso NRG 4898/2018, proposto dall’ Università degli studi di Perugia, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
contro
la prof.ssa [#OMISSIS#] Giannantoni, appellante incidentale, rappresentata e difesa dagli avv.ti [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Viola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Terni, via della Caserma n. 5,
per la riforma
della sentenza del TAR Umbria n. 96/2018, resa tra le parti e concernente il recupero delle somme già assegnate a seguito delle procedure selettive per l’attribuzione dell’incentivo una tantum ex art. 29, co. 19 della l. 240/2010 per gli anni 2011, 2012 e 2013, a favore di professori di II fascia (anno
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della prof. Giannantoni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 31 luglio 2018 il Cons. Silvestro [#OMISSIS#] Russo e uditi altresì, per le parti costituite, l’avv. [#OMISSIS#] D’Aloia (per delega dell’avv. [#OMISSIS#]) e l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#];
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
Ritenuto in fatto che:
– l’art. 29, co. 19 della l. 30 dicembre 2010 n. 240 autorizzò la spesa di € 18 mln. per l’anno 2011 e di € 50 mln. per ciascuno degli anni 2012 e 2013, in vista dell’attuazione dei precedenti artt. 6, co. 14 e 8, concernenti la valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale dei professori e, rispettivamente, dei ricercatori universitari ai fini dell’attribuzione degli scatti, nonché la revisione del relativo trattamento retributivo;
– detta norma previde al contempo la fissazione di criteri e modalità, con un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, per attuare il riparto di tali risorse tra gli Atenei e la selezione dei destinatari con criteri di merito accademico e scientifico;
– in base all’art. 1, commi 4 e 5 del DM 21 luglio 2011 n. 314 e dall’art. 4, commi 2 e 3 del DM 26 luglio 2013 n. 665, son stati stabiliti, per l’anno 2011 e, rispettivamente, per gli anni 2012 e 2013, i criteri di valutazione per l’assegnazione, da parte di ciascun Ateneo e nella forma dell’incentivo una tantum a favore di professori e ricercatori universitari, su loro istanza;
– con il decreto n. 1764 del 1° ottobre 2014, il Rettore dell’Università degli studi di Perugia ha emanato il regolamento per l’attribuzione dell’incentivo, stabilendo (art. 2, co. 1, lett. e) l’obbligo per i candidati di dichiarare la presenza ai Consigli di Dipartimento per almeno il 50% delle relative sedute e la rideterminazione proporzionale, per tutti i requisiti minimi (compreso quello gestionale), in caso di congedo, aspettativa dal servizio, trasferimenti o altre cause previste dall’ordinamento, ferma sempre la facoltà delle Commissioni di valutazione d’effettuare controlli a campione sulle dichiarazioni rese dai candidati;
– col decreto rettorale n. 1789 dell’8 ottobre 2014, è stata indetta la procedura comparativa ai fini dell’accesso a tal incentivo, prevedendo, tra i vari requisiti di ammissione e concomitante agli altri, l’avvenuta maturazione, in capo al candidato e per il triennio precedente, di almeno il 50% delle presenze alle sedute dei Consigli di Dipartimento e del 60% di quelle dei Consigli di Facoltà;
– il successivo art. 5, co. 3 ha a sua volta stabilito, ai fini della valutazione sul possesso dei requisiti minimi e con norma espressamente riportata nell’allegato modulo di domanda (da redigere in carta semplice, in forma di dichiarazione sostitutiva ex artt. 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445 e secondo lo schema di cui all’allegato “A”), la rideterminazione di tali in modo proporzionale all’esistenza «… di periodi di congedo, aspettativa dal servizio, trasferimenti o altre cause previste dall’ordinamento dichiarati nella domanda di partecipazione e verificati dagli uffici preposti…»;
– con l’e-mail ordinaria diramata il 9 novembre 2014 dal responsabile dell’Area programmazione e procedure selettive del personale docente, l’Ateneo ha comunicato la disponibilità degli elenchi di docenti e ricercatori che hanno partecipato alle sedute degli organi collegiali e ha precisato che le assenze giustificate a queste ultime «…ai sensi del Regolamento e del Bando delle procedure in oggetto non sono idonee ad essere computate ai fini del possesso del requisito delle presenze richiesto…», ferma la facoltà dei candidati di proporre al Rettore un’istanza di ritiro della domanda;
Rilevato altresì che:
– a tal procedura ha inteso partecipare, tra gli altri docenti, pure la prof.ssa [#OMISSIS#] Giannantoni, la quale, pur a fronte d’un modulo che la avvertiva della predetta rideterminazione, ha dichiarato il possesso per intero, nel triennio di riferimento, del requisito minimo di presenze pure nel Consiglio di Dipartimento;
– s’è appurato, però ed in esito ad un’indagine giudiziaria affidata alla GDF, come la partecipazione della prof.ssa Giannantoni agli organi collegiali non abbia realizzato, né nel triennio 2008/2010, né nel triennio 2010/12, il 60% delle presenze nel Consiglio di Facoltà;
– pertanto l’Ateneo, con decreto rettorale n. 395 del 20 marzo 2017, ha proceduto al recupero, pure nei confronti della prof.ssa Giannantoni, dell’incentivo una tantum che nel frattempo le era stato riconosciuto ed assolto (e poi dalla stessa spontaneamente restituito);
– contro tal statuizione, la nota inviatagli via e-mail ordinaria il 9 novembre 2011 e tutti gli altri atti connessi la prof.ssa Giannantoni è insorta innanzi al TAR Umbria, con il ricorso NRG 197/2017, deducendo in punto di diritto cinque articolati gruppi di censure;
– l’adito TAR, con sentenza n. 96 del 7 febbraio 2018, ha:
1) in accoglimento dell’eccezione dell’Ateneo intimato, reputato inammissibile l’impugnazione nei confronti del regolamento e del bando (3° motivo di ricorso);
2) accolto la pretesa attorea con riguardo al 4° motivo (sull’ illegittimità del recupero, avendo detto Ateneo informato i docenti partecipanti alla procedura de qua, dopo il bando e lo spirare del termine per presentare le domande, con una mera e-mail sulla non computabilità delle assenze giustificate), poiché la lex specialis non ha detto nulla al riguardo di tali assenze e le norme d’Ateneo non sono perspicue sul punto, sì da ingenerare un affidamento sulla computabilità di tali assenze e da rendere irrilevante la nota all’uopo diramata il 9 novembre 2014, donde l’impossibilità di ritenere non veritiere le dichiarazioni sostitutive dei candidati e l’insussistenza d’ogni indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. soggetto a recupero, con conseguente estinzione dell’interesse al 1° motivo (recupero al netto e non al lordo delle ritenute);
3) assorbito le censure procedurali di cui ai motivi 2° e 5° (per ragioni d’economia processuale);
– appella quindi l’Università degli studi di Perugia, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza nel leggere le norme della lex specialis e dello statuto d’Ateneo;
– resiste in giudizio la prof.ssa Giannantoni, che conclude per il rigetto dell’appello, ripropone il 1° motivo erroneamente dichiarato improcedibile e, ai sensi dell’art. 101, co. 2, c.p.a., gli assorbiti motivi 2° e 5°, oltre a produrre gravame incidentale contro la declaratoria d’inammissibilità del 3°;
Considerato in diritto in via preliminare che:
– non hanno pregio o, meglio, s’appalesano superflue le deduzioni dell’appellante incidentale verso le due eccezioni in [#OMISSIS#] (sull’omessa intimazione d’almeno un controinteressato e, rispettivamente, sul difetto di contestazione diretta contro gli accertamenti della GDF) proposte in primo grado, in quanto non ve n’è espressa menzione nell’appello principale e, dunque, son da intendere rinunciate;
– in ogni caso, rettamente il TAR ha respinto la prima eccezione, ché la qualità di controinteressato in senso tecnico è riconosciuta solo a chi sia nominativamente indicato nel provvedimento gravato o sia agevolmente individuabile in base a quest’ultimo;
– in ordine alla seconda, in disparte l’assenza di un onere specifico all’impugnazione diretta di detti verbali (mei atti endoprocedimentali poi trasfusi nei provvedimenti impugnati), sul contenuto di essi l’appellante incidentale ha dedotto funditus;
Considerato quindi che:
– l’appello incidentale si rivolge contro la declaratoria di tardività del 3° motivo del ricorso di prime cure, che afferisce al regolamento d’Ateneo sull’assegnazione dell’incentivo in parola, nonché al conseguente bando, ma va esaminato in via prioritaria, potendo l’eventuale suo accoglimento render superflua ogni questione principale, che invece presuppone tali atti;
– il TAR ha dichiarato inammissibile tal motivo, in quanto rivolti a far constare l’illegittimità delle clausole della lex specialis(poste nel regolamento d’Ateneo e nel bando di selezione), ritenendole in sé immediatamente e direttamente lesive dell’interesse azionato;
– per l’appellante incidentale, si tratta: della fissazione di criteri del tutto scollegati dal principio meritocratico (che l’incentivo vuol premiare), come la partecipazione agli Organi collegiali, ricompresa tra le attività e gli incarichi di tipo “gestionale”; dell’indicazione di vari presupposti per valutare tali attività gestionali, solo in alcune sue parti richiamando a tal scopo pure i requisiti delle presenze agli Organi collegiali; dell’obbligo dei candidati di certificare il possesso pure di questi ultimi requisiti, nonostante tali dati siano in possesso della stessa Università e, quindi, sarebbero potuti esser acquisiti d’ufficio;
– è jus receptum il principio (cfr., da ultimo, Cons. St., VI, 7 marzo 2018 n. 1469) per cui l’onere di immediata impugnazione di un bando di concorso (e, più in generale, d’una lex specialis che regola una procedura concorsuale) è circoscritto al caso della contestazione di clausole riguardanti requisiti di partecipazione che siano ex se ostative all’ammissione dell’interessato o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, onere, perciò, escluso verso ogni altra clausola, dotata solo di astratta e potenziale lesività (delle determinazioni, cioè, non produttive di per sé di alcun pregiudizio certo ed immediato), la cui idoneità a produrre un’effettiva lesione potrebbe essere valutata unicamente all’esito della procedura, ove negativa per l’interessato (cfr. così Cons. St., V, 21 novembre 2011 n. 6135; id., IV, 12 giugno 2013 n. 3261; id., V, 8 aprile 2014 n. 1665);
– pertanto, in relazione alle questioni prospettate già in primo grado, le clausole della lex specialis predetta hanno avuto l’attitudine di conformare in modo negativo ab illo tempore i modi di accesso all’ incentivo una tantum in questione, in particolare quelli inerenti:
a) all’estensione del requisito gestionale, anche con riguardo all’aliquota minima di presenze, alla partecipazione del docente agli Organi collegiali di gestione dell’Ateneo, perché l’uno e l’altra non congruenti, nella prospettazione attorea, col requisito generale del merito accademico e scientifico per l’assegnazione di detto incentivo, come avevano stabilito a suo tempo l’art. 1, co. 1 del DM 314/2011 e l’art. 4, co. 1 del DM 665/2013;
b) alla conseguente impossibilità di effettuare una valutazione comparativa anche per il requisito gestionale (per contro, anch’essa richiesta dalle fonti sovraordinate);
c) all’estrema difficoltà di calcolare dette presenze, ai fini del raggiungimento dell’aliquota minima e alla conseguente impossibilità per le Commissioni di svolgere tal comparazione, al più potendo fare accertamenti a campione;
– rettamente il TAR ha in pratica escluso l’attualizzazione dell’ interesse attoreo a gravarsi contro le clausole de quibus in una con il provvedimento che, ricalcolando il possesso del requisito minimo gestionale, non concede l’incentivo all’appellante incidentale, giacché, come s’è visto, va subito impugnata ogni questione che, nella lex specialis della procedura concorsuale, pone regole escludenti, sproporzionate o non previste dalla norma regolatrice del concorso e tali o da non consentire al candidato un quadro certo di riferimento per la formulazione della sua istanza, oppure da introdurre elementi valutativi spuri ed illegittimi cui la Commissione giudicatrice non può in alcun caso sottrarsi, donde l’integrale rigetto dell’appello incidentale, anche per la parte rescissoria;
Considerato altresì che:
– ancora in via preliminare, va anzitutto accolto il 1° motivo del ricorso di primo grado, in quanto la P.A., nel procedere al recupero delle somme indebitamente versate ad un proprio addetto, deve operare tenendolo al netto delle ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali, allorché, come di regola accade, le stesse non siano mai entrate nella sfera patrimoniale dell’interessato (cfr., per tutti, Cons. St., V, 5 febbraio 2018 n. 743);
– per contro non convince il 2° motivo di primo grado, circa l’omesso avviso d’avvio del c.d. “procedimento” di recupero (in sé superfluo, ché la sua mancanza non influisce sulla debenza o meno delle somme indebitamente attribuite e poi ripetute, né sulla possibilità di difesa del destinatario di tal recupero: cfr., per tutti, Cons. St., V, 30 dicembre 2015 n. 5863), sulla natura non provvedimentale dell’atto stesso (essendo atto dovuto, di talché né l’affidamento del percipiente né il decorso del tempo sono di ostacolo all’esercizio di tal diritto-dovere e con il solo accorgimento di osservare modalità non troppo onerose per il soggetto colpito: cfr. Cons. St., IV, 31 luglio 2017 n. 3811) o per quanto riguarda il difetto di motivazione di tal recupero (non richiesta, essendo in re ipsa l’interesse pubblico ad evitare un danno erariale con il recupero di somme indebitamente attribuite ed irrilevante il richiamo ai principi in materia di autotutela amministrativa —nella specie, con riguardo ai decreti rettorali n. 2409 del 30 dicembre 2014 e n. 1208 del 17 luglio 2015—, sotto il profilo della considerazione del tempo trascorso ex art. 21-nonies della l. 241/1990 e dell’affidamento maturato in capo agli interessati: cfr. così Cons. St., IV, 3 novembre 2015 n. 5010; id., 21 dicembre 2015 n. 5784);
– non nega il Collegio che la buona fede del percettore sarebbe idonea temperare l’onerosità ed i disagi del recupero della somma indebitamente corrispostagli, ma, in disparte l’assenza d’un serio affidamento in capo all’appellata (come si vedrà tra poco), la ripetizione della somma, al netto delle ritenute (che dovranno esser restituite alla prof.ssa Giannantoni) d’importo pari a complessivi € 1.538,70, non è d’entità così grave, da imporre necessariamente un più complesso ed articolato procedimento per evitare la compromissione delle normali esigenze di vita del dipendente;
– neppure basta opporre la sola esigenza partecipativa, a fronte del mancato raggiungimento della predetta aliquota minima del requisito gestionale, affinché l’appellata superi tale dato che ella sola avrebbe dovuto dichiarare o evitare di dichiararlo se non fosse stata sicura di possederlo;
– per vero, non può costituire un affidamento incolpevole il mero convincimento che sarebbero dovute essere le Commissioni a provvedere alla verifica sul possesso del requisito relativo alle presenze dei candidati alle sedute degli Organi collegiali, convinzione, questa, che riposa sì sulle norme ex art. 4, co. 2, lett. c) del Regolamento ed ex art. 5, co. 2, lett. c) del Bando, ma non esaurisce il complesso di rapporti ed obblighi tra le parti nella procedura concorsuale de qua;
– infatti, tali disposizioni non elidono l’onere posto, in capo ai candidati stessi, dall’art. 2, co. 1, lett. e) del Regolamento e dall’art. art. 5, co. 3 del Bando, replicato chiaramente nel modulo di domanda, circa la rideterminazione proporzionale (ossia, il calcolo in diminuzione), relativamente a tutti i requisiti minimi (compreso quello gestionale), in caso di congedo, aspettativa dal servizio, trasferimenti o altre cause previste dall’ordinamento, situazioni, tutte queste, che determinano non la presenza, ma l’assenza del candidato alle sedute dei predetti Organi collegiali e, di conseguenza, lo stralcio di tali assenze dal calcolo dell’aliquota (50%) per il possesso del requisito;
– al di là di qual funzione attribuire alla nota trasmessa via e-mail il 9 novembre 2014 dalla P.A., la clausola sulla rideterminazione del numero delle presenze, ai sensi dell’art. 1362 c.c., non avrebbe potuto aver altro significato se non quello, scaturente dall’uso di tali vocaboli riferiti a vicende occorrenti le quali il candidato poteva esimersi dal presenziare alle sedute degli Organi collegiali, dello stralcio di tali assenze nel calcolo dell’aliquota indicata;
– poiché tal significato si rende chiaro e non equivoco secondo la diligenza esigibile da un docente universitario che opera, tra l’altro, anche in tali Organi, in tutti i casi in cui si rappresenti, nella forma dell’autodichiarazione ed anche senza colpa o responsabilità per mendacio, uno stato di fatto incompleto o non veritiero, obblighi di buona fede impongono al dichiarante di fornire piuttosto alla P.A. procedente un quadro quanto più possibile realistico della propria vicenda, comunicandole, almeno per sommi capi, quelle assenze rilevanti idonee a determinare il mancato raggiungimento del requisito minimo, comunicazione che sarebbe stata sempre possibile e di facile redazione, all’uopo bastando sbarrare l’apposita voce nel modulo di domanda;
– avendo omesso tal comunicazione, è stata dunque l’appellata stessa ad aver ingenerato prima facie un affidamento, in capo all’Ateneo e non viceversa, almeno sulla completezza, se non anche sulla veridicità dei dati esposti nella domanda, in quanto, se è vero l’obbligo di clare loqui della P.A. nei suoi provvedimenti (per evidenti ragioni d’imparzialità e di buona fede nei confronti del privato), è parimenti vero l’obbligo di quest’ultimo di cooperare con la P.A. nell’apprendere un bene della vita da essa governato, tra l’altro senza frapporle pretese inesigibili o, peggio, opporle interpretazioni non di buona fede sulle modalità di tal apprensione;
– si può discettare se, in base all’art. 6, co. 1 della l. 241/1990, la Commissione non fosse astretta, sempre per i medesimi obblighi di buona fede in pendenza di procedura, ad un soccorso istruttorio verso tutti i candidati (per evidenti ragioni di par condicio), stante la non immediata disponibilità di dati più precisi sulle loro presenze alle sedute, ma, a parte l’assenza d’una tal specifica censura nel presente contenzioso, la P.A., proprio con la e-mail del 9 novembre 2014, ha avvertito i candidati, a scanso d’ogni possibile ([#OMISSIS#], pretestuoso) equivoco sul punto, sul reale significato delle clausole del Regolamento e del Bando, con ciò elidendo in radice ogni erroneo diverso convincimento di tutti i soggetti coinvolti;
Considerato infine che:
– è fondato, anche per le ragioni dianzi accennate, l’appello principale dell’Università, poiché, al di là che la prof.ssa Giannantoni fosse ben consapevole perlomeno del fatto delle sue assenze da talune sedute del Consiglio di Dipartimento, non è condivisibile quanto dice il TAR sul contenuto della lex specialis;
– in effetti, quest’ultima non ha mai inteso riferirsi a significati ulteriori o inespressi nel formulare i modi di calcolo dei requisiti minimi, ma ha sempre incentrato tale calcolo, per quel che riguarda il requisito gestionale, sulla presenza del candidato ad almeno il 50% di tali sedute, con l’ovvia esclusione, in base ad un semplice ragionamento a contrario, della rilevanza in ogni caso delle assenze, giustificate o no, nel calcolo stesso;
– è il TAR, invece, ad estrapolare, da tal univoca e più volte ribadita centralità della presenza quale sicuro indicatore del requisito gestionale, un significato implicito, anzi integrativo della lex specialis qual è appunto la pretesa ragionevolezza di far rientrare le assenze giustificate nel novero di siffatte presenze, non avvedendosi di compiere una scelta discrezionale al posto dell’Ateneo appellante che, giustamente e con riguardo all’art. 2, co. 1, lett. e) del Regolamento, sottolinea l’incomprensibilità di come il TAR sia giunto all’equiparazione dei due concetti, ai fini del conseguimento del requisito gestionale;
– né un buon argomento a favore di tal equiparazione può rinvenirsi dall’art. 79 del Regolamento generale d’Ateneo (sulle modalità di calcolo del quorum strutturale per le sedute degli Organi in caso di assenze giustificate) o dall’art. 56 dello Statuto (sulla possibilità, che hanno i componenti di tali Organi, di giustificare le proprie assenze);
– invero, l’una disposizione serve solo ad indicare un legittimo caso d’abbassamento d’un quorum strutturale altrimenti inderogabile, mentre l’altra a far constare le cause di legittimo impedimento alla partecipazione alle sedute di detti Organi, ma in entrambi i casi le assenze giustificate non sono trasformate in modo automatico in presenze, neppure per fictio juris e, certo, mai per esser calcolate ai fini del raggiungimento del requisito gestionale minimo;
– anche ad accedere alla ricostruzione operata dal TAR, sarebbe occorsa una precisa clausola della lex specialis che avesse posto l’equiparazione tra i due concetti e, comunque, l’appellata avrebbe dovuto dichiararlo alla voce d) del modulo di domanda, cosa, quest’ultima, non verificatasi;
– l’Ateneo appellante conclude sul punto, ed a ragione, come la soggezione a tal regola (che, lo s’è visto poc’anzi, è stata veramente conformativa della partecipazione alla procedura concorsuale) non avrebbe consentito alla prof.ssa Giannantoni di contestare, nella misura in cui ha affermato tout court la propria presenza pur se assente (giustificata o meno), né l’accertamento fattuale di tali assenze, né tampoco l’atto di recupero, doveroso, dell’incentivo una tantum indebitamente percetto;
– in definitiva, vanno in tal modo accolti l’appello principale ed il solo 1° motivo di primo grado, con conseguente correzione della sentenza impugnata, senz’uopo di ulteriore disamina poiché tutte le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. e gli argomenti di censura non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, non idonei a supportare una conclusione di segno diverso;
– giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sul ricorso NRG 4898/2018 in epigrafe, così dispone: a) – respinge l’appello incidentale; b) – accoglie l’appello principale; c) – accoglie il solo 1° motivo assorbito e riproposto ai sensi dell’art. 101, co. 2, c.p.a., nei sensi e limiti di cui in motivazione, rigettandone per intero gli altri; d) – conferma con diversa motivazione l’impugnata sentenza.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 31 luglio 2018, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
Italo Volpe, Consigliere
Pubblicato il 06/09/2018