N. 05391/2018REG.PROV.COLL.
N. 02297/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2297 del 2018, proposto da
Azienda Ospedaliera Universitaria [#OMISSIS#] II, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Giasi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] Da Carpi n.6;
contro
[#OMISSIS#] Galli, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Coraggio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, viale Parioli, 180;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. III n. 03986/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Galli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 luglio 2018 il Cons. Umberto [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] su delega di [#OMISSIS#] Giasi e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente gravame l’azienda ospedaliera chiede, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., la revocazione della sentenza della Sez. 3ª, n. 3986/2017 con cui è stato accolto in parte qua il ricorso e riconosciuto il diritto del prof. [#OMISSIS#] Galli , professore di otorinolaringoiatria presso l’Università [#OMISSIS#] II di Napoli , a percepire — in applicazione dell’art 31 del D.P.R. n.761/1979 e dell’art.51 del CCNL dell’Area Dirigenza Medica per il quadriennio 1998-2001– l’indennità perequativa comprensiva della RIA nell’importo comprendente l’attività assistenziale svolta dall’appellante presso l’Azienda Universitaria [#OMISSIS#] II di Napoli a partire dal 1994 e quella svolta dal 1 gennaio 1975 al 22 maggio 1983 con mansioni equiparate a quelle di aiuto a tempo definito.
Il ricorso è sostanzialmente affidato alla denuncia di due censure relative:
1.. Sotto il profilo rescindente:
1.A. alla violazione dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: la sentenza della Sez. 3ª, n. 3986/2017 sarebbe viziata perché erroneamente avrebbe disatteso gli atti e i fatti di causa ed avrebbe addirittura superato le valutazioni di natura fattuale-contabile rese dai diversi consulenti tecnici di ufficio (funzionari del Ministero delle Finanze) nominati prima dal T.A.R. e, poi, dalla Sezione.
1.B. all’erroneità della considerazione di un periodo temporale di servizio mai preso in considerazione ai fini del calcolo della RIA, e mai sottoposto ad alcuna valutazione dei consulenti tecnici di ufficio nei due gradi di giudizio.
B. sotto il profilo rescissorio la ricorrente, sottolinea l’erroneità della decisione sotto differenti profili.
B1. La RIA sarebbe una voce relativa al trattamento economico universitario e non ospedaliero (come emerge dal decreto di rideterminazione ex art. 31 D.P.R. 761/79), per cui le relative somme andavano richieste esclusivamente all’Università e non all’Azienda Ospedaliera;
B.2. In base al certificato del 11.7.1997dell’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II, il prof. [#OMISSIS#] Galli era stato professore associato di ruolo dal 1.8.1980 al 9.10.1986 senza che ciò implicasse alcun riconoscimento delle eventuali funzioni e/o attività assistenziali svolte.
Invece il Collegio avrebbe erroneamente riconosciuto per intero il periodo 1975¬1983, nel quale non risultavano le mansioni assistenziali svolte dato che il certificato del 1997 si limitava a riconoscere l’incarico di professore associato dal 1980 al 1986.
B.3. L’eventuale riconoscimento di tale periodo avrebbe dovuto essere sottoposto all’esame dei consulenti tecnici al fine di verificare se lo stipendio erogato dall’Università fosse stato maggiore o minore, rispetto a quello spettante al dirigente medico di pari funzioni, mansioni ed anzianità.
Si è costituito in giudizio ad resistendum con memoria il prof. [#OMISSIS#] Galli eccependo, in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto dei presupposti dell’azione.
All’udienza di discussione, uditi i difensori delle parti, il ricorso è stato ritenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
L’appello è inammissibile.
1.§. Sotto il profilo rescindente si ricorda che, ai sensi dell’articolo 395, n. 4, del c.p.c. , la sentenza d’appello può essere impugnata per revocazione se “è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa” e cioè quando ”… la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare“.
Come è noto per consolidata giurisprudenza:
— l’istituto della revocazione è rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio, come sancito dalla stessa lettera dell’articolo 395, comma 4, del c.p.c.;
— l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli art. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c.:
a) deve derivare da una pura e semplice, errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, che abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, per cui il giudice avrebbe ritenuto esistente un fatto documentalmente escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato. L’errore di fatto revocatorio è configurabile solo nell’attività preliminare di lettura e di percezione alla esistenza e del significato letterale degli atti acquisiti al processo; ma non riguarda la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento.
b) deve attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non ha espressamente motivato;
c) deve essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.
Ciò premesso, quanto al primo punto, si ricorda che l’errore deve cadere sull’esistenza e sul significato letterale degli atti acquisiti al processo, e non può concernere interpretazioni, valutazioni ed apprezzamenti del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 30 gennaio 2018 n. 626).
In tale direzione, nel caso in esame non si ravvisa alcuna errata percezione in quanto il fatto che solo nella memoria per l’udienza di discussione al TAR e poi in sede di appello, avrebbe fatto riferimento allo svolgimento delle «funzioni di aiuto a tempo definito (come riportato a pag. 7 della sentenza) per il periodo 1975-1983, a tutto voler concedere costituirebbe comunque di un vizio di ultrapetizione come tale irrilevante ai fini della revocazione per errore di fatto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 07.09.1988, n. 723).
Quanto al secondo profilo rilevante sotto il profilo revocatorio, si osserva che la disamina complessiva della sentenza dimostra chiaramente che la pretesa erronea percezione degli atti di causa, in realtà, costituiva un punto controverso che ha formato oggetto di specifica motivazione in sentenza.
Il preteso errore di fatto è dunque il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice per cui, a tutto voler concedere, si è in presenza di un vizio logico e quindi al limite di un errore di diritto (cfr. Consiglio di Stato sez. V 07 febbraio 2018 n. 813).
Quanto al terzo profilo, anche la pretesa erronea interpretazione e valutazione del periodo dal 1.8.1980 al 9.10.1986 ai fini del computo del trattamento economico universitario e non ospedaliero, concerne in ogni caso un elemento risolutivo ai fini della decisione su cui il giudice si è espressamente pronunciato sul punto ritenendo “di non poter condividere le conclusioni dei verificatori “chenon avrebbero tenuto conto di alcuni elementi conoscitivi desumibili dal certificato dello stesso stato di servizio rilasciato dalla Università [#OMISSIS#] II all’interessato nel luglio 1997 (ed esibito anche nel giudizio di primo grado). Ed in tale direzione la verificazione, ai fini del calcolo della RIA, non aveva tenuto conto dell’attività medico assistenziale che sarebbe stata svolta dall’appellante nel periodo dal 1 gennaio 1975 al 22 maggio 1983 presso la Divisione di Clinica Otorinolaringoiatrica con mansioni equiparate a quelle di Aiuto a tempo definito (così la sentenza in esame).
In conclusione sul punto, il lamentato vizio di ultrapetizione, il preteso errato apprezzamento da parte del giudice della domanda, dei fatti processuali e dei motivi di impugnazione sono al limite riconducibili ad un possibile errore di diritto, ma in ogni caso deve dunque del tutto escludersi la ricorrenza di un errore di fatto revocatorio.
2.§. Può dunque prescindersi dall’esame dei motivi afferenti il profilo rescissorio.
3. In definitiva, non ravviandosi alcun errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, comma 1, 4) c.p.c., il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile.
Tuttavia in relazione ad alcuni aspetti della vicenda le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando:
1. dichiara inammissibile il ricorso per revocazione, di cui in epigrafe.
2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco [#OMISSIS#], Presidente
Umberto [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Umberto [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 14/09/2018