Per effetto dell’introduzione dell’art.1, commi 458, 459 della Legge n.147 del 2013, è stato abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’art.202 del D.P.R. n.3 del 1957, di previsione dell’assegno ad personam riassorbibile in questione, con obbligo per le Amministrazioni di adeguare i trattamenti economici a partire dal febbraio 2014. Posto che tutto ciò veniva puntualmente reso edotto l’interessato, col D.R. n.1170 del 2014, che non risulta per giunta nemmeno impugnato dal medesimo, ne discende che nessun legittimo affidamento poteva essere maturato in capo al ricorrente.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 27 settembre 2018, n. 9594
Trattamento giuridico-economico docenti universitari - Assegno ad personam
N. 09594/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02527/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2527 del 2017, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nizza, 59;
contro
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa secondo legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del D.R. n.216 del 20 gennaio 2017, nella parte in cui non veniva riconosciuto l’assegno ad personam, di cui all’art.202 del D.P.R. n.3 del 1957, di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente e,
in subordine, per la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la parte ricorrente l’Avv. C. [#OMISSIS#] e per l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” l’Avvocato dello Stato F. Basilica;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il Sig. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], già Consigliere parlamentare, con D.R. n.728 del 28 febbraio 2013 veniva nominato Professore di II fascia, settore concorsuale 12/E3 “diritto dell’economia e dei mercati finanziari e agroalimentari”, settore scientifico-disciplinare IUS/05, presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, a decorrere giuridicamente dal 1° marzo 2013, a seguito di superamento di apposito concorso.
Il successivo 30 dicembre 2013 l’interessato si dimetteva da Consigliere parlamentare per assumere le funzioni di Professore di II fascia a partire dall’anno accademico 2013-2014.
Con D.R. n.1170 del 15 maggio 2014 (rettificato con D.R. n.1589 del 26 giugno 2014), precisata la decorrenza giuridica (1° marzo 2013) ed economica (30 dicembre 2013) delle nuove funzioni, veniva tra l’altro attribuito al Sig. [#OMISSIS#], ex art.202 del D.P.R. n.3 del 1957, un assegno ad personam riassorbibile, pari alla differenza tra la retribuzione tabellare di Consigliere parlamentare e quella di Professore di II fascia (cfr. anche nota n.62947 del 30 ottobre 2013), ivi espressamente segnalandosi che detto assegno sarebbe stato revocato, ex art.1, commi 458, 459 della Legge n.147 del 2013, a decorrere dal 1° febbraio 2014.
Con sentenza TAR Lazio, III, n.8144 del 2016 veniva annullato il concorso suindicato.
Con D.R. n.2978 del 30 novembre 2016 l’interessato era nominato Professore di II fascia, settore concorsuale 12/E3 “diritto dell’economia e dei mercati finanziari e agroalimentari”, settore scientifico-disciplinare IUS/05, a decorrere dal 1° dicembre 2016, in esito alla procedura di chiamata ex art.29, comma 4 della Legge n.240 del 2010.
Con D.R. n.216 del 20 gennaio 2017 veniva attribuito al medesimo il corrispondente stipendio, a far data dal 1° dicembre 2016, senza il riconoscimento tuttavia del cennato assegno ad personam.
Il Professore impugnava quindi quest’ultimo decreto, censurandolo per violazione dell’art.202 del D.P.R. n.3 del 1957, dell’art.1, comma 458 della Legge n.147 del 2013, del principio dell’affidamento nonchè per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, dell’illogicità, contraddittorietà e ingiustizia manifesta, dello sviamento.
Il ricorrente in particolare ha fatto presente di aver continuato a svolgere le funzioni di Professore di II fascia senza soluzioni di continuità, con assegno ad persona corrisposto sino al 30 novembre 2016; che la normativa contenuta nel predetto art.202 del D.P.R. n.3 del 1957 era volta ad incentivare la mobilità e che era stato leso il suo legittimo affidamento, in difetto di un apprezzabile interesse pubblico di segno contrario.
Il Professore richiedeva inoltre, in via subordinata, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, sussistendo tutti gli elementi costitutivi della pretesa, quali appunto il proprio affidamento, la colpa del Soggetto pubblico, evidenziata nella sentenza TAR Lazio, III, n.8144 del 2016, il danno, consistente nella perdita dell’assegno, il nesso di causalità intercorrente tra l’operato dell’Autorità e il pregiudizio subito; per la quantificazione occorreva far riferimento alla mancata percezione dell’assegno a decorrere dal mese di dicembre 2016.
Con decreto n.1361 del 2017 veniva respinta la richiesta di adozione di una misura cautelare provvisoria.
L’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successiva memoria l’infondatezza nel merito; l’Ateneo segnalava poi in fatto che il Professore era rimasto in servizio, anche dopo l’annullamento del concorso, per effetto delle misure cautelari assunte dal Giudice di II grado (cfr. Cons. Stato, VI, decr. n.3233 del 2016 e ord. n.4309 del 2016).
Con ordinanza n.1980 del 2017 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare presentata dal ricorrente.
Nel frattempo il Consiglio di Stato, Sez.VI, con sentenza n.2012 del 2017, annullava senza rinvio la decisione TAR Lazio, III, n.8144 del 2016, perché il ricorso e i motivi aggiunti ivi esaminati dovevano essere dichiarati improcedibili in base a una delibera dell’Università del 28 luglio 2016.
Il Tribunale, con ordinanza n.10776 del 2017, disponeva incombenti istruttori, in relazione alla suddetta novità processuale.
L’Ateneo, in riscontro alla predetta ordinanza, comunicava di rimanere in attesa dell’esito del ricorso volto all’esecuzione della sentenza Cons. Stato, VI, n.2012 del 2017.
I Giudici di Palazzo Spada, con decisione n.5650 del 2017, dichiaravano inammissibile il suddetto ricorso.
Con memoria l’Università ribadiva i propri assunti.
Seguivano le repliche della parte ricorrente.
Nell’udienza del 23 maggio 2018 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso e la pretesa risarcitoria sono destituiti di fondamento e vanno pertanto respinti.
Premesso che non risulta chiaro come il Giudice di prime cure, con sentenza n.8144 del 2016, pubblicata il 14 luglio 2016, avrebbe potuto dichiarare improcedibili le impugnative sul cennato concorso, in base ad una delibera assunta il successivo 28 luglio 2016, va in ogni caso precisato che non può riprender vita la pregressa predetta procedura concorsuale, giacchè la stessa risulta superata dalla menzionata delibera del 28 luglio 2016 assunta in via autonoma dall’Ateneo (cfr. Cons. Stato, VI, n.2012 del 2017).
Tanto premesso, è necessario evidenziare che, per effetto dell’introduzione dell’art.1, commi 458, 459 della Legge n.147 del 2013, veniva abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’art.202 del D.P.R. n.3 del 1957, di previsione dell’assegno ad personam riassorbibile in questione, con obbligo per le Amministrazioni di adeguare i trattamenti economici a partire dal febbraio 2014.
Orbene di tutto ciò veniva puntualmente reso edotto l’interessato, col suindicato D.R. n.1170 del 2014 (cfr. all.7 al ricorso: “il predetto assegno personale sarà revocato, in applicazione dell’art.1, commi 458 e 459 della Legge n.147/13, a decorrere dal 01.02.2014”), che non risulta per giunta nemmeno impugnato dal medesimo.
Ne discende tra l’altro che nessun legittimo affidamento poteva essere maturato in capo al ricorrente.
Va in ultimo segnalato che il dato fattuale della continuità del servizio di Professore di II fascia, assicurato dalle predette misure cautelari assunte dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con decreto n.3233 del 2016 e ordinanza n.4309 del 2016, non può assumere alcun rilievo sul venir meno dell’assegno ad personam, proprio in ragione dell’entrata in vigore del citato art.1, commi 458, 459 della Legge n.147 del 2013.
In considerazione dei fatti di causa, sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n.2527/2017 indicato in epigrafe.
Respinge la domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 27/09/2018