Come stabilito dalla sentenza n. 383 del 1998 la Corte Costituzionale, “L’accesso ai corsi universitari è materia di legge”; pur a fronte dell’autonomia universitaria, non è possibile prefigurare un potere degli Atenei di istituire corsi di laurea a numero programmato al di fuori delle ipotesi poste dall’art. 2 della legge in 264 del 1999. Nel caso di specie, l’affermata presenza di “laboratori di alta specializzazione” nel corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche de qua, non è elemento tale da consentire di rientrare nel necessario alveo applicativo dell’art. 2 comma I della legge n. 264 del 1999, per cui sono programmati dalle università gli accessi ai corsi di laurea per i quali l’ordinamento didattico preveda l’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati. Infatti, non risulta differire in alcun modo da comuni lezioni frontali, le quali, per asseriti motivi di migliore fruizione da parte dei discenti, verrebbero riservate ad un numero limitato e predefinito di studenti, ed articolate su più turni. I laboratori la cui presenza consentirebbe l’istituzione del numero programmato, infatti, assumono la connotazione di alta specializzazione (indispensabile, ai sensi dell’art. 2 citato) “non tanto per la presenza di strumentazioni specifiche (…), quanto per la modalità con la quale devono essere erogati”.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 6 Giugno 2018, n. 6323
Istituzione di nuovi corsi di laurea ad accesso programmato - Test di ammissione ai CdL
N. 06323/2018 REG.PROV.COLL.
N. 11106/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11106 del 2017, proposto da:
[#OMISSIS#] Podda, [#OMISSIS#] Bartalucci, [#OMISSIS#] Manzon, [#OMISSIS#] Ascani, [#OMISSIS#] Gallo, Sara Pizzeghello, [#OMISSIS#] Mancia, Tosca Bessone, [#OMISSIS#] Giannotto, [#OMISSIS#] Baldo, [#OMISSIS#] Gristina, [#OMISSIS#] Lombardo, [#OMISSIS#] Giurato, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Pamadini Mahima Ranchagoda, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Pontoglio, [#OMISSIS#] Tuveri, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Vrinceanu, Tonirosa Loche, Barbara Marinuzzi, [#OMISSIS#] Castello, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Mazzitelli, Letizia Sgrò, [#OMISSIS#] Sasselli, Sofia Mattalia, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Introcaso, [#OMISSIS#] Miglio, [#OMISSIS#] Salone, [#OMISSIS#] Paolasso, [#OMISSIS#] Bastardi, [#OMISSIS#] Furnò, Vittoria Castrale, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Mele, [#OMISSIS#] Sottile, [#OMISSIS#] Turchiarella, [#OMISSIS#] Elifani, [#OMISSIS#] Virardi, [#OMISSIS#] Maimone, [#OMISSIS#] Di Chio, Serena Fornaro, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Scaffidi Muta, [#OMISSIS#] Rugolo, rappresentati e difesi dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Antonellis, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Roma, via San [#OMISSIS#] D’Aquino, 47;
contro
Universita’ degli Studi Torino in persona del legale rappresentante p.t.,, Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Salvatore Nicosia non costituito in giudizio;
per l’annullamento
diniego di accesso al primo anno del corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche presso Università degli Studi di Torino relativamente all’a.a. 2017/2018;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi Torino e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2018 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori per la parte ricorrente gli Avv.ti M. [#OMISSIS#] e S. [#OMISSIS#] e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Fico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. – Con ricorso notificato il 13 novembre 2017 e depositato il giorno successivo gli studenti segnati in epigrafe, aspiranti all’iscrizione per l’anno accademico 20172018 al corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche nell’Università di Torino, hanno impugnato la deliberazione del Senato Accademico dell’11 maggio 2017 concernente il numero di studenti iscrivibili al primo anno del corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche ed i conseguenti atti, con i quali l’Università degli Studi di Torino ha disposto che l’accesso al predetto Corso di laurea, per l’anno accademico 20172018, fosse a numero programmato; la delibera del Consiglio di Amministrazione del 22 maggio 2017, concernente il numero di studenti iscrivibili al primo anno del suddetto corso di laurea; la delibera del Dipartimento di Psicologia del 23 maggio 2017 concernente la programmazione a livello locale e i requisiti e le modalità di ammissione al primo anno del medesimo corso di laurea; nonché la graduatoria redatta al termine della prova di accesso, che non contempla alcuno dei ricorrenti tra coloro che possono essere immatricolati.
Essi impugnano, altresì, il Decreto Ministeriale n. 987 del 12 dicembre 2016 (“Autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio” da parte del MIUR, processi che prevedono l’applicazione di taluni indicatori costituiti anche da determinati rapporti tra numero di docenti e numero di discenti), e le successive modifiche avvenute tramite il Decreto Ministeriale n. 285 del 3 febbraio 2017, con i quali il MIUR ha dettato nuove disposizioni in materia di autovalutazione, valutazione accreditamento iniziale, e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari, decreti in applicazione dei quali i ricorrenti affermano essere stata emessa la deliberazione del Senato Accademico impugnata.
2. – In punto di fatto i ricorrenti espongono, in particolare, che con i provvedimenti citati, l’Ateneo subalpino ha deciso di limitare a 400 il numero di posti disponibili per gli studenti comunitari ed a 10 quello riservato agli studenti extracomunitari non residenti nell’Unione Europea, ed affermano che le citate determinazioni sarebbero state ispirate da una non corretta applicazione del menzionato Decreto Ministeriale n. 987/2017.
Inoltre, quanto alla strutturazione del test somministrato per l’accesso, inoltre, i ricorrenti espongono che, su un totale di 26 domande, 9 sarebbero state incoerenti con le specifiche disposte dal bando volte alla valutazione di “ragionamento verbale e comprensione testi”, tanto che l’Università, con decreto n. 3020 del 20/09/2017, è stata indotta non conteggiare le domande suddette ai fini della determinazione del punteggio complessivo della prova.
3. – Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.
1) Violazione e falsa applicazione della legge 2.08.1999 n. 264 e del D.M. 31.10.2007 n. 544 art. 7 comma 2. Sviamento dalla causa tipica. Eccesso di potere per deviante considerazione dei presupposti di fatto e normativi anche alla luce della nota del MIUR del 16.3.2007. Violazione e falsa applicazione dei D.D.M.M. sui c.d. principi di autovalutazione e numerosità. Eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria. Contraddittorietà. Ingiustizia manifesta. Disparità di trattamento. Violazione del principio di trasparenza ed imparzialità dell’attività della p.a. violazione e vizi del procedimento. Contraddittorietà dell’azione amministrativa e manifesta irragionevolezza ed illogicità dell’azione amministrativa. Carenza di motivazione.
Il motivo, svolto in via principale rispetto a quelli seguenti, si articola su più censure.
Con la prima serie di censure i ricorrenti precisano che l’art. 2 comma I, disciplina la possibilità di istituire, ad iniziativa dell’Ateneo interessato, la programmazione nei casi di Corsi di laurea non contemplati nel precedente art. 1 (limitazione prevista a livello nazionale) principalmente in due casi:
a) per i corsi di laurea per i quali l’ordinamento didattico preveda l’utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati;
b) per i corsi di diploma universitario, diversi da quelli di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), per i quali l’ordinamento didattico prevede l’obbligo di tirocinio come parte integrante del percorso formativo, da svolgere presso strutture diverse dall’ateneo.
Il corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche, tuttavia, non rientrerebbe nel novero di quelli di cui all’art. 1 della legge n. 2641999, né per esso sarebbero stati verificati i presupposti di cui all’art. 2 successivo.
La delibera del Senato Accademico riporterebbe senza motivazione alcuna che il corso di cui si discute è a numero programmato ex art. 2 l. 264/1999, mentre il bando di istituzione del test di accesso al Corso di Laurea in scienze e tecniche psicologiche ometterebbe ogni riferimento alla L. 264/1999, limitandosi a richiamare il D.M. 987/2916 (Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica).
Con altri specifici profili di doglianza, i ricorrenti assumono che al predetto fine l’Università ha richiamato il Decreto ministeriale n. 987/2016 successivamente modificato con il D.M. 3 febbraio 2017 n. 285, nel quadro della legge 30 dicembre 2010 n. 240, del D. Lgs. 27 gennaio 2012, n. 19 e del DM 8 agosto 2016 n. 635 che sostituiscono le disposizioni di cui al DM 30 gennaio 2013 n. 47; tuttavia, a dire dei ricorrenti, l’attuazione del suddetto decreto potrebbe essere efficacemente ottenuta utilizzando metodi meno invasivi e lesivi del corpo studenti.
Ma, continuano i ricorrenti, qualora si ritenesse che il Decreto Ministeriale n. 9872016 abbia introdotto il c.d. “numero chiuso”, il medesimo sarebbe chiaramente contrario alla legge 264/1999 nonché ai principi sanciti dalla Costituzione a tutela del diritto allo studio, precisando quale sarebbe, a loro dire, l’alternativa: o il suddetto Decreto sarebbe stato male interpretato dal Senato Accademico, oppure esso sarebbe illegittimo, in quanto, se effettivamente autorizzasse l’imposizione del numero programmato nelle dette Facoltà, comporterebbe la violazione della legge 264/1999 e dei i principi costituzionali che garantiscono il diritto allo studio.
E a questo proposito occorrerebbe accedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa richiamata la quale, negato ogni valore a delibere e decreti ministeriali che possano ingiustamente comprimere i diritti ex artt. 33 e 34 Cost., garantisse l’effettività del diritto allo studio; mentre l’attuazione delle disposizioni ministeriali impugnate andrebbe ricercata attraverso altri strumenti, non comprimenti il detto diritto, quali la verifica da parte dell’università dalla preparazione attraverso attività formative propedeutiche, e non mediante un test di accesso (come previsto dagli articoli 6 del D.M. 3 novembre 1999, n. 5092 (per cui i regolamenti didattici di Ateneo possono richiedere il possesso o l’acquisizione di un’adeguata preparazione iniziale) ed 11 comma VII del D.M 270/04 (che conferisce la possibilità di chiedere allo studente il possesso o l’acquisizione di “requisiti minimi” di preparazione), oppure di un test di autovalutazione con funzione deterrente, quale quello utilizzato dal medesimo Ateneo per altri Corsi.
Altra serie di censure pone l’accento sul fatto che non sarebbe stato considerato né il criterio del fabbisogno sociale, né quello della capienza strutturale dell’Ateneo; mentre con nota del Ministero dell’Università e della Ricerca del 16.03.2007 Protocollo n. Gab. 4947 sarebbero stati denunciati gli effetti di una asseritamente errata interpretazione del Decreto Ministeriale n. 9872016, che avrebbe avuto l’effetto di aumentare irrazionalmente il numero di facoltà con accesso programmato con una netta limitazione al diritto allo studio e che gli obiettivi evidenziati a giustificazione del c.d. “numero chiuso” pur avendo notevole [#OMISSIS#] per l’organizzazione didattica, non sempre rientrerebbero nelle previsioni normative, dal momento che, come affermato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 383 del 1998, i criteri di accesso all’università, e dunque anche la previsione del numerus clausus, non potrebbero legittimamente risalire a fonti diverse da quella legislativa.
Inoltre, gli interessati assumono che, qualora si ritenesse legittima la applicabilità dell’accesso programmato ai corsi in parola, le previsioni normative così interpretate sarebbero in contrasto con gli artt. 2, 3, 9, 33, 34 Cost. e con numerose Direttive della Comunità Europea (direttive 78/686/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978; 78/687/CEE del Consiglio, di pari data; 78/1026/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978; 78/1027/CEE del Consiglio, di pari data; 85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985; 89/594/CEE del Consiglio, del 30 ottobre 1989 e 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993), che al fine di garantire il reciproco riconoscimento negli Stati – membri dei titoli di studio universitari e l’esercizio del diritto di stabilimento e la libera circolazione dei professionisti, vorrebbero che i vari Stati garantiscano adeguati standard formativi nei rispettivi corsi di formazione.
Infine, gli atti gravati difetterebbero di sufficiente motivazione.
2) In via subordinata: Violazione e falsa applicazione di legge nonché illegittimità costituzionale. Vizi di forma e difetto di presupposti legali. Violazione dei criteri di efficacia. Eccesso di potere. Contraddittorietà tra più atti. Ingiustizia Manifesta. Disparità di trattamento. Violazione del principio di trasparenza ed imparzialità dell’attività della P.A. Violazione del principio dell’affidamento e della buona fede. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Violazione e vizi del procedimento. Contraddittorietà dell’azione amministrativa e manifesta irragionevolezza ed illogicità dell’azione amministrativa. Violazione del regolamento didattico di ateneo e di facoltà. Difetto di motivazione sulla questione.
Qualora si ritenesse legittima la applicabilità dell’accesso programmato al corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche, i ricorrenti chiedono che questo TAR sollevi la questione dei legittimità costituzionale della legge n. 264/1999 come interpretata, per asserito contrasto con gli artt. 2, 3, 9, 33, 34 Cost., oltre a riscontrare il contrasto del decreto ministeriale su citato con i predetti articoli della Costituzione.
Inoltre, detto decreto impugnato sarebbe viziato da eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché da carenza di motivazione, in quanto non sarebbe stata preventivamente verificata, nel formulare l’offerta formativa, la capacità ricettiva dell’Ateneo.
3) Violazione dell’art. 3, 33, 34, 97 Cost. Violazione del principio della riserva relativa di legge stabilito in materia di istruzione. Esorbitanza normativa in materia coperta da riserva di legge. Violazione di legge per alterazione della gerarchia delle fonti di produzione del diritto. Incompetenza a disciplinare codesta materia. Ingiustizia manifesta. Manifesta irragionevolezza ed illogicità dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione della stessa l. 264 del 1999. Disparità di trattamento.
I provvedimenti dell’Ateneo impugnati violerebbero i predetti precetti costituzionali nella parte in cui prevedrebbero dei non previsti casi di non ammissione degli studenti, in una materia che risulterebbe coperta da riserva di legge relativa, se non addirittura assoluta.
4) Violazione del principio di trasparenza e di buon andamento della pubblica amministrazione, della legge n. 241/1990 e dell’art. 3; eccesso di potere per insufficiente istruttoria; assenza di motivazione e di atti amministrativi. Ingiustizia manifesta e sviamento di potere.
Con tale motivo i ricorrenti chiedono l’accesso agli atti della procedura che non erano il loro possesso al momento della notifica del ricorso.
5) In via ulteriormente subordinata: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, co. 1 della legge n. 264/1999 e del D.R. 2257 del 6 luglio 2017 recante disposizioni per l’Esame di ammissione al corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche – Anno Accademico 2017/2018; eccesso di potere per sviamento, incoerenza e contraddizione rispetto ai criteri ed alle modalità di selezione indicati nello stesso bando di ammissione dell’Università degli studi di Torino.
Il bando di cui al D.R. 2257 del 6 luglio 2017 stabiliva che “La prova per l’accesso al Corso di Studio triennale consiste in un test a risposta multipla articolato in 70 domande volte alla valutazione di:
– Ragionamento logico astratto (14 domande);
– Ragionamento verbale e comprensione testi (26 domande);
– Ragionamento numerico e problemi quantitativi (30 domande)”.
Lo stesso D.R. stabiliva che ai candidati era assegnato un punto per ogni risposta corretta e decurtato 0,25 per ogni risposta errata.
Successivamente all’espletamento del test, col Decreto Rettorale n. 3020 del 20 settembre 2017, l’Ateneo ha deciso di non conteggiare, ai fini della determinazione del punteggio, nove domande ritenute non essere coerenti con la valutazione di “ragionamento verbale e comprensione testi”.
Tale modo di procedere sarebbe illegittimo, in quanto, secondo i ricorrenti, coloro che hanno risposto correttamente si sarebbero visti sottrarre nove punti (considerando che per ogni risposta corretta vi era l’attribuzione di un punto), con conseguente vantaggio per coloro che, alle nove domande annullate, non avevano risposto o avevano risposto in modo errato, di guisa che coloro che avevano risposto correttamente ai quesiti annullati si sono visti sottrarre 9 punti, mentre coloro che non avevano risposto o avevano risposto in modo errato si sono visti attribuire 2, 25 punti.
4. – Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, senza depositare memorie difensive.
Con ordinanza n. 68272017, il Collegio ha rilevato che la questione controversa necessitava dell’approfondimento proprio della fase di merito, ed ha ritenuto necessario che, nelle more del giudizio, l’Università degli Studi di Torino depositasse in giudizio una relazione contenente documentati chiarimenti sui fatti di causa.
5. – L’incombente istruttorio è stato assolto dall’Università di Torino mediante deposito in segreteria di una relazione in data 22 dicembre 2017.
6. – In vista dell’udienza di trattazione del ricorso nel merito i ricorrenti hanno depositato una memoria conclusionale, in cui hanno dato atto della avvenuta immatricolazione dei ricorrenti a seguito del decreto cautelare d’appello n. 642018, cui non ha fatto seguito l’annullamento dell’immatricolazione, sebbene detto decreto non abbia trovato conferma nella successiva ordinanza n. 6282018 del 12 febbraio 2018.
Anche i ricorrenti hanno depositato una memoria di replica.
In occasione della pubblica udienza del 7 marzo 2018 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. – In via pregiudiziale il Collegio intende verificare d’ufficio (sebbene alcuna delle parti resistenti abbia inteso proporre la relativa eccezione) se sussista la competenza per territorio del TAR del Lazio sulla presente controversia, ai sensi dell’art. 15 comma I del c.p.a.
E ciò nella consapevolezza che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il secondo comma dell’art. 15 del c.p.a., nel prevedere che “In ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli art. 13 e 14, non decide sulla stessa” avrebbe il significato di precisare che il potere-dovere del Giudice e l’onere delle parti di eccepire eventuali profili di incompetenza territoriale si esaurirebbe nella fase dell’incidente cautelare, sicchè la decisione sulla competenza, anche se implicita, vincolerebbe anche la decisione del merito.
Tuttavia, posto che il primo comma dell’art. 15 citato dispone che “Il difetto di competenza e’ rilevato d’ufficio finche’ la causa non e’ decisa in primo grado”, ritiene il Collegio di potere scrutinare la questione ancora in questa sede.
Ciò posto, occorre osservare che, nel caso in esame, sono impugnati atti assunti dall’Università degli Studi di Torino, congiuntamente al Decreto Ministeriale n. 987 del 12 dicembre 2016 e le successive modifiche avvenute tramite il Decreto Ministeriale n. 285 del 3 febbraio 2017, con i quali il MIUR ha dettato nuove disposizioni in materia di autovalutazione, valutazione accreditamento iniziale, e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari.
1.1 – Recita l’art. 13 del c.p.a. (Competenza territoriale inderogabile), che:
“1. Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede.
2. Per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio.
3. Negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto.
4. La competenza di cui al presente articolo e all’articolo 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari.
4-bis. La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sè anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza.”
Alla luce della norma in questione, ritiene il Collegio che sussista la propria competenza territoriale.
1.2. – Il comma IV bis dell’art. 13 su riportato, in caso di impugnazione congiunta di un atto di Autorità centrale e di un atto di Autorità che ha sede nell`ambito territoriale di un TAR diverso da quello del Lazio, determina la competenza del TAR diverso da quello avente sede in Roma nei casi in cui nella circoscrizione del primo è stato emesso l`atto da cui deriva l`interesse ad agire, eccetto che nei casi in cui l`atto statale abbia natura regolamentare o di atto amministrativo generale.
Nel caso in esame l`interesse ad agire deriva certamente dalla applicazione che l`Ateneo ha ritenuto di fare del Decreto Ministeriale n. 9872016, ossia dalla su citata deliberazione del Senato Accademico (che ha creduto di potere introdurre il numero programmato per l’anno accademico 20172018 per l’accesso al corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche) e dai conseguenti atti.
Tanto, tuttavia, non risulta sufficiente a radicare la competenza presso il TAR del Piemonte.
1.3. – Osserva infatti il Collegio che il Decreto Ministeriale n. 9872016, impugnato in quanto ritenuto presupposto dei su citati provvedimenti dell’Università di Torino, e recante “Autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio”, pubblicato nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2017, n. 30, è atto di natura regolamentare, e come tale determina la deroga alla regola dell’attrazione al foro degli atti da cui sorge l’interesse ad agire, come prevede l’ultima parte del comma IV bis dell’art. 13 c.p.a.
Per ravvisare la natura regolamentare o di atto generale di un atto amministrativo occorre avere riguardo alla nota distinzione fatta propria anche dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 9 del 2012), secondo cui “è atto normativo quello i cui destinatari sono indeterminabili sia a priori che a posteriori (essendo proprio questa la conseguenza della generalità e dell’astrattezza), mentre l’atto amministrativo generale ha destinatari indeterminabili a priori, ma certamente determinabili a posteriori in quanto è destinato a regolare non una serie indeterminati di casi, ma, conformemente alla sua natura amministrativa, un caso particolare, una vicenda determinata, esaurita la quale vengono meno anche i suoi effetti”.
1.4. – Il decreto ministeriale in questione attua le previsioni del decreto legislativo n. 19 del 2012 (“Valorizzazione dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione di risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante anche mediante la previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240)”.
Esso prevede, in breve, il procedimento di accreditamento iniziale e periodico sia delle sedi universitarie che dei corsi di studio, e a questo fine, pone, negli allegati, i relativi requisiti ed indicatori di qualità, nonchè le “Numerosità massime e di riferimento di studenti e relativi raggruppamenti” e gli “Indicatori di valutazione periodica di sede e di corso”.
La sua attitudine ad essere applicato in via generale ed astratta a tutte le fattispecie di accreditamento delle sedi e dei corsi derivanti dalle istanze proposte dalle varie Università italiane ai sensi delle fonti primarie di riferimento è dunque evidente, ed è attestata, innanzitutto, dall’art. 1, per il quale “Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano, a decorrere dall’anno accademico 2017/2018, ai fini del potenziamento dell’autovalutazione, dell’accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari, nonché alla valutazione periodica delle università, con riferimento alle università statali e non statali legalmente riconosciute, ivi comprese le università telematiche.”
In ragione di tanto, “restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”, ovvero quelli contemplati dal combinato disposto del primo e del terzo comma dell’art. 13 c.p.a. ossia: sede dell’Amministrazione che ha emesso l’atto, ovvero –trattandosi del MIUR- Roma; ambito ultraterritoriale (e non circoscritto ad una sola Regione) degli effetti diretti dell’atto regolamentare, estesi a tutte le Università Italiane, ivi comprese quelle telematiche.
Questo rilievo è conforme alla giurisprudenza [#OMISSIS#] del Tribunale, atteso che il TAR Lazio si è già pronunziato in passato su casi di limitazione all’accesso di corsi universitari, come ad esempio per quelli indetti dagli Atenei di Napoli [#OMISSIS#] II (ord. n. 58162015 sez. III bis) di Catania (sentenza n. 122122015 sez. III bis) o di Cosenza (sentenza n. 79392017 sez. III bis).
1.4. – Peraltro –e lo si osserva per mera completezza- la giurisprudenza d’appello ha avuto modo di confermare, in simili casi, la competenza del TAR del Lazio, qualora all’impugnazione di atti applicativi individuali aventi efficacia territorialmente limitata fosse connessa strumentalmente l’impugnazione di un atto a carattere generale, destinato a valere senza limiti personali e/o territoriali, in quanto, “Come chiarito da C.d.S., sez. IV., 5/11/2012, n. 5614, tali controversie rientrano nella competenza del Tar Lazio, sede di Roma, in base al principio di concentrazione del giudizio dinanzi allo stesso giudice, che realizza i valori dell’effettività della tutela e della ragionevole durata del processo”.
2. – Occorre adesso affrontare la questione di procedibilità del ricorso sollevata dagli stessi ricorrenti nella memoria conclusionale, nella quale si afferma che vi sarebbe stata la spontanea ottemperanza dell’Università degli Studi di Torino al decreto cautelare n. 642018, in quanto esso non è stato seguito da ordinanza cautelare di accoglimento in sede collegiale, e, ciò malgrado, l’immatricolazione dei ricorrenti non è stata annullata.
2.1. – E’ del tutto evidente che siffatta prospettazione non può essere condivisa.
Ed invero, l’art. 35 comma I lettera c) del c.p.a., che disciplina l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ad agire, postula una la tradizionale nozione di interesse al ricorso (e alla relativa decisione) intesa come l’utilità concreta che il ricorrente, nella situazione giuridica e di fatto in cui versa, si ripromette di ottenere dall’accoglimento del ricorso, sia pure in via indiretta e strumentale (Consiglio di Stato sez. VI 18 maggio 2015 n. 2515).
Nel caso in esame, l’utilità finale retraibile dai ricorrenti da un eventuale accoglimento del ricorso non può dirsi limitata ai favorevoli effetti di una pronunzia cautelare, che, per sua natura, ha carattere interinale e provvisorio, ed è destinata ad essere sostituita dagli effetti della sentenza che definisce il giudizio, anche qualora la misura sia stata adottata (o confermata) in sede di appello cautelare.
Nel caso in esame, poi, l’efficacia della pronunzia cautelare, consistente in un decreto presidenziale emesso ai sensi dell’art. 56 c.p.a., è addirittura venuta meno dal momento in cui lo stesso Giudice d’appello cautelare, con ordinanza n. 6282018 depositata il 12 febbraio 2018, ha respinto l’istanza dei ricorrenti.
2.2 – Come recentemente e costantemente affermato dalla Sezione in materia di ammissione a seguito di ordinanza cautelare a corsi universitari a numero programmato (per tutte, sentenze numero 4482018 e 4512018), secondo principi fondamentali del processo amministrativo deve trovare applicazione l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui il processo cautelare costituisce fase autonoma e distinta nell’ambito del giudizio di impugnazione, non in grado di consumare il rapporto processuale principale e senza, quindi, che l’eventuale sospensiva del provvedimento impugnato – destinata ad avere efficacia solo fino alla decisione di merito, al fine di evitare effetti negativi irreversibili prima di tale decisione – possa determinare cessazione della materia del contendere o improcedibilità dell’impugnativa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 7864, 21 novembre 2006, n. 6807, 19 maggio 2010, n. 3165; Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2907, 25 marzo 2013, n. 1660, 6 giugno 2013, n. 5671; Cons. Stato, sez. VI, sentenza non definitiva 4 gennaio 2016, n. 12).
Ed invero, sebbene sussistano alcuni precedenti di segno contrario, si deve osservare che il carattere interinale della pronuncia cautelare esclude la cessazione della materia del contendere e l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poichè la cessazione degli effetti della sospensione, disposta dal giudice amministrativo in via di urgenza, porterebbe inevitabilmente al ripristino dell’atto lesivo, ove non definitivamente annullato con pronuncia di merito.
2.3 – Non a caso, d’altra parte, una significativa deroga ai principi ricordati è stata resa possibile solo con disposizione legislativa, da considerare per ciò stesso norma eccezionale e di stretta interpretazione, ovvero con l’art. 4, comma 2 bis, del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, introdotto dalla legge di conversione 14 agosto 2005, n. 168, riferita agli esami di abilitazione per avvocato e, in più occasioni, dichiarata inapplicabile ai concorsi pubblici a numero chiuso o alle valutazioni scolastiche (fra la tante, Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7002, 8 luglio 2011, n. 41100, 11 gennaio 2012, n. 106, 21 maggio 2013, n. 2727, 10 aprile 2014, n. 1722, nonché n. 12 del 2016).
3. – Il ricorso, dunque, può essere deciso nel merito.
Esso è fondato, e va accolto, potendo essere condiviso il primo motivo (svolto in via principale rispetto agli altri), le cui molteplici censure, per comodità espositiva, possono essere congiuntamente esaminate.
4.1. – Al riguardo occorre premettere che l’Università degli Studi di Torino, mediante la relazione di chiarimenti depositata in seguito all’ordine istruttoria impartito dal Collegio, ha reso noto che, in realtà, i provvedimenti che hanno disposto l’accesso a numero programmato al Corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche non sono stati ispirati all’applicazione, contestata nella legittimità dai ricorrenti, del più volte su citato Decreto Ministeriale n. 987 del 2016; e ciò, sebbene il preambolo al decreto rettorale recante il bando di accesso al corso menzionasse espressamente detto decreto ministeriale fra i suoi presupposti.
4.2. – La relazione in questione, nei suoi passi salienti, evidenzia, invece, che:
“Il corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche prevede infatti la programmazione degli accessi ai sensi dell’articolo 2 lettera a) della Legge 2 agosto 1999, n. 264: la programmazione avviene a livello locale delle singole Università, in presenza di alcuni specifici requisiti (necessità di spazi per laboratori o di sistemi informatici e tecnologici, posti-studio personalizzati fino all’obbligo di tirocinio). Il corso di laurea in esame prevede la programmazione degli accessi a motivo della presenza di laboratori ad elevata specializzazione, così come ampiamente documentato nella deliberazione assunta dal Consiglio di Dipartimento di Psicologia nella seduta del 21 marzo 2017. (…) tutte le valutazioni necessarie a definire le potenzialità numeriche sono state effettuate facendo espresso riferimento alla situazione attuale e tenendo altresì presente la capacità professionalizzante che deve conferire il corso di studi de quo.”
E, poco oltre:
“Ne