Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5989

Ricercatori universitari non confermati – mancata presentazione per il giudizio della commissione

Data Documento: 2018-10-19
Area: Giurisprudenza
Massima

A norma dell’art. 31 del dPR 382/1980 “i ricercatori universitari, dopo tre anni dall’immissione in ruolo, sono sottoposti ad un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale composta, per ogni raggruppamento di discipline, da tre professori di ruolo, di cui due ordinari e uno associato, estratti a sorte su un numero triplo di docenti designati dal Consiglio universitario nazionale, tra i docenti del gruppo di discipline. La commissione valuta l’attività scientifica e didattica integrativa svolta dal ricercatore nel triennio anche sulla base di una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento”.E’ legittima la mancata conferma del ricercatore adottata dall’università qualora questa sia determinata dalla condotta del ricercatore stesso che non si sia sottoposto al giudizio della commissione per la valutazione dell’attività svolta.

Contenuto sentenza

N. 05989/2018REG.PROV.COLL.
N. 05937/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5937 del 2018, proposto da 
Universita’ degli Studi Roma Tre, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa [#OMISSIS#], 2, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
contro
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Calciano, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Lo Pinto, [#OMISSIS#] Novara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna 32; 
nei confronti
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca non costituito in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 06474/2018, resa tra le parti, concernente Annullamento:
– del decreto rettorale rep. n. 411/2017 prot. n. 41242 del 10.4.2017, con il quale è stata disposta la cessazione con effetto immediato del dott. Calciano dal ruolo di N. 05533/2017 REG.RIC. ricercatore non confermato in servizio presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Roma Tre”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale tra i quali, se ed in quanto occorrer possa: i) la nota prot. n. 41369/2017 del 10.4.2017 con la quale il Responsabile dell’Area del Personale dell’Università degli Studi di Roma “Roma Tre” ha comunicato al dott. Calciano la sua cessazione dal servizio in forza del D.R. prima citato; ii) le note prot. nn. 92890 del 7.10.2016 e 28208 del 20.2.2017,
nonché la comunicazione dell’11.1.2017, conosciute soltanto per estremi per essere le stesse citate nel D.R. impugnato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Calciano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati Angelo [#OMISSIS#], Pio Giovanni Marrone dell’Avvocatura Generale dello Stato e [#OMISSIS#] Lo Pinto;
Rilevato in fatto che:
– con l’appello in esame l’università odierna appellante impugnava la sentenza n. 64742018 con cui il Tar Lazio ha accolto l’originario gravame;
– quest’ultimo era stato proposto dall’odierna parte appellata al fine di ottenere l’annullamento, con il ricorso principale, del decreto rettorale prot. n. 41242 del 10 aprile 2017 recante la cessazione con effetto immediato dello stesso dott. Calciano dal ruolo di ricercatore non confermato in servizio presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Roma Tre” e, con i motivi aggiunti, del verbale della “Commissione Giudicatrice per i giudizi di conferma in ruolo dei ricercatori universitari, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R.11.7.1980, n. 382 – Settore scientifico- disciplinare SECS-P/01-Economia Politica” del 20 settembre 2017, contenenti il “parere sfavorevole alla conferma del dott. Calciano nella qualifica attuale di Ricercatore”;
– nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, l’università appellante impugnava la sentenza appellata con due articolate censure avverso i due capi di sentenza di primo grado, recanti l’accoglimento, rispettivamente, del ricorso principale e dei motivi aggiunti;
– la parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello;
– alla pubblica udienza del 18102018 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– l’appello è prima facie fondato sotto entrambi i profili dedotti;
– sul primo versante la impugnata cessazione è stata adottata sul seguente presupposto che “in data 1 luglio 2017, il dott. Calciano compirà 5 anni di servizio, che rappresentano il massimo degli anni riconosciuti dal D.P.R. 382/1980 per l’immissione nel ruolo dei ricercatori confermati, senza essersi sottoposto al giudizio e, in caso fosse stato negativo, aver avuto accordato un ulteriore biennio di servizio per ripetere nuovamente la procedura di conferma in ruolo” e che “la condotta assunta dal ricercatore di sottrarsi volontariamente e ripetutamente alla valutazione della Commissione ai fini della conferma e del conseguente inquadramento nel ruolo organico dei ricercatori confermati, rende impossibile procedere al perfezionamento dell’assunzione in ruolo”;
– come noto, la norma rilevante nel caso di specie è costituita dall’art. 31 dPR 382 cit., a mente della quale “i ricercatori universitari, dopo tre anni dall’immissione in ruolo, sono sottoposti ad un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale composta, per ogni raggruppamento di discipline, da tre professori di ruolo, di cui due ordinari e uno associato, estratti a sorte su un numero triplo di docenti designati dal Consiglio universitario nazionale, tra i docenti del gruppo di discipline. La commissione valuta l’attività scientifica e didattica integrativa svolta dal ricercatore nel triennio anche sulla base di una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento”;
– nel caso di specie la motivazione posta a fondamento del decreto di mancata conferma appare, in via di diritto, coerente al dato normativo e, in via id fatto, imposta dal comportamento gravemente omissivo e negligente del diretto interessato;
– in proposito, è evidente come per interesse e per logica la formale iniziativa dell’Università, chiamata altresì a fornire una motivata relazione, non possa che essere accompagnata dalla attiva e sostanziale partecipazione del diretto interessato, al fine di fornire ogni utile elemento alla propria conferma;
– nel caso in esame è proprio la partecipazione attiva del diretto interessato ad essere mancata;
– anzi, il comportamento tenuto dall’odierno appellato conferma, in via diretta e concreta, il giudizio posto a fondamento del provvedimento impugnato con il ricorso principale;
– le plurime e reiterate comunicazioni inviate per posta elettronica, tramite cioè uno strumento che lo stesso interessato aveva utilizzato accettandone la forma (cfr. ad es. messaggi del 14 settembre 2016 scambiati col direttore di dipartimento), nonché le successive comunicazioni inviate sia per posta certificata alla struttura amministrativa sia per raccomandata allo stesso interessato (cfr. nota datata 2022017), evidenziano l’attivazione da parte dell’università, in conformità e nei limiti in cui può ragionevolmente intendersi la norma di riferimento;
– all’opposto, del tutto pretestuose ed insufficienti a sostenere l’illegittimità dell’esito di mancata conferma, appaiono le argomentazioni concernenti un presunto mancato funzionamento (e conseguente mancata ricezione) dello strumento ordinariamente utilizzato dallo stesso;
– peraltro, assumono rilievo dirimente, rispetto alle carenti argomentazioni della pronuncia di prime cure, le due seguenti circostanze: per un verso l’Università risulta essersi tempestivamente attivata al fine di avviare la procedura di cui al predetto art. 31 (a partire dalla delibera del Consiglio di dipartimento di economica sino al sollecito del 2022017); per un altro verso l’interessato, presente alla seduta del 21 settembre 2016 del Consiglio del dipartimento, anche in disparte alla questione circa l’effettiva ricezione della pluralità di comunicazione e di solleciti tramite posta ordinaria, certificata e lo strumento ordinario ed accettato dall’interessato della posta elettronica, era ormai chiaramente edotto della pendenza del procedimento, risultando quindi in grado di fornire i necessari elementi richiesti;
– la conseguente grave inadempienza non può, contrariamente a quanto reputato dal Tar, imputarsi unicamente alla coincidenza della asserita mancata ricezione delle comunicazioni, atteso che il diretto interessato alla procedura de qua era pienamente a conoscenza dell’avvio della, peraltro dovuta, procedura;
– in tale contesto il giudizio posto a fondamento del decreto 1042017 appare oltre che ragionevole e proporzionato, coerente alle risultanze istruttorie;
– con riferimento alle ulteriori censure riprodotte in sede di appello, le considerazioni sin qui svolte ne evidenziano l’infondatezza, a fronte della congruità ed autonomia della valutazione negativa svolta, oltre che la carenza di interesse, a fronte del sopraggiungere della invocata valutazione della commissione nazionale;
– sul secondo e decisivo versante, diversamente da quanto concisamente argomentato dal Tar in merito ad una presunta carenza nella valutazione dell’attività scientifica e didattica, il giudizio negativo della commissione appare – nei limiti di sindacato ammissibili nel presente giudizio di legittimità – conforme al dato normativo e coerente alle risultanze procedimentali;
– preliminarmente, anche a conferma della rilevata infondatezza delle ulteriori censure riproposte da parte appellata, va evidenziato come, nonostante il comportamento negligente del diretto interessato, si sia giunti comunque all’invocato giudizio della commissione nazionale;
– nel merito, nei predetti limiti di sindacato, il giudizio è stato reso sulla scorta della previsione secondo cui la commissione valuta l’attività scientifica e didattica integrativa svolta dal ricercatore nel triennio anche sulla base di una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento;
– la giurisprudenza della sezione ha già avuto modo di evidenziare come nei giudizi per la conferma in ruolo in qualità di ricercatore universitario, nel rapporto tra l’attività didattica e l’attività di ricerca, anche a voler riconoscere, per mera ipotesi, un sistema di compensazione, questo non potrebbe comportare giammai una prevalenza dell’attività didattica sull’attività di ricerca (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 04 ottobre 2013 n. 4903);
– in tale ottica depone, da un lato, il dato normativo, in specie l’art. 31, comma 2, d.P.R. 382 cit. che definisce l’attività didattica “integrativa”, ossia attività di complemento dell’attività di ricerca;
– dall’altro lato depone altresì la ratio del procedimento di conferma, il quale mira a verificare l’idoneità del ricercatore alla successiva attività che aspira a svolgere stabilmente e che non consiste certo nella mera intensità quantitativa della ricerca, ma anche – se non soprattutto – nella sua [#OMISSIS#] qualitativa, con la conseguenza che, a ragione, nel caso di specie la commissione si è fondata anche su tale aspetto;
– dall’analisi della documentazione versata in atti, emerge come il giudizio della commissione abbia preso in esame l’attività didattica, giudicata sufficientemente positiva (quindi al limite minimo della positività) sulla scorta del parere reso dal Consiglio di dipartimenti di appartenenza, in termini quindi coerenti sia alle risultanze istruttorie che al dato normativo in esame;
– quindi la stessa commissione è passata all’approfondita analisi dell’attività scientifica, valutata negativamente sulla scorta di un proporzionato e ragionato giudizio, rispetto al quale parte originaria ricorrente non ha evidenziato alcun concreto elemento di travisamento di fatti o di manifesta irragionevolezza;
– in definitiva la valutazione appare, oltre che completa sotto entrambi i profili, coerente alle risultanze istruttorie;
– alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado;
– sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore

Pubblicato il 19/10/2018