TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 21 dicembre 2018, n. 2521

Ricercatore universitario-Concorso pubblico-Valutazione titoli

Data Documento: 2018-12-21
Area: Giurisprudenza
Massima

Nelle procedure di valutazione comparativa per i posti di ricercatore non occorre una valutazione analitica dei singoli titoli, occorrendo invece un accertamento globale e complessivo finalizzato a verificare l’attitudine dei candidati alla ricerca scientifica: “nel senso che questa [ossia la valutazione] deve svolgersi in modo da consentire che emergano, nel raffronto dei singoli giudizi (individuali, prima, e collegiali, poi) i candidati da ascrivere al novero degli idonei, rispetto a quelli che tale idoneità non conseguano o la conseguano in misura (relativamente) insufficiente. Non è, pertanto, condivisibile l’approccio secondo cui ogni singolo giudizio espresso nei confronti di ciascun candidato, relativamente al “curriculum”, ai titoli e alle prove debba recare una valutazione comparativa” (Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2009, n. 2705).
Insomma, nei concorsi per ricercatore la valutazione dei titoli “deve essere rapportata alla finalità assegnata dalla normativa alla valutazione comparativa, consistente in un raffronto, attraverso la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, della personalità scientifica dei vari candidati, dei quali va ricostruito il profilo complessivo risultante dalla confluenza degli elementi che lo compongono, da apprezzare in tale quadro non isolatamente, ma in quanto correlati nell’insieme secondo il peso che assumono in una interazione di sintesi oggetto di un motivato giudizio unitario; la suddetta valutazione specifica dei titoli deve, dunque essere svolta, ma non con dettaglio tale da instaurare una valutazione comparativa puntuale di ciascun candidato rispetto agli altri per ciascuno dei titoli, poiché si perderebbe, altrimenti, la contestualità sintetica della valutazione globale, risultando perciò necessario e sufficiente che i detti titoli siano stati acquisiti al procedimento e vi risultino considerati nel quadro della detta valutazione” (Cons. Stato, VI, 21 giugno 2013, n. 3387; sez. VI, 10 febbraio 205, n. 703).

Contenuto sentenza

N. 02521/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00388/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 388 del 2018, proposto da 
Salvatore Fiorentino, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Genova 70; 
contro
Università degli Studi Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149; 
nei confronti
[#OMISSIS#] Pellegrino, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Ingrascì, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Ingrascì in Catania, via Aldebaran n. 9; 
per l’annullamento
– del Decreto rettorale n. 2615 del 20/07/2017, il cui avviso è stato pubblicato su G.U.R.I. (IV s.s.) n. 72 del 22/09/2017, con il quale sono stati approvati gli atti relativi alla Valutazione comparativa per un posto di ricercatore universitario, settore scientifico-disciplinare “Composizione Architettonica e Urbana (ICAR 14)”, Struttura didattica speciale di Architettura (già Facoltà di Architettura) con sede decentrata in Siracusa, ed è stato dichiarato quale vincitore il dott. [#OMISSIS#] Pellegrino;
– nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, tra cui il Decreto rettorale n. 4261 del 28/12/2016, pubblicato su G.U.R.I. (IV s.s.) n. 4 del 17/01/2017, con il quale è stata nominata la nuova commissione giudicatrice in conseguenza dell’annullamento della procedura concorsuale di cui trattasi in forza di Sentenza del C.G.A.R.S. n. 284/2016 in conferma della Sentenza del T.A.R. Sicilia (sez. Catania) n. 2673/2011 di accoglimento del ricorso n. 1641/2010 proposto dall’odierno ricorrente;
nonché condanna dell’amministrazione
a dichiarare il ricorrente (dott. Salvatore Fiorentino) quale vincitore della procedura concorsuale impugnata.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Catania e di [#OMISSIS#] Pellegrino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il dott. Salvatore Fiorentino ha esposto di avere proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l’annullamento, previa sospensione, dei seguenti atti: a) D.R. n. 2615 del 20 luglio 2017, con il quale sono stati approvati gli atti della valutazione comparativa per un posto di ricercatore universitario (ICAR 14), S.S.D. di Architettura, Università di Catania, ed è stato dichiarato vincitore il dott. [#OMISSIS#] Pellegrino; b) tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, tra cui il D.R. n. 4261 del 28 dicembre 2016, con il quale è stata nominata la nuova commissione giudicatrice in seguito all’annullamento della procedura in forza di sentenza n. 2673/2011 di questo T.A.R., confermata con sentenza n. 284/2016 del C.G.A.R.S.
A seguito di opposizione da parte del controinteressato (dott. [#OMISSIS#] Pellegrino), parte ricorrente ha trasposto il detto ricorso straordinario nella presente sede giurisdizionale, riproponendo i motivi ivi esposti.
Ha premesso che la procedura concorsuale in esame è stata annullata due volte: la prima volta (prove d’esame svolte nel 2005) in forza del D.P.R. 11 novembre 2008, conforme al pertinente parere del Consiglio di Stato, in accoglimento del ricorso straordinario proposto dallo stesso ricorrente, come anche confermato dal T.A.R. Sicilia Catania e dal C.G.A.R.S. in esito alle impugnative esperite dalla originaria controinteressata dichiarata vincitrice; la seconda volta (prove d’esame svolte nel 2009) è stata annullata in forza della sentenza del T.A.R. Sicilia Catania n.2673/2011, in accoglimento del ricorso proposto dal dott. Fiorentino, confermata dalla sentenza del C.G.A. n.284/2016.
Avverso gli atti impugnati indicati in epigrafe ha dedotto i seguenti motivi:
I) Violazione di legge (art. 1, commi 5, 6, 8, D.L. n. 180/2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 1/2009; D.M. 27/03/2009): omessa applicazione della nuova normativa indicata in rubrica, regolante la costituzione delle commissioni giudicatrici, essendo stata invece applicata la precedente disciplina (art. 3 D.P.R. 117/2000);
II) Violazione di legge (art. 4, comma 2, lettera “b” del D.P.R. n. 117/2000; art. 6, lettera “b” del bando di concorso) – Eccesso di potere (inosservanza arbitraria dei criteri di valutazione; travisamento ed erronea valutazione dei fatti; illogicità della motivazione): le pubblicazioni prodotte dal controinteressato (dott. Pellegrino) non risulterebbero valutabili ai fini della procedura concorsuale per ricercatore universitario in scrutinio, ai sensi della normativa citata;
III) Eccesso di potere (travisamento ed erronea valutazione dei fatti; disparità di trattamento; illogicità della motivazione): a) pressoché tutte le pubblicazioni prodotte dal controinteressato non presenterebbero i requisiti basilari per essere qualificate “pubblicazioni scientifiche”, le sole ammissibili ai sensi dell’art. 4, comma 2, D.P.R. n. 117/2000; b) vi sarebbe travisamento ed erronea valutazione del fatto che i titoli e il curriculum del controinteressato possano ritenersi adeguati al ruolo di “ricercatore universitario”, stante che, al contrario, emergerebbe una figura in formazione; c) verrebbe in rilievo un ulteriore vizio per disparità di trattamento ai danni del ricorrente, in ordine alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dallo stesso prodotte; d) vi sarebbero ulteriori episodi di uso scorretto del potere discrezionale, ravvisabili nell’operato della commissione, con particolare riferimento alla stesura dei giudizi resi sugli elaborati delle due prove scritte (tema e progetto) e sulla prova orale.
Ha chiesto, pertanto, l’annullamento degli atti impugnati e la condanna dell’amministrazione a dichiarare il dott. Fiorentino vincitore della procedura.
2. Si sono costituiti l’Università degli Studi di Catania e il controinteressato per resistere al ricorso; l’amministrazione ha prodotto documentazione nel corso del giudizio.
3. Con ordinanza cautelare n. 214 del 2018, resa all’esito della camera di consiglio del 22 marzo 2018, il Collegio ha ravvisato i presupposti per la fissazione della pubblica udienza ai sensi dell’art.55, co.10, del cod. proc. amm.
4. Alla pubblica udienza del giorno 8 novembre 2018 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione, sollevata dal controinteressato dott. [#OMISSIS#] Pellegrino, di inammissibilità del primo motivo di ricorso – attinente alla nomina della commissione – per non essere stato notificato il ricorso ad almeno uno dei componenti della commissione, unici veri controinteressati con riguardo all’azione di annullamento avverso il decreto di costituzione della commissione.
L’eccezione è infondata.
Infatti, il componente di una commissione di concorso non assume la veste di controinteressato ove la contestazione riguardi la normativa applicabile in tema di costituzione della commissione medesima, non sussistendo un interesse personale al mantenimento di una posizione attribuitagli e non essendo lo stesso controinteressato in senso tecnico rispetto ai partecipanti (C.G.A. 4 giugno 2003 n.228; T.A.R. Palermo, sez. II, n.633/1996).
Peraltro, nel caso, non vengono in questione motivi di impugnazione afferenti l’onorabilità, l’idoneità tecnico-professionale in concreto o la correttezza dei componenti della commissione, dimodoché non sussiste un interesse autonomo e indipendente dei commissari a resistere al ricorso rispetto all’interesse dell’amministrazione, unico soggetto legittimato a contraddire alle censure sollevate.
2. Il controinteressato eccepisce, altresì, l’inammissibilità per mancata notifica del ricorso al MIUR che ha curato il provvedimento finale conclusivo del subprocedimento di elezione dei due membri elettivi.
Anche tale eccezione si rivela priva di pregio in quanto gli atti impugnati sono di competenza del Rettore e comunque riferibili all’Università intimata.
3. Passando all’esame del merito del ricorso, con il primo motivo, parte ricorrente ritiene che, in luogo dell’art.3 del D.P.R. n.117/2000, applicato dall’amministrazione per la costituzione della commissione giudicatrice della procedura comparativa in esame, avrebbe dovuto essere applicata la normativa di cui all’art.1, commi 5, 6, 8 del D.L. n.180/2008, convertito con modificazioni dalla L. n.1/2009 e di cui al D.M. 27 marzo 2017.
In particolare, la normativa invocata, al contrario di quella applicata, prevede che la nomina di 2/3 dei componenti avvenga mediante sorteggio e che i membri sorteggiati siano professori ordinari (e non associati e/o ricercatori).
Nel caso di specie, invece, l’amministrazione ha provveduto alla composizione della commissione mediante elezione dei candidati (e non tramite sorteggio) ed ha individuato come membri eletti un ricercatore e un professore associato, anziché due professori ordinari.
Né potrebbe rilevare, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, la circostanza che l’art.1, comma 5, del D.L. cit. trovasse applicazione “in attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori universitari e comunque fino al 31 dicembre 2010”, atteso che il suddetto riordino, intervenuto con la legge 30 dicembre 2010 n.240, non ha più contemplato la figura del ricercatore a tempo indeterminato di cui al bando di concorso in questione (pubblicato su G.U.R.I. IV s.s. n.79 del 10 ottobre 2003); pertanto, in assenza di una nuova disciplina per i ricercatori a tempo indeterminato, non poteva che trovare applicazione l’unica a ciò espressamente deputata ossia l’art.1, comma 5, del d.l. n.180/2008, oltre al collegato D.M. 27 marzo 2009.
Il controinteressato ha, d’altro canto, osservato che il provvedimento di nomina sarebbe stato adottato in rinnovazione, ora per allora, del precedente decreto di nomina della Commissione, annullato in sede giurisdizionale da questo T.A.R. con la sentenza n.2673 del 10 novembre 2011, e quindi in ottemperanza della detta sentenza; comunque, la normativa invocata da parte ricorrente non era più vigente dall’1 gennaio 2012, sicché, alla data del 28 dicembre 2016 di adozione dell’impugnato decreto rettorale n.4261, essa non era più applicabile.
3.1. Il Collegio ritiene infondato il primo motivo di ricorso.
3.2. Quanto alla normativa invocata da parte ricorrente, l’art. 1 del decreto-legge n. 180 del 2008 ha previsto, al comma 5, che: «In attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori universitari e comunque fino al 31 dicembre 2010, le commissioni per la valutazione comparativa dei candidati di cui all’articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono composte da un professore ordinario o da un professore associato nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando e da due professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione».
Il successivo comma 8 ha stabilito che «le disposizioni di cui al comma 5 si applicano, altresì, alle procedure di valutazione comparativa indette prima della data di entrata in vigore del presente decreto, per le quali non si sono ancora svolte, alla medesima data, le votazioni per la costituzione delle commissioni». Lo stesso comma ha aggiunto che, fermo quanto disposto al primo periodo, «le eventuali disposizioni dei bandi già emanati, incompatibili con il presente decreto, si intendono prive di effetto» e che «sono, altresì, privi di effetto le procedure già avviate per la costituzione delle commissioni» e gli atti adottati non conformi alle disposizioni del decreto.
Il riordino della materia è avvenuto con la legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario) che ha previsto la nuova figura del ricercatore a tempo determinato e che ha stabilito che, a seguito della sua entrata in vigore, «le Università possono avviare esclusivamente le procedure previste» dalla stessa legge.
Questa essendo la successione delle norme rilevanti nel caso, occorre ricordare che il principio di legalità e la regola tempus regit actum, che di esso costituisce corollario, impongono l’applicazione delle leggi esistenti nel momento in cui i singoli atti della procedura sono stati posti in essere; e anche nel caso di riesercizio del potere, successivamente all’annullamento giurisdizionale, deve trovare applicazione la normativa vigente in tale momento. La funzione amministrativa ha, infatti, «una dimensione dinamica che impone un [#OMISSIS#] adeguamento del rapporto regolato dall’amministrazione, in un determinato momento storico, al mutamento degli assetti organizzativi, procedimentali e sostanziali che il legislatore intende assicurare» (Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2014, n. 1472).
L’unico limite all’applicazione di detto principio è costituito dalla verifica della “compatibilità processuale” tra la normativa sopravvenuta e il giudicato: la nuova normativa e la successiva attività amministrativa non devono porsi in contrasto con gli accertamenti compiuti nel corso del giudizio e con i conseguenti effetti derivanti dalla sentenza di annullamento (sentenza sopra citata).
3.3. Orbene, nella fattispecie in esame, l’Università ha indetto la procedura concorsuale per “ricercatore a tempo indeterminato” di cui al bando di concorso pubblicato su G.U.R.I. IV s.s. n.79 del 10 ottobre 2003.
Tale procedura è stata ritenuta illegittima, per quel che qui interessa, con sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia Catania, sez. III, n. 2673/2011 (confermata dal C.G.A con la sentenza n.284 del 2016), nella parte relativa alla composizione della commissione.
In particolare, il T.A.R. ha ritenuto infondato il motivo di ricorso con cui parte ricorrente lamentava la mancata applicazione per la nomina della commissione (a seguito dell’azzeramento della precedente) della normativa sopravvenuta (art.1, comma 6, della legge n.1/2009) e ciò per la mancata emanazione, alla data di nomina, del decreto ministeriale citato dalla normativa in questione, decreto che successivamente – sottolinea il ricorrente – è stato emanato.
Il T.A.R. ha, invece, ritenuto fondato il primo motivo del ricorso nella parte in cui il ricorrente lamentava la violazione dell’art.3 del D.P.R. n.117/2000, in quanto “una volta azzerata la precedente commissione giudicatrice, non poteva che farsi applicazione delle modalità di nomina della commissione, in quel momento vigenti, vale a dire ex art.3 del D.P.R. n.117/2000”; insomma “una volta rimossa la nomina dell’originaria commissione, l’Università non poteva “recuperare”, ai fini di una nuova nomina, i nominativi dei componenti eletti dall’elenco degli originari professori e ricercatori eletti nel 2004 ai fini della nomina annullata”.
Il T.A.R. ha, quindi, ritenuto che:
a) a seguito dell’annullamento del primo concorso, correttamente era stata fatta applicazione da parte dell’Università della normativa vigente al momento della nomina ossia il d.p.r. n.117/2000;
b) nel procedere alla nuova nomina, l’Università non poteva “recuperare” i nominativi dei componenti dall’elenco degli originari professori e ricercatori eletti nel 2004 ai fini della nomina annullata.
La sentenza di annullamento, pertanto, era entrata nel merito della normativa applicabile ai fini della nuova nomina della commissione – individuata nel d.p.r. 117/2000 -, ritenendo però illegittimo l’attingere nuovamente dai risultati dell’elezione dell’aprile 2004.
A seguito di tale annullamento disposto giurisdizionalmente (annullamento confermato, come detto, con la sentenza del C.G.A. del 6 settembre 2016), l’Università, in data 28 dicembre 2016, ha proceduto alla nomina di una nuova commissione ai sensi del d.p.r. 117/2000, a norma del quale “Le commissioni giudicatrici per le valutazioni comparative per la copertura di posti di ricercatore, professore associato e professore ordinario sono costituite mediante designazione di un componente da parte del consiglio della facoltà che ha richiesto il bando e mediante elezione dei restanti componenti. Per ciascuna procedura di valutazione comparativa è costituita, con decreto rettorale di nomina, una distinta commissione giudicatrice.
2. Possono essere componenti delle commissioni giudicatrici i professori che hanno conseguito la nomina a ordinario e di professori associati che hanno conseguito la conferma, nonché i ricercatori confermati.”
3.4. Tanto premesso, alla luce dei principi sopra esposti, l’amministrazione avrebbe dovuto, al momento della nomina della commissione, applicare la normativa a quel momento vigente nei soli limiti di compatibilità del giudicato.
Orbene, al momento della nomina della nuova commissione (28 dicembre 2016) la normativa invocata da parte ricorrente (art.1, commi 5, 6, 8 del D.L. n.180/2008, convertito con modificazioni dalla legge n.1/2009), avente carattere strettamente transitorio (in attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori universitari) e temporalmente definito (e comunque fino al 31 dicembre 2010), non poteva trovare applicazione, essendo intervenuto, nelle more, il riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori universitari con la legge n.240/2010.
Invero, l’abrogazione della previgente disciplina (e quindi anche del d.l. 180/2008) è chiarita dai commi 1 e 2 dell’art. 29 della medesima legge 240/2010, dove si afferma che “Fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, leUniversità possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo. 2. Le Università continuano ad avvalersi delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di assunzione in servizio, fino alla adozione dei regolamenti di cui all’articolo 18, comma 1”.
La nuova normativa però non risultava applicabile al caso in questione, come ritenuto dallo stesso ricorrente laddove afferma che la sopravvenuta legge non ha più contemplato la figura del “ricercatore a tempo indeterminato” di cui al bando di concorso in esame, ma solo il ricercatore a tempo determinato.
Da ciò parte ricorrente fa discendere che, non potendo trovare applicazione la nuova normativa, sarebbe applicabile quella dallo stesso invocata, unica “in attesa del riordino”, non potendo peraltro trovare applicazione il previgente art.3 del d.p.r. n.117/2000, tacitamente abrogato dalla nuova normativa.
Orbene, pacifico essendo che la nuova normativa (L. n.240/2010) era incompatibile con il caso in questione e che, comunque, essa non poteva trovare applicazione – in quanto la stessa si applica soltanto alle procedure interamente iniziate dopo la sua entrata in vigore -, occorre verificare quale fosse la normativa applicabile nella fattispecie.
Nel caso in esame, la procedura è iniziata nel 2003 ed è soltanto l’autonoma fase della nomina della commissione e dello svolgimento della procedura ad essersi svolta, in ragione da ultimo dell’annullamento giurisdizionale sopra indicato, durante la vigenza della suddetta legge n.240 del 2010.
Ciò posto il Collegio ritiene che la scelta dell’Università di nominare la nuova commissione ai sensi del D.P.R. 117/2000, ma con l’epurazione dei vizi censurati dal T.A.R. e dal C.G.A., al di là dell’obiettiva complessità della questione, sia coerente con il giudicato formatosi.
Come osservato dal controinteressato, l’iter procedimentale de quo era stato fatto specifico oggetto della sentenza, precisando altresì il C.G.A. che “nominato il nuovo membro interno, l’Università non poteva procedere a rinnovare la commissione (come invece ha fatto con il Decreto rettorale del 9 febbraio 2009) attingendo (per i componenti elettivi) agli elenchi dei votati nelle elezioni del 2004, ma avrebbe dovuto richiedere al Ministero (che ne aveva la competenza) la indizione di nuove elezioni per quel concorso, secondo per altro l’esplicito dettato del comma 1 dell’art.3”; e a tali indicazioni risulta essersi adeguata l’amministrazione.
Peraltro la normativa indicata da parte ricorrente – anch’essa (al pari del d.p.r. n.113 del 2000) non più vigente al momento della nomina della nuova commissione – aveva carattere transitorio in vista del riordino della materia (avvenuto al momento della nomina) e temporalmente definito, dimodoché, a fronte di un annullamento giurisdizionale ad opera del T.A.R. (ove la censura accolta afferisce proprio alle modalità di composizione della commissione), confermato con la sentenza del 6 settembre 2016 dal C.G.A., la scelta dell’amministrazione di nominare una commissione (in data 28 dicembre 2016), conformemente al giudicato, non solo appare in linea con i detti principi giurisprudenziali, ma anche logica e consequenziale alle sentenze citate.
3.5. Ne consegue l’infondatezza del motivo.
4. Con il secondo e con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente censura i vizi di eccesso di potere e di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la commissione nella valutazione delle pubblicazioni e delle prove scritte.
4.1. Il Collegio ritiene di muovere, per ragioni logico-giuridiche, dalla censura relativa a queste ultime prove.
Parte ricorrente fa, al riguardo, riferimento ad episodi di uso asseritamente scorretto del potere discrezionale da parte della commissione, con particolare riferimento alla seconda prova scritta (progetto).
In particolare, il controinteressato non avrebbe prodotto tutti gli elaborati richiesti dalla traccia assegnata, rinvenendosi, a fronte del richiesto “approfondimento alla scala architettonica dell’unità abitativa”, “soltanto una “planimetria”, peraltro abbozzata e non definita nelle dimensioni e nelle funzioni, mentre mancano i “prospetti” e le “sezioni” che, come noto, sono elaborati essenziali alla definizione di un progetto alla “scala architettonica”.
Al contrario, il dott. Fiorentino avrebbe completato interamente gli elaborati richiesti, come riconosciuto dalla commissione, e tuttavia quest’ultima, con disparità di trattamento, avrebbe valutato in modo significativamente più favorevole la prova del controinteressato.
Quest’ultimo, dal canto suo, osserva che il ricorrente non ha superato la suddetta seconda prova, atteso il giudizio negativo espresso da tutti e tre i commissari individualmente e collegialmente; tale profilo sarebbe assorbente non consentendo al ricorrente di conseguire la nomina e di essere dichiarato vincitore.
4.2. Invero, con riferimento alla prova del ricorrente, dal giudizio individuale di uno dei commissari emerge che se da una parte viene rilevata la completezza del tema e la correttezza dal punto di vista funzionale della seconda prova, al contempo viene rilevato che “al progetto sembra tuttavia mancare un’idea capace di guidare il processo compositivo sul piano insediativo, morfo-tipologico, spaziale e costruttivo”; anche gli altri commissari hanno evidenziato punti di debolezza nell’elaborato con giudizi esplicativi dei limiti individuati nella detta prova scritta; parimenti il giudizio collegiale, motivato anch’esso, sottolinea “un approccio generico, non in grado di porre in evidenza, insieme alle caratteristiche del luogo, le qualità geometriche della pianta quadrata”.
Non vi è, in realtà, da parte del ricorrente una contestazione nel merito del giudizio relativo al proprio compito, deducendo il ricorrente solo una generica disparità di trattamento e ritenute carenze anche nell’elaborato del controinteressato.
Questo, di contro, fa presente che il proprio elaborato “contiene pianta e sezione dell’unità abitativa alla scala architettonica, così come richiesto dalla traccia” e che tale circostanza risulta espressamente confermata dal giudizio collegiale della Commissione ove viene sottolineata la “coerenza” “alle varie scale del progetto” delle scelte dallo stesso compiute nel predisporre il sistema architettonico complessivo da lui proposto (testualmente nel giudizio collettivo si legge: “Tale peculiarità rafforza la consistenza architettonica del sistema complessivo, dove anche gli aspetti tettonici sono coerenti con le scelte compiute alle varie scale del progetto”).
4.3. Orbene, ritiene il Collegio, conformemente alla giurisprudenza anche del Consiglio di Stato (sez. VI, n.1196/2016) in materia di procedure di valutazione per la copertura di un posto di ricercatore universitario, che la pur rilevante evoluzione della giurisprudenza, in tema di riscontro di legittimità sugli atti discrezionali, deve talvolta arrestarsi in rapporto all’ampiezza dell’apprezzamento, rimesso alle Commissioni esaminatrici in un settore particolarmente delicato e complesso, come quello di cui si discute, sotto il profilo della congruità della valutazione finale.
In particolare, la giurisprudenza ha osservato che nei concorsi a posti di ricercatore universitario il giudizio della commissione è espressione di un’ampia discrezionalità tecnica, le cui valutazioni, riflettendo specifiche competenze, non possono essere sindacate nell’intrinseco dal giudice amministrativo, salvo che per profili concernenti la ragionevolezza, l’adeguatezza e la proporzionalità del giudizio, oltre che per eventuali aspetti di illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti; invero, la sostituzione della valutazione del giudice amministrativo a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituirebbe un’ipotesi di inammissibile sconfinamento della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A. (C.G.A. n.659/2015).
In realtà, il “travisamento” e la “disparità di trattamento” a cui conseguirebbe “l’illogicità della motivazione”, quali vizi segnalati dal ricorrente, non costituiscono altro che una diversa valutazione delle dette prove rispetto a quella della commissione, senza che il Collegio disponga di un principio di prova circa la “qualità” della prova del ricorrente rispetto a quella del controinteressato.
4.4. Ne consegue che dalla mancanza di un principio di prova circa la disparità di trattamento e l’erroneità nella valutazione della prova scritta non può che derivare il rigetto del relativo motivo.
5. Dal giudizio della commissione sulla seconda prova scritta del ricorrente nei termini di cui sopra, discende, altresì, la mancanza di interesse del dott. Fiorentino alle censure relative ai titoli e alle pubblicazioni e quindi l’inammissibilità delle stesse.
5.1. Tuttavia, per ragioni di completezza, si espone quanto segue.
Parte ricorrente contesta che alcune pubblicazioni del controinteressato (da nn. 1 a 8 e n. 12) non risulterebbero sottoscritte dallo stesso, né sarebbe distinguibile il suo apporto individuale, e che altre (nn. 9, 10 e 11) non si presenterebbero alla stregua di pubblicazioni prodotte in ambito scientifico e/o accademico; pressoché tutte le pubblicazioni del controinteressato non sarebbero valutabili in quanto non presenterebbero i requisiti basilari per essere giustificate quali “pubblicazioni scientifiche”; i titoli e il curriculum del controinteressato, inoltre, non sarebbero adeguati al ruolo di ricercatore universitario, stante che, al contrario, emergerebbe da essi una figura in formazione; l’attività progettuale non sarebbe valutabile in quanto svolta sempre con altri co-progettisti senza che sia rilevabile l’apporto individuale; vi sarebbe, inoltre, una disparità di trattamento nella valutazione dei titoli e delle pubblicazioni prodotte dal ricorrente, come emergerebbe dai giudizi individuali e collegiali resi dalla commissione.
5.2. Occorre, anche per la valutazione dei titoli, precisare che, poiché il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera del giudice, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l’apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1350).
Va, altresì, ricordato l’orientamento costantemente sostenuto dal Consiglio di Stato, a cui aderisce questo Collegio, secondo cui nelle procedure di valutazione comparativa per i posti di ricercatore non occorre una valutazione analitica dei singoli titoli, occorrendo invece un accertamento globale e complessivo finalizzato a verificare l’attitudine dei candidati alla ricerca scientifica: “nel senso che questa [ossia la valutazione] deve svolgersi in modo da consentire che emergano, nel raffronto dei singoli giudizi (individuali, prima, e collegiali, poi) i candidati da ascrivere al novero degli idonei, rispetto a quelli che tale idoneità non conseguano o la conseguano in misura (relativamente) insufficiente. Non è, pertanto, condivisibile l’approccio secondo cui ogni singolo giudizio espresso nei confronti di ciascun candidato, relativamente al “curriculum”, ai titoli e alle prove debba recare una valutazione comparativa” (Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2009, n. 2705).
Insomma, nei concorsi per ricercatore la valutazione dei titoli “deve essere rapportata alla finalità assegnata dalla normativa alla valutazione comparativa, consistente in un raffronto, attraverso la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, della personalità scientifica dei vari candidati, dei quali va ricostruito il profilo complessivo risultante dalla confluenza degli elementi che lo compongono, da apprezzare in tale quadro non isolatamente, ma in quanto correlati nell’insieme secondo il peso che assumono in una interazione di sintesi oggetto di un motivato giudizio unitario; la suddetta valutazione specifica dei titoli deve, dunque essere svolta, ma non con dettaglio tale da instaurare una valutazione comparativa puntuale di ciascun candidato rispetto agli altri per ciascuno dei titoli, poiché si perderebbe, altrimenti, la contestualità sintetica della valutazione globale, risultando perciò necessario e sufficiente che i detti titoli siano stati acquisiti al procedimento e vi risultino considerati nel quadro della detta valutazione” (Cons. Stato, VI, 21 giugno 2013, n. 3387; sez. VI, 10 febbraio 205, n. 703).
Ciò premesso, nel caso, i giudizi sui titoli e sulle pubblicazioni non paiono affetti da manifesta illogicità.
Quanto all’assenza di un apporto individuale del controinteressato nelle pubblicazioni prodotte, dedotta da parte ricorrente, va rilevato che nei giudizi individuali e in quello collettivo viene soprattutto valorizzato, con giudizi ampiamente positivi, il saggio “Le forme del suolo Poggio Fanales e Caltagirone”, dove – come evidenziato dalla Commissione – il contributo del candidato è individuabile (capp. 2 e 3); i commissari, in particolare, sottolineano la capacità del candidato di “sviluppare una attenta riflessione fra architettura e luogo” e l’acutezza con cui “si mettono in luce le differenze di due distinti approcci progettuali”.
Inoltre, dalla circostanza che la commissione ha messo in luce soprattutto la detta pubblicazione, il cui apporto, per come detto, è individuabile, ne deriva che le censure relative agli altr