L’accertamento della sussistenza di un eventuale comportamento discriminatorio non può essere svolto nel giudizio di ottemperanza riguardante una sentenza il cui effetto conformativo si esaurisce, come nel caso di specie, nella necessità che la parte risultata vincitrice venga chiamata in ruolo quale professore associato di diritto processuale civile.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 4 gennaio 2019, n.13
Professore associato-Chiamata-Giudizio di ottemperanza
N. 00013/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01682/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1682 del 2018, proposto da
[#OMISSIS#] GAMBA, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Nespor e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via [#OMISSIS#], n. 36;
contro
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n. 1;
CONSIGLIO DI DIPARTIMENTO DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA DELL’UNIVERSITÀ DI PAVIA, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l’ottemperanza
alla sentenza di questo T.A.R. n. 1470 dell’11 giugno 2018 e, quindi, ordinare all’Università degli studi di Pavia di:
a) adottare tutti gli opportuni provvedimenti per concludere la procedura selettiva, incardinando la ricorrente nel posto di professore associato di diritto processuale civile;
b) ricostruire la carriera della ricorrente, ora per allora, secondo quanto stabilito dalla sentenza, nominando, ove occorra, un Commissario ad acta che ponga in essere gli atti e le attività necessarie per concludere la procedura di selezione;
nonché condannare
l’Università, in persona del Rettore pro tempore, ai sensi dell’art.114, 4° comma, lett. e), tenuto conto del protrarsi del comportamento discriminatorio a danno della ricorrente a versare alla ricorrente, a titolo di astreinte, la somma di euro 300 per ogni settimana di ritardo nell’esecuzione degli obblighi che saranno fissati, ovvero la diversa astreinte che sarà ritenuta congrua;
l’Università, in persona del Rettore pro tempore, a pubblicare la sentenza della quale si chiede l’ottemperanza e la presente sentenza all’Albo dell’Università di Pavia e, per estratto nel quotidiano La Provincia pavese.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Pavia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2018 il dott. [#OMISSIS#] Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame viene chiesta l’esecuzione della sentenza n. 1470 dell’11 giugno 2018, con la quale questo T.A.R. ha annullato la deliberazione del 28 giugno 2017 del Consiglio di Dipartimento dell’Università degli Studi di Pavia che aveva respinto la proposta di chiamata della ricorrente al posto di professore associato di diritto processuale civile, nonostante quest’ultima fosse risultata vincitrice della procedura selettiva appositamente indetta.
La ricorrente chiede in particolare che questo Giudice adotti tutti gli opportuni provvedimenti per concludere la suddetta procedura selettiva, incardinandola nel posto di professore associato di diritto processuale civile; nonché ricostruisca la sua carriera, ora per allora, nominando, ove occorra, un Commissario ad acta che ponga in essere gli atti e le attività necessarie. Chiede inoltre che, in caso di persistente inadempimento, l’Università venga condannata al pagamento, a titolo di astreinte, di euro 300 per ogni settimana di ritardo. Domanda infine che l’Università venga condannata a pubblicare la sentenza della quale si chiede l’ottemperanza e la presente sentenza all’Albo della stessa Università e, per estratto, nel quotidiano “La Provincia pavese”.
Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l’Università degli Studi di Pavia.
Tenutasi la camera di consiglio in data 21 dicembre 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
Come anticipato, con il ricorso in esame, viene chiesta l’ottemperanza ad una sentenza emessa da questo T.A.R. che ha annullato il provvedimento con il quale il Comitato Direttivo dell’Università degli Studi di Pavia ha respinto la proposta di chiamata della ricorrente al posto di professore associato di diritto processuale civile, nonostante quest’ultima fosse risultata vincitrice della procedura selettiva appositamente indetta.
La decisione assunta dall’organo universitario si fonda sulla convinzione che la ricorrente avesse prodotto, in sede di procedura selettiva, alcune opere scientifiche contenenti plagi di altri autori. La sentenza di questo T.A.R. ha invece rilevato che, con altra precedente pronuncia, era stata annullata la misura disciplinare inflitta per sanzionare tale presunto illecito; e che, comunque, non spettava al Consiglio Direttivo dell’Università adottare misure sanzionatorie, dovendo questo organo attenersi ai risultati della procedura selettiva ed alle conclusioni raggiunte in sede disciplinare.
La sentenza ha quindi disposto l’annullamento dell’atto di rifiuto di immissione in ruolo ed ha condannato l’Università ad adottare gli atti funzionali alla finalizzazione della procedura selettiva mediante chiamata della ricorrente nel ruolo di seconda fascia di professore di diritto processuale civile S.S.D. IUS 15, con conseguente ricostruzione di carriera (la sentenza contiene anche una statuizione di condanna, ma trattasi di statuizione non rilevante non avendo la ricorrente richiesto l’ottemperanza di questa specifica parte di sentenza).
Con memoria depositata in data 26 novembre 2018, l’interessata ha dato atto che l’Università, con delibera n. 233 del 7 settembre 2018, ha approvato la sua chiamata ai sensi dell’art. 18, primo comma, della legge n. 240 del 2010 nel ruolo di professore associato per il settore concorsuale 12/F1 – Diritto processuale civile e settore scientifico disciplinare IUS/15 – diritto processuale civile presso il Dipartimento di Giurisprudenza, con nomina avente decorrenza giuridica 28 giugno 2018. L’interessata ha dato altresì atto di aver stipulato con la stessaUniversità un atto transattivo con il quale – a fronte della chiamata in ruolo e della rinuncia di controparte ad alcune azioni giudiziarie già intraprese connesse alla vicenda ora in esame (l’Università ha appellato le sentenze di questo T.A.R. che hanno annullato il primo provvedimento di rifiuto di chiamata ed il provvedimento disciplinare) – ha a sua volta rinunciato alla ricostruzione di carriera.
Ritiene il Collegio che questi fatti sopravvenuti abbiano determinato la cessazione della materia del contendere, giacché l’interessata ha in sostanza conseguito il bene della vita riconosciutole dalla sentenza della quale chiede in questa sede l’ottemperanza, e cioè la chiamata in ruolo quale professore associato di diritto processuale civile (per quanto riguarda la ricostruzione di carriere è, come detto, intervenuta rinuncia in sede transattiva).
A contrario non può darsi rilevanza alla circostanza che, per l’anno accademico 2018/2019, alla ricorrente non è stata assegnata la titolarità della cattedra di diritto processuale civile, ma è stata affidata un’attività di insegnamento di tale materia nell’ambito dei corsi (diritto processuale I e diritto processuale II) tenuti da altri docenti. Va invero osservato che, come ripetuto, la pronuncia di questo T.A.R. ha disposto l’annullamento del provvedimento di rifiuto di chiamata in ruolo e che, quindi, l’effetto conformativo della sentenza non può andare al di là di questo specifico aspetto, esulando invece da esso le decisioni che investono i profili organizzativi e le modalità con le quali l’Università intende avvalersi delle prestazioni della ricorrente.
Con ciò non si vuole assolutamente affermare che l’Università possa attuare nei confronti della ricorrente medesima politiche discriminatorie, volte a sanzionare surrettiziamente la sua condotta o, comunque, a penalizzarla ingiustamente. Ciò che si vuole dire è che l’accertamento della sussistenza di un eventuale comportamento discriminatorio non può essere svolto nel giudizio di ottemperanza riguardante una sentenza il cui effetto conformativo si esaurisce, come detto, nella necessità che la parte risultata vincitrice venga chiamata in ruolo quale professore associato di diritto processuale civile. Si deve pertanto ribadire che il bene della vita riconosciuto da tale sentenza è stato conseguito dalla ricorrente e che, quindi, non si può che dare atto in questa sede dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, salvo ovviamente la facoltà della parte di proporre una nuova azione giudiziaria qualora ritenga che – dopo l’immissione in ruolo – l’Università abbia attuato una politica discriminatoria affidandole, nel concreto, incarichi non confacenti allo status acquisito.
In conclusione, per le ragioni illustrate, va dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Le spese processuali vanno poste a carico dell’Università degli Studi di Pavia che ha disposto l’immissione in ruolo solo dopo la proposizione del presente ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere.
Condanna l’Università degli Studi di Pavia al rimborso delle spese processuali in favore di parte ricorrente che vengono liquidate in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di Benedetto, Presidente
[#OMISSIS#] Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 04/01/2019